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Autore: Feisty Pants    14/07/2021    2 recensioni
La banda è ormai fuori dalla banca di Spagna e cerca di ricominciare a vivere in piena tranquillità spostandosi da un luogo a un altro. Alicia Sierra, Cesar Gandia e la polizia segreta, però, cercheranno in tutti i modi di trovare i Dalì per porre fine a una guerra che ormai stava durando troppo tempo. I veri protagonisti, questa volta, saranno i sentimenti, le emozioni e le storie personali di ogni membro della banda obbligato a fare i conti con i fantasmi e tesori della propria vita.
(Alcuni elementi della trama originali sono stati modificati. Nairobi, infatti, è ancora viva e il professore è riuscito a portare fuori la banda dalla banca di Spagna senza aver incontrato Alicia Sierra)
Genere: Azione, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Yaoi, FemSlash | Personaggi: Il professore, Nairobi, Rio, Tokyo
Note: Missing Moments, OOC, What if? | Avvertimenti: Incompiuta, Violenza
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CAPITOLO 9
 SALTATA COPERTURA

 
“Signore, finalmente ce l’abbiamo fatta! Sentiamo le comunicazioni del professore! Lo abbiamo trovato!” comunica un informatico a servizio di Alicia Sierra, rintracciando un segnale audio.

“Fantastico! Finalmente… apri la chiamata e dicci che cosa senti!” afferma la Sierra mettendosi delle cuffie.

“Palermo mi senti?” lo chiama il professore attraverso la solita radiolina.

“Sì, forte e chiaro! Qui è tutto ok. Gli ostaggi sono tranquilli nell’ingresso dell’edificio, Bogotà e i saldatori stanno continuando a distruggere i muri per raggiungere il tesoro della famiglia reale e io sto controllando il primo piano” risponde Palermo, consapevole della strategia condivisa.

“Chi sta controllando il tetto?” chiede il professore mostrandosi agitato.

“Nessuno, non abbiamo mai parlato del tetto!” finge Palermo simulando una voce tremante.

“Cazzo Palermo! Non possiamo permetterci questi errori! Mi state dicendo che non avete coperto il tetto?! Porca troia è il primo posto da cui potrebbero entrare i poliziotti! Correte a controllarlo!” afferma il professore collerico, riattaccando immediatamente la telefonata.

Alicia Sierra ascolta il tutto con attenzione, sorridendo a quell’errore del professore che le avrebbe permesso di entrare nel palazzo senza troppi problemi.

“Avete sentito cari miei? Abbiamo una via di entrata che hanno lasciato scoperta. Partiamo immediatamente!” comunica lei con forza, facendo segno a Gandia di preparare l’elicottero. Alicia Sierra, però, non sa che tutto quello era una trappola e che le competenze informatiche del professore e di Rio erano altamente superiori alle sue.

Nel giro di un’ora la squadra di Alicia Sierra è ormai prossima all’atterraggio e il professore vive quei momenti di tensione con estrema trepidazione.

“Ci siamo” comunica il prof al resto della squadra, stringendo la mano a Raquel e preparandosi ad osservare l’arresto di quella banda di criminali che, in modo ignorante e banale, era finito nella loro trappola.

L’elicottero rimane in volo mentre Gandia e altri scendono grazie all’ausilio di corde. Questa volta loro stessi erano stati molto furbi, vestendosi esattamente come i Dalì senza sapere, però, che anche la polizia era già all’interno per tendergli un agguato.

Gandia apre il fuoco immediatamente al primo passo, cercando di colpire il sosia di Denver che riesce a ripararsi per un pelo. Vienna, invece, scappa a gambe levate urlando a gran voce di essere sotto assalto. Gandia e squadra iniziano a bombardare, lanciare granate ed utilizzare senza motivo tutte le armi che hanno a disposizione, riuscendo a farsi strada all’interno del Palazzo senza ulteriori problemi.

“Capo, ci siamo quasi! Io vado al primo piano, tu e i compagni raggiungete gli ostaggi. Lì troveremo tutti i Dalì!” afferma Enrique, ormai membro effettivo della banda.

Gandia corre giù dalle tante scalinate con un mitra carico in mano. L’uomo si passa costantemente la lingua sulle labbra, come un lupo famelico che non vede l’ora di azzannare la sua preda. Enrique, intanto, raggiunge immediatamente il primo piano dove trova i finti saldatori intenti a forare il muro.

