Fanfic su artisti musicali > Bangtan boys (BTS)
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Autore: ConsueloRogue    14/07/2021    2 recensioni
Cosa succede quando due persone s'incontrano per sbaglio nel mondo dei sogni?
Cosa succede quando due anime si sfiorano, anche solo per un attimo?
Cosa succede quando il destino di una persona devia dal suo percorso naturale?
Kim Taehyung è un cantante affermato e un giorno, per caso, appare nella sua vita una strana ragazza, per appena una manciata di minuti.
Da quel giorno s'incontreranno di nuovo nel loro mondo dei sogni.
Genere: Drammatico, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kim Taehyung/ V, Nuovo personaggio
Note: AU, Soulmate!AU | Avvertimenti: nessuno
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Still water - Acque ferme


 

“Chiare fresche et dolci acque, ove le belle membra pose colei che sola a me par donna.”

Petrarca



 

Taehyung studiò il suo stesso riflesso nel piccolo specchio sgangherato che aveva davanti, i bordi macchiati da rose di ruggine scabra. Il viso era un po' più infantile, la mandibola meno affilata e squadrata, la pelle olivastra come al solito, forse solo più abbronzata e con i segni del tempo meno evidenti. Il piccolo neo che aveva sulla rima inferiore dell’occhio destro, solitamente nascosto tra le ciglia folte e scure, era coperto da uno strato di kajal nero leggermente sbavato che gli dava un’aria da bad boy. I capelli ramati andavano in ogni direzione, come se si fosse appena svegliato, o gli avesse passato le mani nel mezzo fino a renderli un casino. Addosso aveva un'ampia canottiera bianca che lasciava scoperte le braccia toniche, ma decisamente più sottili di quanto non fossero in realtà, e dei pantaloni da basket neri e larghi. Il tutto era completato da dei calzettoni bianchi e un paio di pantofole. Non avrebbe mai indossato dei vestiti del genere adesso.

Il bagno era esattamente come lo ricordava. Piccolo, angusto, a tratti claustrofobico. Le piastrelle bianche, piccole, rettangolari e separate dalle fughe ingiallite, gli davano un'aria sciatta. La doccia era ingombra di decine di flaconi semi utilizzati, alcuni erano addirittura vuoti, ma nessuno si occupava mai di gettarli e ingombravano il piatto doccia scheggiato. Ogni volta, per riuscire a fare la doccia, doveva andare in cerca di un ultimo schizzo di sapone da uno di quei flaconi incrostati di calcare. La piccola luce al neon che illuminava l'ambiente continuava a sfarfallare in modo fastidioso, proiettando ombre scure tutto attorno a lui. Più scure e profonde di quanto Taehyung ricordasse.

Sulla piccola mensola sopra al lavello bianco e squadrato a cui si stava aggrappando senza neanche accorgersene c'erano più spazzolini di quanto fosse sensato piazzarne in un bagno di quelle dimensioni. Il water, con la tavoletta perennemente alzata, era talmente stretto tra la parete e la doccia che per sedersi bisognava incastrarcisi sopra o aprire l'anta di plexiglass. Se non ricordava male a un certo punto qualcuno aveva anche scardinato la tavoletta pur di non doverla pulire una volta all’anno, probabilmente Namjoon. Fece una smorfia schifata al ricordo di quel posto così terribilmente scomodo. Non aveva mai capito perché non avessero piazzato direttamente un sifone in un angolo del pavimento, senza aggiungere il piatto doccia.

Si leccò le labbra secche e si girò, intenzionato ad uscire. Vedeva le pareti di quello spazio angusto curavarsi, come se si stessero richiudendo attorno a lui e sentì il bisogno impellente di spostarsi in uno spazio più grande e meno claustrofobico. Gli mancava l’aria, non c’era nemmeno una dannata finestra in quel bagno del cazzo, solo l’odore pesante dei deodoranti spry per ambienti.

Appesi alla porta dal legno leggermente rigonfio, in basso, c'erano decine di accappatoi colorati, molti più di quanti avrebbero dovuto essercene anche nella realtà. Era come una coloratissima montagna morbida. Taehyung vi infilò con sicurezza una mano per andare alla ricerca del pomello e sbloccare la serratura, le pareti continuavano a curvarsi come se stesse guardando il tutto attraverso una specie di strano caleidoscopio e lo sfarfallio della luce faceva sembrare quel posto ancora più stretto, le ombre ancora più nere.

Ruotò il pomello gelido a destra e sinistra, il clack di sbloccò arrivò solo dopo un paio di tentativi. Sbuffò, era sempre stata difettosa quella cazzo di serratura. A volte quel dannato pomello non girava proprio, lo ricordava bene. Per un attimo gli sembrò che il metallo si facesse viscido e d’istinto ritirò la mano, schifato. Doveva uscire da quel bagno. Rituffò la mano nella spugna e per raggiungere di nuovo la maniglia dovette lottare contro quella miriade di strati di accappatoi che sembrava sempre più spessa, come se si fossero riprodotti senza che lui se ne accorgesse. Fece per ruotare nuovamente il pomello, ma quello ruotò a vuoto. Ritrasse la mano, con un verso di stupito disappunto e un’improvvisa accelerazione del battito cardiaco che durò a malapena qualche istante.

Un’ombra alle sue spalle oscurò per un attimo la luce, come se qualcuno stesse torreggiando su di lui. Taehyung si girò di scatto verso lo specchio, ritrovandosi di nuovo a guardare sé stesso. Non era più il Taehyung del debutto, era il Taehyung di BE e di Blue and Gray, con un peso diverso negli occhi neri. Era il Taehyung del presente. Crescendo la mascella si era fatta più ampia e squadrata, abbastanza perché facesse fatica a riconoscersi, di tanto in tanto. Sul mento e sul labbro superiore aleggiava, leggera, l’ombra della barba non rasata da qualche giorno e i capelli scuri gli ricadevano negli occhi in morbide onde. 

