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Autore: Miss All Sunday    10/07/2021    1 recensioni
“Lei aveva famiglia?“
“Sì. Noi.”
“Dovevo andare io. Ha sacrificato la sua vita; ha messo la sua vita nella mani di quella maledetta gemma.“
[Post Avengers Endgame]
Genere: Angst, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Clint Barton/Occhio di Falco, Natasha Romanoff/Vedova Nera
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Nightfall


Clint aveva iniziato a picchiettare nervoso il dito sul piano del tavolo.

“Cosa significa ‘in un certo senso’? Per favore sii chiara.”

“È figlia di uno scienziato scomparso poco prima che lei nascesse e aveva circa sei anni quando anche sua madre è morta, uccisa da uno degli esponenti della mafia russa. Fin da piccola è stata una cavia, niente di più. L’hanno usata per i loro esperimenti militari, forse volevano un nuovo Super Soldato o Vedova Nera, non lo so.”

“Loro chi? Credevo che di quel tipo di test si occupasse solo la Stanza Rossa.”
Aveva controllato di sfuggita la porta della stanza in cui avevano lasciato la ragazza.
“Prima di andare avanti, credi sia il caso di parlare di queste cose adesso?”

May aveva seguito lo sguardo di Barton intuendo subito cosa intendesse. 

“Non voglio aspettare oltre, è giusto che tu sappia, e se ti preoccupa il fatto che Ava possa sentirci sappi che è appena tornata da una missione tutt’altro che semplice. Conoscendola dubito che in questi mesi abbia dormito spesso su un letto vero, aggiungiamoci una ferita che ha fatto infezione, la febbre e la morfina che le ho iniettato. Non conosco nessuno che sarebbe in grado di resistere a tanto. Si riprenderà, sia chiaro, perché è comunque di Ava che stiamo parlando e ha passato cose ben peggiori, ma per il momento non potrà far altro che recuperare le energie per poter guarire al meglio; ha bisogno di riposo...”

L’arciere aveva semplicemente annuito apparentemente convinto dalle parole di Melinda spingendola così a riprendere la conversazione.

“In quel periodo Natasha era riuscita a eliminare la Stanza. Quasi tutti gli scienziati che lavoravano al progetto e gli addestratori erano stati uccisi. Qualcuno però è riuscito a fuggire e ad accogliere l’eredità della Red Room. Non posso dirti di preciso cosa sia successo, Natasha non ha mai parlato molto del passato di Ava e sinceramente la capisco. Quello che posso dirti è che Nat ha lasciato intendere che potesse capire ciò che lei stessa ha provato sulla sua pelle, quindi posso solo immaginare cos’abbia vissuto.”

“Questo non spiega come abbia conosciuto Natasha e come tu sia venuta a conoscenza di tutto questo. Non credevo nemmeno che tu e Natasha foste così vicine...”

“Fra poco ti sarà tutto più chiaro. Dicevo, Ava è rimasta in quella struttura fino ai nove anni più o meno. Qui entra in gioco l’agente Romanoff. Ha scoperto cosa stava accadendo; non so dirti se l’abbia saputo grazie ai suoi contatti, se si sia trattata di una missione commissionatale da qualcuno o se stesse già seguendo le tracce dei sopravvissuti della Stanza, so solo che è riuscita a salvarla. Natasha mi disse che era in pessime condizioni fisiche e sotto il profilo psicologico era distrutta. Era solo una bambina in fondo, cresciuta per testare esperimenti. Puoi immagine perché Nat si sia sentita presa in causa.”
May si era concessa un attimo di silenzio per rivivere nella sua mente tutto ciò che era accaduto. 
“Ava si è subito legata a lei, forse perché finalmente era considerata solo una bambina e non un esperimento. Dopo essere stata liberata è stata affidata allo SHIELD. È stata portata in una Safe House in cui si trovavano altre ragazzine che erano state salvate dalle condizioni disumane in cui erano state costrette, alcune studiate e sfruttate perché presentavano poteri o abilità particolari, chi come lei era stata usata come cavia; solitamente erano coinvolte l’HYDRA o associazioni criminali simili operative in campo internazionale.”

Clint aveva dischiuso per un attimo la labbra pronto a ribattere per poi desistere, spingendo così May a fare una breve pausa per permettergli di parlare.

“Non sapevo che lo SHIELD si occupasse di casi del genere. Ho sempre creduto che affidasse queste persone a centri specializzati per essere seguite e ristabilirsi sia fisicamente che psicologicamente. Sbaglio forse?”

Melinda aveva negato con il capo aspettandosi, almeno in parte, quella domanda.

“Infatti è così, nella maggioranza dei casi almeno. Per quelle ragazzine era diverso.”

“Non credo di capire.”

“Lo SHIELD credeva che grazie alle loro abilità o esperienze vissute potessero essere integrate nell’organizzazione. Dopo essersi riprese da ciò che avevano vissuto, iniziavano il loro addestramento per poter diventare agenti.”