“FERMI FIGLI DI PUTTANA! METTETE LE MANI IN ALTO O VI SPARO!” urla il nuovo criminale, sparando qualche colpo a raffica e puntando l’arma verso i finti Bogotà e colleghi. I Dalì optano per la resa senza opporre resistenza, consci del piano del prof e delle sue indicazioni. Grazie alla resa spontanea, Enrique e diversi compagni perdono tempo nell’ammanettare alcuni Dalì permettendo così agli altri di accogliere Gandia e solo altri tre scagnozzi.

Cesar raggiunge velocemente il primo piano, cominciando a sparare a raffica giusto per far intuire il suo arrivo.

“Buongiorno a tutti!” saluta lui scendendo la scala, trovandosi di fronte ad alcuni Dalì e ai finti ostaggi che recitano la parte di persone agitate e preoccupate.

“Pensavate di fregarci sputtanandoci a destra e a manca, ma il vostro caro professore ha commesso un errore rendendosi rintracciabile. Abbiamo così sentito tutto trovando libero accesso attraverso il tetto. Ora, quindi, abbassate le armi e mettete le mani in alto” li minaccia Gandia, mirando alla testa dei finti Dalì fanno cadere a terra immediatamente i fucili, nascondendo le altre piccole pistole incastrate nella cintura posteriore.

“Cesar, stiamo calmi… non venire a fare il figo a caso ok?” lo stuzzica Palermo, andando contro al piano perché troppo nervoso di fronte alle parole dell’avversario.

“Togliti dal cazzo o ti piazzo una pallottola in testa! Anzi no… dove cazzo è Nairobi?!” ringhia lui completamente impazzito, iniziando a squadrare i Dalì in piedi alla ricerca della donna.

“Meticcia di merda dove sei?! Esci fuori o sparo a tutti i tuoi amici!” continua ad urlare lui, sparando due colpi a caso sul soffitto.

Brasilia, agitata di fronte alla situazione, decide di fare un passo avanti prendendosi delle responsabilità che in realtà non le competono.

“Che cazzo fa?!” commenta la vera Nairobi osservando la scena dalla telecamera del prof.

“Perché non stiamo facendo nulla?! Così rischiano di morire tutti! Quel cretino ha in mano un fottuto mitra!” si aggiunge anche Tokyo, ricevendo però indicazione dal professore di calmarsi e non fare domande.

“Ciao Meticcia, hai visto che abbiamo tuo figlio tra le mani? E il tuo ex? Si trova proprio al piano di sopra, in questo momento si sta occupando del tuo nuovo ragazzo ciccione” la minaccia Gandia, continuando a mirare alla testa di Brasilia.

Palermo, rimasto in disparte per troppo tempo, decide di farsi avanti per non permettere mai più a nessuno di parlare in quel modo alla compagna di banda. Arrabbiato e fremente per la situazione, corre incontro a Gandia spingendolo e facendolo cadere a terra. L’uomo inizia a sparare a raffica, colpendo volontariamente la gamba di Palermo che crolla a terra dolorante.

“STATE FERMI! BRUTTO STRONZO, ORA ME LA PAGHI!” grida ancora Gandia, rimettendosi in piedi ed afferrando un ostaggio portandolo davanti a sé per schermarsi. L’assassino punta la pistola alla tempia dell’ostaggio facendo indietreggiare tutti.

“Ora, vi conviene ascoltarmi o vi ammazzerò uno a uno. Sul tetto è presente il nostro elicottero, tutti i Dalì devono salirci o io sparerò ad ogni singolo ostaggio!” conclude lui pensando di avere il coltello dalla parte del manico. In realtà, però, la banda non aspettava altro che lo squilibrato afferrasse un ostaggio per capovolgere la partita.

Nel momento in cui Gandia afferra l’ostaggio, infatti, automaticamente abbassa le difese non pensando di avere tra le mani un militare professionista. Ci vogliono pochi secondi e l’ostaggio si ribella all’istante riuscendo a scansarsi dalla presa dell’uomo, colpendolo alla nuca con il gomito. Gandia si piega in due dal dolore e, seppur tramortito, inizia a mitragliare di nuovo colpendo alcuni ostaggi che non riportano però ferite mortali. È quel momento di debolezza il campanello d’allarme per permettere alla squadra di attaccare.

