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Autore: heliodor    11/07/2021    0 recensioni
Valya sogna di diventare una grande guerriera, ma è solo la figlia del fabbro.
Quando trova una spada magica, una delle leggendarie Lame Supreme, il suo destino è segnato per sempre.
La guerra contro l’arcistregone Malag e la sua orda è ormai alle porte e Valya ingaggerà un epico scontro con forze antiche e potenti per salvare il suo mondo, i suoi amici… e sé stessa.
Aggiunta la Mappa in cima al primo capitolo.
Genere: Avventura, Fantasy, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Cronache di Anaterra'
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L’occhio che vede ogni cosa

 
Zane arrancò nell’erba rada che copriva la collina, aggrappandosi a ogni stelo che spuntava dal terreno brullo per darsi un’altra spinta verso l’alto.
Dietro di lui colse il movimento di una figura. Era quella di Astryn che sembrava faticare a tenere il suo passo.
Da quando avevano raggiunto la base della collina avevano udito le grida affievolirsi. C’era stato un boato sommesso e qualcosa aveva illuminato il cielo di rosso per poi spegnersi subito dopo.
Dopo quell’ultimo segno di battaglia, era calato il silenzio. Zane si era precipitato su per il crinale per non perdere tempo ad aggirare l’ostacolo e avere un vantaggio strategico raggiungendo la cima, nel caso la battaglia fosse ancora incerta.
Poco prima di raggiungere la sommità raddoppiò i suoi sforzi e percorse gli ultimi passi quasi volando sopra il terreno, incurante se dall’altra parte ci fossero degli alleati pronti ad accoglierlo o i dardi magici di un rinnegato appostato lì nell’attesa che un nemico apparisse.
Trattenne a stento la delusione quando arrivò sulla cima e scoprì che era vuota fatta eccezione per qualche pietra sparsa in giro e qualche ciuffo d’erba che ci cresceva attorno.
Respirò a fondo e si trascinò fino al lato opposto, gettando un’occhiata in basso vide la conca sottostante racchiusa dalle alture che avevano intravisto da lontano.
Si trattava di una dozzina di collinette allineate a formare un anello dai bordi irregolari e aperto verso una sola direzione che puntava verso settentrione.
In mezzo allo spiazzo intravide una trentina di corpi distesi al suolo. Alcuni a faccia in giù, altri col viso rivolto al cielo che si stava ingrigendo.
Vide anche una ventina di figure muoversi in mezzo ai corpi e chinarsi verso alcuni di loro per esaminarli. C’erano anche dei cavalli sul margine orientale che se ne stavano tranquilli a pascolare nell’erba, ignari della battaglia che si era appena combattuta.
Alzò gli occhi verso l’orizzonte e intravide, a qualche miglio di distanza, una nube di polvere che si alzava attorno a delle figure. Da quella distanza non poteva esserne certo, ma sembrava si stessero allontanando al galoppo da quella zona.
Discese il fianco della collina sollevando una nuvola di polvere che lo avvolse per qualche istante e quando questa si depositò, i dettagli della scena che aveva visto dall’alto divennero più chiari.
Le figure in piedi avevano tutte il mantello bianco e si muovevano con cautela. Altre reggevano lo scudo e la lancia. Un paio di soldati erano seduti vicino a una roccia quadrata mentre una mezza dozzina era stesa a terra. Vicino a essi erano chinate un paio di figure.
Zane si avvicinò con cautela per non metterli in allarme ma quando lo videro arrivare un paio di mantelli vennero verso di lui.
“Ti temevo morto o ferito” disse Kumal.
“Né l’uno né l’altro” disse guardandosi attorno. “Ma ci sono andato più vicino di quanto sperassi. La battaglia?”
“Abbiamo vinto” disse Kumal con espressione cupa. “Ma ci è costato molto.”
“Quanti sono caduti?”
“La metà dei nostri, più sei feriti lievi e due gravi.”
“La scorta di mio padre?”
“Era già stata quasi del tutto spazzata via quando siamo arrivati” spiegò lo stregone. “Erano in quindici ma dieci erano morti prima che iniziassimo a lanciare il primo incantesimo. Solo due sono sopravvissuti e c’è un ferito grave.” Guardò altrove.
“Hai già fatto rapporto a mio padre?”
Kumal sospirò. “Forse dovresti farlo tu, visto che sei il comandante di questa spedizione.”
“Adesso il comando passerà a lui” disse con tono convinto.
Si guardò attorno aspettandosi di vederselo piombare addosso e rimproverarlo di non essere rimasto a Charis invece di correre a salvarlo, lui che aveva abbandonato la sua armata per venire a salvarlo quando era stato fatto prigioniero dei rinnegati.