Prese un respiro profondo per allontanare la sensazione di nervosismo che gli dava l'essere chiuso lì dentro. Soccombette al suo tic e sollevò una mano magra, chiusa leggermente a coppetta, per alzare la frangia e togliersela dagli occhi senza però rovinare la piega delle stylist. “Devi farti la barba Tae, se no chi le sente quelle.” Fece una smorfia, inclinando il capo per guardare la linea affilata della mascella e con la coda dell’occhio colse un movimento inquietante tra gli accappatoi alle sue spalle, come se qualcosa di serpentino si stesse muovendo in modo nervoso. Sussultò dallo spavento, improvvisamente aveva il cuore in gola e il respiro affannato.

Si controllò per non girarsi di scatto a guardare quel mare di spugna di colori diversi. Lo fece lentamente, un occhio ancora puntato sullo specchio, solo quando ebbe finito di torcere il busto girò la testa di scatto. Affilò lo sguardo e colse un altro movimento appena accennato, ma questa volta fu certo di averlo visto e non di esserselo solo immaginato. Si addossò al lavabo freddo e rimase a studiare la massa di soffice spugna, i colori si stavano mescolando tra loro, strisciando uno contro l’altro. 

Dal nulla, tutto attorno a lui, una musica a 8-bit che ricordava vagamente quella di un vecchio videogioco da sala giochi iniziò a martellargli i timpani. Trattenne il respiro, spaventato. “Queste sono le monete di Super Mario.” Sotto i suoi occhi gli accappatoi iniziarono a gonfiarsi in modo ritmico, come corpi che respiravano a ritmo con quella fastidiosissima melodia confusa a 8-bit. Si guardò attorno in cerca di un’altra via di fuga me non era comparsa nessuna finestra o porta da cui scappare. Gli accappatoi presero a muoversi a scatti, agitandosi come anguille con le convulsioni al ritmo mescolato del cuore che batteva, come impazzito, nel petto di Taehyung e della voce femminile e metallica che pronunciava parole incomprensibili su quella musica convulsa. 

Hi

Scars will heal soon

The dregs in us spent the earth down

Better than drowning in a burlap sack

Taehyung si fece indietro, cercando di allontanarsi da quella massa informe che si agitava sempre di più davanti a lui ma andò a sbattere contro il lavello gelido. Sobbalzò, spalancando la bocca. Non aveva fatto nemmeno un passo e ricordava che poteva farne tre. Tre passi tra la porta e il lavabo. ll volume della musica si fece più alto. Di fronte a lui le maniche degli accappatoi si sollevarono e lo guardarono, vuote e flaccide, come orbite oscure e terrificanti. Si protesero verso di lui per afferrarlo e il volto gli si distorse per l'orrore, proprio lui che era uno dei pochi a non spaventarsi per l’horror, a differenza degli altri Bangtan.

I live

As Alice

I die

L’acqua della doccia si aprì di scatto, proprio mentre le cinture iniziavano a levarsi nell'aria come serpenti pronti all’attacco. Il vapore uscì dalla doccia come un efetto speciale e l’aria di quello spazio claustrofobico si fece improvvisamente umida, calda e pesante come una cappa di piombo, come l’Agosto di Seoul.

Children shouldn’t play with dead things

Foaming crows

Tear at their wings

Taehyung iniziò ad ansimare, il fiato corto intrappolato in gola. La voce femminile continuava a strillare parole tra il suono delle monetine di Super Mario e il rumore campionato degli spari di Metal Slug. Le cinture iniziarono a sibilare come teiere dimenticate sul fuoco, o come cobra imperiali in procinto di sputare il loro veleno. Anche l'acqua del lavello iniziò a scorrere con un rombo improvviso, talmente calda che Taehyung fu costretto a mollare il lavabo quando uno schizzo gli colpì il braccio, incandescente come olio rovente. 

Sad eyes cries crimson blood

Drop it it’s dead

Wheels won’t turn won’t turn the birdy’s head

«Porca troia.» sibilò, gli occhi calamitati da quel mare mobile di spugna con occhi vuoti e terribili tentacoli in attesa di colpire. La tavoletta era scomparsa dal water ma Taehyung ci si arrampicò sopra, tastando le piastrelle imperlate di gocce fredde in quel caldo insopportabile. L'aria si era fatta ancora più umida e irrespirabile. Aveva bisogno di uscire per tornare a espandere la cassa toracica per incamerare ossigeno e placare il battito impazzito del cuore.

Sad eyes sad eyes like sharpened daggers.

You will never walk only staggered

Sad eyes quite cryptic

Bye

Le cinture scattarono contro di lui con un movimento fulmineo che Taehyung non fece in tempo a processare. Con uno strillo strozzato sollevò un polso e una cintura fradicia, viscida e gelida come gli si avvolse attorno al polso. Quella massa informe di tessuto spugnoso dai colori fin troppo brillanti aveva l’orrenda consistenza delle alghe morte sulla battigia dopo una mareggiata, ma l’odore di muffa di un indumento umido dimenticato in un borsone. Le maniche flosce e vuote lo fissavano, e la massa inspirò, gonfiandosi di aria umida. Come nella materializzazione di un orrore Lovecraftiano Taehyung soccombette all’abbraccio asfissiante delle maniche vuote, le cinture che lo strattonavano implacabili. 

«Aiuto!» la voce gli uscì stridula e ovattata. Agitò le braccia in una lotta disperata, cercando di liberarsi dalla presa ferrea e viscida della creatura spugnosa, ma altre cinture gli si avvinghiarono addosso, altre maniche lo trascinarono in quel garbuglio di accappatoi che respiravano come una creatura viva, sempre più umidi e pesanti. Lottava disperatamente per riemergere da quell’incubo multicolore, una cintura gli si avvolse attorno al collo abbastanza strettamente da togliergli il fiato e soffocare un altro grido di aiuto.

“Nessuno, non mi sente nessuno.” la disperazione lo trascinò a fondo insieme a quella trappola spugnosa dall’odore ammuffito e la consistenza lubrica della gelatina. Scalciò, la voce intrappolata in un muto urlo. Il tempo sembrava non passare e il fiato era sempre più corto e affannato. Un peso insostenibile gli bloccava il petto, come un macigno. “Urlo e non mi sente nessuno.” Gli occhi scuri gli si riempirono di lacrime calde, così in contrasto con quella gelatina quasi solida e gelida che lo avvolgeva come il terrore che lo aveva invaso. Si agitò in quell'ammasso bagnato, pesante e vischioso. 