Barton aveva impiegato qualche secondo per assimilare quell’informazione. 

“Non penso di aver capito. Mi stai davvero dicendo che anche lo SHIELD, che ha sempre condannato l’HYDRA, prende ragazzine e, invece di concedergli possibilità di scelta, le addestra per farle diventare agenti?”

“Clint, non avrebbero futuro se non fossero in grado di difendersi. Conosci la storia di Wanda e Pietro, sai cosa succede a dei mutanti o inumani che non sono in grado di controllare le proprie abilità. Lo SHIELD li addestra, li aiuta e permette loro di avere uno scopo nella vita. Se non ci fossimo noi, ci sarebbe l’HYDRA o chi per loro! Pensa anche a Natasha...”

“Nat non ha cambiato vita! È solo cambiata la bandiera per la quale mentiva, combatteva, uccideva e per cui era disposta a sacrificarsi. Quindi cosa cambia?”

Il tono molto più deciso del biondo che faceva trasparire la sua avversione per ciò aveva appena appreso era stato seguito dal silenzio; attimi carichi di tensione durante i quali l’arciere aveva svuotato il suo bicchiere di vodka. Era stata Melinda, da buona diplomatica, a decidere di riprendere il discorso.
Il suo tono appariva calmo, accondiscendente.

“Capisco come la pensi, ma credo che abbiamo opinioni diverse e va bene così. Posso solo dirti che ho visto cos’ha fatto lo SHIELD per Daisy. Comunque, non credo sia questo il momento più adatto per discuterne; immagino ti interessi sapere cosa c’entro io con tutta questa storia."
Non ottenendo alcuna risposta, se non un cenno del capo da parte Clint che pareva essersi calmato, May aveva ripreso la parola.
“È stato un caso, credo che se non ne fosse stata obbligata Natasha non avrebbe coinvolto nessuno; sai com’era fatta. Io mi trovavo in Europa per una ricognizione con altri agenti sul campo e non mi aspettavo certo una sua chiamata nel cuore della notte. Mi ha chiesto supporto per una missione, non direi implorata dato che è di lei che stiamo parlando, ma qualcosa nella sua voce mi ha spinto ad aiutarla. Inizialmente credevo si trattasse di un lavoro per Fury o che stesse cercando di risolvere ciò che era accaduto con Thanos; tutti sapevano quanto si stesse impegnando per questo. Sono arrivata da lei il prima possibile, ci siamo incontrate e solo in quel momento ho capito che nessuno sapesse dove fosse. A detta sua si trattava di una missione d’estrazione, parlava di un’agente catturata. Ho capito che qualcosa non andava quando mi sono resa conto che fosse da sola e sai bene che in missione vengono sempre mandati almeno due agenti, per le eventualità intendo. Eravamo sul tetto di un vecchio magazzino e da una finestra rotta del lucernario ho visto una decina di uomini che pattugliavano la zona e due di questi stavano interrogando una ragazzina. Non sapevo ancora cosa fosse accaduto, ma che per Natasha fosse una questione personale era evidente, non mi avrebbe chiamato altrimenti.”

Clint si era schiarito la voce provando a recuperare un certo grado di fermezza.

“Ho... ho sentito che mentre ero via durante una missione ha affrontato da sola nove uomini che l’avevano assaltata e con un proiettile in corpo.”

Un sorriso aveva incurvato le labbra di Melinda.

“Voci di corridoio. Non era sola, erano in due, ma per il proiettile posso confermare. Comunque, solo dopo mi ha detto di avermi chiamato perché voleva essere certa che la ragazza ne uscisse indenne.”

“Dove vi trovavate? In che città intendo...” 

“Oradea, Ava era tornata a casa per capire cosa le fosse successo."

“Cos’è accaduto in quel magazzino?”

May aveva abbassato lo sguardo prima di incrociare nuovamente quello dell’arciere.

“Non ho mai visto Nat così tanto arrabbiata. Non erano armati, Clint. Solo un paio di pistole, mentre gli altri hanno provato ad attaccarci corpo a corpo quando abbiamo fatto irruzione. Io ho provato a stordirli e fargli perdere i sensi; lei li ha giustiziati. Non provava nemmeno a evitare di spargere sangue. È stato un massacro. Non era Natasha; quella era la Vedova Nera in tutta la sua furia. Solo uno o due sono sopravvissuti e, mentre io mi occupavo di capire chi fossero, lei si è precipitata da Ava. Dovevi vedere com’era preoccupata. L’abbiamo soccorsa e portata in un posto sicuro. Mi ha raccontato tutto pregandomi di mantenere il segreto; ufficialmente Ava aveva tradito lo SHIELD, ma quando Nat l’aveva rintracciata, dopo che era stata catturata, era subito stata pronta salvarla. Per quanto ne sanno gli altri dopo il salvataggio di Ava da bambina, lei e Natasha non si sono più riviste.”