Tutti i finti ostaggi, infatti, si ribellano alle forze disarmando i tre aiutanti di Gandia e ammanettandoli con dispositivi ad alta sicurezza. I Dalì, intanto, raggiungono i compagni al piano superiore mostrando l’immagine del loro capo ormai perdente e obbligandoli a consegnarsi.

Un colpo fin troppo semplice: Gandia, Enrique e compagni vengono immediatamente legati e condotti fuori dal Palazzo, arrestati e vinti per sempre.

Nel momento in cui la polizia esce dall’edificio con i delinquenti tra le mani, i Dalì procedono con il lanciare fumogeni per confondere le forze armate che, intossicate dal fumo e con la vista offuscata, non riescono a ritrovare la strada per entrare nel Palazzo, trovandosi di fronte a delle porte chiuse.

La tregua era terminata e ora, a mente fredda, si contavano i risultati e i feriti.

“Professore…” lo chiama Palermo dolorante, facendosi medicare la gamba da Vienna.

“Palermo! Come stai?!” domanda il prof preoccupato avendo assistito alla sparatoria.

“Bene, hai assunto una nuova bravissima dottoressa e mi sta medicando. Erano in totale una decina, non so se effettivamente tra i vari membri mascherati ci fosse anche la Sierra. Sicuramente ora Gandia e Garcia sono arrestati, ma il problema rimane sempre lo stesso: la mente del piano dov’è?” chiede perplesso Palermo, convinto di aver sbagliato qualcosa.

Il prof si ferma a ragionare consapevole di aver sbagliato. Alicia aveva mandato avanti solo 10 uomini, tra cui alcuni molto deboli e inesperti con le armi, per poi sparire dalla circolazione. La donna aveva intuito che avrebbe potuto trattarsi di una trappola motivo per cui aveva mandato avanti due assassini professionisti nella speranza che uccidessero qualche membro della banda, ma lei aveva preso l’occasione per cambiare base e disperdere le tracce.

“Cazzo, lei ha capito che poteva essere una trappola! Ragazzi, chiamiamo a raccolta tutti, non dobbiamo commettere errori! Se perdiamo la copertura adesso siamo finiti!” comunica il professore agitato, iniziando a contare i compagni.

Davanti a sé vede Bogotà, Nairobi, Denver, Raquel, Helsinki, Stoccolma, Rio… ma mancava Tokyo.

“Dove cazzo è Tokyo?!” chiede il prof terrorizzato. I presenti iniziano a guardarsi l’un con l’altro per poi correre in giro per la casa alla ricerca dell’unica Dalì mancante all’appello.

“Non ci credo! È uscita!” esclama Rio mettendosi le mani tra i capelli, non capendo il motivo di quella scelta.

“Porca puttana! Dobbiamo ritrovarla subito prima che venga beccata da altri! Coraggio, vestitevi con le vostre false identità e usciamo a cercarla!” ordina poi il prof aiutando i compagni a prepararsi.

Tokyo, intanto, stava camminando per strada intenta a raggiungere un particolare luogo con un obiettivo ben preciso in testa. Era da molto tempo che desiderava uscire alla ricerca di quel fattore che avrebbe potuto risolverle molti problemi. Non si sentiva più sé stessa, aveva paura di vivere e le parole di Rio le rimbombavano nella testa.

“Non penso di riuscire ad innamorarmi di nuovo di qualcuno” questa la frase dell’ex che le si è ormai stampata addosso, segnandola nel profondo.

La ragazza cammina per strada senza prestare attenzione alla sua identità. In pochissimo tempo, infatti, alcuni passanti riconoscono immediatamente la sua figura richiamando l’attenzione su di lei. Tokyo, spaventata dalle urla, inizia allora a correre a gambe levate notando anche una pattuglia della polizia intenta ad inseguirla.

“Quella sembra Tokyo! Della banda dei Dalì!” urla un poliziotto facendo segno ai passanti di bloccare il passaggio alla donna.

La ragazza continua a scappare senza mai voltarsi indietro finché, all’improvviso, non si scontra con un uomo che, spaventato, colpisce la ragazza alla spalla con un coltello.