“Dov’è?” chiese Zane accigliandosi.
Kumal indicò uno dei feriti distesi. “È lì.”
Zane ebbe un tuffo al cuore. Ignorò le altre parole dello stregone e barcollò fino a suo padre.
Aramil Stanner giaceva su di una coperta di lana, il viso contratto in una smorfia di dolore e gli occhi chiusi. Il petto di alzava e abbassava a fatica, ma la cosa che lo preoccupò di più era la macchia di sangue che si allargava all’altezza dell’addome.
“Un dardo” disse Yuldra alzando gli occhi verso di lui. Era lei la figura china vicino al padre. Ed era sua la mano che premeva sulla benda che copriva la ferita. “Un semplice dardo” aggiunse storcendo la bocca in una smorfia di sofferenza.
Zane si accucciò vicino al padre e tese la mano verso la sua stringendola. “Mi senti? Sono io, Zannis.”
Aramil aprì gli occhi. “Non sono ancora sordo” disse a fatica. “Ho la pancia bucata ma a parte questo sto bene.”
“Guarirai” disse. “Ti cureremo.”
“Ne stavamo giusto parlando con Yuldra” disse suo padre. “Lei è convinta come te di potermi salvare, ma io le ho spiegato che non può riportare indietro quel dardo. A proposito, avete scoperto chi me l’ha lanciato? Vorrei complimentarmi con quel rinnegato. Ha trovato l’unico punto scoperto del mio scudo.” Tossì e fece una smorfia di dolore.
“Diamogli qualcosa per calmare la sofferenza” disse Yuldra sottovoce. “Dovremmo avere ancora qualche pozione da parte.”
Zane annuì.
Yuldra si alzò allontanandosi di qualche passo.
“È solo una scusa per lasciarmi solo con te” disse Aramil. “Sarebbe una pozione sprecata se ne usasse davvero una. Non ci metterò molto ad andarmene.”
“Non dire così” disse Zane stringendogli la mano più forte. Non la ricordava così fredda e debole.
Da piccolo, quando andavano a passeggiare per le vie di Lormist, amava tenergli la mano perché era calda e la sua presa forte. Quel tocco deciso e delicato allo stesso tempo lo faceva sentire al sicuro in quel posto che per lui era ancora sconosciuto, dopo che aveva passato i primi otto anni di vita nelle campagne. Quando aveva mostrato di possedere i poteri, si erano trasferiti nella capitale per poter essere più vicino al circolo e iniziare un addestramento vero.
Le prime Lune era stato difficile adattarsi a quel luogo sconosciuto e pieno di misteri. Conosceva bene i sentieri e il piccolo bosco vicino alla loro casa, dove suo padre aveva le sue terre e coltivava un’uva che dava un vino dolce e profumato che molti apprezzavano.
Invece non conosceva affatto i sentieri di pietra della città e trovava opprimente muoversi tra i vicoli con i palazzi che sembrava stessero per crollargli addosso in qualsiasi momento.
Allora si era aggrappato a quella mano calda trovandovi conforto quando lui aveva risposto con una stretta delicata.
Anche in quel momento, mentre se ne stava con le ginocchia poggiate sul terreno, avrebbe voluto che quella stretta lo confortasse, che gli desse il coraggio di affrontare i pericoli nascosti dietro i palazzi di Lormist.
“Devo stare davvero male” disse suo padre a fatica. “Se tu dai un ordine a me e io non riesco a contestarti.”
Zane sospirò. “Ti porteremo a Charis” disse cercando di convincersi che quel piano avrebbe funzionato. “Lì ti cureranno come si deve.”
“Non sopravviverei al viaggio. Saremo almeno a duecento miglia dalla fortezza.” Deglutì a vuoto. Un attimo dopo fu squassato da una sorta di rantolo sommesso.
Zane gli afferrò il braccio con entrambe le mani, ma lasciò la presa quando si accorse che suo padre si era rasserenato.
“Lydo riderebbe di me se fosse qui” disse con tono divertito. “Lui ha avuto una morte gloriosa, bruciato vivo da uno stregone di rango elevato. Io invece dovrò accontentarmi di un misero dardo magico. Non lo trovi bizzarro, Zannis?”
Zane gli mostrò un sorriso forzato. “Lo penso anche io.”
“Quella ragazza” disse suo padre con voce appena udibile.
Zane si protese verso di lui per sentire meglio.
“Quella ragazza” ripeté.
Di chi sta parlando? Si chiese.
“La sua spada” aggiunse. “Non è l’unica.”
Zane sgranò gli occhi.
Sta parlando della spada di Valya? Si domandò.
