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Autore: Exentia_dream2    07/07/2021    1 recensioni
Terza parte di "Since i Kissed you".
Ritroviamo Hermione e Draco due anni dopo la fine dei loro studi a Hogwarts e ripartiamo quasi da dove li avevamo lasciati.
Si incontreranno ancora? Sono davvero riusciti a rassegnarsi a quello che è successo?
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Draco Malfoy, Hermione Granger, Nuovo personaggio | Coppie: Draco/Hermione, Harry/Ginny
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Ventitré dicembre

 
 
L'inverno aveva riempito ogni ora del giorno: era giunto lentamente, tanto che era stato difficile capire quando fosse cominciato davvero.
Draco se ne rese conto a causa della nebbia che gli impediva di vedere un orizzonte immaginario.
Quella sera faceva leggermente più freddo − dopotutto era dicembre − perciò si strinse nel cappotto e mosse i pochi passi che lo separavano dalla sala da tè dove Blaise e Aria avevano deciso di festeggiare insieme l'addio alla vita da fidanzati per cominciare quella da marito e moglie.
Era strano, pensare al suo migliore amico come un uomo pronto a mettersi nelle mani di un'altra persona, e gli venne da sorridere quando il suono delle campane a vento gli avvisò di essere arrivato a destinazione e vide Blaise seduto su uno sgabello, le gambe mosse dal nervosismo e un sorriso di plastica stampato sul viso.
«Andrà tutto bene» gli disse, avvicinandosi a lui.
«Ne sei davvero convinto?»
«Io si e tu?»
Blaise non rispose, fece vagare lo sguardo nella sala e quando i suoi occhi si posarono sulla figura di Aria sembrò ritrovare la tranquillità che Draco gli aveva sempre visto addosso.
«Hai ragione» sussurrò. «Andrà tutto bene.»
Nonostante tutto, comunque, l'atmosfera era pregna di tensione. 
Draco si voltò un secondo a guardare
in direzione dell'amico e capì immediatamente le parole che non gli furono rivolte.
«Capisco» fu il tono rassegnato che gli concesse, ricevendo in risposta un assenso silenzioso.
Sapeva benissimo che ci sarebbe stata anche Hermione, forse sperava che anche lei ricordasse quella notte prima della vigilia di Natale di qualche anno prima.
Quando Blaise gli aveva detto che il suo addio al celibato sarebbe stato festeggiato il ventitré dicembre, Draco aveva pensato fosse uno scherzo di cattivo gusto a causa di tutti i ricordi che quel giorno portava con sé. 
Ricordi che lui aveva provato a chiudere nel dimenticatoio, cancellando dal calendario la data in cui aveva commesso il suo errore più grande − non dirle che l'amava − e in cui lei, invece, aveva trovato il coraggio di dire quelle parole che spesso restavano in bilico tra labbra e cuore − io ti amo.
Non era servito a nulla tutto ciò che aveva fatto per redimersi, per ripulire il proprio cognome dal fango con cui era stato sporcato, perché in cuor suo, non avrebbe mai potuto perdonarsi per quell’errore a cui sembrava impossibile rimediare, nonostante quello che era successo a Hogwarts.
E, adesso, senza più forze per fare un solo passo verso di lei, senza più la voglia di avvicinarsi soltanto per vederla allontanarsi, Draco se ne stava seduto ad aspettare che Hermione entrasse e gli desse il colpo di grazia, presentandosi con l'uomo che lei si ostinava a tenere accanto.
Non sapeva se fosse per paura della solitudine o per non cadere più ai suoi piedi come aveva fatto a Hogwarts − quando in realtà era stato lui a cadere in un baratro senza fine. L'unica certezza che aveva era che Hermione non amasse Gale, proprio come lui non aveva amato Kelly  – perché lei non è te.
