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Autore: amirarcieri    13/07/2021    0 recensioni
Al mondo ce n'è di gente strana e Akagi avrà a che fare con tre soggetti che.....
Genere: Comico, Demenziale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Akagi Takenori, Altro personaggio, Kiminobu Kogure, Nuovo personaggio
Note: Missing Moments, Nonsense, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Con la palla da Basket si gioca a Basket, razza di imbecilli!”

 

 

 

Akagi e Kogure erano al loro terzo anno delle superiori e si stavano avviando con passo pacato verso la palestra.
Per loro questo rappresentava l'ultimo anno per partecipare e "vincere" il campionato nazionale.
Akagi sapeva che la sua era una stupida utopia, ma sperava che tra le nuove matricole ci fossero due o tre assi abbastanza promettenti da portare un'energica e permanente speranza alla squadra.
Akagi aveva però anche la consapevolezza dell’altra faccia della medaglia: più la squadra si sarebbe sovraffollata, più pecorelle avrebbe dovuto tenere in riga dentro l'ovile.
In poche parole, fare il capitano a tempo pieno sarebbe stato uno stress continuo.
Ma pensarci in quel dato momento equivaleva solo ad una perdita di tempo.
Akagi quindi si diede due manate in faccia per non lasciarsi influenzare dai brutti pensieri, ma non servì a niente perché nel particolare attimo in cui i suoi scarponi di basket avevano toccato il parquet non ancora lucidato, capì che ci fosse qualcosa che non andava.
«Capitano» Yasuda, Kakuta e Kuwata gli andarono incontro tutti trafelati.
«Beh, perché quelle facce? Si può sapere che è successo?» chiese lui già irritato da una questione di cui non conosceva alcun fatto.
«Ecco, è successo un’inconveniente» fu Kokuta a parlare e lo fece tentennando.
«E che aspettate a dirmelo? Su forza parlate» li animò a proseguire Akagi.
«Ecco, come dire? Sono venuti tre di terza e ci hanno fregato due palloni da basket» confessò le vicende Yasuda tremando e sudando allo stesso tempo.
«Come? E voi non avete fatto niente?» Kogure era meravigliato della cosa.
«Ci abbiamo provato, ma dovete crederci se vi diciamo che il loro capo è spaventoso»
«Spaventoso un corno. Ho capito. Ci penso io» li avvisò Akagi dandogli le spalle.
«E tu muoviti Kogure» per poi chiamare subito dopo a raccolta l’amico.
Kogure lo seguì senza sapere neanche dove stessero andando.
Girarono a lungo e largo, setacciarono ogni campo superando quello di baseball e quelli di calcio, ma non fu difficile stanare quei tre scavezzacollo.
Si trovavano nell’angolo in ombra della parte destra dell’edificio scolastico.
Uno stava davanti ad una porta improvvisata con quattro lattine di soda, mentre gli altri due tenevano la palla sotto il tacco della scarpa, pronti a calciarla.
Ridevano, si scambiavano passaggi e sbraitavano GOAL ogni volta che la palla entrava in rete come se GIOCARE A CALCIO CON UNA PALLA DA BASKET fosse la cosa più normale e comune al mondo.
Giocare a calcio con una palla da basket per Takenori Akagi si uguagliava al commettere un sacrilegio. E forse gli risultava anche peggiore del sentirsi chiamare gorilla.
Akagi infatti, aveva avuto l’intenzione iniziale di riprendersi i palloni e tornarsene in palestra ad allenarsi, ma vedendo quello che stavano facendo, modificò leggermente i suoi intenti per potergliene cantare quattro sull’ABC del basket.
«Hei voi!» il suo vocione li fece smettere di praticare la loro inusuale attività calcistica. Due dei tre se la fecero immediatamente sotto dalla paura, mente il loro capo appariva impassibile e allettato da quella sfida tacita che Akagi gli stava inviando tramite i suoi occhi flagellanti.
«Aspetta Akagi. Calmati» tentò di chetarlo inutilmente Kogure.
«Ma che calmati. Ma hai visto che gente c’è al mondo? Ma chi l’ha cresciuti? Un dinosauro ubriaco?» Akagi borbottò la domanda più al vento che a lui.
«Allora? Mi spieghereste il significato di questa pagliacciata?» li calunniò centrandoli con uno sguardo duro come la pietra Suiseki, quando gli fu a poca distanza.
«Nessun significato. Eccoti i pall...» il più minuto dai cappelli castani rasati e gli occhi grigi, era stato per arrendersi all’istante.
«Che stai facendo. Tieni i palloni» ma il suo capo lo freddò al suolo mediante un penetrante comando.
Se i suoi “lacchè” apparivano palesemente terrorizzati dall’altezza e prestanza, lui era l’effigia del cinismo, e rimaneva tale anche dopo essere stato eclissato dall’ombra di Akagi.
Il capo era il tipico bullo scansafatiche dal volto spigoloso e i capelli impomatati di un biondo tinto che terminavano con un cannolo sulla fronte.
Spaventoso avevano detto i suoi compagni di squadra.
Se proprio si doveva trovare qualcosa di spaventoso in lui era la puzza di fumo che evaporava fortemente dal suo corpo.
E di certo a uno della prestanza atletica di roccia come Akagi, alla vista di un soggetto simile non temevano le gambe, ma prudevano i pugni.
«Così tu sei il famigerato gorilla che gioca a basket» lo mortificò tagliente. Sulla fronte di Akagi comparve una vena a forma di asterisco.
«E tu l’imbecille che gioca a calcio con i palloni da basket» rispose quindi inferocendo la guardata.
«Ragazzi» intervenne Kogure cercando di calmare il suo capitano, ma gli sembrava di stare trattenendo un toro scatenato per la coda.
«Siamo venuti qui per riprenderci i nostri palloni da basket, non iniziare una rissa. Quindi potreste cortesemente ridarceli?» malgrado Kogure si porse a loro con lodevole diplomazia, ma a quella lodevole diplomazia il teppista ci “sputò sopra”.
«Vostri? Non mi pare che siano di esclusiva proprietà del club di basket. Appartengono alla scuola e quindi sono a disposizione di tutti»