“Zane” disse suo padre. “C’è un’altra spada. Lo sapevamo solo Lydo e io. Avrei dovuto dirtelo prima, ma avevo paura.”
“Non ti fidavi di me?” gli chiese sperando che lui non pensasse che ci fosse del risentimento in quella frase.
Suo padre scosse la testa. “Volevo solo proteggerti. Volevo proteggerli tutti. Come fece Wyll, quel giorno. Se non ci fosse stato lui.” Tossì. “Se non ci fosse stato…”
Aramil ebbe uno spasmo che gli fece inarcare la schiena. Zane lo trattenne finché non si fu calmato. Poggiandogli la mano sul petto poteva avvertire il battito del suo cuore farsi sempre più debole e irregolare.
Suo padre respirò a fondo.
“Dov’è l’altra spada?” domandò Zane.
“Medoris” rispose suo padre.
“È un luogo o una persona?”
“Lui sa” disse. “A Valonde. L’ultima volta che ne sentii parlare si trovava lì. Vai da lui.” Tossì di nuovo. “E distruggila.”
“Quella spada” disse Zane. “Era tua.” Non era una domanda ma un’affermazione.
Suo padre accennò un sorriso. “Sei intelligente, Zannis, più di quanto tu voglia ammettere. Anche io ero maledetto e non potevo liberarmene, ma ora la spada può essere impugnata dal primo che la toccherà. La maledizione passerà a quella persona e il cerchio di sofferenza e gelosia si aprirà di nuovo.”
“Gelosia e sofferenza?”
“Tu puoi impedirlo, Zannis. Devi. Io non ho avuto il coraggio, ma tu sei migliore di me.”
“Non so che fare” disse.
“Fatti aiutare da Valya. E dall’indovina. Lei ha visto delle cose, nei suoi sogni.”
Zane si accigliò.
“Cose che sono accadute e che lei non ha potuto comprendere perché non era presente.”
“Non capisco.”
“L’occhio che vede ogni cosa” disse suo padre dopo aver emesso un lamento. “Si è posato su di noi.”
“Padre?”
“Avrei voluto salutare tua madre quando se n’è andata” disse Aramil sgranando gli occhi. “Io ero a Taloras per fare da scorta al nostro ambasciatore e lei era già malata. Non avrei voluto partire, te lo giuro, ma un guaritore si prendeva cura di lei e mi avevano assicurato che stesse migliorando.” Fece una pausa. “Forse le restavano cinque o dieci anni da vivere, ma mi ero ripromesso che sarebbero stati i migliori della sua vita. Le avrei fatto vedere il continente, adesso che c’era un po’ di pace.” Sospirò. “Quando avrei voluto mantenere la promessa che le feci prima di partire. Non hai idea di quanto lo volessi, Zane. Non hai idea.” Tossì di nuovo e chiuse gli occhi. Il viso si rasserenò un poco e il respiro si calmò.
Yuldra si avvicinò quasi in punta di piedi. “Sta andando via, Zane.”
Lui annuì. “È forte, resisterà a lungo.”
“Lo so.” Gli mostrò un’ampolla. “Non elimina il dolore ma lo farà dormire. Un sonno profondo e senza sogni. Devi solo fargliene bere pochi sorsi.”
Zane prese la boccetta e la rigirò tra le dita. Trasse un profondo sospiro.
 
Il sole stava calando quando andò da Kumal e gli altri. Palen aveva la testa fasciata e si poggiava alla lancia per sostenersi.
“Posso montare in sella” disse il soldato con orgoglio.
Kumal stava annuendo. “Nessuno ti vuole lasciare qui, vecchio, ma ci rallenteresti e dobbiamo tornare a Charis prima che venga assediata.” Guardò Zane. “Come sta?”
Scosse la testa. “Gli ho fatto bere il Sonno Dolce. È andato via mentre voi parlavate.”
Kumal annuì grave e abbassò gli occhi al terreno.
Palen batté la lancia sullo scudo.
Gli occhi di Yuldra si riempirono di lacrime e si allontanò di qualche passo. Quando tornò era rosso in viso.
“Vi chiedo scusa” disse con voce spezzata.
Zane annuì. “Se volete dirgli qualcosa prima di andare via vi concedo qualche attimo.”
“Non dovremmo scavare una buca?” chiese Astryn.
Zane serrò la mascella. “Non c’è tempo. Voglio mettermi in marcia e approfittare del buio per sfuggire alle pattuglie dei rinnegati. Sapranno che siamo qui e potrebbero venire a finire il lavoro che hanno iniziato.”
“Allora andiamo a Charis” disse Kumal.
“Sì” rispose Zane. “Andiamo a Charis.”

 
  
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