Quando la porta fu aperta di nuovo e comparvero Ron Weasley e la sua compagna, Draco tirò un sospiro di sollievo.
Non era davvero pronto a vederla né a morire nel momento in cui i propri occhi si sarebbero posati sul suo accompagnatore.
Si chiese soltanto se qualcuno lassù avesse ascoltato le sue preghiere − non incontrarla, non provare più niente per lei, dimenticarla − ma scosse appena la testa, perché sapeva che nessun Dio avrebbe potuto cancellargliela da dentro.
Ci abitava da sempre, lo avrebbe fatto per sempre.
E come poteva essere altrimenti, se soltanto per lei aveva cambiato la prospettiva da cui guardare la verità? Se soltanto per lei si era tagliato un dito per scoprire le differenze tra il proprio sangue e il suo − non ce n'erano − e lo aveva mescolato sulla pelle per ricordarselo che, in fondo, erano uguali – che lei era migliore – lo aveva massaggiato tra i polpastrelli per ricordarne la consistenza, l'odore, tutto. E si erano mescolati i respiri, le paure, i dolori fino a diventare una persona e subire la spaccatura più profonda quando lei aveva deciso di non tornare, quando lui era andato via con la speranza che lei lo raggiungesse.
Erano passati anni da quella notte di fine anno scolastico, ma Draco aveva ancora quella sensazione di abbandono a formicolargli sotto l'epidermide.
Perciò, quando Hermione finalmente fece il suo ingresso, lui quasi non notò il fatto che non si tenesse per mano con Gale.
Lui c'era, le teneva una compagnia distante che Draco non riuscì a comprendere e non si sforzò di farlo, perché aveva deciso che sarebbe rimasto fermo a vederla scivolare via come sabbia dalle mani − come se fossi l'ultimo granello di sabbia in una clessidra − nel tempo infinito che lei impiegò per salutare tutti e raggiungere finalmente Blaise per le congratulazioni.
«Ciao Draco» fu il tono dolce con cui si rivolse a lui che, invece, guardò Gale.
Lo vide voltare lo sguardo dall’altra parte, quasi fosse in imbarazzo a mettersi tra di loro in quel saluto che solo loro due potevano capire, che nascondeva segreti e notti insonni, guerre per allontanarsi, battaglie per avvicinarsi, sguardi rubati quando a separarli erano stati i banchi e le enormi tavolate in Sala Grande.
«Buonasera» rispose con voce fredda, calcolata, perché Hermione Granger non doveva sapere il caos che gli aveva fatto esplodere dentro soltanto con una parola, non doveva sapere che la voglia di restare fermo a perderla era vacillata in quell’esatto momento – forse, molto tempo prima.
Hermione fu brava a fingere di non essere stata toccata da quella freddezza, dal modo in cui Draco aveva accuratamente evitato di guardarla e non lo seppe mai, ma quando si allontanò, a lui sembrò di riuscire a respirare bene per la prima volta dopo anni.
«Quando sei andato via, io e lei ci siamo avvicinati: ero l’unico modo che aveva per non perderti davvero ed è amica di Aria, non poteva non essere qui» Blaise lo ammise a voce bassissima e lui non rispose per tutte le contraddizione che era diventato da quando l’aveva incontrata di nuovo.
«Non è stato facile…»
«Nemmeno per lei, Draco» 
Forse non era bastato sentirlo dalla bocca di Potter – avevamo tutti la sensazione di camminare sul vetro. Bastava una parola e lei si frantumava. Credo sia partita per allontanarsi da te – e sentire quella verità scomodissima dalla bocca di Hermione gli aveva incendiato dentro speranze che si era consumate come tutti gli oggetti dimenticati nella Stanza delle Necessità, la notte della Battaglia Finale, quando aveva rischiato di morire − Com'e stato? Stare con te? Stare senza. È stato invalidante. Dimenticarti è stata la cosa più difficile che avessi mai fatto. E ci sei riuscita? No − morendo davvero di fronte all'ammissione che lei gli aveva confessato: non era andata oltre, non lo aveva dimenticato. 