Clint aveva lasciato trascorrere qualche istante in silenzio, riordinando mentalmente le idee e decidendo come proseguire quella conversazione. 

“Come ha fatto a trovarla? Voglio dire, chi l’ha aiutata?”

“Non so cosa ti abbia detto Nat dei suoi rapporti con gli Avengers nel periodo successivo allo Schiocco.”

Barton aveva abbassato lo sguardo sentendosi improvvisamente a disagio.

“Non... non ho avuto il tempo di chiederglielo. Se solo mi fossi fatto vivo prima, se solo fossi tornato. L’ho lasciata sola e me ne sono andato.”
May aveva sorriso.
“Ho detto qualcosa di divertente?”

“Credi davvero che non lo sapesse?”

Lo sguardo interrogativo di Occhio di Falco le era bastato come risposta. 

“Due, tre settimane al massimo se non sbaglio, ha impiegato per trovarti. Eri da qualche parte in Ungheria in quel periodo.”
Clint aveva dischiuso le labbra pronto a rispondere per poi tornare sui suoi passi per qualche istante, ma Melinda l’aveva preceduto.
“Non ti ha cercato perché voleva che fossi tu a tornare e solo se ti fossi sentito pronto. Solo quando è stato davvero impossibile rimandare la cosa si è decisa a fare lei il primo passo ed è così che è partita per Tokyo. Diceva che sarebbe stato frustrante per te vedere uno dopo l’altro tutti i suoi tentativi inutili di riportare indietro la tua famiglia.”

“Avrei potuto starle vicina...”

“Non fartene una colpa, sappi che non è mai stata da sola.”
La mora aveva subito capito di aver attirato la sua attenzione.
“Gli Avengers erano stati sconfitti da Thanos, almeno apparentemente, e per un certo periodo hanno preso strade diverse, ma c’è sempre stato chi ha aiutato Nat sia per la ricerca che per tutto il resto.”

“So che Steve e Rhodey la vedevano spesso.”

L’asiatica aveva annuito.

“Ma non solo, gran parte del lavoro l’ha fatto Tony.”

“Ferma. Stark? Lo stesso che senza giri di parole ha detto a Nat che l’unica cosa in grado di fare fosse tradire le persone, dato che, cito testuali parole, ‘era nella sua natura essere una doppiogiochista’?”

“Clint sono passati cinque anni, molte cose sono cambiate.”

“Cambiamenti sì, ma miracoli no!”

Melinda si era concessa una breve risata a quelle parole.

“Ammetto che anche io ho trovato difficile credere a Nat quando me l’ha raccontato. Diceva che all’inizio i loro rapporti erano stati civili, ma neutrali, più o meno come sempre. Non so bene cosa sia accaduto poi, con Stark non ne ho parlato e Natasha è stata molto vaga al riguardo. Posso però dirti, e questo me l’ha confermato Rhodes dato che spesso era in collegamento con lei, che dati i ritmi di lavoro della Romanoff spesso si incontravano al Compound. Rhodey ha detto che spesso Tony dimenticava volutamente delle cose alla base per poi chiamarla chiedendole di portargliele a casa, così da spingerla a rimanere a cena. Si inventava cose da controllare in laboratorio per passare a vedere come stesse e non farla stare da sola. Credo che se non fosse stata obbligata da Stark non sarebbe mai uscita da quell’edificio e avrebbe mangiato tramezzini da sola per cinque anni.”

“Immagino che avrei dovuto un favore a Stark; la prima volta che ho rivisto Nat dopo cinque anni se ne stava seduta scomposta a fissare il vuoto a mangiare un sandwich con il burro d’arachidi e, voglio dire, a lei nemmeno piaceva il burro d’arachidi!”

Entrambi avevano riso, ma quel sorriso non aveva nulla di divertito. Era malinconico e di questo se n'erano accorti anche loro. 

“Penso che Natasha abbia passato momenti migliori...”

Clint si era limitato annuire per poi riempirsi per il bicchiere che da troppo tempo giaceva vuoto di fronte a lui.

“Voglio solo sapere una cosa, come ha reagito Ava alla morte di Nat? Non l’ho mai vista alla sua tomba e ci sono andato spesso in quest’ultimo periodo.”

Melinda aveva abbassato lo sguardo prima di schiarirsi la voce.

“Lei…”

“Io non lo sapevo, giusto May?”

A quelle parole la diretta interessata si era voltata di scatto trovando Ava, ancora evidentemente malconcia, sulla soglia della stanza in cui l’aveva lasciata. Con una mano si teneva il fianco dove c’era la ferita, ma non stava più perdendo sangue.

“Ma come...”

La rossa aveva scosso il capo e un sorriso amaro le aveva incurvato le labbra.

“Allora è vero che Nat non ti ha detto tutto; il siero che mi hanno iniettato da piccola non era poi così diverso dal suo e se crei un’arma fai in modo che nulla possa ridurne la precisione e l’efficacia. Nessun effetto collaterale e nessun sintomo dopo aver assunto alcool, droga e, pensa un po’, nemmeno sedativi. Dovevano essere certi che fossi sempre al massimo delle mie capacità.”

