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Autore: Juriaka    07/07/2021    4 recensioni
[OmiHina|SakuHina - Durmstrang!Sakusa, Gryffindor!Hinata]
La realizzazione inesorabile giunse qualche istante prima che un bolide gli fracassasse il cranio, centrandolo in pieno. L’idea, ovviamente, era stata di Atsumu.
Merda, pensò Kiyoomi, non appena vide Hinata lanciarsi in picchiata con il braccio proteso, il Boccino d’Oro che scintillava a qualche centimetro dalle sue dita, le labbra distese in un ghigno vittorioso e le ciocche rosse che svolazzavano come fiamme. Fottuto Merlino, sono innamorato.
Poi un grido di avvertimento, seguito da un’esplosione stellare di dolore.
Infine, il buio assoluto.
In questa storia troverete: tanti (troppi) tramezzini, un paio di crisi esistenziali, una specie di picnic galattico e le sirene.
Genere: Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Kiyoomi Sakusa, Shouyou Hinata
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Note iniziali: per necessità di trama, Sakusa in questa storia non soffre di misofobia. Buona lettura!


Occhi sul premio



Shouyou si aggrappó trepidante alla divisa in velluto di Kageyama, mentre l'euforia gli faceva fremere le labbra. Uno spicchio di luna ghignava complice nel cielo come se sapesse, e sfoggiando la sua onniscienza si rifletteva distorto sulla superficie immobile del lago. Intorno a lui persisteva un cicaleccio sussurrato, come se ogni studente avesse paura di intaccare con voce troppo alta quel momento sospeso, saturo di magia persino per loro che con la magia ci convivevano ogni giorno.

Attesero l'arrivo di Durmstrang col cuore in gola, le palpebre socchiuse alla ricerca del cambiamento più impalpabile, i respiri accelerati e al contempo trattenuti. Infine Bokuto Koutarou, con un ululato che riecheggió persino nella foresta oscura e al quale risposero i lupi mannari, indicò l'acqua.
''Si muove!'' esclamò.
E aveva ragione. Il lago iniziò a tremolare appena, come se stesse soffiando una brezza leggera, poi ci fu un crescendo di onde e fra la schiuma e gli schizzi emerse un sottile albero maestro.
Mentre lo stupore sgorgava a fiotti negli studenti e nelle loro esclamazioni incredule, l'albero maestro fu seguito dalla vela quadra e dalla prua, e infine Shouyou si ritrovò ad ammirare un'elegantissima nave che scivolava verso la riva in silenzio, irradiando un pallore spettrale. Quella sottospecie di timore si amalgamó subito a un grande appetito, a una fame vorace. Shouyou stava per vedere, per conoscere, gente forte, magia di un altro paese.
Venne calata la passerella per collegare il ponte alla battigia e i nuovi ospiti iniziarono a sfilare nella notte, seguendo quello che probabilmente era il loro preside. Shouyou schiuse le labbra meravigliato, gli occhi cuciti addosso alle divise vermiglie e ai mantelli che conferivano maestosità e imponenza a coloro che li indossavano.
Non appena il gruppo di Durmstrang si fermò, Shouyou si assicurò di lambirli uno per uno con lo sguardo avido come se fossero fatti di gelato e crema al cioccolato. Qualcuno sorrideva, qualcuno ghignava, qualcuno si osservava intorno spaesato, indicando il castello che si stagliava brillante nella notte.
Infine si ritrovò a fissare su una figura che si trovava più in disparte. Aveva un'espressione disinteressata, sebbene non sembrasse arrogante, e due nei sulla fronte incorniciata da riccioli scuri.
Ora, Shouyou era contraddistinto da un insolito entusiasmo per la vita, e di sicuro tendeva a percepire ciò che accadeva intorno a lui in maniera un po’ distorta. Si lasciava travolgere con intensità, quasi con veemenza, da situazioni ed episodi che magari nella realtà non erano poi così carichi di significato. Però a lui piaceva sentire la vampata di emozioni accendergli e bruciargli le vene come se fossero fatte di combustibile.
Perciò, forse a causa del mantello rosso che gli fasciava le spalle larghe o forse a causa della scena incredibile a cui aveva appena assistito, Shouyou trovó quel ragazzo davvero davvero davveeeeero bellissimo.

Sakusa Kiyoomi, perché quello era il suo nome, fu sorteggiato dal Calice di Fuoco come campione di Durmstrang la sera successiva, in una vampata rossa e blu. Shouyou lo aveva visto mettere il proprio nome nel Calice la mattina stessa, seguito dagli altri compagni, e l’aveva trovato particolarmente regale, con l’espressione stoica e la divisa vermiglia. E poi era così alto!
Quando il preside scandì il suo nome dopo il banchetto, l'espressione di Kiyoomi non fu deturpata dal benché minimo accenno di sorpresa, o di gioia, o di paura. I suoi compagni applaudirono e gridarono come forsennati, sfogando l'adrenalina al posto suo. Anche Shouyou applaudì forte sino a sentir bruciare i palmi, mentre lo osservava sfilare lungo la Sala Grande per raggiungere i campioni di Hogwarts e Beauxbatons, rispettivamente Kiyoko Shimizu e Oikawa Tooru.
L’eterna gloria sarebbe stata il premio per colui che avrebbe vinto il torneo. Il nome del vincitore si sarebbe marchiato a fuoco nella storia della magia, e la fama sarebbe stata seguita da una ricompensa in denaro di mille galeoni, che di certo non guastavano.
Per un istante, Shouyou si immaginò al centro di uno stadio, con la folla che ululava, che applaudiva, che scandiva il suo nome dagli spalti, e la Coppa Tremaghi stretta fra le dita. Si immaginò bello, potente, inarrestabile.
Poi Tsukishima gli rifilò uno scappellotto perché era l’unico rimasto seduto al tavolo, e le sue fantasie furono spazzate via.