“Qualcuno… qualcuno… qualcuno mi ascolti…” Un singhiozzo strozzato gli scosse il torace, in quell’orgia di stoffa vedeva ancora i colori. Non aveva senso. “Dovrebbe essere buio.” Non aveva alcun senso che degli accappatoi stessero cercando di fagocitarlo e schiacciarlo. "Devo svegliarmi, devo svegliarmi!" Realizzò l’impossibilità di quello che stava accadendo, senza essere capace di frenare il terrore con tutta quella morbida spugna umida e fredda gli si stringeva attorno. "Se trovo la porta mi sveglio." 

Agitò le mani alla ricerca del solido legno, sempre più disperato e terrorizzato. Ormai stava respirando in modo così irregolare che i polmoni gli bruciavano e aveva paura che se avesse chiuso gli occhi non sarebbe mai più stato in grado di riaprirli. Continuando ad agitarsi in quel modo non avrebbe fatto altro che intrappolarsi ancora di più, ma non riusciva a stare fermo, sopraffatto dal panico. Sembrava che quel bozzolo soffocante non avesse una fine e le sue mani non trovavano nessuna porta, per quanto stesse scavando a fondo.

Le sue dita sfiorarono qualcosa di caldo e morbido in mezzo a tutta quella spugna umida e fredda. Non poteva essere la porta, ma qualsiasi cosa fosse era sempre meglio di quella prigione splendente e oppressiva. Scavò e fece spazio nella spugna, la cosa leggermente ruvida era solida e consistente, anche se piccola. Gli strisciò su per un braccio, graffiandolo, prima che quelle che erano senza alcun dubbio le dita di una mano gli afferrassero saldamente un polso. 

«Aiuto! Aiuto! Devo svegliarmi aiutami!» urlò, senza sapere con chi o cosa stesse parlando. Non riusciva a riemergere da quell'incubo. «Ti prego ascoltami, ascoltami!» 

Qualcos'altro, probabilmente un’altra mano, rispose alla sua preghiera. Gli artigliò la maglietta e strattonò in sincrono con la forza che gli tirava il braccio. Lo tirò più a fondo, in quell'ammasso umido di accappatoi di spugna che gli toglievano l'aria. Nonostante l’istinto impellente che gli urlava di ritrarsi verso il bagno, ovunque esso fosse, Taehyung scalciò come se stesse nuotando, per assecondarle il proprietario di quelle mani con la speranza di aprire gli occhi nel suo dormitorio di Hannam.

Le mani lo trascinarono con forza. Per un secondo la mano che gli stringeva il polso scivolò e quasi perse la presa, poi le unghie gli si piantarono nella carne. Istintivamente Taehyung cercò di liberarsi, inutilmente. Non riusciva più a respirare e i polmoni gli bruciavano. Un altro strattone gli graffiò a sangue la pelle e all'improvviso fu libero dalla sua prigione morbida e soffocante. 

Era sott'acqua, il sale gli bruciava i graffi e gli impediva di tenere gli occhi aperti. Ebbe appena il tempo di scorgere un’ombra chiara prima che l’ultima bolla di ossigeno gli scappasse dalla bocca. Nuotò verso l'alto con movimenti frenetici, pensando solo che quando avrebbe raggiunto la superficie finalmente si sarebbe svegliato da quell'incubo senza senso. 

Finalmente le sue dita ruppero la superficie dell'acqua. Le agitò nell’aria e con un’ultima spinta anche la testa emerse dalla piatta superficie del mare. Taehyung ritornò a respirare, col fiato corto e il cuore che gli martellava in gola. In un certo senso era come se fosse rinato. Si sollevò nell’aria fresca e piacevole e l’acqua gli si fermò poco sotto la linea dell’inguine. Mosse le dita dei piedi, scavando nella sabbia. Inspiegabilmente era in piedi, l’abisso era scomparso e Taehyung si fermò a prendere profondi respiri irregolari, mentre il battito cardiaco tornava lentamente a rallentare. 

Aprì gli occhi, terrorizzato e si guardò attorno. Il sole brillava alto sopra di lui e tutto attorno a lui c’era un mare cristallino e fermo, le onde lievi muovevano la superficie ad un ritmo talmente regolare da far sembrare quella distesa d’acqua una superficie quasi solida. Il mare era di un turchese abbagliante, costellato da piccoli punti di un profondo blu, altre zone erano screziate di un verde scuro e brillante. Strinse gli occhi, infastidito dal riverbero abbacinante del sole.

Per un attimo vide sé stesso dall'alto, come se fosse un gabbiano in volo, e la cosa lo lasciò del tutto intontito. Un'espressione sconvolta gli distorceva il volto e il petto gli si alzava e abbassava rapidamente. I capelli lunghi e scuri, leggermente arricciati, gli si erano appiccicati alla faccia e le ciglia lunghe erano imperlate di gocce d'acqua che brillavano come diamanti nel riflesso del sole. Si scostò i capelli bagnati dal viso, poi rientrò dentro di sé appena in tempo per sentire il rumore di qualcuno che riemergeva dall'acqua iniziando a tossire.

 

Si girò a guardare la figura che gli era comparsa accanto, ancora intenta a tossire. Era una ragazza con i lunghi capelli corvini, completamente fradici, che le coprivano il volto come la tenda di un teatro. Man mano che l’acqua defluiva dalle ciocche le si appiccicarono al volto. Si teneva una mano davanti alla bocca e continuava a tossire come se avesse appena rischiato di affogare, come lui. Eppure Taehyung aveva i piedi ben piantati nella sabbia morbida del basso fondale, la sentiva granulosa tra le dita. 

«Perché non sono sveglio?» il pensiero gli sfuggì dalle labbra, portandosi dietro ancora una punta di panico al ricordo di quell'ammasso terrificante di accappatoi.

«Non...» un altro colpo di tosse. «Non ne ho idea.» continuò a tossire, spostandosi i capelli dal viso, gli occhi strizzati e chiusi.

