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Autore: JulesB    13/07/2021    2 recensioni
Dopo una lunga battaglia, Bakugo e Midoriya tornano al dormitorio, ma Midoriya non vuole restare da solo. Così, segue Bakugo nella sua stanza e insieme guardano l'alba.
Genere: Hurt/Comfort, Malinconico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Izuku Midoriya, Katsuki Bakugou
Note: Otherverse | Avvertimenti: Spoiler!
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Note: ho pensato a questa fic mentre ascoltavo la canzone di Mengoni, “Duemila volte”, che vi consiglio di ascoltare mentre leggete.
Per tutelarmi da eventuali commenti negativi, voglio precisare che la fic non è a lieto fine.
cw: menzione di attacchi di panico.






 
Erano le sei del mattino quando finalmente Katsuki e Deku tornarono al dormitorio. La battaglia era durata tutta la notte e i due eroi erano stremati. I loro corpi erano pieni di tagli, botte e lividi; i loro muscoli erano tesi e doloranti. Tutto quello che volevano fare era una doccia e andare dritti a letto.
Ma mentre avanzarono a passi lenti e strascicati lungo il corridoio, Deku non si fermò alla sua stanza. Invece, seguì Katsuki, restando un paio di passi dietro di lui, finché non raggiunsero la sua camera. Katsuki lo aveva notato, ma non gli importava. Sapeva che qualche volta Deku non voleva essere lasciato solo, soprattutto dopo una lotta dura come quella appena terminata.
Quindi, Katsuki aprì la porta e vi entrò, lasciandola aperta per Deku, che lo seguì velocemente e la richiuse alle sue spalle.
“Ho bisogno di un po’ d’aria, tu?” chiese Deku, non aspettando la risposta del suo amico.
Raggiunse la portafinestra e la aprì con un singolo movimento veloce, e uscì poi sul terrazzo. Katsuki si liberò di qualche gadget del suo costume da eroe e lo raggiunse. Rimasero entrambi con le braccia appoggiate alla ringhiera, affacciati al sole nascente.
I raggi solari erano sparpagliati davanti a loro, aperti come un ventaglio, timidi ma scintillanti, e illuminavano i loro volti stanchi. Regnava la quiete. L’unico rumore che potevano chiaramente udire era quello degli uccellini, il loro allegro cinguettio. Sembrava che non avessero combattuto affatto. Era come se si fossero appena svegliati in quel caldo sole ottobrino, riposati e senza responsabilità.
Katsuki sospirò e spostò il suo sguardo sul volto di Deku: i suoi occhi erano chiusi e il suo sorriso era calmo. Katsuki guardò attentamente il sole che colpiva il suo volto, il modo in cui i suoi capelli verdi sembravano smeraldo sotto i suoi raggi; il modo in cui le sue lentiggini gli decoravano il viso; il modo in cui le sue ciglia tremavano appena. Katsuki si chiese a cosa Deku stesse pensando, avrebbe dato qualsiasi cosa per poterlo sapere.
Deku riaprì gli occhi, ma il suo sorriso non svanì quando si voltò per puntare il suo sguardo in quello di Katsuki. E Katsuki sentì il suo cuore fare le capriole nel suo petto. Gli occhi di Deku brillavano e Katsuki si perse dentro di essi. Stava annegando, vorticando senza controllo. Erano buchi neri luminosi, ma Katsuki non voleva spostare il suo sguardo. Voleva perdersi dentro quegli occhi.
“Posso dormire con te?” chiese dolcemente Deku, risvegliando Katsuki dal suo sogno ad occhi aperti. “Non voglio restare da solo.”
“Tch, okay,” rispose Katsuki, suonando quasi infastidito, ma Izuku lo conosceva bene. Katsuki poteva tranquillamente capirlo: dopo una lunga battaglia anche lui non riusciva a stare da solo a lungo. Non riusciva a spiegare con esattezza il perché, ma stare da solo era spaventoso e terrificante.
Tornarono silenziosamente nella stanza di Katsuki e chiusero la portafinestra, lasciando il resto del mondo dietro di loro.
Katsuki e Deku si spogliarono velocemente e Katsuki prestò una delle sue magliette all’amico, che la prese e la indossò immediatamente.
Era quasi affascinante vedere Deku indossare una delle sue magliette. Se fossero stati ancora alle medie, quella maglietta sarebbe stata troppo grande per lui; lo avrebbe coperto fino a metà coscia. Ma erano cresciuti da allora e il corpo di Deku era completamente diverso: i suoi muscoli erano più grossi e le sue spalle più larghe. Gli allenamenti lo avevano cambiato.
Ma non solo quelli. Tutto era cambiato dalle medie, anche Katsuki. Era cresciuto molto. Aveva cercato disperatamente di essere un uomo migliore, di fare ammenda per i suoi errori passati. Per Deku.
Deku si strofinò gli occhi con le sue lunghe e storte dita, e si abbandonò sbadigliando sul materasso soffice. Katsuki ingoiò il nodo che aveva alla gola e lo raggiunse, sdraiandosi accanto a lui. E improvvisamente Deku si raggomitolò al suo fianco, le loro gambe intrecciate, e lasciò che la sua testa riposasse sopra il petto di Katsuki.
Le farfalle nello stomaco di Katsuki iniziarono a volare furiosamente, lasciandolo quasi senza fiato. Inconsciamente avvolse le spalle dell’amico con le sue braccia e infilò le sue dita tra i capelli di Izuku. Erano morbidi e annodati.
Katsuki chiuse gli occhi e iniziò a coccolare Deku, tenendolo stretto a sé. Aveva paura, ma di cosa? Erano riusciti a tornare dalla battaglia senza ferite gravi, stavano… bene. Quindi perché Katsuki sentiva un peso sul suo cuore? Lo stava facendo diventare matto, lo faceva sentire senza speranza.
Il suo cuore iniziò a battere senza controllo nel suo petto e i suoi occhi si spalancarono, e decise di concentrarsi immediatamente su Deku. Stava già dormendo. Il corpo di Deku era rilassato contro il suo, il suo volto sembrava tranquillo e rilassato, senza ombra di turbamento.
Katsuki imprecò sottovoce e si passò la mano libera sul volto – l’altra stringeva saldamente l’orlo della maglietta che stava indossando Deku. Non ricordava esattamente il momento in cui gli attacchi di panico erano iniziati; erano passati mesi dal primo. Erano iniziati quasi contemporaneamente al momento in cui aveva riconosciuto la forza di Izuku, il momento in cui aveva deciso di scusarsi con lui per come lo aveva trattato alle medie. Katsuki sapeva di essere stato uno stronzo – beh, peggio in realtà – e voleva dire a Deku che gli dispiaceva, voleva solo chiedergli scusa.
Avrebbe fatto qualsiasi cosa per far sapere a Deku che se ne era pentito. Non poteva cambiare il passato, ma poteva rendere migliore il loro futuro. O perlomeno poteva provarci. Ma qualche volta tutto quello che Katsuki voleva fare era chiudere il mondo, lasciare tutto e tutti al di fuori. Come in quel momento. Lui e Deku, che dormivano insieme: niente li avrebbe potuti toccare. Non lo avrebbe permesso. Mai.
Katsuki cercò di controllare il suo respiro e il suo cuore, facendo qualche respiro profondo. Se fosse stato da solo, sarebbe uscito per una corsetta rigenerante. Ma non voleva svegliare Deku. Diavolo, non voleva andarsene dal suo fianco.
Qualche volta, Katsuki voleva lasciarsi alle spalle tutta quella merda dell’essere eroi, per poter stare con Deku in quel modo. Ma sapeva, dentro di lui, che non sarebbe mai stato in grado di farlo. Non solo perché essere un eroe era il suo sogno, ma perché era anche quello di Deku. Erano nati per quello, nati per salvare le persone, sconfiggere i villains, aiutare gli altri.
Sognare una vita meno frenetica era innocuo. Sognare un mondo senza malvagità era pura utopia. Sognare un amore tenero tra loro due era follia.
Katsuki si addormentò silenziosamente, il suo mento appoggiato sulla testa di Deku, tra i suoi soffici capelli.
 