*

A Hogwarts, Kiyoomi aveva trovato una piccola ombra che lo seguiva ovunque. Hinata Shouyou era un grifondoro decisamente troppo vivace, dalle lentiggini spruzzate sulla faccia come succo di pesca, e i riccioli ramati che riflettevano la luce fiammeggiante delle candele di cui il castello era disseminato. Quando parlava - ovvero sempre - gesticolava in maniera esagerata, e più di una volta Kiyoomi l'aveva sorpreso mentre lo fissava incuriosito durante i pasti. E allora Hinata, colto sul fatto, distendeva le labbra in un sorriso imbarazzato e indirizzava lo sguardo altrove, le orecchie rosse come i capelli.
Ora, non erano state molte le volte in cui Kiyoomi aveva genuinamente trovato carino qualcuno. Tendeva a trovare carini i cani e i cuccioli e le creature magiche, certo, ma non le persone. Anzi, le persone istigavano in lui una vaga sensazione di repulsione, sensazione che diveniva molto meno vaga e ben più definita quando Atsumu Miya apriva la bocca, tanto per fare un esempio.
Peró, c'era qualcosa nel viso di Hinata che lo rendeva piacevole, nonostante fosse chiassoso e iperattivo. C'era qualcosa nei suoi occhi, troppo grandi e troppo pieni, che emanava una specie di luce che intiepidiva le ossa. E quando Kiyoomi andava in biblioteca e lo trovava seduto a un tavolo a mordersi le labbra e a osservare confuso un tomo polveroso, oppure quando lo incontrava nei corridoi e cinguettava un saluto entusiasta che Kiyoomi la maggior parte delle volte non ricambiava, si sentiva più… felice, ecco.
Non era affatto il tipo da metafore melense, ma non poté fare a meno di paragonarlo a una sottospecie di Patronus in carne ed ossa. Fra l'altro, non era stata l'unica vittima del suo fascino, perché nel giro di tre giorni Hinata Shouyou era riuscito a conquistare ogni singolo studente di Durmstrang. La sera, sulla nave, si tenevano veri e propri tornei di Sparaschiocco per decretare chi avrebbe avuto l'onore, il giorno seguente, di sedersi accanto a lui durante la colazione. Kiyoomi, che non aveva mai visto i gemelli Miya impegnarsi tanto in qualcosa di diverso dal Quidditch, si domandò se Hinata non fosse almeno in parte Veela.
''Shouyou-kun,'' disse Atsumu, mettendogli un braccio intorno alle spalle. ''Quanti anni hai?''
Kiyoomi, che solitamente tendeva a ignorare Atsumu facendo finta che non esistesse perché altrimenti avrebbe finito col polverizzarlo, provò l’irrefrenabile voglia di spiaccicargli la faccia nella ciotola con le salsicce.
''Sedici!'' Esclamò Hinata esaltato come un passerotto in procinto di spiccare il primo volo, e Kiyoomi davvero non comprendeva cosa ci fosse di così entusiasmante nel parlare con Atsumu. Insomma, era lui il campione. ''Sono al quinto anno!''
''Figo,'' rispose Osamu alla sua sinistra con uno scintillio malizioso negli occhi che non gli piacque per niente. Quando anch’egli lo circondò con il braccio, gli piacque ancor meno. ''E senti, ti andrebbe di venire a vedere la nostra nave?''
''O magari tu potresti farci fare un giro della scuola!''
''Sì, tipo… tipo, dov’è che dormi?''
Kita si schiarì la gola, rivolgendo a entrambi un’occhiata assassina, e Atsumu e Osamu si acquietarono di botto, tornando a fissare mogi il proprio piatto.
Un tizio alto, dagli occhi blu, richiamò l'attenzione di Hinata mollandogli uno scappellotto.
''Ahia!'' Sibiló Hinata, voltandosi a guardarlo. ''Che vuoi, Kageyama?''
''Il professor Ukai ti cerca. Dice che sono nati i cuccioli di Kneazle, se ti interessa.''
''Cuccioli?'' Domandò improvvisamente Kiyoomi senza riuscire a trattenersi.
''Beh sì,'' Hinata gli rivolse un’occhiata perplessa, forse speranzosa, le guance rosso vivo come i papaveri. ''Vuoi venire a vederli?''
''Okay,'' rispose Kiyoomi, che per i cuccioli avrebbe fatto qualunque cosa. Atsumu e Osamu trattennero rumorosamente il fiato, ma quando aprirono la bocca  - probabilmente per autoinvitarsi - Aran mollò loro un calcio da sotto il tavolo.
Kiyoomi, ringraziandolo mentalmente perché altrimenti avrebbe davvero commesso un duplice omicidio, si mise in bocca l'ultimo pezzo di salsiccia e seguì Hinata.

*

Dietro l’apparenza imperturbabile di Sakusa, in realtà, si nascondeva molto altro: premura, tanto per cominciare. Shouyou se ne accorse mentre lo vide accarezzare i cuccioli di Kneazle maculati sotto lo sguardo altezzoso della madre, sdraiata ad allattarli vicino a una zucca gigante. E ne ebbe un’ulteriore conferma quando, una settimana dopo, durante una crisi isterica a pranzo per colpa di Pozioni - il professor Nekoma l’avrebbe avvelenato se non fosse riuscito a preparare il distillato della pace per la lezione successiva - Sakusa si offrì di aiutarlo.
''Ma non devi!'' balbettò Hinata, anche se era già su di giri.
Sakusa scrollò le spalle, come a dire che oramai aveva deciso, e dopo pranzo, in un’aula vuota, Shouyou si ritrovò a prendere appunti mentre l’altro spiegava.
Era estremamente difficile concentrarsi sugli ingredienti e sulle dosi di pietra lunare quando non riusciva a staccare gli occhi dal mantello vermiglio e dalle sue gambe, ma fece del proprio meglio.
Perché mi stai aiutando?, avrebbe voluto domandargli, quando riprese la sua roba prima di dirigersi verso i sotterranei. Sakusa, come se gli avesse letto nel pensiero, gli rivolse un’occhiata torva e rispose: ''questo è per i cuccioli.''
''Oh!'' esclamò Shouyou un po’ abbattuto, poiché un istante aveva sperato che dietro ci fossero altre motivazioni. Tipo un interesse, magari. Tipo un interesse romantico, ecco. ''Beh, posso portarti a vedere altri animali quando vuoi! Abbiamo gli Ippogrifi, gli Snasi, i Thestral, gli Unicorni… Sai, a me piace molto Cura delle Creature Magiche, e il professor Ukai mi lascia entrare nei recinti quando voglio. In cambio, potresti darmi ripetizioni!''
Sakusa, che aveva spalancato sempre di più gli occhi man mano che Shouyou nominava un animale, annuì senza esitare neanche un istante. ''Va bene,'' disse.
''Fantastico!'' Hinata fece con un saltello, poi la campana suonò e lo salutò con la mano prima di correre verso i sotterranei, l’adrenalina che sprizzava sotto la pelle all’idea di essere riuscito a strappargli comunque una specie di appuntamento, per quanto strambo.
E fu proprio su quello strano scambio di esperienze che sbocció il loro rapporto. Più Shouyou colmava le proprie lacune in pozioni, più si accorgeva che la linea fra Sakusa e il resto del mondo non era fatta di spine: non respingeva, né faceva paura. Si trattava solo di un confine che andava rispettato. Non c'era odio nella distanza che frapponeva fra se stesso e le persone, era semplicemente parte della sua personalità.
Al contempo, più Kiyoomi accarezzava e curava gli animali che Hinata gli mostrava, più si rendeva conto che nonostante non stesse zitto un minuto, nonostante fosse iperattivo e decisamente troppo cordiale con tutti, mai, mai una volta si era azzardato a invadere i propri spazi. E il fatto che fosse carino, con le ciglia ramate che riflettevano i raggi del sole, non guastava di certo.

*

La realizzazione inesorabile giunse qualche istante prima che un bolide gli provocasse una frattura cranica, centrandolo in pieno.
L’idea, ovviamente, era stata di Atsumu. Aveva organizzato una partita amichevole con Shoouyou-kun e la squadra dei grifondoro, desideroso di sfruttare il campo da Quidditch che era molto più ampio di quello di Durmstrang e probabilmente di ostentare il suo talento come giocatore. Hinata, su di giri, aveva accettato, ma l’errore di Atsumu - l’errore di tutti - era stato quello di non prevedere gli effetti che avrebbe potuto provocare a cavallo di una scopa. Non soltanto Hinata volava con una fluidità prodigiosa, non soltanto le sue capacità come cercatore erano decisamente fuori dall’ordinario, ma se Hinata riusciva a conquistare chiunque mentre si ingozzava di uova fritte a colazione sputacchiando il tuorlo ovunque, figuriamoci il potere che possedeva, il fascino totalizzante che emanava, mentre sfrecciava a mezz’aria schivando i bolidi. E difatti, Durmstrang stava perdendo con uno svantaggio di centoquaranta punti, perché nessuno stava prestando attenzione alle palle. Atsumu aveva spedito un bolide addosso a suo fratello, Suna si era fatto tre autogoal con la pluffa, Osamu li aveva rimproverati e poi si era schiantato contro un anello perché era evidente che non stesse guardando avanti.
Merda, pensò Kiyoomi, non appena vide Hinata lanciarsi in picchiata con il braccio proteso, il Boccino d’Oro che scintillava a qualche centimetro dalle sue dita, le labbra distese in un ghigno vittorioso e le ciocche rosse che svolazzavano come fiamme. Merda, merda, merda, merda. Sono innamorato.
Poi un grido di avvertimento, seguito da un’esplosione stellare di dolore.
Infine, il buio assoluto.