Taehyung studiò la ragazza, aveva un finissimo braccialetto di stoffa rossa avvolto più volte attorno ad un polso sottile. Arrossì nel vedere che lei indossava solo un bikini, il cui reggiseno bianco e blu lasciava davvero poco spazio all'immaginazione. Ad una prima occhiata i seni avrebbero potuto sembrare piccoli, ma guardando meglio non lo erano affatto. Erano alti e sodi e nel punto in cui si incontravano, sotto quelle sottili clavicole pallide che sembravano ali, disegnavano un dolce incavo, come una stretta vallata tra due colline perfettamente tonde. Sotto la stoffa bianca e bagnata riusciva a vedere, in trasparenza, il rilievo dei capezzoli e l’ombra scura dell’areola. Sembravano della misura perfetta perché le sue mani le accogliessero. 

Avvampò a quel pensiero così inconveniente e la scrutò meglio, approfittando del fatto che lei fosse ancora impegnata a cercare di liberarsi il volto dai capelli. Aveva l'impressione di averla già vista da qualche parte, anche se non avrebbe saputo dire né dove né come. E dire che avrebbe ricordato alla perfezione quella linea delicata del collo se l’avesse vista da qualche parte. La ragazza aveva la pelle talmente bianca che le si intravedevano le linee azzurre delle vene e, nonostante fosse leggermente piegata in avanti, era certo che se fosse stata dritta gli sarebbe arrivata appena al mento. Non sapeva da dove gli arrivava quella certezza, ma non ebbe tempo di riflettere.  

La ragazza gli afferrò un braccio nudo, agitando un braccio alla cieca. Si aggrappò a lui, come per evitare di scivolare di nuovo sotto il pelo dell'acqua anche se era talmente bassa che non c’era il rischio che potesse accadere. Si spostò le ultime ciocche di capelli dalla faccia, poi spalancò un paio di enormi occhi neri e lucidi come l'onice, carichi di preoccupazione. 

«Oppa stai bene? Ti ho sentito...» per un attimo le parole le morirono in gola, poi esalò l’ultima frase, giusto per non fare la figura della cretina. «… urlare.» 

In quell’azzurro abbagliante Taehyung se ne stava in piedi, la schiena dritta e gli occhi scuri puntati sul suo volto, come se volesse studiarlo, con uno degli sguardi più penetranti che gli avesse mai visto fare così da vicino. Si era tirato indietro i capelli scuri e umidi, che gli ricadevano fin quasi alle spalle in riccioli umidi e lucidi. Aveva la pelle piacevolmente ambrata sotto quel sole abbagliante, la lingua rosea che si muoveva lenta sulle labbra perfette. Seguì con lo sguardo il percorso di una goccia d’acqua che da un ricciolo ricadde sul collo e percorse veloce la pelle del collo, scavallando la vena pulsante per tuffarsi sulla clavicola nuda e perdersi nel petto ampio, muscoloso e nudo. Per un attimo non respirò, facendo vagare lo sguardo in cerca dei capezzoli scuri e turgidi a causa della brezza fresca che li colpiva entrambi, poi scese lungo la linea appena accennata degli addominali e alla leggera pancetta, fermandosi sulla linea di un paio di bermuda viola grandi ibiscus color giallo canarino. 

Arrossì violentemente quando si rese conto di averlo chiamato inavvertitamente "Oppa", non aveva così tanta confidenza con lui da poterlo chiamare in quel modo,  nonostante lui fosse più grande di lei. Si leccò le labbra e si sforzò di non fissargli il petto in modo troppo evidente, rialzando la testa e strizzando gli occhi come se quell’occhiata, che sperava non fosse durata davvero quanto le era sembrato, fosse passata inosservata.

Taehyung si spostò i capelli all'indietro, passandovi in mezzo le mani dalle dita affusolate ed eleganti, al polso sinistro portava un braccialetto rosso. Lei, chiunque fosse, lo aveva letteralmente mangiato con gli occhi. Normalmente la cosa gli avrebbe dato fastidio, era una cosa che apprezzava solo quando era sul palcoscenico e voleva essere guardato in quel modo. Con sua stessa sorpresa, però, si sentì lusingato.

«Cosa… io… non lo so. Sì? Tu?» chiese, l'espressione perplessa e sinceramente confusa. Ancora non capiva perché non si fosse svegliato. Allargò gli occhi, spalancando la bocca. «Tu… tu mi hai sentito?»

Minjae si controllò, arrossendo ancora nel vedere il modo in cui era vestita. Non aveva nessun segno, a parte il fastidio che provava alla gola dopo essere rimasta senza fiato. Tossicchiò ancora e si sfiorò la nuca, con la fastidiosa sensazione che vi si fosse incastrato qualcosa, poi si coprì il seno con un braccio. Era già stata così svestita davanti a un uomo, ma era passato così tanto tempo ed era successo così poche volte che ora, lì davanti a lui, si sentiva letteralmente nuda.

«Io… sì Taehyung-ssi, ti ho sentito urlare.» cercò di ignorare quella sensazione di nudità e si spostò una ciocca di capelli dietro un orecchio in un gesto timido e imbarazzato.

«Puoi chiamarmi Oppa.» ribatté Taehyung, di getto, facendole sgranare gli occhi, che divennero curiosamente tondi, mentre la pelle lattea delle guance tornava ad arrossire con violenza. Era talmente bianca che quando arrossiva in quel modo così piacevole si notava ancora di più. Fece un passo avanti

«Ah ma… » balbettò Minjae, incerta su cosa dire. 

Taehyung fece un passo avanti, invadendo il suo spazio vitale. Provava l’istinto inspiegabile di baciare quelle labbra per scoprire che sapore avessero oltre il sale di quel mare cristallino, ma la mora abbassò lo sguardo sul suo petto, nascondendo quei petali rosei.

Minjae spostò lo sguardo sul petto di Taehyung e immediatamente se ne pentì. Arrossì ancora di più, una lieve peluria gli increspava la pelle, le goccioline intrappolate brillavano come gioielli. Gli diede le spalle per coprirsi il volto con una mano e tenere al riparo il seno, fingendo di guardarsi intorno.