Aveva fatto una breve pausa durante la quale Liho si era deciso a scendere dalle gambe dell’asiatica e avvicinarsi alla ragazza che stava poco distante da lui senza però provare ad attirare il suo interesse. Si era semplicemente seduto vicino a lei e lì era rimasto anche quando quest’ultima aveva ripreso il discorso dopo essersi voltata verso Clint.

“Ma non siamo qua a parlare di me, vero?”

Melinda aveva preso la parola.

“Ava ascolta, io...”

“Cosa? Mi hai tenuto nascosto altro oltre alla morte di Natasha?”
La sua interlocutrice aveva abbassato lo sguardo sentendosi presa in causa.
“Da quanto lo sapevi?”

“Tre...”

“Tre cosa Melinda? Giorni? Settimane? Dimmelo!”

“È accaduto tre mesi fa. Tu eri in missione e non sapevo come avresti potuto reagire.”

“Come avrei potuto reagire? Due cose, solo due, ho chiesto a te e Natalia quando mi avete trovato in Romania. La prima di non mentirmi e la seconda di non prendere alcuna decisione che mi riguardasse al posto mio.”
Si era voltata verso Clint provando a placare la rabbia che man mano stava iniziando a prendere il sopravvento.
“Sa una cosa agente Barton? Avrei scommesso di dovermi guardare le spalle dall’ex spia sovietica abituata a mentire e ingannare e invece!”

“Sai bene che non è così!”
May aveva alzato il tono della voce colpita nell’orgoglio dalle parole della rossa.
"Te l’ho detto, tu non eri qua e non potevo permettere che qualcosa andasse storto sia per te che per la missione! Sai bene che non era permesso nemmeno un passo falso…”

Ava aveva fatto schioccare nervosamente le dita un paio di volte prima di rivolgere la sua attenzione all’agente.

“Proprio qua volevo arrivare.”
Aveva estratto una chiavetta USB da una tasca dei suoi pantaloni per poi lanciarla malamente alla donna che l’aveva presa al volo.
“Sarebbe stato un peccato per lo SHIELD perdere quelle informazioni, perché la missione che mi hai mandato a compiere era per lo SHIELD, o sbaglio Melinda?”

“Che sta succedendo?”

Ava aveva sorriso alla domanda di Clint.

“Perché non lo chiediamo direttamente alla famosa Cavalleria? Colei che ha salvato decine di agenti da una morte certa offrendosi di entrare in quell’edificio! Che coraggio!”
Aveva volutamente dato enfasi all’ultima parola.
“Sai May, prima del nostro incontro in Romania ho fatto cose di cui non vado molto fiera. Ho mentito e ingannato, tra le altre cose; dev’essere per questo motivo che io per prima tendo a non fidarmi delle persone. Ho fatto delle ricerche su Nat, Yelena e te. Per le prime due, contro ogni aspettativa, è stato molto semplice: una aveva messo tutti i suoi segreti a disposizione del mondo con un click e l’altra, che si trovava a Cuba, ha deciso di ascoltarmi e rispondere a ogni mia domanda. Barton, crede che abbia trovato qualcosa di interessante su May?”

Clint stava per ribattere, ma era stato preso alla sprovvista da Melinda che si era alzata dalla sedia per poi fare un passo avanti verso la rossa.

“Non so cosa tu creda di aver trovato, ma questo non è né il modo né il momento…”

La giovane aveva ristabilito le distanze allontanandosi dalla sua interlocutrice.

“Non è il momento?”
Si era lasciata andare a una breve risata.
“Ma certo non è mai il momento, come non lo è stato per dire a tutti cosa fosse accaduto in Bahrain, anzi hai provato a nasconderlo con ogni mezzo! Mi hai mandato in missione perché qualcuno l’aveva scoperto e ovviamente hai deciso di mandare me. Non hai idea di cos’abbia dovuto fare per recuperarla, ma non sono una moralista, sono l’ultima persona che potrebbe giudicarti. Sarei andata comunque in missione per te, invece tu hai preferito impedirmi di salutare Natasha, così come quelli della Stanza mi hanno impedito di salutare mia madre perché altrimenti non sarei stata concentrata sull’addestramento. Sei esattamente come loro! Nat era mia sorella, l’unica famiglia che avessi! Se mi avessi detto della sua morte sarei poi andata comunque a recuperare quelle informazioni. Tu invece eri così preoccupata che qualcuno sapesse che in Bahrain, non hai salvato proprio nessuno, hai semplicemente sparato a una ragazzina Inumana in preda ai suoi poteri!”

May si era avvicinata pericolosamente alla ragazza che però questa volta non aveva indietreggiato.

“Ava, non sai di cosa tu stia parlando.”