Quando riemerse dall’oblio, si accorse di essere sdraiato su un letto soffice, che profumava di menta e lavanda. A fatica, con fitte lancinanti che gli trapanavano la testa, schiuse le palpebre e vide una ragazza dai capelli castani e lisci che stringeva delle garze.
''Frattura cranica,'' si limitò a dire, incurvando le sopracciglia definite. ''Te l’ho sistemata subito, ma per questa notte dovrai rimanere in infermeria.''
Kiyoomi annuì, domandandosi come diamine fosse successo. Cazzo, non era mica un dilettante a Quidditch.
''Sakusa-san!''
Oh. Giusto.
Hinata sgambettò vicino a lui, gli occhi sgranati - pieni di luce e di apprensione - che lo fissavano come se fosse un cucciolo di labrador in cerca di coccole.
Adorabile.
''Come ti senti?'' soffiò piano, avvicinando il viso.
Fottuto Merlino. In paradiso. Voglio svegliarmi ogni giorno così.
''Bene,'' biascicò invece, la lingua impastata. Certo che doveva aver preso davvero una brutta botta, per delirare a tal punto. ''Però stanotte dovrò restare qui.''
''Mi dispiace!'' esclamò Hinata, chinando la testa.
''Non è stata colpa tua. Chi ha tirato il bolide?''
''Kageyama.''
''Beh, ha un’ottima mira.''
Hinata ridacchiò incerto, poi lo guardò, poi arrossì, poi si voltò verso la porta, e poi tornò a fissarlo.
''Ti posso prendere la mano?'' domandò in un sussurro.
Kiyoomi per poco non si strozzò nella sua stessa saliva. ''Come?''
''La mano. Te la posso prendere?''
''Guarda che non sto mica morendo.''
''Lo so che non stai morendo. Era solo una scusa per poterlo fare.''
''Ah. Okay. Va bene. Fa’ pure.''
Con le gote che scottavano e il cuore che palpitava a tremila - è la febbre, si disse con convinzione, è la febbre post trauma cranico - osservò Hinata allungare il braccio per cercare la sua mano e...
''Omi-kun!'' esclamò Atsumu entrando in infermeria seguito da Osamu e Suna.
Oh no. Io adesso li polverizzo.

Hinata si ritrasse svelto, e d’improvviso Kiyoomi si sentì rinvigorito, nel pieno delle proprie forze per scagliare maledizioni senza perdono seccando tutti i presenti.
''Come ti senti?''
''Uno schifo, adesso che ti ho visto,'' sibilò inviperito.
Atsumu lo ignorò. Suonò la campana e Hinata, per grande delusione di Sakusa, afferró la borsa.
''Ho lezione di Trasfigurazione!'' disse, chinando la testa. ''Riposati Sakusa-san! Ci vediamo domani!''
Non appena uscì dall’infermeria, Atsumu tornò a fissarlo con un mezzo ghigno.
''Certo che Kageyama ti ha tirato proprio un bel bolide. Che razza di mira. Meno male che Shouyou-kun ti ha preso al volo.''
''Lui cosa?'' esclamò Kiyoomi, sbarrando gli occhi e drizzando la schiena.
''Beh, sì,'' continuó Suna. ''È stato il più veloce. Noi eravamo, uh, presi da altro. Ti ha afferrato per le braccia prima che ti spappolassi a terra e ti ha portato qui.''
Avvampando, provò a figurarsi la scena: lui che si accasciava mollemente sul manico per poi scivolare privo di sensi, Hinata che rigirava lasciandosi sfuggire il Boccino dalle dita per fiondarsi verso di lui in un grido imbevuto di panico e…
''Perchè stai arrossendo?'' domandò Atsumu con sguardo inquisitore, ponendo fine alle sue fantasie epiche. Poi, la consapevolezza improvvisa colpì anche lui, sbocciando cristallina nei suoi occhi. ''Porco Gandalf. Ti piace. Ti piace Shouyou-kun!''
Sì. Sì, hai ragione, avrebbe dovuto dirgli. E magari avrebbe anche potuto azzardarsi a chiedere qualche consiglio, poiché per quanto fosse seccante ammetterlo, Atsumu da quel punto di vista possedeva più esperienza. Tuttavia, piuttosto che confidare i propri sentimenti a qualcuno, Kiyoomi avrebbe preferito che lo torturassero con la maledizione cruciatus. Dunque serró le palpebre e tornó a sdraiarsi, fingendosi morto come un opossum.
Atsumu continuò a tempestarlo di domande, finché l’infermiera, terminato l’orario delle visite, non cacciò Suna e i gemelli.
Più tardi, mentre mangiava tramezzini al formaggio, si domandò che diamine avrebbe mai dovuto fare di quel gomitolo ingarbugliato che si agitava dentro lo stomaco: se provare a districarlo, o dargli direttamente fuoco.

*

Shouyou era su di giri. Si avviò verso il campo di Quidditch praticamente saltellando, seguendo i suoi compagni e chiedendosi ad alta voce che prova avrebbero dovuto affrontare i campioni, snocciolando una teoria più improbabile dell’altra.
Ora, Shouyou era coraggioso. Molto coraggioso. Aveva affrontato un troll in bagno durante il suo primo anno di scuola, le acromantule durante il secondo scappando a bordo di un’auto volante, e durante il terzo per poco il Platano Picchiatore non l’aveva spappolato insieme a Kageyama. Tuttavia, non appena vide un esemplare di Dorsorugoso di Norvegia al centro dello stadio, con le pupille sottili iniettate di sangue mentre sbuffava fumo dal naso, per poco non svenne. Perse la sensibilità alle gambe, e come in un sogno, gli sembrò di fluttuare verso il posto che gli era stato assegnato. Non spiccicò più mezza parola: se avesse aperto la bocca, probabilmente avrebbe vomitato la colazione.
Quando Sakusa entrò nello stadio, accolto dal boato della folla, Shouyou si accorse delle dimensioni effettive del drago. Il corpo di Sakusa era un puntino microscopico, in confronto.
Il drago sputò un getto di fuoco che per poco non raggiunse le tribune. Sakusa lo deviò per un soffio, ma i vestiti si incendiarono e sotto le grida inorridite del pubblico spense le fiamme, facendo uscire un getto d’acqua dalla bacchetta. Poi pronunciò un incantesimo che Shouyou non aveva mai sentito prima e il drago, facendo ciondolare la testa come un serpente davanti all’incantatore, si acciambellò su se stesso e cadde addormentato. Sakusa, il sangue che colava copioso dalla fronte, rubò l’uovo d’oro sotto un tripudio di applausi e lo mostrò alla folla, vittorioso. Soltanto allora Shouyou si concesse di respirare.
''Sei innamorato di lui,'' gli disse dunque Kageyama, fissandolo con attenzione.
''Cosa?''
''Ho detto che sei innamorato di lui. Di Sakusa-san.''
Hinata ponderò le sue parole per qualche istante. Se persino Kageyama se n’era accorto, doveva essere stato davvero palese.
''Sì,'' rispose allora. ''Sì, credo che tu abbia ragione.''