«Sei tu che mi hai salvato?» Taehyung si bloccò. Se non si fosse girata le avrebbe sollevato il mento e avrebbe assaggiato quel cuore quasi rosso. Osservò la schiena nuda della ragazza che aveva davanti, le piccole fossette di Venere subito sopra il fondo schiena rotondo e la curva morbida del fianco, tagliata dal pelo dell'acqua. Era talmente cristallina che poteva vedere le gambe di lei, buffamente distorte, come da una lente.

«Io… sì, stavo… stavo… ti ho sentito urlare, mi sono immersa.» balbettò Minjae, come se quella spiegazione avesse perfettamente senso. Si batté una mano sulla fronte, con la sensazione di aver perso l’uso della parola. Non era nemmeno coreano quello che aveva pronunciato nel caos. «Stavo nuotando e ti ho sentito urlare. Mi sono immersa e ti ho visto agitarti sul fondo, in mezzo alle alghe. Avevo paura che affogasti, così ti ho tirato a galla.»

Taehyung rimase in silenzio. Stava sognando di essere intrappolato in un ammasso di accappatoi ed era certo che anche quello fosse un sogno, ma non capiva cosa stesse succedendo, o perché non si fosse svegliato e invece fosse in quel mare paradisiaco a guardare la schiena nuda di una ragazza che voleva baciare disperatamente. La afferrò per un braccio, costringendola a girarsi per poterla guardare meglio.

«Ci siamo già visti prima?» chiese aggrottando le sopracciglia e mordendosi le labbra per frenare quell’impulso.

Minjae sbatté piano le palpebre, indecisa. Conosceva il volto del ragazzo, tutto il mondo lo conosceva, ed era sicura che non fosse la prima volta che lo sognava o che ci parlava.

«Io… sinceramente credo di sì, sai?» chiese perplessa, schiarendosi nuovamente la gola. Gli occhi scuri di lui la fagocitavano come pozzi oscuri e meravigliosi in cui avrebbe voluto tuffarsi per vedere dove l’avrebbero portata.

«Hai bevuto?» Taehyung si abbassò leggermente verso di lei, per vedere cosa avrebbe fatto. Se non si fosse ritratta l’avrebbe baciata, ma lei abbassò il volto, arrossendo furiosamente.

«No, cioè, sì ma… credo, credo di avere solo un po' di mal di gola.» ammise Minjae, cercando di ignorare le dita del moro ancora chiuse attorno al suo braccio e il modo in cui la pelle formicolava. Erano liscie e calde e terribilmente grandi, grandi abbastanza da poterle fare male se solo avesse voluto, invece la stava trattenendo con una delicatezza che non aveva mai provato e anche se la cosa la metteva in imbarazzo quel tocco le piaceva e le muoveva qualcosa nella pancia, all’altezza dello stomaco.

«Chi ha mal di gola in un sogno?» Taehyung si lasciò scappare una bassa risata che fece vibrare la cassa toracica di Minjae.

«Lo so, è vero.» ridacchiò Minjae, prima di trovarsi stretta tra le braccia muscolose e ambrate di Taehyung. La voce le morì in gola, mentre in lontananza la voce di John Travolta iniziava a cantare con Olivia Newton John la storia di un amore estivo, e le labbra di Taehyung le sfiorarono i capelli. 

«Pensavo che nessuno mi sentisse anche se chiedevo aiuto.» la voce di Taehyung riverberò contro il capo di Minjae e si spanse come una vibrazione lungo tutto il corpo della ragazza. Il cuore le batté con violenza nel petto e le gambe le si fecero molli, poi lui la lasciò andare. L’aveva sentita irrigidirsi, forse dalla sorpresa e non voleva spingere oltre. Minjae si allontanò di un mezzo passo, risollevando nuovamente lo sguardo sul volto ambrato e perfetto del ragazzo.

«Questo… questo era perché mi hai sentito. Lo so che è un… che sì insomma, è un sogno, ma pensavo di essere solo.» cercò di giustificarsi, una mano a grattarsi la nuca in modo imbarazzato e arrossì, sebbene in modo meno evidente di Minjae.

«Non sei… solo.» mormorò. Arrossì, nel vedere Taehyung lanciarle uno sguardo pieno di speranza con quegli occhi di un marrone incredibilmente scuro, tanto da sembrare neri come i suoi anche se non lo erano.

Per togliersi dall’impiccio e dall’imbarazzo si batté una mano sulla fronte. Un ricordo le aveva attraversato la mente nel momento in cui lui l’aveva guardata in quel modo. I ricordi si accavallarono l’uno sull’altro, lasciandola sconvolta

«Taehyung Oppa! Le lucciole! Ti ricordi le lucciole?» chiese in tono concitato, allargando i grandi occhioni neri. Nonostante tutto il sole e la luce abbacinante che normalmente l’avrebbe fatta andare in giro con gli occhi ridotti a fessure, era come se quella luce non fosse davvero lì. Riusciva a tenere gli occhi bene aperti e scorgere ogni cambiamento delle espressioni del moro.

Taehyung prese un profondo respiro e spalancò la bocca, poi la coprì con una mano quando realizzò dove avesse già visto quella ragazza minuta. Le immagini del loro primo appuntamento al luna park, di lei aggrappata ai cavalli della giostra rosa, la corsa nel campo di lucciole e la storia di Peter Pan. Tutto gli tornò in mente, vivido come se li avesse appena vissuti. "Come hai fatto a dimenticarti quegli occhi?" 

«Le lucciole, il campo di erba medica vicino a casa di mia nonna!» esclamò, annuendo in fretta. «E… e il luna park! Abbiamo avuto un appuntamento! Ma tu… tu… non ti eri fatta male?» abbassò lo sguardo alla ricerca della ferita che le aveva visto fiorire sulla pelle pallida prima che… che si svegliasse.

