Film > Il Principe d’Egitto
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Autore: crazy lion    14/07/2021    3 recensioni
Questa storia racconta gli ultimi istanti tra una madre e il suo bambino. Perché Jocabel non poteva fare altro, ma il suo dolore non passerà mai.
Disclaimer: i personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà della Dreamworks.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Aronne, Jocabel, Miriam, Mosè
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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NOTA INIZIALE:
non si sa che nome Jocabel ha dato al suo bambino prima di metterlo nel fiume, così per dargliene uno ho cercato nomi egiziani maschili.
 
 
 
 

IL DOLORE DI UNA MAMMA

 
Nella terra d'Egitto il sole era appena sorto e Jocabel si alzò. I suoi bambini dormivano ancora. Ormai era sola. Suo marito era stato ucciso poche settimane prima da un egiziano che l'aveva riempito di botte perché aveva sbagliato e non aveva impastato bene la sabbia con l'acqua. Alcune, grosse lacrime corsero giù per le guance della ragazza madre che ora si trovava sola, schiava, con tre figli. Come avrebbe fatto a crescerli? Anche loro sarebbero diventati schiavi a loro volta. Da dentro la sua casa sentiva le urla degli schiavi che lavoravano e venivano frustati. Il suo bambino più piccolo, che aveva chiamato Ayman, si mise a piangere. Si era svegliato. La donna sorrise e lo prese in braccio, poi lo adagiò sul suo giaciglio e gli cambiò le fasce che facevano da pannolino. Aveva un mese, ormai.
"Mamma!"
Una voce femminile alle sue spalle la fece trasalire.
"Miriam, sei tu. Come ti senti?"
"Ho dormito bene, grazie" rispose.
"Anch'io" disse Aronne, suo figlio maggiore.
Jocabel diede ai due fratelli una banana per colazione. Lei aveva già mangiato e allattò il piccolo. Era sempre meraviglioso sentirlo succhiare e godere di quel contatto corpo a corpo con una creatura così indifesa e fragile, come se fosse stata la prima volta che provava una cosa simile.
Passò tutto il giorno a giocare con i figli, dicendo al suo padrone egiziano di essere malata e di non poter lavorare. Stranamente, lui le aveva creduto. Ma Jocabel sapeva bene ciò che stava succedendo. Agli ebrei non interessava il potere, avrebbero voluto soltanto una terra promessa in cui rifugiarsi e vivere in pace. Ma non potevano, gli egiziani li avevano in pugno e ridotti in schiavitù, a vivere una vita ardua e non priva di pericoli e di dolore. Forse non avrebbe potuto salvare i suoi figli più grandi, che già lavoravano, ma il più piccolo sì.
"Se sapessi quanto ti amo, tesoro mio!" esclamò ad Ayman. "Bambini, usciamo."
"Dove vuoi andare, mamma?" le chiese Aronne.
Lei non rispose. Era troppo concentrata. Ormai aveva deciso. Aveva visto troppe volte quell'orribile scena. Il Faraone, siccome gli ebrei a detta sua erano troppi, aveva dato l'ordine di uccidere tutti i bambini appena nati, e lei aveva osservato quelle bestie strappare i bambini dalle braccia delle madri e sgozzarli davanti a loro, mentre le donne si buttavano a terra e piangevano, impotenti e distrutte, fiumi di lacrime. Ad Ayman non sarebbe toccato un destino simile. L'aveva nascosto e protetto fino a quel momento, ora doveva solo fare l'unica cosa che l'avrebbe salvato. Gli occhi di Miriam e Aronne erano pieni di terrore.
"Mamma? Che cosa vuoi fare?" chiese la bambina, mentre grosse lacrime le rigavano il volto.
"Salvarlo, figlia mia. Lui deve vivere, non posso tenerlo con me ancora una notte. Verrebbe ucciso e io non lo voglio. Molte donne si sono arrese al destino dei loro figli, o aspettano che questi vengano uccisi, ma io non ho nessuna intenzione di  piegarmi a questo destino. Lo salverò e lui starà bene. Qualcuno lo troverà e sarà al sicuro."