Forse era l'unico a poter capire davvero quanto dolore ci fosse in quell'ultima parola che era caduta nel vuoto, sostituita dalla domanda più importante di tutte - fare la conta degli errori, decidere chi tra i due avesse più colpe, sorridersi e perdersi nello stesso istante.
Blaise lo osservò a lungo, lui si chiuse ancora un po' in se stesso. Nessuno dei due aggiunse altro, ma pur di non vederla, Draco preferì dare le spalle alla sala, appoggiando i gomiti sul bancone di legno.
Non vide Hermione avvicinarsi ai suoi migliori amici, non la vide ridere insieme alla futura sposa e non la vide irrigidirsi, diventare una statua di sale quando Kelly entrò nel locale.
Si era perso quello e tante altre cose di lei, istante che non avrebbe mai potuto recuperare nemmeno se lei glieli avesse raccontati tenendolo sul seno, cullandolo come fosse un bambino in cerca di rassicurazioni.
Scosse la testa a quel pensiero e riempì il bicchiere con altro Whisky. Era un bene che ci fosse dell’alcol a quella festa, perché, ne era sicuro, il tè non sarebbe stato d’aiuto, non gli avrebbe dato nulla se non la lucidità di ogni gesto che compiva.
Kelly non si avvicinò mai a lui perché nel poco tempo che avevano condiviso, aveva imparato quando lasciarlo in pace, stargli lontano e questo era proprio uno di quei momenti in cui Draco avrebbe voluto essere dovunque tranne che lì.
Si avvicinò ad Aria che era ancora in compagnia del Trio, intrufolandosi piano in discorsi di cui non capiva quasi nulla.
«Ciao Hermione» esordì, un sorriso delicato a incurvarle le labbra.
Lei s’irrigidì, alzò lo sguardo lentamente sulla donna che l’aveva salutata con la dolcezza di una lama affondata nel miele, che rendeva più dolorosa ogni ferita, che la riportava indietro in una notte di pioggia con gli occhi fissi su una fotografia in cui Kelly sorrideva, le prime parole che le aveva rivolto a mulinarle tra i timpani e il cuore, come una marcia funebre senza fine – io sono Kelly, la fidanzata di Draco.
Sorrise di rimando, ricambiando il saluto in un soffio di voce, uno sforzo sovraumano che sembrò tagliarla a metà. «Ciao Kelly.»
Non disse altro e poi, finalmente, la vide allontanarsi dal gruppo.
Tutto quello che i suoi amici dissero dopo, le arrivò come un suono ovattato, lontanissimo, perché lei, adesso, era zuppa d’acqua, immobile sulla soglia di una casa che non le apparteneva, le dita di Draco attorno ai polsi, la paura di averlo perso per sempre.
Fu difficile ritornare alla festa a cui era stata invitata e fu difficile mostrare una gioia che non provava, perché non era mai stata brava a fingere: era contenta per Blaise e per Aria, ma vedere il proprio mondo frantumarsi poco alla volta, rendersi conto che ogni sguardo e ogni parola che lei e Draco non si rivolgevano poteva provocare crolli infiniti la ferì oltre ogni aspettativa.
Chiunque l’avesse guardata avrebbe capito di che portata fosse la guerra che si stava svolgendo dentro di lei, che però lasciava che tutto seguisse il suo corso naturale e non attaccava, non si difendeva. Semplicemente restava immobile ad attendere che tutto finisse.
Se ne accorse Gale, che fece un passo indietro per garantirle l’isolamento che lei chiedeva; se ne accorse Ginny, che invece fece un passo avanti, avvicinandosi; se ne accorse Harry, che posò la mano nella piega del gomito della sua fidanzata per fermarla. Se ne accorsero tutti, tranne Draco, che era ancora di spalle – era così evidente… eppure, alla fine, tu sei stata l’unica a non capirlo..