Tokyo si accascia a terra lentamente, mentre tutto attorno a lei sembra affievolirsi. Gli occhi si chiudono e, finalmente, la ragazza pensa di essere nell’anticamera della morte, lontana da tutte le sue sofferenze. Distrutta e sanguinante, Tokyo perde i sensi mentre lo sconosciuto che l’aveva colpita corre via terrorizzato.

Una mezz’ora dopo…

“L’avete trovata?” chiede preoccupato il professore, vedendo rientrare la squadra con Tokyo in braccio.

“Porca puttana… riporta una brutta ferita alla spalla, è abbastanza vicina alla giugulare ma pare averla lasciata illesa” risponde dettagliatamente Nairobi, sentendo il proprio petto alzarsi e abbassarsi velocemente per l’ansia che nutriva verso la sua migliore amica.

Tokyo era stata trovata velocemente dalla squadra che, provocando un improvviso assembramento attorno alla polizia, era riuscita ad anticiparla e a rintracciarla prima di tutti gli altri. La ragazza, infatti, era stata rinvenuta priva di sensi in una via losca e isolata dove, probabilmente, era stata colpita da un mal vivente.

“Helsinki preparati a intervenire. Con cosa è stata colpita secondo te?” domanda ancora Sergio, cercando di non mostrare la propria agitazione.

“Coltello… questo è pugnalata!” dichiara Helsinki osservando meglio il buco presente sulla spalla di Tokyo.

“Cazzo… Nairobi e Stoccolma, prelevatele un campione di sangue ed analizzatelo subito. La lama del coltello poteva essere avvelenata o presentare altre sostanze. Attaccatela anche a un respiratore” ordina ancora Sergio, per poi correre a monitorare la situazione mediatica. Doveva fare in modo che nessuno parlasse del cameo di Tokyo per strada anche se, ormai, era stata riconosciuta da moltissime persone.

Nairobi comunica quanto detto a tutta la squadra e, con la solita prontezza, si procura una siringa infilandola delicatamente nel braccio di Tokyo, inerme e priva di sensi, prelevando il quantitativo di sangue necessario per analizzarlo secondo l’indicazione del professore.

“Helsinki, tesoro mio…la lascio nelle tue mani, fai tutto ciò che puoi!” comunica Nairobi, prendendo tra le mani il faccione morbido del suo fratellone già intento a medicare e bloccare il flusso di sangue che sgorgava dalla spalla di Tokyo.

“Tu vai a cercare veleno, ferita non profonda. Io riuscire a bloccare tutto e curare, ma serve sapere di veleno” aggiunge Helsinki invitando l’amica a compiere quel dannato test per conoscere la situazione.

Nairobi si volta di scatto verso la porta e, tenendo la pistola a portata di mano, raggiunge Stoccolma nella stanza accanto.

“Quando si risveglierà giuro che l’ammazzo cazzo!” esclama Nairobi potendosi finalmente sfogare, lanciando a terra la pistola e portandosi una mano fra i capelli corvini.

“Secondo te perché ha fatto così?! Lei esplode se qualcosa la turba, ma a questo giro perché si è esposta?!” chiede Stoccolma, mentre guarda attentamente il sangue attraverso le giuste apparecchiature.

“Non ne ho la più pallida idea! Lei dà fuori di matto sempre e…”

“Nairobi” la interrompe subito Stoccolma, staccandosi dal microscopio e da tutte le pipette che stava utilizzando, fissando attentamente un elemento del test che pare preoccuparla.

“Che cosa succede?!” chiede la gitana preoccupata, avvertendo un tuffo al cuore.

“Guarda tu stessa e dimmi se non stiamo pensando la stessa cosa” la invita Stoccolma lasciandole il posto sul luogo dell’analisi.

Nairobi si avvicina con due grandi falcate per poi osservare l’esito degli esami del sangue. Controlla i parametri che conosce finché, a un certo punto, uno in particolare attira la sua attenzione. Il cuore inizia a batterle forte nel petto e la mano le cede sul banco da lavoro. Alzando gli occhi dal microscopio, la gitana fissa lo sguardo in quello della compagna bionda della banda, consapevole di avere a che fare con un grandissimo problema.
  
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