«Oh. Sì.» annuì Minjae. Incrociò le braccia sotto il seno, pensierosa, mentre guardava i suoi stessi piedi muoversi nella sabbia. Seguì lo sguardo di lui, che le spostò leggermente il braccio per controllare meglio. «Ah… sembra che io non abbia niente.» sollevò di nuovo lo sguardo su di lui e le labbra le si stirarono in un ampio sorriso luminoso nonostante la fitta alla nuca che le trapanò il cervello. Doveva asciugarsi i capelli o in quella brezza fredda le si sarebbe bloccato il collo.

“Come fai a essere così bella?” Taehyung ricominciò a ridere e scosse la testa. Era così assurdo che trovasse così bella una ragazza che continuava a incontrare in quel modo assurdo.

«È come un sogno a puntate. Che strano. Sai dove siamo?» chiese, guardandosi attorno, allegro. All'inizio gli era sembrato che ci fossero solo loro due, in quello sconfinato mare cristallino e turchese. In realtà in lontananza c'erano anche degli scogli e una spiaggia bianca attorniata da uno strapiombo roccioso, la canzone era quasi terminata, anche se non aveva idea di quale fosse la fonte.

Minjae seguì lo sguardo di lui. Ricordava di essere stata in un posto molto simile a quello quando era molto piccola, ma c'era qualcosa di strano e sbagliato. Non era esattamente il luogo che ricordava, era certa di non avere mai visto un mare così, forse solo nelle copertine delle riviste di viaggi o nei cartelloni pubblicitari.

La scogliera che circondava la spiaggia era di un cupo color grigio antracite e brillava, sotto il sole, con tante piccole pagliuzze argentate in una visione quasi eterea. Quella dei suoi ricordi, invece, era di un grigio molto più chiaro, inframmezzata da verdissime macchie di alberi ed erbe selvatiche. Quella che aveva di fronte, invece, era del tutto spoglia. A suo modo era bellissima e, se in qualsiasi altra occasione avrebbe trovato desolante la vista della roccia nuda, in quel momento gli sembrava solo perfetta come un quadro. Sembrava che sulla sommità di quella parete rocciosa ci fosse un qualche tipo di vegetazione. Per assurdo non era nulla di verdeggiante, solo altissima erba, dorata come il grano maturo, che si muoveva ondeggiando al ritmo del vento e rifletteva la luce del sole. Nel suo ricordo, invece, là in cima c'erano degli alberi.

Minjae si girò di nuovo verso Taehyung, che la guardava leccandosi le labbra, concentrato. Sembrava che l'avesse fissata per tutto il tempo. Il moro rialzò lo sguardo sui suoi occhi e Minjae, per un secondo, desiderò farsi più piccola. Rimase imbambolata a fissare quegli occhi di un caldo castano scuro, leggermente asimmetrici. L'occhio destro era più affilato, con un piccolo neo tra le ciglia, nella rima inferiore, mentre il sinistro leggermente più rotondeggiante e con la doppia palpebra. Taehyung si leccò le labbra leggermente screpolate e Minjae distolse lo sguardo, nuovamente confusa dall’ennesimo attacco di batticuore che le aveva fatto saltare un paio di battiti. 

«Di-di solito sei tu quello che… che, insomma, che sa dove siamo. Può essere che… sia il mio sogno?» balbettò, portandosi le mani al petto per coprirsi il seno, come se quel gesto potesse proteggerla da quella conversazione assurda e dal modo in cui lo sguardo di Taehyung la faceva sentire nuda. 

«Sì, credo… sì, di solito ero io a saperlo, è vero. Può essere che… » Taehyung tentennò leggermente nel risponderle, aggrottando le sopracciglia. La sensazione del corpo esile di Minjae stretto tra le sue braccia era ancora viva e gli faceva serpeggiare una strana sensazione sotto pelle, oltre a distrarlo in un modo terribile. «Sei davvero… piccina.»

«Eh?» Minjae si girò sorpresa a guardarlo, mentre lui allargava gli occhi, sorpreso quanto lei di essersi lasciato sfuggire quella cosa.

«No, scusa io… non sono… cioè di solito sono abituato a stare coi ragazzi e non vedo in costume le Noona che lavorano con noi e tu invece lo sei.» si ingarbugliò, cercando di dare un senso a quello che stava dicendo, e si coprì il viso quando la vide coprirsi platealmente il seno con uno sguardo di indignato rimprovero.

«Sei un pervertito?» chiese Minjae, allargando le narici a causa dell'indignazione. Se lui aveva passato tutto il tempo a guardarla in quel modo, e lo aveva fatto, allora aveva ragione a sentirsi nuda.

«No, no è… » balbettò Taehyung, scosse la testa con uno sbuffo infastidito e la superò, diretto verso la spiaggia. «Non ho così spesso l'occasione di vedere una donna in costume… soprattutto non una che vorrei baciare.» si bloccò di nuovo per coprirsi la bocca, sconvolto per essersi fatto scappare con così tanta leggerezza l’ultima frase. «Omo! Cosa sta succedendo? Perché tutto quello che penso mi esce di bocca?» la voce divenne ancora più profonda a causa dell’agitazione e si girò a guardarla con espressione sconvolta.

Minjae allargò gli occhi dallo stupore. “Taehyung mi… mi vuole baciare?!” La frase e il modo in cui la voce di lui le era risuonata lungo il corpo le aveva reso nuovamente le gambe molli come gelatina. Si abbassò nell'acqua finché quella non le raggiunse il naso. Gonfiò le guance in un’espressione di finta costernazione per mascherare l’imbarazzo e trattenne una risata d’incredulità. Il cuore le stava galoppando nel petto e per un attimo temette che lui potesse sentirlo rimbombare come un tamburo. Come a voler coprire il suono del suo muscolo cardiaco una musichetta anni ‘80 sostituì il pezzo di Grease ed una voce femminile iniziò a raccontare, in inglese, di un altro amore estivo. Sembrava una colonna sonora perfettamente piazzata da un qualche regista. 

Si immerse del tutto nella speranza che l’acqua fresca mascherasse il modo in cui le guance le si erano incendiate di un vivido rosso, poi riemerse spostandosi i capelli all'indietro con un braccio per evitare che le si appiccicassero alla faccia e liberò una risata che rimbombò contro la parete rocciosa, amplificandosi come in un cinematografico effetto dolby. 