Dopo quasi due mesi di ripetizioni e di passeggiate nei recinti con le creature magiche, Shouyou ottenne finalmente il privilegio di percepire i mutamenti dello stato d’animo di Sakusa.
''Stai bene?'' gli domandò dunque, mentre lo osservava accarezzare il collo piumato di un ippogrifo, che custodiva nelle iridi dorate la stessa fierezza di colui che aveva davanti.
''Sì, perché?''
''Sembri strano. Spaventato.''
Sakusa irrigidì le spalle, e Shouyou vide le sue labbra serrarsi in una linea severa.
''È per la seconda prova?'' insistette. Sakusa gli rivolse un'occhiata torva.
''Non è per quello,'' rispose stizzito. Poi sbuffò. ''È solo che non voglio ballare,'' aggiunse, tornando ad accarezzare l’animale.
In un contesto normale, quell’affermazione avrebbe scatenato in Shouyou ilarità o comunque una risata, giacché non riusciva proprio a comprendere quale nesso intercorresse fra la danza e il malumore. Ma il tono di Sakusa era mortificato. Sembrava una confessione.
''Ti riferisci al ballo del ceppo?''
Sakusa annuì.
''Non ti piace ballare?''
''Il problema non è ballare. Il problema sono la folla, e le mani della gente. Non riesco… non c'è abbastanza spazio. Mi fa venire da vomitare.''
''Oh,'' rispose Shouyou, afflosciandosi come un palloncino bucato. Aveva proprio intenzione di invitarlo al ballo, quel giorno. C'era voluta una settimana intera di sedute motivazionali con Yachi per racimolare il coraggio. ''E non puoi rifiutarti? Cioè, non puoi rimanere sulla nave?''
''No, non posso. I campioni devono aprire le danze per tradizione. Anche se provassi a nascondermi, mi troverebbero.''
''No,'' rispose Shouyou, con un ghigno spietato che si apriva sul suo viso. ''No, non ci riuscirebbero.''



Sculture di ghiaccio punteggiavano la Sala Grande come diamanti, mentre il vischio e l’agrifoglio si arricciavano a mezz’aria. I tavoli erano disposti a ridosso delle pareti decorate con arazzi dorati, e al centro c’era un ampio spazio adibito alla pista da ballo, illuminato dai Fuochi Fatui che galleggiavano fra i tavoli imbanditi.
Gli studenti rivestiti varcarono la soglia con le guance rosse e l’eccitazione palpabile che luccicava nei loro occhi. Quando la sala fu gremita, i campioni del torneo si presentarono all’ingresso, pronti a sfilare con il proprio partner e ad aprire le danze.
''Ma dov’è Omi?'' domandò Atsumu, mollando una gomitata al gemello. ''Sta letteralmente infrangendo una tradizione secolare.''
Osamu fece spallucce, ed entrambi si voltarono verso Kita, che solitamente aveva la risposta a tutto.
''Non lo so,'' disse lui, forse per la prima volta in vita sua. ''Non riusciamo a trovarlo.''