“Mi hai mandato in missione mentendomi e usandomi solo per i tuoi interessi! Se al posto di quella Inumana in Bahrain ci fosse stata Quake avresti fatto l’impossibile per proteggerla. Solo due cose ti intessano: la tua reputazione e la cara Daisy! Tutto il resto può andare all’inferno!”

Lo schiaffo che la rossa aveva ricevuto come risposta da May aveva fatto calare il silenzio. Clint era scattato in piedi pronto a una qualsiasi reazione da parte della giovane che però tardava ad arrivare. Si era portata la mano alla guancia che già iniziava ad arrossarsi per poi concentrarsi sul labbro rotto che stava sanguinando. 

Melinda si era subito pentita di quello scatto d’ira.

“Ava, io…”

“Vattene.”
Era stato poco più di un sussurro, gli occhi fissi in quelli della Cavalleria in segno di sfida.
“Esci da questa casa.”

“Ascoltami…”

“No, ora basta. Avresti dovuto spiegarmi tutto questo tempo fa, ormai è troppo tardi. Sono stanca di stare ad ascoltare le tue patetiche scuse. Non voglio né vederti né sentirti finché non sarò io a decidere che sia giunto il momento per farlo.”
May stava per ribattere, ma era stata battuta sul tempo dalla ragazza, che mentre stava parlando aveva ripreso le distanze per poi dirigersi verso la porta dell’appartamento.
“Vuoi provare a farmi cambiare idea? D’accordo, se non vorrai rispettare nemmeno questa mia richiesta ti obbligherò a farlo: cercami senza che l’abbia fatto prima io e tutti, SHIELD e non, sapranno di come ti sei guadagnata il tuo titolo. Sapevo che sarebbe stato utile copiare quei file che ritieni tanto importanti; che ne pensi, Cavalleria?”

Melinda era parsa titubante per qualche istante prima di cedere a quello che a tutti gli effetti era un ricatto. Si era quindi avviata verso l’uscio che Ava stava tenendo aperto, ma prima di uscire aveva recuperato dalla tasca del suo giubbotto una chiave, che la rossa aveva riconosciuto essere quella della casa, e gliel’aveva lasciata.

“Spero potrai perdonarmi. Non importa quando.”

Detto questo l’agente May aveva varcato la soglia prima che la giovane Orlova la richiudesse alle sue spalle. 

Una volta sola con Clint, che ancora se ne stava lì in piedi vicino al tavolo senza sapere cosa dire o fare, aveva poggiato la schiena contro il muro per poi lasciarsi scivolare sul pavimento. Aveva portato le gambe al petto per poi circondarle con le braccia e nascondere il viso tra le ginocchia. 

Un singhiozzo e poi un altro ancora le avevano scosso le spalle. Aveva sentito un rumore accanto a sé e solo dopo altro tempo che si era concessa per sfogarsi, si era obbligata a voltarsi. Al suo fianco si trovava l’arciere che le stava offendo un fazzoletto. Il biondo si era inizialmente stupito, non si trovava più di fronte un’avversaria pronta a lottare con le unghie e con i denti e nemmeno un’ex Vedova Nera, o qualsiasi cosa fosse, decisa a tener testa a Melinda May in persona. Era solo un ragazzina poco più che ventenne che aveva appena scoperto di aver perso l’ultimo stralcio della propria famiglia e di essere stata tradita da una delle poche persone di cui si fidava. 

La rossa aveva accettato l’offerta del fazzolettino, si era asciugata le lacrime e tastata il labbro rotto che però aveva cessato di sanguinare. Aveva provato a darsi un certo contegno rimanendo però seduta per terra. 

“Agente Barton…”

“Ti prego chiamami Clint. Voglio dire, abbiamo cercato di ucciderci a vicenda, credo che i convenevoli siano fuori luogo.”
Aveva visto l’espressione della sua interlocutrice farsi più rilassata, almeno in apparenza.
“O almeno così è stato per me e Nat dopo il nostro primo e memorabile incontro.”

Aveva notato un sorriso apparire sulle labbra di Ava. 

“Sai, Clint, prima di raggiungere l’appartamento ho chiamato Natasha sul cellulare che usava per tenersi in contatto con me e quando hai risposto tu ho pensato che fosse in pericolo…"
Aveva emesso un breve sospiro.
“Che stupida. Credevo avesse bisogno del mio aiuto e che avrei potuto aiutarla…”

Barton si era schiarito la voce attirando la sua attenzione.

"Beh per quel che vale, se Nat fosse stata davvero in pericolo l’avresti certamente salvata, ho ancora il naso gonfio per la tua testata!”
Si era concesso una risata che però non aveva contagiato Ava che, per tutta risposta, aveva abbassato lo sguardo.
“Ehi, scusa per la frase infelice, non era mia intenzione. Non so come possa esserti utile, ma sappi che ti capisco, io stesso mi sento ancora in colpa per la sua morte. Se fossi stato più attento, più veloce o più deciso magari ora sarebbe qua a lamentarsi di quanto Liho fosse un gatto inavvicinabile.”