Hermione era consapevole del fatto che lei e Draco non avessero mai avuto gli stessi tempi di cuore, lo aveva ammesso agli altri prima di farlo con se stessa, ma quella consapevolezza non serviva ad alleviare il male, il senso di sconfitta che portava sempre con sé, dentro e fuori.
Si voltò un secondo a guardarlo nel momento in cui lui fece scivolare le dita sul bordo del bicchiere e se le sentì scivolare lungo la spina dorsale, con la stessa pressione che aveva riservato ad ogni vertebra per imprimersi nelle ossa, in mezzo ai nervi e più la pressione era forte più lei si sentiva sciogliere dal fatto che dentro, a lui, ce lo aveva sempre avuto.
Come il cuore e lo stomaco: era quasi nata con lui, anzi, era nata nel momento in cui l’aveva guardata per la prima volta e lo stava capendo solo in quel momento.
E, quando Draco si alzò per lasciare la sala da tè, qualcosa le scattò dentro: lo seguì oltre la grande vetrata con le iridi colme di abbandono e di desiderio quando lui portò la sigaretta alle labbra e lasciò fuoriuscire il primo fumo.
Bramò di essere quella sigaretta per stare ferma lì, sulla sua bocca, in bilico tra l’indice e il medio – ti accade di vedere il posto dove sei salvo, sei sempre lì che lo guardi da fuori. Non ci sei mai dentro. È il tuo posto, ma tu non ci sei mai.
Le sue gambe si mossero prima ancora che il cervello metabolizzasse la decisione che aveva preso: uscì al freddo e nascose le mani nelle tasche del pantalone. Era lì, a memorizzare ogni angolo di quel viso, ogni movimento di quelle mani, anche se li ricordava a memoria, anche se a occhi chiusi avrebbe saputo indicare esattamente dov’erano  tutti i suoi nei, le piccole rughe, i punti sensibili.
Lui teneva la testa bassa, forse non l’aveva sentita arrivare, ma non lo diede a vedere perché sul viso non ebbe nemmeno per un attimo lo stupore di vederla lì e invece.
E invece avvertì terremoti all’altezza dello sterno, deliri d’anima e urla di ricordi che gli rimbombavano nel cuore.
Quando Hermione si avvicinò un poco, lui si allontanò compiendo un lungo passo. Lei sorrise mentre dentro si sentiva morire: le sembrò di essere tornata indietro nel tempo di troppi anni, a rivivere gli incontri casuali nei corridoi, le volte in cui lui l’aveva seguita, quelle in cui era stata lei a correre lontano.
Si sentì sconfitta, persa sull’orlo di una storia che non sapeva finire e che non sapevano come fosse iniziata: forse, erano a quel punto perché  nessuno dei due ci aveva mai creduto fino in fondo; forse perché il loro destino aveva scritto parole e tessuto trame che li univano in un limbo embrionale che non riusciva mai a vedere la luce del sole, della vita.
«Non è vero» gli disse, la voce piccola di chi ha paura anche solo a respirare. «Non è vero che sei tutti i miei sbagli.»
Fu come spogliarsi di ogni corazza, sentire un macigno sul petto sgretolarsi, cadere giù senza far rumore. O, almeno così credeva.
Quelle parole, però, esplosero nel boato del silenzio che seguì quella confessione, perché Draco non rispose. E non la guardò: teneva gli occhi fissi sulla sigaretta ormai finita, le pupille a tremare a causa del fumo che le annebbiava.
Hermione non sapeva cosa aspettarsi, cosa ci fosse in quel silenzio che lui si ostinava a mantenere come fosse uno scudo, un muro di cartapesta dietro cui ripararsi da tutto quello che erano stati in passato e qualche settimana prima, per difendersi da tutto quello che sarebbero potuti essere insieme, per tutto quell’amore che adesso non riusciva più a far finta di non esistere – per tutto quell’amore che gli aveva negato, per tutto quell’amore che si era negata. Per tutto quell’amore.
Draco non si mosse e lei rispettò il suo atteggiamento, nonostante il sangue che sentiva scivolare via da ogni vena. Però lo guardò ancora e con la voce ridotta a un sospiro affaticato gli rivelò il motivo per cui lo aveva seguito.
«Mi dispiace» ammise. «abbiamo… ho sbagliato tutto.»
Lui le rivolse un’occhiata pregna di derisione, proprio come aveva fatto nei primi anni a Hogwarts, scorticandosi l’anima pur di non darle la soddisfazione di assistere al crollo che lo vedeva protagonista. «Hai ragione: hai sbagliato tutto.»
Non aggiunse altro e lei sorrise come fa chi è sul punto di puntare al petto del proprio avversario l’arma più potente del mondo. Solo che… solo che Hermione non aveva armi né voleva averne, perché da tempo era giunta alla conclusione che tutti e due sapessero farsi molto più male con le parole, con gli sguardi negati, con i silenzi che continuavano a dividerli.
«Perché sei andato via?» gli chiese, sperando che le parole che Blaise le aveva detto anni prima fossero vere – perché sei importante per lui. Ti ha dato la possibilità di non cadere a pezzi ogni volta che lo incontravi.
A pezzi, lei, ci era finita lo stesso, consumandosi a scrivere una storia che parlasse di loro, il cui titolo aveva le loro iniziale, a buttarsi di getto in una relazione che non aveva fatto altro che ricordarle quanto lui fosse arrivato in profondità.