Kiyoomi, nel frattempo, era in preda a una crisi esistenziale.
Intanto, non riusciva proprio a capire come cazzo fosse finito sotto un mantello dell’invisibilità, con Hinata rannicchiato al suo fianco che camminava in punta di piedi. Poi, qualcuno avrebbe dovuto proibirgli di indossare le camicie, perché Hinata era indecente. Kiyoomi non riusciva a staccargli gli occhi di dosso ed era già inciampato tre volte a furia di fissargli le spalle e le braccia e il collo e i capelli e gli occhi e… insomma, tutto.
Infine, la cosa ancor più paradossale, era che si stava divertendo da matti. C’erano vere e proprie scariche di adrenalina che gli bruciavano le viscere. Se avesse saputo prima che infrangere le regole era così eccitante, si sarebbe unito più volentieri ai Miya durante le loro scorribande notturne.
Quando incontrarono Aran al secondo piano, che chiamava il suo nome, entrambi trattennero il fiato immobili. Aran li superò con un sospiro esasperato, e quando i suoi passi furono lontani, ripresero a muoversi.
''Dove stiamo andando?'' sussurrò Kiyoomi, col cuore a tremila.
In un posto dove non ci troveranno mai, rispose Hinata con un sorriso furbo, iniziando una nuova rampa di scale. ''Fai attenzione al terzo gradino, ogni tanto svanisce.''
Giunsero in un corridoio vuoto del settimo piano, addobbato unicamente da un grande arazzo rosso.
''Aspetta qui,'' disse Hinata, scivolando via dal mantello e iniziando a camminare avanti e indietro davanti al muro. Sakusa si chiese se non fosse completamente impazzito. Poi però apparve una porta sulla parete di pietra, quindi strabuzzò gli occhi dalla sorpresa e Hinata gli fece un cenno, invitandolo ad avvicinarsi.
Varcarono la soglia e si ritrovarono in una sala arredata come il salone di sua nonna. C’era un camino scoppiettante, un tavolo con due vassoi traboccanti di tramezzini, un divano, due soffici poltrone, e un quadro gigantesco che rappresentava una natura morta. La pera gli fece l’occhiolino.
''Puoi toglierti il mantello,'' gli disse Hinata allargando le braccia, e Kiyoomi sentì il canto paradisiaco degli usignoli quando la sua camicia si tese, seguendo la curva delle spalle. ''Qui non ci troveranno mai.''
Kiyoomi si sfilò dunque il mantello e glielo riconsegnò. ''Dove siamo?''
''Nella stanza delle Necessità. Solo io e Kageyama conosciamo questo posto. E anche se così non fosse, in questa stanza non può più entrare nessuno.''
Al suo cipiglio interrogativo, Hinata fornì una risposta più dettagliata: ''la Stanza delle Necessità appare solo a chi, per l’appunto, la necessita. Bisognava camminare avanti e indietro per tre volte pensando alla cosa di cui si ha davvero bisogno, e io ho esplicitamente chiesto un luogo in cui non possa entrare nessuno, oltre ovviamente a noi due. Con qualcosa da mangiare, anche.''
''Wow,'' fischiò Kiyoomi. ''Figo. Non credo ci sia niente del genere nella mia scuola.''
''Forse non l'hai ancora scoperto.'' Shouyou sorrise. ''In una sera hai scoperto tutti i miei segreti,'' gli disse poi, sedendosi sulla poltrona e afferrando un tramezzino al prosciutto. ''Però non dire nulla in giro, va bene? Soprattutto del mantello. Se girasse la voce, farebbero di tutto per rubarmelo.''
''Non dirò nulla,'' lo tranquillizzò Kiyoomi, sedendosi sulla poltrona di fronte e prendendo anche lui un tramezzino. Puntò di nuovo lo sguardo sulla sua camicia, e sui pantaloni eleganti che gli fasciavano le gambe.
''Hinata, guarda che non sei obbligato a restare qui,'' gli disse, sentendosi in colpa.
Dopotutto il Ballo del Ceppo era un’occasione unica e irripetibile. Il prossimo Torneo Tremaghi non avrebbe avuto luogo che fra tre anni, e per allora Hinata, che adesso si trovava al quinto anno, avrebbe già terminato gli studi.
''Ma a me piace stare qui!'' rispose l’altro, scuotendo vivacemente la testa. ''Guarda, possiamo pure giocare agli Scacchi dei Maghi!''
Kiyoomi gettò un’occhiata alla scacchiera polverosa poggiata sotto al tavolo che Hinata stava indicando, poi tornò sul suo viso.
''Però non c’è nessuno con cui ti andrebbe di ballare? Insomma, questa è l’occasione giusta. E poi, uh, la camicia ti sta bene.''
Hinata arrossì, dondolò nervosamente i piedi, infine sospirò come per farsi coraggio.
''Ce l’ho davanti,'' disse. ''La persona con cui vorrei ballare, intendo. Ce l’ho davanti.''
Kiyoomi impiegò qualche istante per decodificare quel garbuglio indistinto di parole e assimilarne il significato. Quando finalmente comprese che Hinata voleva ballare proprio con lui (proprio con lui!!!), sentì le guance prendere improvvisamente fuoco e compianse di nuovo la propria inesperienza a riguardo.
''Possmballaeadsso.''
Hinata aggrottò le sopracciglia. ''Cosa?''
''Ho detto,'' ritentò Kiyoomi, la lingua che non collaborava, ''che possiamo ballare adesso.''
Hinata luccicò. Si alzò dalla poltrona e gli tese la mano, i denti scoperti in un sorriso gigantesco.
Ora, la cosa più imbarazzante che gli fosse mai capitata era accaduta durante il suo primo anno di scuola. Dopo il suono della campana era ruzzolato giù dal sesto piano del castello di Durmstrang, gremito di studenti che si affrettavano a cambiare aula, rotolando come un armadillo chiuso a palla sino all’ingresso. Le risate si erano protratte per mesi.
Fu dunque con enorme sorpresa che scoprì che il senso di profonda vergogna sperimentato in quel momento, era niente rispetto all’imbarazzo che stava provando mentre provava a ballare con Hinata.
Kiyoomi possedeva molteplici talenti, tuttavia la danza decisamente non rientrava fra questi. E oltre a essere rigido come se avesse una mazza chiodata infilata nel culo (a voler essere gentili), oltre ad aver pestato i piedi di Hinata almeno cinque volte nel giro di tre minuti, non c’era nessun accompagnamento musicale a scandire il ritmo dei loro movimenti.
Ondeggiarono nel silenzio, dita morbide e sudate strette a dita più dure ma altrettanto sudate, con la frutta nel quadro come unica testimone di quel maldestro tentativo di… di qualcosa.
Infine, quando gli mollò per sbaglio un calcio nello stinco, Hinata smise di muoversi, avvicinandosi. Gli accarezzò lo zigomo con il dorso della mano e l’aria divenne tempestosa, carica di elettricità. Kiyoomi vide il suo viso farsi sempre più vicino, con il suo sguardo cucito sulle sue labbra.
Fottuto Merlino, pensò. Se adesso mi bacia, muoio.
Questo è esattamente il motivo per cui si tirò indietro. Ed è esattamente i motivo per cui Kiyoomi, a discapito dell’arguzia che lo contraddistingueva, fondamentalmente non era altro che una testa di cazzo.
Non appena indietreggiò, un lampo di delusione baluginò nello sguardo di Hinata, che divenne triste come un cucciolo a cui era appena stato sottratto l’osso.
Ma Kiyoomi poteva ancora rimediare! Insomma, si trattava solo di aprirsi, di dire la verità, di provare a spiegare che lui con i sentimenti era un disastro totale e che non aveva nessuna esperienza trascorsa su cui basarsi e che di conseguenza era probabile che a baciare facesse schifo. Però Hinata gli piaceva, davvero! Aveva solo… paura, ecco tutto.
Invece, sempre perché all’incapacità totale del sapersi esprimere non c’era limite, pronunciò la frase più sbagliata di tutte: ''mi dispiace,'' disse.
Hinata sorrise mesto e scosse la testa. ''Non fa niente, possiamo sempre giocare a scacchi. È tutto okay.''
Soltanto che no, non lo era.

*

Al ventisettesimo sospiro sconsolato nel giro di dieci minuti, Atsumu appallottolò il proprio mantello e glielo lanciò dritto in faccia.
''Ma che cazzo?'' sbottò Kiyoomi sollevando il viso, trafiggendolo con un’occhiata torva.
''La pianti di sospirare come se fossi stato abbandonato davanti all’altare? Ci stai facendo deprimere tutti!''
''Non sto sospirando!''
''Sì, lo stai facendo. È dal Ballo del Ceppo che non fai altro che andare in giro con la coda fra le gambe come se ti avessero preso a sprangate sul naso.''
Non appena udì nominare il Ballo, una morsa pungente strizzò lo stomaco di Kiyoomi. Oramai era trascorso più di un mese. Hinata, seppur in maniera educata, aveva preso le distanze. Non lo portava più a prendersi cura delle Creature Magiche, e Kiyoomi non lo aiutava più in Pozioni.
''Vaffanculo,'' soffiò dunque, più a se stesso che ad Atsumu. Quindi si rigirò nel letto e gli rivolse la schiena.
''Perché sei così?''
''Non lo so.''
''Perché non provi a parlarne? Guarda che aprirti ti aiuterebbe a ordinare quello che hai dentro.''
''Non ho niente da dire.''
''Neanche a Shouyou-kun?''
''Che c’entra Hinata?''
Atsumu sospirò frustrato. ''Oh per favore, Omi. Lo sanno tutti che è successo qualcosa con lui.''
Kiyoomi drizzò la schiena, facendo scorrere lo sguardo sui compagni con cui divideva la cabina della nave in cui dormivano. Osamu e Suna ricambiarono l’occhiata impassibili.
''Vaffanculo,'' sibilò ancora, prima di affondare la faccia nel cuscino.
''Che è successo il giorno del Ballo?''
''Niente.''
''Che è successo il giorno del Ballo?'' insistette Atsumu, incalzandolo.
Kiyoomi sbuffò nel cuscino. ''Hinata ha provato a baciarmi. E io sono scappato.''
''Sei scappato?!''
''Sì!'' sbottò allora. ''Sì, vaffanculo, sono scappato perché sono un coglione, va bene?''
''Ma non volevi che ti baciasse o…''
''Certo che volevo!'' lo interruppe, infervorato. ''Lo voglio anche adesso!''
''E quindi perché l’hai fatto?''
''Non lo so! È questa la parte difficile da spiegare!''
''Beh cerca di trovare un modo, allora! Tutta questa situazione è ridicola.''
Kiyoomi stette zitto qualche istante, poi si mise seduto. ''Hai ragione,'' gli disse.
''Come?''
''Ho detto,'' ripetè Kiyoomi sotto il suo sguardo incredulo, ''che hai ragione.''
Quindi si infilò le scarpe e si allacciò il mantello sopra il pigiama.
''Dove stai andando?'' gli domandò Atsumu, inarcando un sopracciglio.
''A parlare con Hinata.''
''Ma è quasi mezzanotte. E domani hai la prova.''
''Appunto. Domani.''
''Sakusa.''
''Miya.''
''Per il cazzo dei maghi,'' sbottò Atsumu, mettendosi seduto pure lui. ''Tu rappresenti la nostra scuola. Sei il fottuto campione. Non credi di avere delle priorità, in questo momento?''
Sakusa non rispose, lo sguardo puntato sulle scarpe.
''Con Hinata potrai parlarci dopo. Adesso la tua unica preoccupazione dovrebbe essere quella di riuscire a dormire qualche ora, per vincere domani. Occhi sul premio, Omi.
Gloria eterna e fama.''
Gloria eterna e fama.
Kiyoomi annuì, slacciandosi le scarpe e tornando a infilarsi sotto le pesanti coperte.
Atsumu si era dimostrato capace di dare consigli giusti e di sostenere una conversazione costruttiva in maniera decisamente più matura di quanto avesse fatto lui nei suoi stessi confronti.  E c’era qualcosa di estremamente umiliante, in tutto questo.