Questa volta la rossa aveva riso e il micio, sentendosi chiamato in causa notando gli sguardi di entrambi su di lui, si era avvicinato alla ragazza che prontamente aveva iniziato a coccolarlo. 
Clint aveva atteso un attimo prima di proseguire.

“Se però c’è una cosa che ho capito, non grazie a me sia chiaro, è che lei non l’avrebbe mai permesso; non avrebbe accettato una soluzione diversa da quella che aveva scelto. Non so per quale motivo l’abbia fatto, posso solo immaginarlo, ma credimi quando ti dico che non ho mai visto Nat così tanto determinata.”

La sua interlocutrice aveva annuito.

“Immagino che una delle sue caratteristiche principali, inaspettatamente, fosse la sua cocciutaggine. Ricordo che per una missione, riguardava Masters se non erro, le avevo fatto promettere che non mi avrebbe controllata. Lei cosa fa? Manda Yelena. Le sue parole sono state…”
Si era schiarita la voce e aveva raddrizzato la schiena.
“‘Io non ti ho seguito, l’ha fatto Yelena, quindi non ho infranto alcun accordo!’ Poi mi ha fatto l’occhiolino e si è messa a ridere, probabilmente soddisfatta della riuscita del suo piano.”

Barton aveva un mimato un breve e rapido applauso.

“Ottima imitazione, non ce che dire!”
Si era compiaciuto dello sbuffo fintamente infastidito di Ava.
"Effettivamente è una cosa che direbbe proprio Natasha e pensare che appena arrivata allo SHIELD faceva di tutto per isolarsi, ma sembrava che ogni cosa facesse desse vita a nuove voci di corridoio. Chi la dipingeva come una talpa sovietica mandata per colpirci dall’interno, chi come una mina vagante decisa a soddisfare i propri interessi…”

“Immagino la conoscessi molto bene, almeno questo mi sembra di capire da come ne parli. Ricordo ancora quando mi ha trovato: avevo nove anni e mi trovavo nella cella in cui stavo quando non provavano a ricreare l’arma al loro comando che sarei dovuta essere. Ero lì dentro seduta in silenzio, non mi era permesso fare molto altro e d’un tratto ho sentito delle urla e il soldato che mi controllava -ho capito dopo che fosse lui- sbattere addosso alla porta. Dopo qualche minuto la serratura è saltata ed è entrata lei, mi ha sorriso e mi ha promesso che mi avrebbe portata fuori di lì. È stata la prima volta che qualcuno si è rivolto a me così, oltre a mia madre ovviamente. Il resto della storia lo sai, almeno su quello May non ha mentito.”

I due erano rimasti in silenzio come se qualsiasi altra parola fosse stata di troppo. Erano stati lì, l’una accanto all’altro, per qualche minuto; le fusa di Liho in sottofondo che non sembrava per nulla preoccupato da tutte le cose successe quel giorno.

“Come hai fatto ha superare la sua morte? Perché io non credo di farcela.”

Clint era stato preso in contropiede dalla domanda che da un momento all’altro aveva riportato alla sua mente dolorosi ricordi.

“Semplice: non la si supera, ci si impara a convivere. Sai qual è stata l’ultima cosa che mi ha detto? ‘Va bene.’ Stava cercando di rassicurarmi; lei stava per morire e la sua preoccupazione era rassicurami del fatto che non mi considerasse responsabile, che era stata una sua decisione. Non potrò mai superare la sua morte, ma posso continuare a ricordare cos’ha fatto per me e per tutti noi, non permetterò che il suo sacrificio sia stato vano; glielo devo.”

Ava aveva annuito con gli occhi ludici velati di lacrime. Aveva sospirato e chiuso gli occhi per un istante.

“Spasibo sestrenka.”

Era stato solo un sussurro, ma a Barton quelle parole erano giunte forti e chiare.

“Cos’hai detto?”

Il suo tono lasciava trasparire una strana agitazione a cui però la ragazza non aveva prestato particolare attenzione.

“Oh scusa, è russo, significa ‘grazie…”

“Sorella.”

“Esatto, è così che mi chiamava Natalia.”

Clint aveva dischiuso le labbra senza però proferire parola. Si era sporto leggermente in avanti per poter raggiungere la tasca posteriore dei pantaloni. Aveva estratto la lettera spiegazzata e l’aveva mostrata alla rossa che aveva spostato lo sguardo da lui alla busta.

“Questa cos’è?”

“L’ha lasciata Natasha per te, non so quando o perché, ma l’ha fatto. Intendo, credevo fosse una specie di codice o qualcosa di simile e ho pensato di portarla a casa per provare a capire e decidere cosa farne."
Barton aveva iniziato a parlare senza nemmeno quasi respirare, elettrizzato dall’idea di aver trovato il destinatario di quel messaggio.
“Poi però sei arrivata tu, eri ferita e c’è stata May e mi sono dimenticato di avere questa, ma adesso…”

Aveva fatto una pausa per prendere fiato e calmarsi. Ava, confusa, si stava limitando a osservarlo.

