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Autore: Fiamma Drakon    31/08/2009    2 recensioni
Era stato a quattro anni.
Un incidente, come tanti possono accadere a bambini vivaci come loro, che amano trascorrere le belle giornate all’aria aperta.
Sembrava una cosa da nulla, una piccolezza, una semplice botta alla testa.
Ma quell’incidente, per lui, era stato fatale.
Genere: Triste, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Alphonse Elric, Edward Elric
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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8_Trauma sanatore Il mattino seguente, all’alba Alphonse era già sveglio e, seduto sulla sua cassapanca, osservava il cielo oltre la finestra, riflettendo: il momento era vicino.
L’aveva desiderato così tanto per così lungo tempo e adesso era talmente vicino che avrebbe tanto voluto si allontanasse ancora: assieme ad esso, si avvicinava inesorabilmente anche il momento in cui avrebbe dovuto rivivere quel terribile istante, l’istante in cui comprese che suo fratello ormai non era più lo stesso.
Come avrebbe potuto nuovamente infliggergli quel dolore? Nonostante le rassicurazioni dell’angelo, lui ancora nutriva una paura quasi istintiva verso ciò che s’apprestava a compiere ed era futile ripetersi che era per il bene di suo fratello: benché sapesse che era la verità, non riusciva ad accettarlo.
Era più forte di lui.
Il terrore provato in quel momento di tanti anni prima era stato tale da essersi radicato nel suo inconscio talmente il profondità da essere divenuto una parte integrante di lui.
Come poter andare contro ciò che era divenuto ormai un timore istintivo?
Ma doveva farcela. Doveva riuscire a prevalere sulle sue paure per il bene del suo fratellone.
Ormai, il momento era quasi giunto.
Non appena il sole si fosse alzato sull’orizzonte...
Scosse il capo: non voleva angosciarsi prima del dovuto, nonostante ormai fosse totalmente avviluppato da un velo di malinconia e preoccupazione quasi struggenti.
- Sei già sveglio...? -.
Era Winry.
- Sì... - mormorò lui tristemente.
- Sei preoccupato per ciò che devi fare? - domandò ancora la ragazza.
Lui si limitò a sospirare. Lei gli si fece vicina.
- So che è stato doloroso e... traumatico in un certo senso... ma devi farlo. Pensa a Edward. Pensa che lo stai facendo per il suo bene e... vedrai che riuscirai a superarlo. Ne sono più che certa - disse, sorridendogli dolcemente.
Tuttavia, lui non era ancora del tutto convinto.
- E se... se non andasse tutto bene? Io non ce la faccio... - obiettò lui.
- Ce la farai. Ne sono più che certa - lo rincuorò - Andiamo? - gli chiese poi.
Lui lanciò un’occhiata alla finestra: il sole era ormai sorto.
Si alzò lentamente e seguì Winry nel corridoio, fino a fermarsi dinanzi alla porta della camera di suo fratello.
Il momento era così vicino...
Aprì l’uscio e fissò il profilo di suo fratello sotto le coperte, avvicinandosi a lui cautamente, temendo il fatidico momento, quello decisivo.
- Coraggio Al... ce la puoi fare - gli sussurrò Winry.
Alphonse si avvicinò a lui e, lentamente, lo prese in grembo.
Sul suo viso era dipinta un’espressione d’innocenza così pura che non gli riusciva di pensare che lui fosse pericoloso, nonostante l’avesse più volte sperimentato sulla sua pelle.
Più lo fissava, più desiderava che l’istante fatale s’allontanasse: aveva troppa paura.
Tuttavia, come mosse da qualcun altro, le sue gambe si diressero verso la finestra.
Quegli istanti gli parvero incredibilmente lunghi, protratti nella durata di un’ora.
Si avvicinava lentamente al davanzale della finestra, il fatidico punto di non ritorno.
Era sul punto di attuare il gesto definitivo che avrebbe messo fine al suo dolore, quando esitò e rimase lì, fissando il prato sottostante, senza il coraggio di agire.
- N-non ce la faccio... - mormorò.
Winry sopraggiunse alle sue spalle e gli diede una spinta, facendo cadere Edward giù, oltre il davanzale.
Si affacciarono rapidamente.
Negli occhi di Alphonse iniziavano ad affacciarsi le prime lacrime di dolore.
Il corpo del biondo cadde con una lentezza quasi esasperante, finché la sua testa non sfiorò il terreno.
In quell’istante, tutt’attorno a loro si diffuse un’abbagliante luce bianca che li costrinse a chiudere gli occhi.
Dopo pochi istanti li riaprirono e notarono Edward riverso a terra, immobile.
- Oh, no... - mormorò Alphonse.
Corse via.
- ALPHONSE!!! - gli gridò dietro Winry, seguendolo.
No... fratellone. Che cos’ho fatto?! Fratellone... fratellone!!!
Scese giù dalle scale, inciampando per la fretta nei propri piedi e rotolando fino ai piedi dei gradini, ma si rialzò subito e, nonostante il dolore alla schiena e alle gambe, riprese a correre: rispetto a ciò che gli stava opprimendo il cuore, la sofferenza fisica era niente.
Uscì dalla casa e fece il giro dell’edificio, raggiungendo il punto dove era caduto il corpo di Edward.
Quando si affacciò all’angolo, tuttavia, il suo cuore ebbe un tuffo: il ragazzo si stava rialzando, massaggiandosi la testa.
- FRATELLONEEE!!! - gridò Alphonse, correndogli incontro.
Questo alzò lo sguardo verso di lui, perplesso.
- Al? - domandò, perplesso.
Il fratellino gli saltò al collo, abbracciandolo forte.
- Che cos’è successo? Dove sono? - chiese.
- Sei di nuovo te. Fratellone... mi sei mancato tanto! - esclamò Al, affondando il viso nel suo petto per cercare di nascondere le lacrime di gioia che gli avevano invaso il volto, annebbiandogli la vista.
Edward lo guardò per qualche istante, interdetto, prima di stringerlo a sua volta.
Winry li raggiunse dopo pochi istanti e si gettò anche lei al collo di Edward.
- Ma che avete? E... perché sono qui fuori in pigiama? - chiese il biondo.
Nessuno dei due rispose.
- Fratellone... hai fame? -
- Da morire -.
Alphonse gli sorrise con innocenza fanciullesca.
- Allora rientriamo. Ti preparo la colazione - disse.
- No, preparo io. Tu sei ridotto anche troppo male. Hai bisogno di riposarti... - esclamò Winry, precedendo i due in casa.
E così, la vita dei due fratelli riprese a scorrere tranquillamente, come se tutti quegli anni di dolore e sofferenza non fossero altro che un brutto ricordo.
Perché ora erano finalmente insieme, di nuovo, come quando erano bambini...
   
 
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