«Ah, finiscila con questi ragionamenti idiota e consegnaci i palloni da basket subito» gli comandò Akagi ormai giunto ad un livello alto di irascibilità.
«Ma non ci penso nemmeno» lo sfidò il teppista sogghignando arrogantemente.
«Ci stavamo passando il tempo facendo due tiri in porta ciascuno, non capisco quale sia il vostro problema»
«Si con un pallone da basket» Akagi non poteva fare a meno di tornare sull’argomento che più lo irritava.
«Ma chi vi ha cresciuti? Un indigeno in pensione? Se si chiama pallone da basket c’è un motivo. Con il pallone da basket si gioca a basket, razza di imbecilli!» gli disse liberandosi finalmente da quel tormento.
Non capiva come e a chi sarebbe mai potuto venire in mente di giocare a calcio con un pallone da basket.
Quella non era trovata geniale, ma una cretinata galattica.
Akagi pensava rigorosamente a questa assurda cosa, ma ignorava che tra non molto qualcuno dai capelli rossi avrebbe scimmiottato all’incirca le loro inverosimili gesta.
«Capo quello li ti fa a pezzi con un solo schiaffo. È meglio che glieli ridiamo» il terzo teppista dalla folta chioma nera e gli occhi minuscoli neri, che fino a quel momento era stato in un angolo a tremare, aveva finalmente aperto bocca per dare un consiglio sensato al suo capo.
«Te lo puoi scordare. Li ho presi e ho intenzione di tenerli per tutto il tempo che mi va» ma il loro capo aveva la cocciutaggine di un asino e la stravagante spocchia di un giovane orso.
«Allora non l’avete proprio capito che dovete darci i palloni all’istante» li intimò per l’ultima furente volta Akagi.
«Avanti ragazzi» Kogure si mise in mezzo ai due per fermarli dall'allungare un pugno verso l’altro.
«Perché altrimenti che ci fai gorilla scappato dallo Zoo?» il capo però lo provocava senza curarsi che stava giocando con una bestia feroce. Incazzata.
«A- Akagi» Kogure balbettò quando vide che l’amico era ai minimi termini di un’esplosione nervosa.
«Adesso basta. Mi sono stufato» il bercio di Akagi vibrò nell’aria come il verso roboante di un vero Gorilla.
Poi, tre cazzotti si posarono rozzamente sulla testa dei tre teppisti e non subito dopo tre rotondi bernoccoli comparvero su di essi.
«Ecco. È tutto sistemato. Kogure, prendi i palloni» lo delegò nel mentre che prendeva per il colletto della divisa i criminali di palloni per portarne due con la mano sinistra e il terzo con la destra.
«Che hai intenzione di farci?» gli chiese Kogure non arrivandoci. I palloni erano stati diligentemente recuperati e tenuti al sicuro all’interno delle sue braccia.
«Vedrai. Hanno bisogno di una lezione e io gliela darò» lo informò circa sulle sue intenzioni.
Poteva passare sopra molte cose, ma non il vedere dei mentecatti giocare a calcio con una palla da basket.
Arrivati in palestra tutti si voltarono per vedere quel torrione umano portare mediante due sole mani quei tre maschi adolescenti come se fossero i nemici belligeranti sconfitti e catturati.
La vista gli sembrò talmente uno scenario post guerra, da fargli temere il peggio anche per loro stessi.
Attimi di autentica paura li assalirono, finché Akagi fece dondolare le braccia per gettargli sul parquet della palestra e dargli un avvertimento - compito.
«Adesso per punizione luciderete tutti i palloni e il pavimento al posto delle matricole» gli ordinò perentorio.
«Si, si subito» dissero i due propensi all'obbedienza. Forse anche più influenzabili dalla suggestione del capitano della squadra di basket.
Il loro capo comunque si era alzato, messo a gambe incrociate e sollevato il mento verso Akagi cercando di darsi l’aria più dignitosa che poteva.
Se di dignità si poteva parlare con la capigliatura scarmigliata che si trovava, il viso arrossato per la caduta – affronto subito - e l’enorme protuberanza rotonda che gli fuoriusciva dal capo.
«Allora? Tu che fai ancora qui? Sei diventato per caso sordo? Hai bisogno di uno schema per capire?» lo intimò Akagi piegandosi sulla schiena a braccia conserte per inchiodarlo ad una guardata truce.
Il teppista osò ancora una volta affrontarlo, sostenendo il suo sguardo, ma stavolta non lo stava sfidando, lo osservava imbronciato e con arguzia.
Non gli fregava niente che fosse quasi alto due metri, né che la sua sola presenza lo facesse sentire un topolino in trappola, tuttavia teneva alla sua pellaccia e non aveva intenzione di ritrovarsi il testone invaso da una popolazione intera di bernoccoli.
Quindi, dopo un minuto e mezzo, si grattò il capo, si alzò e gli diede le spalle esclamando un sonoro «Tsk!» prima di andare ad aiutare i suoi compari.
Così i tre si misero al lavoro disciplinati e silenziosi come dei bambini in punizione che comprendevano i loro imprudenti errori.
Il loro capo non l’avrebbe mai ammesso, ma dopo un paio di secondi che aveva iniziato a lustrare il quarto pallone, si era incantato a guardargli allenarsi.
Si ipnotizzava per dei minuti pieni a vederli centrare un canestro o prendere i rimbalzi con elevazioni incredibili.
Dopo dieci aveva già memorizzato tutti i termini che si usavano per denominare un azione difensiva e imparato che tipo di falli fischiava un arbitro.
Quel teppista senza aspirazione, l’avrebbe negato fino alla morte, dicendo “Io non c’ero”, ma ogni qualvolta avesse avuto luogo una partita, lui sarebbe stato presente.
Anche a quelle del campionato nazionale per tifare come uno sfegatato per la squadra dello Shohoku.
A volte è proprio da un'incidentale diatriba che si scoprono quelle parti della vita alle quali mai avremo pensato di interessarci o amare.
E molto presto anche un ragazzo dai capelli carota avrebbe scoperto il preziosissimo senso di questa verità.