scoppiando in singhiozzi. Il bambino si mise a piangere e la ragazza lo cullò fra le sue braccia. Uscì di casa e gli cantò una cantilena per farlo calmare.
Così devi andare, figlio mio
questo è il tempo dell'addio,
ma io ti rincontrerò
se Iddio vorrà.
Lo nascose nella sua veste e fece cenno ad Aronne e Miriam di seguirla.
I soldati egiziani entravano nelle case sgozzando bambini, spezzando vite. A Jocabel veniva da piangere a pensare a quei poveri bambini che non avevano nessuna colpa e alle loro madri, ma se voleva portare a termine il suo piano doveva restare impassibile di fronte a quello scempio.
Aveva cantato a bassa voce, non poteva permettere che qualcuno la sentisse e corse, corse con i figli che la seguivano sentendo lo strazio degli schiavi che gridavano a Dio di ascoltarli, arrivando infine sulle sponde del Nilo. Lì c'era calma, non si udivano più le grida dei soldati, tutto era silenzio.
"Eccoci qui, piccolino mio" mormorò, guardandosi intorno per vedere se c'era qualcuno che avrebbe potuto fargli del male, ma non vide nessuno.
Strinse il suo piccolo al cuore e gli diede un bacio su una delle sue morbide guance paffute.
"Ma lui è nostro fratello, dovrebbe vivere con noi!" insistette Aronne.
"Verrebbe ucciso. Mi dispiace, mi dispiace così tanto!" esclamò Jocabel,
Il bambino stava per mettersi a piangere, ma lei lo calmò con un canto. Lui fece un versetto adorabile e le strinse un dito con la manina calda, guardandola con i suoi occhietti scuri, come a implorarla.
"Resta con me, non mi abbandonare" sembrava dire.
"Devo, tesoro mio. Non vorrei, ma devo. È per il tuo bene."
Resistere a quelle suppliche era quasi impossibile per lei, una madre che amava il suo bambino più di ogni altra cosa al mondo.
Iniziò a cantare. Voleva che la sua voce fosse l'ultima cosa che Ayman ricordasse prima di andarsene, così da grande se ne sarebbe forse ricordato conservandola dentro di sé.
"Non devi piangere, mio dolce amor,
il fiume ti cullerà.
Fa' che il mio canto ti resti nel cuor,
così insieme a te crescerà.
La sua voce era roca, straziata dal dolore per quello che stava per fare. Non era pronta. Non lo era per niente. Non lo sarebbe stata mai. Eppure, il momento era giunto. Si inginocchiò, liberò il piccolo dalla veste e continuò a cullarlo. Prima lo avvolse in una copertina, poi lo mise in una cesta di papiro e, infine, lo depose nell'acqua, sentendo il cuore fermarsi per qualche secondo. Che cos'aveva fatto? Aveva appena abbandonato suo figlio e non era nemmeno detto che sarebbe sopravvissuto. Ma era l'unica cosa che poteva fare, se non voleva vederlo morire.
Sono un mostro, ma non potevo fare altro.
Lacrime amare correvano giù per le sue guance, mentre il respiro si faceva ansante. Miriam lo seguì, ma poi tornò indietro. Intanto, Jocabel non vedeva più la cesta. Chissà dov'era finita.
"C'erano i coccodrilli e il cesto stava per rovesciarsi, ma alla fine è arrivato all'altra sponda e c'è stata una donna che l'ha raccolto."
Era salvo, allora. Qualcuno si sarebbe preso cura di lui.
"Torniamo a casa e facciamo presto" disse Jocabel ai figli, mentre ancora piangeva.
Forse un giorno, fra tantissimi anni, avrebbe rivisto suo figlio, ma chissà se lui si sarebbe ricordato di lei. In ogni caso il dolore che provava era così grande che non parlò più per  ore intere. Perché il dolore di una madre è il più grande e non passa. Non passa mai.
 
 
CREDITS:
Il principe d'Egitto, Ascoltaci
Il Principe d'Egitto, Mio dolce amor (non sono sicura sia questo il titolo della canzone, su internet non l'ho trovato).
   
 
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