«Cosa vuoi?»
«Obbligo o verità?»
«Non ho voglia di giocare» le disse, gli occhi puntati oltre la sua spalle, per non incrociare più quegli specchi su cui era scivolato innumerevoli volte, senza mai trovare appigli.
«Lo faresti ancora? Faresti ancora di tutto, saresti ancora qualsiasi cosa per avermi accanto?»
«No» fu il tono secco con cui le fermò il cuore.
Draco glielo aveva detto, una volta che sarebbe rimasto un Serpeverde, un codardo, un bugiardo − io so sempre come colpirti alle spalle – e nonostante lo avesse di fronte, il colpo arrivò dritto al centro delle scapole, a farle arricciare i nervi e tagliare la carne con la potenza che solo la sua voce, quando era bassa e ferma, poteva avere, eppure, ancora una volta, Hermione provò ad avvicinarsi, perché sapeva che lui non era davvero in grado di difendersi e allora attaccava con l’unica cosa che conosceva: la cattiveria.
Fu un attimo, un secondo in cui le sembrò che il mondo cominciasse a girare al contrario, l’odore di lui a riempirle le narici, a farle riaccendere il battito cardiaco e sentire pulsare emozione ovunque.
Le prese il viso tra le mani, premendo con forza le guance fino a quando gli angoli della sua bocca non si toccarono.
C’era tutto l’odio che aveva provato per lei, in quella stretta. E la rabbia, la solitudine e gli anni trascorsi a chiedersi cosa lei stesse facendo, il peso che aveva avvertito sulle ginocchia quando si era fermato fuori la porta della sua casa, quando l’aveva vista sollevarsi sulle punte per baciare un uomo che non era lui, che non aveva niente a che fare con lui né con lei – perché lui non è te.
«Devi starmi lontano.»
Hermione non rispose, si limitò a sciogliersi dalla sua presa e a sorridere, proprio come aveva fatto nella sua camera a Hogwarts, poco prima che lui chinasse la testa e si piegasse alla sua richiesta di fare l’amore.
Fu il modo in cui gli scivolò dalle mani, il modo in cui sorrise a farlo precipitare nel baratro che avevano creato con i loro silenzi, aiutandosi soltanto per scavare ancora più in profondità.  
Quando lei mosse le gambe per avvicinarsi, Draco le fece piovere gli occhi sulla stoffa dei pantaloni, partendo dalla caviglia e fermandosi all’altezza del seno dove, se l’avesse avuto ancora, probabilmente ci sarebbe stato un cuore dorato con incisa sopra una delle promesse che aveva fatto a se stesso e a lei – Mia, tuo.
Hermione sollevò la mano e nel momento in cui gli sfiorò la guancia, lui fece un altro passo indietro.
In quel gioco in cui lei si fingeva vittima e invece no, era cacciatrice, vincitrice – lei era tutto – la guardò come la rovina che era, perché lei gli aveva rovinato la vita, non c’era nessun dubbio a riguardo, e aveva rovinato la storia con Kelly, la possibilità di poter stare bene con un’altra donna, proprio come aveva provato a fare lei.
La guardò come lei aveva guardato lui una sera di qualche anno prima, con le stesse parole scritte negli occhi e sulla bocca.
E allora gliele disse, quelle parole che l’avevano ferito fino a farlo sanguinare: «Sei troppo vicina. Non toccarmi.»
Hermione sbarrò gli occhi e lui si sentì tremare tutto, un misto di godimento e senso di colpa ad attraversargli i muscoli, perciò continuò, come aveva fatto lei: «Non ti lascerò fare, non mi spezzerai il cuore, non mi spezzerai in due, Granger.»
E, proprio come aveva fatto lei, se ne andò, lasciandola da sola a cercare in qualche modo di non perdere troppo sangue, di tenersene un po’ per se stessa e cercare di non morire troppo in fretta.
Ogni passo che compiva, però, questa volta gli sembrò una condanna e chi è condannato può essere innocente, ma il più delle volte è colpevole.
E, adesso, lui, che alibi aveva per difendersi dall’accusa di essere andato via, di nuovo? Che alibi aveva per difendersi dall’accusa di aver ancora una volta iniziato una guerra che sapeva sarebbe stata inutile? Era stato lui stesso a dirglielo – lo sai anche tu che nessuno dei due vincerà.
E se nessuno dei due avrebbe vinto, allora, qual era il motivo reale per non tornare da lei e buttare all’aria tutti quegli anni in cui le era stato lontano?
Non è giusto… ma era davvero sbagliato se adesso gli mancava l’aria e arrancava in cerca di ossigeno, quando poco prima aveva creduto di riuscire a respirare meglio lontano da lei?
Si diceva che prima o poi sarebbe tornato a non sentire più i polmoni contratti, ce l’avrebbe fatta ad andare avanti, questa volta per davvero, anche senza Hermione Granger nella sua vita.
Una sera di qualche anno prima, lei gli aveva lasciato tra le mani il suo ciondolo a forma di cuore e anche un pezzo del cuore stesso, quello che gli era appartenuto da sempre, da quando l'aveva offesa la prima volta, da quando l'aveva baciata la prima volta, da quando l'aveva toccata la prima volta.