“È tua.” 
Le aveva porto la lettera e atteso un istante che la giovane Orlova l’accettasse.
“Voleva che l’avessi tu.”

“Dove l’hai trovata?”

“Nella cassaforte in camera sua.”

“Ah, quella che si apre con il collare di Liho?”

“Si… aspetta, tu lo sapevi? Del codice e del gatto intendo.”

La rossa aveva fatto spallucce.

“Gliel’ho semplicemente chiesto.”

Il biondo aveva borbottato qualcosa che aveva fatto sorridere la ragazza, aveva poggiato le mani sul pavimento per poi alzarsi da terra.

“Ti lascio da sola, non voglio invadere questo…”
Aveva gesticolato per un attimo indicando lei e la lettera.
“Questo.”

“È stato un piacere conoscerla agente Barton.”

L’arciere aveva leggermente piegato il capo di lato.

“Noi crederai davvero che io ti lasci qua sola e ferita?”

“Non ce n’è bisogno, so cavarmela da sola, non è la prima volta che mi capita.”

“So benissimo che ce la faresti da sola, non è questo il punto. Credo che in qualche modo Nat abbia fatto in modo di farci incontrare e, come ho aiutato lei, voglio aiutare te.”

La sua interlocutrice aveva aggrottato le sopracciglia confusa.

“Tutto qua? Mi vorresti aiutare solo perché la conoscevo? Mi sembra un po’ azzardato…”

L’ex Vendicatore le aveva sorriso.

“Lei si fidava e a me basta questo; se lei si fida, io mi fido.”
Non aveva atteso una risposta
“Ti aspetto fuori, faccio due chiamate.”

Le aveva voltato le spalle ed era uscito dall’appartamento, lasciando lì Ava spiazzata da quelle parole e con la lettera in mano; aveva deciso di concentrarsi su quest’ultima. 
Aveva aperto la busta stando attenta a non romperla. Sul foglio ripiegato al tuo interno era ben chiara la grafia di Natasha e dalla scrittura si poteva intuire che fosse stato scritto abbastanza in fretta: era molto fitta e presentava alcune cancellature.

Ciao sorellina,
mi dispiace davvero tanto non poterti dare questa lettera di persona, ma immagino tu abbia già capito almeno in parte cosa sia accaduto; Melinda dovrebbe averti spiegato tutto. 
Non ho molto tempo, ma voglio che alcune cose tu le sappia da me, che capisca perché ho preso questa decisione. 

Ho parlato con Nebula, la figlia di colui che con un solo schiocco di dita ha spazzato via metà popolazione mondiale, ma lei non è così, puoi fidarti. Abbiamo parlato delle Gemme, quelle che potrebbero risolvere tutto, e ho scoperto dove se ne trova una e cosa sia necessario fare per averla. L’ho implorata di non parlare con nessun altro di questa cosa e credo di essere riuscita a convincerla; abbiamo molte cose in comune e credo capisca la mia scelta. Non posso permettere che qualcun altro soffra. Tony, che mi è stato molto vicino in questi anni e sono certa che farà lo stesso per te, ha Pepper e Morgan, Steve ha passato la vita a combattere in nome di qualcun altro e Rhodes ha già sacrificato molto. Poi c’è Clint. Per la prima volta dopo anni mi sono ritrovata a pregare. Sai bene che ho smesso di crederci molto tempo fa dopo ciò che mi hanno fatto e costretto a fare nella Stanza, ma stavolta è diverso. Ho pregato che tra tutti, non toccasse a lui la sorte di accompagnarmi a cercare quella gemma. Lo conosco molto bene, farebbe di tutto per impedirmelo, ma non posso permettere che lo faccia; con quale coraggio potrei privarlo della sua famiglia dopo aver visto come ha trascorso questi cinque anni? Non potrei lasciarglielo fare nemmeno volendo, non dopo tutto quello che ha fatto per me; glielo devo, ho un debito con lui e finalmente potrò ripagarlo. Ma non ti sto scrivendo per dirti cose che probabilmente scoprirai già da sola; voglio chiederti perdono. Perdono per averti promesso che ci sarei sempre stata per te e che non ti avrei mai abbandonato, promessa che ora sono certa sto per infrangere. Vorrei ci fosse un’altra soluzione. La prima volta che ti ho vista avevi nove o dieci anni e mi hai subito ricordato me stessa: così piccola eppure costretta a crescere in fretta. Quando ti ho affidata allo SHIELD credevo di fare ciò che fosse meglio per te, solo dopo ho capito che non era così, solo quando hai scelto di fuggire; a dir la verità già allora ti avevo lasciata sola. Tu però hai deciso di darmi una seconda possibilità quando ti ho trovata in Romania. Potevi non fidarti, non accettare il mio aiuto; avresti potuto farlo, ma non l’hai fatto. Grazie, te ne sono stata sempre grata, ma non credo di avertelo mai detto. Ne avevo bisogno.
Tu adesso sei in missione, fra qualche giorno scoprirai cos’ho fatto e alcune cose cambieranno. Sappi però che non sarai sola, ci sarà sempre chi sarà pronto ad aiutarti; quel qualcuno sarà Clint. È stata la persona che mi ha sempre protetto, sia in missione che dai giudizi di chi mi credeva solo la Vedova Nera. Colui che non mi ha mai voltato le spalle, nemmeno quando ha scoperto tutto ciò di cui mi sono macchiata, quello che avevo fatto. Lui e Laura, sua moglie, mi hanno sempre dato un posto in cui stare e sentirmi al sicuro, non importava se in quel periodo lo SHIELD mi considerasse una minaccia. Ti prego fidati di lui, lasciati aiutare. 
Ora devo andare, gli altri mi stanno aspettando al Compound.
Ti voglio bene, non importa ciò che accadrà, te ne vorrò sempre; rimarrai la mia sorellina.
Nat