«Pe-perché ridi? Non… non è divertente» le labbra di Taehyung si piegarono in un mezzo sorriso carico di imbarazzo. «Hai una risata bellissima… vorrei sentirti ridere per sempre.» di nuovo i pensieri gli scivolarono fuori dalla bocca, liquidi come l’acqua, provocando un’altra piccola risata di Minjae.

«Perché le altre volte ero io che mi lasciavo scappare di bocca tutto quello che pensavo e ora invece sei tu.» si buttò in acqua per cercare di smettere di ridere. Nessuno le aveva mai detto una cosa del genere, non pensava nemmeno di voler sentire una frase simile detta da qualcuno, ma se Kim Taehyung in un sogno lo stava facendo evidentemente lo aveva desiderato più di quanto non volesse ammettere nemmeno con sé stessa. Sbirciò da sotto le ciglia il ragazzo moro mettere un leggero broncio, poi lui scosse la testa e si lasciò andare in quella bassa risata imbarazzata che le fece risuonare la cassa toracica come un diapason.

«Dai Taehyung-ssi andiamo a vedere la spiaggia, magari troviamo un tesoro.» rise ancora, in un tentativo di toglierlo dall’imbarazzo. Si risollevò e iniziò a camminare sul fondo bianco e sabbioso, mentre lui ancora rideva alle sue spalle. Le faceva uno strano effetto la risata bassa e profonda di lui, abbastanza strano da lasciarla confusa.

«Un tesoro? Come quelli dei pirati?» chiese Taehyung curioso, gli occhi puntati sulle piccole fossette di Venere in cui avrebbe tanto desiderato affondare i pollici. «Chiamami Oppa, mi piace molto di più di Taehyung-ssi, soprattutto detto da te.» per un attimo incontrò gli occhi neri di lei, lucidi come pietre, che si era girata a guardarlo. La pupilla era quasi indistinguibile dall’iride color carbone. «E’ una fregatura, io adesso non so cosa pensi.» sbuffò e la raggiunse, con l'acqua che gli sciabordava attorno ai fianchi. Per assurdo non c'erano onde o scie dove passavano, era come se l'acqua non reagisse minimamente alla loro presenza. Provò a schiaffeggiarne la superficie ma non ci furono schizzi. «Che strana quest'acqua…»

«Sì, non è neanche salata. Cioè, lo era fino a qualche momento fa ma ora… Non dovrebbe essere salata l'acqua di mare?» chiese Minjae, scrutando la spiaggia deserta. Per fortuna erano usciti da quel loop di complimenti che mettevano in imbarazzo lui e a cui lei non sapeva esattamente come reagire, timida com’era.

«Ah… sì, dovrebbe ma è… dolce?» si bagnò un dito e la assaggiò, per poi rimanere perplesso a leccarsi le labbra bagnate. «Sembra acqua di rubinetto… L’altra volta hai detto che studi per fare la sceneggiatrice vero?» Taehyung saltellò sul fondo sabbioso, lo sguardo concentrato su quell’acqua totalmente imperturbabile. «Non ci sono più le onde. C’erano fino a un momento fa.» valutò con la voce carica di sorpresa.

«Sì, te lo ricordi?»

La musica cambiò  ed aumentò di volume, la voce di Justin Timberlake si sostituì a quella della donna sconosciuta in un testo abbastanza esplicito da far arrossire Minjae, con dubbio di chi dei due fosse il responsabile audio di quei sogni assurdi, come se fosse davvero possibile incontrarsi in quel piano onirico e assurdo in cui nulla funzionava come avrebbe dovuto.

«Sì, me lo sono ricordato insieme a tutto il resto, ma poi mi sono incantato a guardarti.» ammise Taehyung, ormai non si sentiva nemmeno più in imbarazzo. «Come sta andando l'università? Voglio sapere tutto di te.» la afferrò per un braccio e per un attimo Minjae si bloccò a guardare le dita ambrate di lui chiuse attorno al suo piccolo polso.

«Ah… perché è così lontana quella spiaggia?» si lamentò Minjae con un gemito, schiarendosi nuovamente la gola che continuava a farle male. Lo sbirciò da sotto le ciglia, talmente bello da essere più accecante del sole che brillava alto nel cielo, e frenò la tentazione di avvicinarsi per lasciare che lui la baciasse davvero.

«Non ti piaccio? E’ per quello che mi scappi?» il tono apprensivo di Taehyung le fece alzare di nuovo lo sguardo. Minjae si girò e riprese a camminare verso la rena immacolata.

«No è solo... » 

“Che mi mi piaci così tanto che quando mi tocchi mi sembra di avere un infarto. Vorrei baciarti ma è passato così tanto tempo che non so nemmeno se sono capace…” 

«Solo?» Taehyung insistette, continuando a seguirla nel loro percorso, i piedi che affondavano nel fondale ad ogni passo.

«Non… non mi conosci nemmeno e io… non sono poi così interessante.» balbettò Minjae con voce flebile. Taehyung la bloccò e la costrinse a girarsi verso di lui, aveva le gote rosee come pesche mature a causa dell’imbarazzo e quello gli bastò perché gli angoli della bocca gli alzassero in un sorriso quadrato.

«A me interessi, voglio sapere tutto. Tutto. Mi sei piaciuta subito, dal primo momento in cui ti ho vista al luna park.» se lei non avesse tenuto così ostinatamente il mento basso l’avrebbe già baciata, ma andava bene anche in quel modo. Avrebbe pazientato, lui che di pazienza non ne aveva mai quando c’era in ballo qualcosa che voleva. «Dai, dimmi della tua università…»

Minjae lo guardò negli occhi, il sorriso di lui e gli occhi stretti come fessure le fecero saltare qualche battito. Per qualche motivo non riusciva a ricordare come stesse andando la sua università. Si fermò a riflettere pensierosa e Taehyung ricominciò a guidarla verso la spiaggia. «Ho… consegnato un elaborato e sto aspettando la valutazione del prof, sono quasi a fine corso.» lo disse lentamente, dopo un attimo di attenta riflessione, come se stesse ricapitolando quello che succedeva nella sua vita. Un’altra fitta alla nuca le fece stringere gli occhi e si schiarì la gola. 