~
 
Quando si risvegliò più tardi quel giorno, il sole stava brillando fuori dalla sua finestra e i suoi raggi la stavano illuminando. Si era svegliato perché un raggio di sole colpì il suo volto, ma quando riaprì gli occhi Katsuki non sentì il peso di Deku accanto a sé.
Una realizzazione lo colpì duramente. Non era più tardi quel giorno perché non era affatto quel giorno. Katsuki aveva sognato una memoria perduta.
Si mise a sedere e si strofinò gli occhi con le dita delle mani, sospirando forte. Deku non era lì con lui. Deku non era nemmeno alla UA. Non sarebbe mai più tornato a scuola con loro, con lui.
Katsuki strinse le mani a pugno e li alzò alle sue tempie, poi digrignò i denti. Era frustrante. Non era riuscito a vedere il suo amico, quando tutto quello che avrebbe voluto fare era assicurarsi che Deku stesse bene. Nessuno lo aveva lasciato parlare con lui, tutti lo avevano spinto via e ora Deku se ne era andato.
Katsuki scalciò le coperte e si alzò. Camminò distrattamente avanti e indietro per la sua piccola stanza, pensando a una soluzione. Aveva bisogno di vedere Deku e parlare con lui, anche se non era sicuro di riuscire a restare calmo non appena lo avesse rivisto. Probabilmente lo avrebbe colpito e gli avrebbe urlato contro, ma Izuku se lo meritava. Non avrebbe dovuto lasciarlo in quel modo, senza un addio degno.
Una piccola scintilla esplose da una delle sue mani sudate e Katsuki la agitò debolmente per spegnere l’esplosione. Si doveva dare una calmata. Quando non riusciva a controllare il quirk, sapeva che aveva perso la pazienza. Negli ultimi mesi era stato in grado di controllarlo, ma tutta quella situazione era diventata così stressante che era difficile restare concentrati.
Ma a lui non importava quante volte Izuku gli fosse scivolato via dalle mani. Katsuki sapeva che avrebbe sempre trovato un modo per tornare. Era sempre stato così.
Potevano perdersi tutte le volte che volevano, ma non esisteva universo nel quale potevano restare separati. Non c’era universo nel quale Katsuki non lo avrebbe trovato.
 
 
   
 
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