''Come ti senti?'' domandò Osamu, rivolgendogli un’occhiata preoccupata.
''Bene,'' rispose Kiyoomi, osservandosi intorno. Ma perché Hinata non c’era? Lo odiava davvero a tal punto da non venire neanche ad assistere alla seconda prova?
''Forse mi sta evitando,'' borbottò ad alta voce, senza volerlo.
''Non puoi essere sicuro che non ci sia, con tutta questa gente!'' lo rimbeccò Atsumu iniziando a guardarsi intorno pure lui, senza successo.
Kiyoomi sospirò amareggiato.
''Senti,'' gli disse di nuovo Atsumu, in tono brusco. ''Ora devi concentrarti sulla prova. Solo sulla prova. A Hinata ci penserai dopo, e vedrai che andrà tutto bene. Non è stupido, nè mi sembra un tipo rancoroso, perciò puoi risolvere la cosa. Ma prima il lago.''
''E le sirene,'' aggiunse Osamu in un sussurro.
''E le sirene,'' ripetè Atsumu annuendo.
''Hai ragione,'' disse Kiyoomi, prima di rabbrividire. Dare ragione ad Atsumu Miya due volte in meno di ventiquattr'ore era davvero mortificante. Com’era caduto in basso.
Il lago. Hinata. Il lago.
Occhi sul premio.
Allo sparo del cannone, Kiyoomi scivolò sui sassi glassati di limo e s’immerse nell’acqua gelida, la vittoria come unico obiettivo.


Vieni a cercarci dove noi cantiamo,
ché sulla terra cantar non possiamo,
e mentre cerchi, sappi di già:
abbiam preso ciò che ti mancherà,
hai tempo un'ora per poter cercare
quel che rubammo. Non esitare,
ché tempo un'ora mala sorte avrà:
ciò che fu preso mai ritornerà.


Mentre s’addentrava nelle profondità del lago, l’incantesimo testabolla che gli permetteva di respirare e lo proteggeva dal cambiamento della pressione, rimuginava sul significato di quella canzone.
Aveva un’ora di tempo per recuperare qualcosa che gli mancava, altrimenti l'avrebbe perduto per sempre. Kiyoomi non aveva la più pallida idea di cosa potesse essere nonostante ci avesse riflettuto per giorni, ma immaginava che l'avrebbe capito non appena se lo sarebbe trovato davanti.
Continuò ad avanzare nell'acqua opaca, c'era una specie di foschia che gli impediva di discernere ciò che si trovava a un paio di braccia da lui. C'erano solo ombre inquietanti, ma Kiyoomi aveva le dita strette attorno alla bacchetta ed era pronto a combattere nel caso in cui si fosse rivelato necessario.
All'improvviso un Avvicino emerse dalle alghe sottostanti, allacciando le lunghe dita nodose attorno alla sua caviglia per trascinarlo verso il fondo. Kiyoomi tentò di scrollarselo di dosso scalciando, ma quando vide che quello non mollava la presa, fu costretto a puntargli contro la bacchetta.
''Relascio!'' gridó, e l’Avvincino fu sbalzato all’indietro. La creatura si guardò intorno confusa, poi gli mostró il dito medio prima di guizzare nuovamente fra le alghe per nascondersi. Kiyoomi sospirò e proseguì verso l'interno, mentre la luce del sole trapassava flebile dalla superficie, illuminando di un verde spettrale l’acqua intorno a lui.
Con la coda dell'occhio intravide un movimento sinuoso, rapido. Per un istante pensò che si trattasse di un tentacolo della Piovra Gigante di cui gli aveva parlato Hinata, ma poi si accorse che era la coda di una sirena. Le scaglie iridescenti brillavano ipnotiche, e Kiyoomi la seguì come un faro nel buio.
Scivolando fra gli scogli, con la temperatura sempre più gelida, Kiyoomi si ritrovò in una specie di villaggio eretto sul fondale del lago, cinto da mura istoriate con rappresentazioni mitologiche di abitanti marini. Lì l'acqua era cristallina e riuscì a distinguere le abitazioni in pietra, e una piccola piazza che sorgeva al centro. Tritoni dall'aria minacciosa, con appesi al collo frammenti di vetro e ciottoli appuntiti, lo osservarono a braccia conserte mentre si avvicinava, facendo guizzare nervosamente le code. C'era qualcosa che ondeggiava sopra la piazza seguendo il flusso della corrente, qualcosa che, con sua profonda inquietudine, possedeva sembianze umane.
E quel qualcosa, si accorse avvicinandosi, era Hinata.
Abbiam preso ciò che ti mancherà.
Kiyoomi smise di respirare. Con gli occhi strabuzzati, la sensazione di trovarsi in un incubo, galleggiò verso il suo corpo.
''È vivo,'' sibilò una sirena, lo sguardo fiammeggiante. ''Ma devi riportarlo in superficie.''
Alle parole della sirena, Kiyoomi tornò lucido. Ma certo che era vivo. Mica potevano uccidere le persone per il torneo.
Occhi sul premio.
Hinata galleggiava in balia dei flutti, con i riccioli che si agitavano pigramente intorno al viso. Era legato tramite una corda a uno scoglio che si trovava al centro della piazza. Vicino a lui, nella medesima condizione, c’era un tizio che Kiyoomi conosceva di vista, ma di cui non ricordava il nome. Era sempre in compagnia del campione di Beauxbatons, comunque. Infine, alla sua destra, c’era una terza corda che però era spezzata, segno che la campionessa di Hogwarts aveva già preceduto entrambi.
Un rumore lo fece voltare. Oikawa Tooru si avvicinò con le labbra serrate e l’espressione assatanata. Lo sguardo, però, era puntato sul suo amico. Kiyoomi dunque scagliò un incantesimo per tagliare la corda, poi afferrò Hinata per un braccio e iniziò a nuotare verso la superficie, sperando che gli organizzatori avessero pensato a una soluzione contro il cambiamento repentino della pressione.
Risalire non fu affatto facile. Il peso doppio lo ostacolava, i muscoli andavano a fuoco e le gambe erano pesanti come piombo. Kiyoomi continuò a spingere e a spingere e a spingere, mordendosi la lingua a sangue, pensando esclusivamente al tempo che scorreva implacabile, a quell'unica ora che gli era stata concessa come limite. E se avesse tardato? Che sarebbe successo? Di certo non avrebbe permesso che Hinata continuasse a vivere in mezzo alle sirene.
Il braccio freddo e sottile allacciato intorno al suo collo tremolò appena. Kiyoomi gli gettò un’occhiata di sfuggita e la vista delle sue labbra violacee gli strinse lo stomaco. Era così incazzato con se stesso. Non soltanto era un codardo, ma dopo la sera del Ballo si era persino azzardato a ostentare indifferenza nei suoi confronti, come se Hinata avesse fatto qualcosa di sbagliato. E sì, d’accordo, non aveva mica chiesto lui che Hinata interpretasse il ruolo dell’esca nella seconda prova, ma comunque in parte era colpa sua. E sicuramente avrebbe avuto il cuore più leggero se avesse potuto parlargli prima che venisse addormentato e agganciato a una corda nel mezzo della piazza come una pubblica esecuzione.
La luce intensa catturò la sua attenzione. Mancavano solo pochi metri alla superficie. Kiyoomi giurò a se stesso che gli avrebbe chiesto scusa, provando quantomeno a spiegarsi nonostante la difficoltà con le parole. E gli avrebbe comprato mezzo negozio di Mielandia, lo avrebbe rifornito di Calderotti al cioccolato e Api Frizzole a vita, e avrebbero vissuto in una casa piena di cuccioli magici.
Finalmente riemersero. Non appena l’aria entrò in contatto con il viso di Kiyoomi, l'incantesimo testabolla si infranse. Hinata invece si destò dal sonno incantato e sbarrò gli occhi, inalando grandi boccate d’aria, osservandosi intorno nella confusione più totale. Kiyoomi lo tenne stretto per le braccia gelide.
''Stai bene?'' biascicò, stremato.
Hinata annuì. Insieme, nuotarono verso la riva finché i piedi non toccarono la sabbia. Kiyoomi soffocò a stento l’impulso di baciare la terra.
Atsumu porse loro degli asciugamani, poi gli diede una pacca sulla spalla senza dire una parola. Hinata starnutì, fradicio e scarmigliato come un pulcino.
Ci fu un boato di applausi, quindi Kiyoomi si voltò verso il lago e vide Oikawa e Iwaizumi che nuotavano verso la battigia. A quanto pare, erano riusciti tutti a superare la prova entro l’ora pattuita.
Kita, con le labbra distese in un sorriso orgoglioso, puntò la bacchetta verso di loro e l’istante dopo si ritrovarono asciutti e piacevolmente intiepiditi.
''I punteggi,'' gli disse Hinata, aggrappandosi al suo polso e guardando i giudici. ''Stanno per dare i…''
Kiyoomi, con l’adrenalina che lo abbandonava lasciando il posto alla stanchezza e alla paura, abbracciò Hinata schiacciandogli il viso contro il petto, stringendo il suo corpo minuto e caldissimo come un piccolo sole. Hinata cinguettó sorpreso, poi si sciolse.
Abbiam preso ciò che ti mancherà.
Pensando canzone delle sirene, con il viso affondato nei suoi capelli rossi che odoravano di alghe, si domandò quando esattamente Hinata Shouyou fosse diventato così importante per lui.