«Hey, tutto ok? Ma non era più vicina quella spiaggia?» Taehyung si fermò per riprendere fiato, stranamente l'acqua arrivava loro ancora alla vita.

«Ah, sì era più lontana.» ammise Minjae, fermandosi accanto a lui per guardarlo, mentre quello si leccava le labbra screpolate. Seguì il movimento della lingua rosea di lui, che si umettò le labbra, e arrossì violentemente.

«Ma non dovrebbero essere già finiti i corsi?» chiese Taehyung perplesso, riprendendo il cammino per risalire le strane scale solide e sabbiose che conducevano al bordo di quel mare piscina. 

«No, non sono finiti, siamo solo a inizio dicembre.» ribatté Minjae confusa. Riemerse e l’acqua le rotolò via dal corpo, lasciandola perfettamente asciutta salvo i capelli e il costume.

«Ma non sia-» iniziò Taehyung bloccandosi a metà frase. Anche la sua pelle era totalmente asciutta, ma i pantaloncini del costume erano ancora fradici. Non era stato quel dettaglio a interromperlo, e nemmeno il modo in cui gli occhi d'onice della ragazza davanti a lui stavano guardando con intensità il suo torace, mentre le guance le si imporporavano di un violento rosso, bensì la figura seduta su una sedia di legno rovinato e il modo in cui la musica si era interrotta di colpo, come se qualcuno avesse sollevato la puntina da un quarantacinque giri.

In mezzo alla spiaggia c'era un uomo dal volto felino, con i capelli platinati pettinati all'indietro, di un biondo talmente chiaro da sembrare quasi bianco. Aveva gli occhi felini e allungati, di un azzurro ghiaccio talmente chiaro e freddo che gli avrebbe dato i brividi anche senza il contrasto terribile con quel lungo cappotto di pelle nera che indossava. Se ne stava seduto con le gambe accavallate in una posa elegante e mascolina, come un modello davanti alle fotocamere, un gomito poggiato su un tavolino azzurro e rotondo, di legno rovinato come la sedia pieghevole su cui era accomodato all’ombra di un ombrellone di paglia che prima non c’era.

«Chi diavolo è quello?»

Il tizio fece una smorfia di disappunto, mentre si torturava il labbro inferiore con una mano guantata di pelle e si alzò, proprio mentre Minjae si girava a guardarlo confusa. 

«Io ti ho già visto… » mormorò accigliata, un’altra fitta alla nuca che le fece stringere gli occhi.

Il biondo la ignorò, gli occhi color ghiaccio dallo sguardo vagamente ostile puntati su Taehyung che istintivamente si mosse davanti alla ragazza, per nasconderla dietro di sé.

«Tu non dovresti essere qui.» il biondo si sistemò i guanti di pelle nera, rivolto a Taehyung. Gli occhi felini nascondevano una punta di preoccupazione dietro un velo di fredda indifferenza.

«Chi sei?» chiese Taehyung, sospettoso e ostile. Sfiorò un fianco nudo e morbido di Minjae per trattenerla dietro di sé. Lei gli afferrò un braccio per sporgersi e sbirciare quello sconosciuto inquietante che sembrava vestito come Neo in Matrix, non fosse stato per la mancanza di occhiali da sole. Il biondo avanzò verso di loro con passo calmo, nonostante l'espressione scocciata che aveva in viso.

«Non importa, tu non dovresti essere qui, Taehyung. Minjae, vieni.» si avvicinò ancora. Il tono secco che aveva usato nel rivolgersi al ragazzo si era improvvisamente addolcito, come lo sguardo impassibile, quando si era rivolto a lei.

«Minjae?» Taehyung si girò confuso a guardarla, mentre lei gli si aggrappava più strettamente al braccio. Non aveva mai sentito quel nome.

«Perché sai come mi chiamo?» la voce le uscì tremolante e spaventata. Quell'uomo la inquietava terribilmente ma non sapeva perché. Non aveva fatto nulla, a parte parlare come se la conoscesse e qualcosa, nel retro della sua mente, le urlava che lo conosceva e doveva stargli lontano.

«Minjae non fare così.» sospirò pazientemente lo sconosciuto, il tono dolce in netto contrasto con quell'aria fredda e inquietante. Taehyung si girò a guardarla, perplesso.

«Che idiota… non ti ho mai chiesto come ti chiami. mormorò, lasciandosi sfuggire quel pensiero dalle labbra. Ormai era accaduto così tante volte che non ci fece nemmeno più caso.

«Non ti interessa, perché tu non dovresti essere qui. Svegliati, Taehyung.» disse l'uomo in tono perentorio. 

Lo sconosciuto allungò una mano guantata e gli toccò il petto con la punta dell’indice. Taehyung ebbe appena il tempo di incontrare lo sguardo sconvolto di Minjae e perdersi per un secondo in quegli occhi neri e brillanti come l'onice, mentre lei iniziava a tossire, artigliandosi la gola come se stesse soffocando. Gli occhi le divennero lucidi di lacrime e la sentì rantolare, poi si ritrovò a fissare il soffitto chiaro della sua camera da letto.




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Angolo Autrice
Ebbene sì, questi due si incontrano davvero nei sogni e questo è lunghissimo rispetto agli altri, lo so. In origine non lo era ma rimaneggia e rimaneggia e rimaneggia alla fine lo è diventato per riuscire a contenere tutti i dettagli di cui avevo bisogno. Per la prima volta l'uomo che Minjae vede di sfuggita al Luna Park interagisce con loro.
Le canzoni di questo capitolo sono:
  • Alice Practice dei Crystal Castles;
  • Summer nights di Jhon Travolta e Olivia Newton Jhon, l'iconico brano di Grease;
  • Sweet summer lovin di Dolly Parton;
  • Summer love di Justin Timberlake.
Non vedo l'ora di leggere le vostre recensioni come al solito e spero che anche questo capitolo vi sia piaciuto!
ILYSM - BORAHE!
  
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