Quella sera, però, Hermione si rese conto di avergli dato molto molto più di un pezzo di cuore, che ce l'aveva tutto lui e lo stava riducendo in poltiglia, dandole il coraggio, almeno in quel momento, di rispondere a domande a cui non aveva mai saputo rispondere – io credo che tu non abbia mai smesso di amarlo. Quanto? Quanto ti manca?
Non smise mai di sorridere, nemmeno quando rientrò nella sala dove aveva lasciato i suoi amici.
Ginny le si avvicinò, la preoccupazione ad animarle gli occhi, ma lei cercò di tranquillizzarla muovendo appena la testa.
C’erano sconfitte che dovevano essere ammesse con il capo chinato e il cuore a metà. E Hermione lo fece: ammise così quella che le sembrò la sconfitta più importante di tutta la sua vita, quella subita dopo innumerevoli battaglie vinte e lo sapeva bene, che la guerra era così: tutto era concesso, persino i colpi bassi.
Era difficile ammetterlo, difficile sopportare che alla fine di tutto, ogni sforzo, ogni lotta, ogni modo che aveva trovato per sopravvivere non fosse stato abbastanza per garantirle una vittoria che le era sempre sembrata prossima e, invece, adesso, non le restavano altro che ginocchia sbucciate e spalle impolverate dalla disfatta. Sconfitta, distrutta, a pezzi − lui. Aveva vinto lui.
Non se la sentì di restare ancora, perciò salutò tutti con un bacio sulla guancia, promise di avvisare quando sarebbe arrivata a casa, ma sulla strada del ritorno spense il cellulare, fermò un taxi sollevando una mano, chiuse la portiera e con quella anche il mondo fuori.
Era un modo per allontanarsi da tutto quello che era successo, per lasciare Draco Malfoy una volta e per sempre oltre il ricordo che aveva di loro due, ma lui era sopra e sotto, dentro e fuori, ovunque, ovunque.
Era arrivato il momento di alzare bandiera bianca, di arrendersi, di nascondersi nelle trincee di una guerra che nessun altro riusciva a vedere, che nessun altro riusciva a comprendere e che loro stessi non capivano, perché c’era troppo a dividerli, troppo a unirli, c’era troppo di tutto, odio amore e silenzi, silenzi, silenzi – ci sono anni di odio da disimparare, sentimenti negativi da dimenticare – e c’erano ammissioni di colpa, di somiglianza, di verità nascoste che era stata in grado di raccontare sotto il cielo di una città che non era la sua – guardare lui era come guardarsi allo specchio. Lui ha riempito vuoti che non sapevo di avere.
E adesso, riflessa allo specchio, c’era soltanto l’immagine del proprio viso e intorno quei vuoti che non sapeva di avere, che lui aveva riempito e subito dopo trasformato in voragini, crateri, buchi neri in cui cadere senza mai toccare il fondo.
Draco, invece, quei vuoti che non sapeva di avere li aveva ritrovati quella stessa sera pieni di lei. Lo sapeva già che non sarebbe potuto essere altrimenti, ma una piccola parte di lui aveva sperato di potersene liberare, del suo viso, del pensiero della sua bocca addosso a scendere giù, laddove bussava il cuore, a mescolarsi battiti e saliva e umori e dare e ricevere tutto quello di cui si erano privati in quegli anni.
Camminava per la sala, lo sguardo perso a cercare l’ombra di Hermione, a rincorrere un profumo che gli si era appiccicato addosso come una seconda pelle e fu quasi a fine serata che si avvicinò a Ginny, il capo calato e le mani incrociate dietro la schiena.
«Mi avete stancata» esordì lei, lo sguardo fiero e deciso. «Adesso ti dirò una cosa che ho detto a lei tempo fa: ti basta fare un passo. Solo un passo…»
«E poi?»
«Ma cosa credi? Fai l’amore con lei, ti inginocchi ai suoi piedi appena te lo chiede, le regali un vestito bellissimo e poi ti prendi il diritto di trattarla così?»
«Non ha bisogno di qualcuno che la difenda.»
«No, infatti. Ha bisogno di ritrovare se stessa e sfortunatamente ci riesce solo con te.»
«Mi stai venendo contro, Weasley?»
«Ti sto dicendo che non avresti dovuto lasciarla andare così.»
C’era qualcosa in quella frase che lo fece perdere l’equilibrio, lo fece ritrovare al settimo piano di Hogwarts a raccontare verità che pretendevano di uscirgli dal cuore per non tornare mai più indietro, a sentire una preghiera che si fingeva ordine – non posso andarmene così. Allora non andare.
Draco scosse la testa, la mente ancora a vagare tra le pareti di un luogo che un tempo aveva chiamato casa.
«Non posso» ammise alla fine.
«Allora lasciala andare» fu il tono definito con cui Ginny chiuse il discorso, prima di lasciarlo solo a scervellarsi su quanti fossero gravi gli errori che ancora stava commettendo, quando l’unica scelta giusta che aveva fatto era andata via a causa sua – tu sei tutti i miei sbagli – ad ammettere che quello sbagliato, tra lui e Hermione, alla fine fosse lui che l’aveva vista anni prima nella vasca del Bagno dei Prefetti e aveva preferito avvertire la sensazione di annegare da solo piuttosto che farlo insieme a lei.
«Dove?»
«Ovunque lei voglia, lontano da te.»