Ava era senza parole.
Natasha sapeva bene che stava per morire e aveva deciso di scriverle una lettera per chiederle perdono. Nessuno si era mai interessato a lei, se non per provare ricreare quello che era stato il progetto Vedova Nera. Nessuno si sarebbe mai messo contro lo SHIELD per proteggerla, cosa che invece Nat aveva fatto appoggiando la sua richiesta di non parlare con Fury quando l’aveva ritrovata in quel magazzino abbandonato. 

Si era concessa di perdersi nei ricordi ancora per qualche minuto prima che la sua attenzione venisse attirata da Liho che, spostatosi, aveva iniziato a graffiare la porta.

“Hai ragione, credo sia ora di andare.”

Si era quindi alzata e aveva recuperato il casco integrale che ancora si trovava sul pavimento vicino al tavolo, dove lei l’aveva lasciato durante il breve scontro con Clint. Aveva poi aperto l’uscio lasciando uscire il gatto, aveva poi seguito le sue orme. Solo in quel momento si era accorta che la serratura era stata resa inutilizzabile dal proiettile sparato da Melinda al suo arrivo; si era quindi appuntata mentalmente di chiamare un fabbro appena possibile. Era infine uscita dal condominio dove l’arciere, ancora al telefono, la stava aspettando.

“… no stavolta non si tratta di Lucky e Kate, credo siano in giro per Manhattan, ma per la serata pizza avremo comunque un’ospite. Perfetto, sei la migliore! Ti amo anch’io, a dopo.”

Aveva terminato la chiamata e si era concentrato su Ava che lo stava osservando accanto la sua moto. Il biondo sembrava più rilassato nonostante gli avvenimenti di quel giorno.

“Sbaglio o quella sembra la moto Nat?”

“Non sembra la sua, è la sua. Me l’ha fatta avere tramite Isaiah durante una missione. Quando poi l’ho sentita mi ha detto che le dispiaceva fosse ferma nel suo box.”

“Ross, eh?”
Barton aveva sorriso; sembrava avesse appena capito qualcosa che però la rossa ignorava.
“Maledetti avvocati!”

Si era lasciato andare a una breve risata come se avesse appena fatto una battuta che però solo lui sembrava trovare esilarante. 
Aveva poi scosso la testa, il tono della voce era ancora divertito. 

“Comunque, credo sia il momento di levare le tende.”
Le aveva aperto la portiera della sua auto e con un inchino accennato l’aveva invitata a salire.
“Stasera passerò a recuperare la tua moto, non preoccuparti. Laura ci sta aspettando per la cena, non vorremo tardare, vero?”

Ava aveva sorriso prima di prendere posto sul lato passeggero. Barton si era poi messo al posto di guida e aveva accesso il motore.

“Clint? Non mi hai ancora detto dove stiamo andando.”

Si era voltato per una attimo verso di lei prima di riservarle un sorriso sghembo.

“A casa.”
 

Angolo Autrice 

I miei complimenti ai prodi lettori che sono arrivati alla fine di questa mini long, nata come OS, che però ha preso il sopravvento. Innanzitutto, ormai è una tradizione, ringrazio la mia fidata beta, _cryptic_, per avermi supportato e sopportato, nella scrittura di questa storia. 
Grazie anche a chi ha recensito e a chi recensirà, mi fa sempre molto piacere leggere commenti con opinioni e suggerimenti per poter migliorare. Un grazie in particolare per le loro recensioni a Ragdoll_Cat e Farkas.
Per chi volesse cimentarsi nello scoprire tutti gli Easter Egg nascosti nei capitoli, vi posso dire che sono in totale 20 e hanno origini diverse: alcuni fanno riferimento all’MCU sia alle serie che ai film, altri ai fumetti (in particolare quelli di Vedova Nera, ma anche altri) e infine alcuni a serie che non fanno parte del mondo Marvel.
Riuscirete a trovarli tutti? 

 

Alla prossima,
Miss All Sunday

 
   
 
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