''Atsumu,'' borbottò Kiyoomi la sera stessa, ''potresti lanciare una caccabomba nei bagni?''
''Oh, c’è di mezzo una fuga d’amore?''
''Atsumu.''
''Come si dice, Omi Omi?''
No. Lui non l'avrebbe detto. No, no, assolutamente no.
''...Per favore.'''

Col mantello vermiglio avvolto stretto per proteggersi dal gelo di febbraio, Kiyoomi risalì la collina che portava al castello con le gambe che bruciavano. Ma lui non aveva tempo per accontentare i suoi polpacci, non quella sera. Doveva assolutamente vedere Hinata.
''Sakusa-san!'' sussurrò una voce poco lontano, che riecheggiò nel silenzio.
Kiyoomi assottigliò le palpebre finché non intravide la testa di Hinata che fluttuava a mezz’aria, verso di lui. Per un istante pensò che si trattasse di un incubo, ma poi Hinata si sfilò il mantello dell’Invisibilità e Kiyoomi poté constatare con sollievo che il suo corpo era ancora tutto intero.
''Sono venuto a prenderti!'' esclamò arzillo, come se non fosse rimasto sommerso per chissà quanto tempo nelle gelide profondità del lago attaccato a uno scoglio.
Gli porse un lembo del mantello e Kiyoomi ci si infilò sotto, d’improvviso molto più accaldato.
Quando giunsero alla sala d’ingresso, Hinata si aggrappò alla sua manica.
''Ti va di fare un po' di scale?'' bisbigliò, e Kiyoomi vide i suoi occhi scintillare di adrenalina, tanto vicini da potergli contare le ciglia.
Le sue gambe ulularono al solo pensiero di salire un gradino.
''Certo,'' rispose dunque. Dopo sette piani e una scala a chiocciola interminabile, Kiyoomi si domandò se non si stesse vendicando di proposito.
Quando però sbucarono all'aperto, con il cielo stellato che brillava su di loro, persino le sue gambe si zittirono per contemplare lo scenario.
''La torre di Astronomia,'' spiegò Hinata, sfilandosi il mantello. Poi sorrise, dolce come il miele. ''Il mio posto preferito.''
Fottuto Merlino, pensò Kiyoomi. Quello sì che era un osservatorio: le stelle sembravano vicinissime. Tanto vicine che, se avesse allungato una mano, probabilmente ne avrebbe raccolto una manciata come se avesse infilato la mano in una sacca di riso.
''Tieni,'' gli disse Hinata, porgendogli dei tramezzini avvolti con cura. ''Li ho presi dalle cucine. E Yachi mi ha dato anche questi, per non sentire freddo.''
Estrasse dalle ampie tasche della veste due barattoli trasparenti, in cui sfavillava una specie di fuocherello in miniatura. Quando Kiyoomi ne afferrò uno, esalò un sospiro di piacere. Era caldo come una stufa.
Si accovacciarono per terra, premendosi i barattoli contro lo sterno e sbocconcellando il pane soffice. Lo sguardo di Kiyoomi era cucito sul cielo punteggiato di stelle, ma la sua attenzione era rivolta al corpo di Hinata rannicchiato contro la sua spalla, ai suoi capelli soffici che gli solleticavano il collo e l’orecchio. Era così vicino. E la Torre, l’aria fredda, persino la notte stessa, sembravano in attesa di qualcosa, come se l'intero universo stesse trattenendo il fiato. O forse era solo Kiyoomi che doveva ricordarsi di respirare, perché non stava riuscendo a fare neanche quello.
Aveva voglia di prendergli le mani. Aveva voglia di stringerle forte. E mentre l’elettricità gli scoppiettava nel ventre, mentre l’ansia gli strizzava le budella, si rese conto di volerle sentire addosso.
E allora perché cazzo gli sembrava di essere stato appena affatturato con l'incantesimo petrificus totalus? Porco Merlino, aveva affrontato un drago di quindici metri e un esercito di Tritoni armati fino ai denti senza battere ciglio, e adesso non riusciva a spiccicare mezza fottuta parola.
Hinata si mosse leggermente. Il fruscio del velluto fu l’unico suono a riecheggiare in quella bolla di silenzio che li aveva circondati come per proteggerli. Kiyoomi sperò che l’altro provasse il medesimo desiderio, sperò che nella sua pancia si agitasse lo stesso groviglio bollente e pulsante.
Devo chiedergli scusa per l’altra volta, pensò. Devo spiegargli che lo voglio anche io.
Quindi distolse lo sguardo dal cielo e lo puntò sul viso di Hinata, che aveva gli occhioni spalancati in cui si rifletteva la luce iridescente delle stelle.
''Vaffanculo,'' soffiò allora, prima di afferrargli a coppa le guance fra i palmi caldi.
Qualcosa si ruppe dentro, una specie di guscio dal quale svolazzarono farfalle impazzite. Ricordava po’ la sensazione sperimentata quando era riuscito a evocare il suo patronus per la prima volta. Una brezza di estasi pura e inaspettata, una scintilla eterea e impalpabile, ma potentissima.
Quindi inclinò il viso, e trattenendo il respiro gli assaggió le labbra. Fu un bacio appena accennato, pelle contro pelle per meno di un istante che sapeva di tramezzino al prosciutto, ma fu comunque bellissimo.
Hinata gli sorrise radioso. C’era una felicità contagiosa nel suo sguardo brillante come l’ambra sciolta, e Kiyoomi non potè fare a meno di scoprire i denti, sorridendogli di rimando.
Infine, Hinata si aggrappò al suo mantello. ''Non è che scappi di nuovo?''
Kiyoomi scosse piano le testa e chiuse gli occhi quando Hinata lo baciò. Questa volta, ebbe il tempo di sentire la pelle screpolata dal freddo, di saggiarne la morbidezza. E se da una parte percepiva le orecchie sempre più calde per l’imbarazzo, per il timore di essere troppo rigido, dall’altra c’era l’impazienza che batteva contro le costole, la brama totalizzante di desiderare e di essere desiderato a propria volta.
Hinata schiuse le labbra e Kiyoomi sentì la sua lingua sfiorarlo come una piuma. Si sciolse completamente, preda di quella sensazione infuocata, e le dita scivolarono sotto la sua divisa senza che nemmeno se ne accorgesse.
E mentre gli accarezzava la schiena, tracciando cerchi lungo le vertebre, disegnando il contorno delle scapole e dei fianchi, Hinata iniziò a baciargli timidamente il collo. Kiyoomi gemette, e percepì la bocca dell’altro arricciarsi in un sorriso contro la pelle accaldata. Poi Hinata risalì fino alla sua mascella, punteggiandola di baci, prima di mordergli e succhiargli il lobo dell’orecchio.
Kiyoomi non aveva mai sperimentato nulla di così intenso. Venne privato della percezione del tempo e di tutto ciò che lo circondava. C’erano solo le mani di Hinata, le labbra di Hinata, la lingua di Hinata, e i suoi mugolii soffocati. E ogni punto del suo corpo che veniva sfiorato si tendeva e si accapponava, imbevuto di lussuria che oramai sgorgava a fiotti e dalla voglia insaziabile di sentirlo più vicino. E per gli dei, il suo viso perfettamente incastrato nella curva del collo gli fece scoppiettare scintille accecanti dietro alle palpebre.  
Quando Hinata si allontanò, Kiyoomi si chinò in avanti seguendo le sue labbra come se fossero magnetiche. Hinata soffiò via una risata, ma prima che Kiyoomi potesse protestare per l’improvvisa distanza di qualche centimetro che però in quel momento gli sembrava un abisso gelido come ghiaccio, Hinata cucì gli occhi nei suoi e gli fece scivolare la mano in mezzo alle cosce.
Oh dei.
Cazzo, cazzo, cazzo, cazzo.
''È okay?'' gli chiese Hinata in un soffio strofinando le dita dov’era caldo e duro, da sopra il tessuto, la timidezza che gli sbocciava sulle guance.
Incapace di rispondere, con la lucidità che l’aveva abbandonato da un pezzo, Kiyoomi gli afferrò i riccioli rossi con foga attirandolo verso di sé e gli lasciò un bacio che era praticamente solo lingua e saliva.
Hinata sorrise, poi intrufolò la mano sotto l'elastico dei suoi pantaloni. Kiyoomi si morse a sangue le labbra e venne spazzato via da un uragano tremolante che sapeva d’arancia.