 

~•~


Hermione stava sistemando gli ultimi maglioni nella valigia quando il trillo del campanello le fece sollevare la testa di scatto.
Sapeva che non era Gale, che la sera prima l'aveva accompagnata solo per mantenere la promessa di non lasciarla sola nei momenti difficili e non poteva di certo essere Harry o Ginny, che si erano chiusi quella stessa mattina a Grimmauld Place per organizzare il Natale.
Perciò, con il cuore in gola e una speranza folle a muoverle le gambe, scese le scale di fretta, rischiando di inciampare nei suoi stessi passi.
Quando aprì la porta, Blaise scivolò all'interno del salone un attimo dopo che lei si rese conto di chi avesse davanti.
«Cosa ci fai qui?» gli chiese, una risatina isterica ad accompagnare quella domanda.
«Sono solo venuto ad augurarti buone feste» rispose lui, sollevando un sopracciglio e mettendo in risalto il lieve sorriso.
«Ieri ei scappata» rispose. «di nuovo.»
«Non sono scappata.»
«Allora diciamo che sei andata via di corsa. Cos'è? Avevi un Dissennatore alle calcagna?»
«Sei molto simpatico, Zabini» disse, il fastidio evidentissimo nella voce.
«Vi ho visti» disse Blaise, il tono profondo di chi ha scoperto i segreti dell'universo.
«Credo ci abbiano visti tutti.»
Blaise non aggiunse altro e, in quel silenzio che pesava come una frana, Hermione cominciò a sentirsi fuori posto: appellò due tazze di caffè bollente e si nascose dietro il bordo di una di queste, mentre l'altro continuava a mantenere il proprio silenzio.
Fu soltanto quando sentì le lacrime formare un nodo in gola che lei si decise a parlare di nuovo.
«Non sono scappata. Ho fatto quello che mi ha chiesto» aggiunse, le spalle curve e la tazza stretta tra le mani.
Il ricordo delle dita di Draco che scivolavano lungo il bordo del bicchiere le si inculcò nel cervello come un chiodo e lei spostò lo sguardo sul pavimento.
«E cosa ti ha chiesto?»
«Di stargli lontano.»
«Saresti potuta restare lo stesso.»
«Io… non ci riesco…» non riesco a lasciar perdere..
Blaise scosse la testa, rassegnato più che mai a dover ammettere un pensiero che lo accompagnava da tempo. «Se continuate così, finirete per perdervi davvero.»
«E non lo abbiamo già fatto?»
«Non finché continuate a cercarvi.»
«Forse deve semplicemente andare così» sospirò.
«O forse non avete trovato il modo giusto per smettere questa guerra.»
Se c'è un modo per incontrarvi adesso, nel presente, allora trovalo, glielo aveva detto Harry, glielo stava dicendo Blaise, eppure Hermione non riusciva a capire come fare per riavere quello che era stata brava a perdere.
Non era servito arrendersi, lasciarsi spogliare di ogni paura, di ogni silenzio, di ogni abito;
non era servito inginocchiarsi e chiedere un perdono muto; non era servito trovare il coraggio che l'aveva sempre contraddistinta e ammettere di non voler nient'altro, se non lui.
«Bene, Granger, buon Natale.»
«Anche a te.»
«Passerai a trovarci?»
«Oh, io… io sto partendo per Edimburgo» annunciò a voce bassa.
Lo aveva deciso la sera precedente, non appena aveva rimesso piede in casa: tutte le mancanze le si posarono nell'incavo tra il collo e la spalla, nel punto esatto in cui erano state le labbra di Draco qualche mese prima e lei aveva sentito forte il bisogno di non restare da sola, di poter trascorrere del tempo con mamma e papà e di non ricordare il Natale in cui Draco le aveva promesso che era suo, che apparteneva a lei, incidendo quelle parole su un cuore d'oro e quello vero, di vene e tessuti.
«Oh… beh, allora buon viaggio.»