 

 

NOTE AUTRICE: Hola! Beh diciamo che questa One – Shot è una cosa semplice semplice, ma carina non trovate?
L’ho scritta grazie all'ispirazione che mi ha dato mio padre perché mi ha detto che una volta a scuola si è messo (insieme ad altri suoi compagni) a giocare a calcio con un pallone da basket. Da qui mi è subito venuto in mente Akagi e il "WHAT IF?" ovvero "Devo scrivere per forza un One - Shot di Akagi che incontra tre teppisti che fanno sta follia". AHAHAHAH. 
Mi sono divertita molto a scriverla anche se in realtà una una One - Shot basilare. Ma con un messaggio interessante. 
La fine è anche attinente a mio padre perché dopo aver visto l’anime di Slam Dunk non solo l’ha gradito, ma ha cominciato anche ad interessarsi al Basket.
Il potere di Slam Dunk guys/gals.
Comunque che ne pensate? Vi è piaciuta?
In realtà doveva essere una Flashfic di poco più di 500 parole, ma come sapete quando inizio a scrivere non riesco a moderarmi e arrivo sempre a più di 1000 e passa.
Ci riuscirò mai a scrivere una flashfic? Si vedrà. Io non demordo.
Se volete aggiungermi nei social sono: Twitter | Facebook

Ci si risenteeeee.

   
 
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