*

Della terza prova, Hinata non vide nulla: solo l’immenso labirinto che si estendeva per chilometri.
Rimase in attesa seduto sugli spalti, col fiato sospeso e un ronzio indistinto nelle orecchie.
Infine, dopo più di due ore, Kiyoko Shimizu si materializzò vittoriosa all’ingresso del labirinto, il sangue appiccicato fra le ciglia, la Coppa stretta fra le dita.
Sollevò il braccio, sorrise alla platea, e il mondo esplose.

*

''Non sono triste,'' disse Kiyoomi, dopo qualche minuto di silenzio. Shouyou fece scivolare l’indice lungo la pelle morbida del suo sterno, fino ad arrivare all’ombelico.  
Si trovavano nella Stanza delle Necessità, nella stessa stanza dove si erano nascosti la sera del Ballo del Ceppo. Kiyoomi era sdraiato supino sul divano rosso, e Shouyou era sdraiato su di lui, le gambe strette attorno ai suoi fianchi.
''Cioè, sono arrabbiato. Perchè potevo essere io, quello a vincere. Volevo essere io. Però, non mi sento triste.''
''Non puoi essere triste con me che ti sto sopra nudo,'' ribatté Shouyou, prima di lasciargli un bacio umido sul fianco destro, e poi un altro, e poi un altro ancora. Kiyoomi inarcò la schiena e arricciò le dita dei piedi, soffiando.
''Mi dai un po’ di tregua?''
''No,'' rispose Shouyou, continuando a scendere verso il basso. ''Sto facendo la scorta visto che tra poco tornerai a casa.''
''Come se non ci vedessimo questa estate,'' sbuffò l’altro.
Shouyou sollevò lo sguardo, la felicità che zampillava a fiotti. ''Quindi dicevi sul serio? Posso venire a trovarti?''
''Certo che dicevo sul serio. Però solo se anche io posso venire a trovare te.''
''Certo che sì! Ti presenterò Natsu! Ti adorerà!''
Shouyou affondò il viso nell’incavo del suo collo e gli morse piano la pelle sottile. Merlino, aveva voglia di mangiarlo e di non lasciarlo andare più. Quando Kiyoomi gli allacciò le braccia intorno alla schiena, Shouyou iniziò praticamente a fare le fusa.
Shouyou, gli sussurrò all’orecchio, e gli si accapponò la pelle dal piacere, ''sai, penso di aver vinto qualcosa di meglio della fama, dell'eterna gloria e di mille galeoni.''
''Cosa c'è di meglio della fama, dell'eterna gloria e di mille galeoni?'' domandò ridendo.
''Tu.''


Note d'autore
Allora io mi limiterò a sussurrare un /mi dispiace/ per questa cagata ma prendetela per una storia leggera il cui unico obiettivo era quello di farvi trascorrere tipo qualche minuto in pace. Poi, in questa casa come avrete capito stanniamo Kiyoko Shimizu come se non ci fosse un domani (la mia scena preferita di questa storia è letteralmente lei che si teletrasporta e vince oddio Kiyoko grazie sei una visione) e niente. No, niente una ceppa, un tipo grazie gigantesco a time_wings che ha scritto la storia più bella di sempre i momenti ambientati nella stanza delle necessità e nella torre di astronomia più proprio GUWAAAA di sempre e sì insomma senza The kids from yesterday questa omihina non sarebbe mai uscita (nè tutte le altre bozze pensate nel mentre, quindi grazie). E grazie ovviamente anche a voi se siete arrivati fino alla fine, see yaaaaa! ♥





  
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