 

~•~

Fasciata da un elegante abito rosso cremisi, Narcissa gli apparve bellissima: aveva un sorriso lieve a illuminarle gli occhi, i capelli raccolti solo in parte e il passo fiero di chi accoglie in casa propria in più prezioso dei tesori.
«Bentornato, Draco» gli disse, cingendogli le spalle in un abbraccio dolcissimo, riversando in quel gesto gli anni in cui stringere suo figlio tra le braccia era una proibizione troppo grande da poter sopportare.
L'amore non lo renderà forte, diceva Lucius quando lei provava a consolarlo, ma adesso, Narcissa guardava suo figlio e lo vedeva finalmente come l'uomo che aveva sempre sperato diventasse.
«Buon Natale, madre.»
«Ho un regalo per te, vuoi vederlo?»
«Prima questo» rispose, avvicinandosi a lei e lasciandole un bacio leggero sulla guancia. 
Narcissa sembrò sciogliersi a quel contatto e gli strinse le mani tra le proprie per ringraziarlo, baciandogli le nocche una per una. Un secondo dopo, lo lasciò seduto sul divano nell'enorme salone e si allontanò da lui per andare a prendere il regalo che gli aveva fatto: aveva girato tutta l'Inghilterra per trovarlo e quando lo aveva visto aveva tremato d'emozione, l'aveva stretto tra le mani vedendole sparire sotto la stoffa e aveva deciso che quello sarebbe stato il dono perfetto per suo figlio.
Glielo consegnò senza dire una parola, quasi come se fosse superfluo spiegare il significato di quel regalo e sperava che Draco lo avesse capito da solo.
«Un Mantello dell'Invisibilità?» chiese lui un po' sconcertato.
«Indossalo, per favore.»
Draco l'accontentò, calando in mantello sulla testa e spostandosi leggermente a destra rispetto alla sua posizione iniziale. 
Narcissa voltò il capo, seguendo il lieve fruscio dell'indumento.  «Sei qui» disse avvicinandosi a lui, poggiandogli una mano all'altezza del petto.
«Io ti vedo, Draco. Chi ti ama ti vede sempre: sa sempre dove cercarti, sa sempre dove trovarti.»
«Cosa significa?» questa volta, la curiosità gli fece traballare la voce.
«Puoi nasconderti da tutti, puoi scappare quanto vuoi e da chi vuoi, ma non da quello che ti porti dentro. E chi ti ama, chi ti ama davvero, ti vede, ti sente, ovunque tu sia.»
Per la prima volta, dopo tanti anni, si sentì nudo di fronte a sua madre e non c'era nemmeno l'ombra dell'imbarazzo che avrebbe dovuto esserci tra di loro, però… però gli pesò sul cuore il senso di colpa per aver bruciato la lettera che Lucius aveva scritto per sua moglie.
«Grazie» disse alla fine. «è un regalo bellissimo.»
«Spero lo userai nel modo giusto…»
«E quale sarebbe, il modo giusto?»
«Ho fatto un viaggio bellissimo, tanto tempo fa…» sussurrò lei, con un pensiero rivolto al Natale in cui suo figlio le aveva lasciato intravedere le crepe che si portava addosso.
«È passato tanto tempo, madre. Adesso è tardi.»
«Non lo è mai. Quando si ama, l'ultima possibilità è sempre la penultima.»
Il fuoco nel camino crepitò e qualche pezzo di corteccia si staccò dai tronchi che ardevano. Allo stesso modo, Draco si staccò dal pensiero di tutto quello che era successo in quegli anni lontano da Hermione, e cadde finalmente in quel dirupo in cui aveva sempre avuto paura di affacciarsi.
Cadde così, senza muoversi, forse toccò il fondo a differenza di lei, che era sempre lì, a galla sulla superficie dei suoi pensieri e dei suoi occhi e non annegava mai, non scivolava mai fino ad incastrarsi in qualche ancora dimenticata per non risalire mai più, giù in quegli abissi dove lui avrebbe tanto voluto relegarla.
«E se non volessi darne più?» le chiese con le mani unite sul ventre.
«A volte non abbiamo altra scelta.»
A quelle parole, accadde qualcosa che lui non seppe spiegare, perché la verità che gli si era appena palesata davanti non aveva abiti, era cruda di vita, poteva quasi toccarla e lo seppe con assoluta certezza che no, non aveva altra scelta – tu non sei mai stata l'alternativa. 

 
 

Angolo Autrice:

Torno dopo tantissimo tempo, ma per farmi perdonare ho scritto un capitolo molto più lungo rispetto agli altri e mi piace particolarmente.
Causa lavoro ho davvero poco tempo da dedicare alla scrittura e mi dispiace tantissimo, ma appena posso scrivo per voi e per me.
Mi dispiace lasciarvi lì, a volte anche mesi, ma spero che stiate ancora seguendo questa storia e spero che questo capitolo vi piaccia.

A presto.

 
   
 
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