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Autore: Dylanation    17/07/2021    1 recensioni
Storia di Todoroki e Bakugou che non hanno mai avuto occasione e coraggio per dirsi la verità.
Poco più di 600 parole.
"La pioggia primaverile, quando cade, non risparmia nulla."
Genere: Introspettivo, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Katsuki Bakugou, Shouto Todoroki
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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SLICE OF LIFE. Ovvero una delle cose che amo più fare e che ho assecondato meno nella mia "carriera" da scrittrice di - prevalentemente - fanfiction.
Questa l'avevo pubblicata sul mio profilo Facebook (mi trovate come Dylan Sephiro, su instagram invece sono @dylanation_) ma ho deciso di metterla anche qui e su tutte le altre piattaforme. 
Spero vi piaccia, e vi dia un po' di emozione.
Un abbraccio
- Dylan


 
Non si erano mai confessati l’uno all’altro, non si erano mai sorrisi, men che meno si erano baciati o tenuti per mano. Non si erano mai trovati a fare i conti con i loro sentimenti.
Quando Bakugou aveva detto di doversi trasferire così, di punto in bianco, era una mattina autunnale e l’aveva annunciato a tutta la classe senza inflessioni sentimentali.

“Mi trasferisco in Europa, partiamo Lunedì. Oggi è il mio ultimo giorno alla Yuuei.”

Erano tutti sconvolti, dispiaciuti persino. Che Katsuki poteva anche essere il più grande stronzo del pianeta, ma era un loro amico, un loro compagno. Sarebbe mancato a tutti quanti, nessuno escluso.

E gli occhi spaiati si erano dilatati un poco, si erano riempiti di dispiacere e Todoroki non era proprio riuscito a diluire l’emozione nel ghiaccio. E così il suo ultimo ricordo di Bakugou era quello: nell’aula in cui ogni giorno avevano condiviso lezioni e discussioni, con la divisa in disordine ed un ostentato menefreghismo in faccia, circondato da amici apprensivi, imponente ma effimero in quel sole aranciato di Ottobre.
Non si erano mai detti nulla, no, ma guardarsi in quell'istante era incredibilmente bastato per avere la certezza che anche l'altro provasse lo stesso straziante desiderio. Ed evidentemente così doveva rimanere, impossibile da realizzare.



La pioggia primaverile, quando cade, non risparmia nulla. Porta via il vecchio e scaraventa addosso il nuovo a forza, non ci si può fare proprio niente. Cambia gli odori, cambia i colori, cambia il morale, cambia la consistenza delle cose.

Shoto è di fretta, ma non perché abbia qualcosa da fare. È di fretta proprio perché è libero, e lui entra nel caos quando si trova per le mani la libertà.
"Che posso fare adesso?";
"Come posso impiegare il mio tempo?";
"In che modo posso distrarre la mia testa per far sì che non rimanga solo con me stesso?"

La pioggia batte incessante, i rumori si mischiano e si confondono, è un caso assurdo quello per cui volta la testa verso sinistra, dove sa esserci una panchina come tante altre in quel viale, e lo vede. Ma non nella sua interezza.
Vede i capelli biondi e pensa che anche Bakugou li aveva così. Avrebbe voluto toccarli con mano almeno una volta.
Vede la piega seria della bocca e pensa che anche Bakugou esibiva sempre quell'espressione seccata e contrariata. Avrebbe voluto succhiare quelle labbra, infilarci dentro la lingua e sentire quei denti poi su di sé, almeno una volta.
Vede le iridi di fuoco, rossissime, e pensa che anche Bakugou aveva quel colore unico e violento attorno alle pupille. Avrebbe voluto ottenere l'attenzione di quegli occhi di inferno, muoversi e spogliarsi per loro, vederli riempirsi di lascivia e stupore, almeno una volta.

Non ha interrotto la sua camminata veloce durante il flusso di questi pensieri e forse la pioggia ha battuto tanto da inumidirgli le sinapsi, e l'elettricità dei suoi neuroni fa contatto. Quindi ci mette un paio di secondi in più del necessario, ha rischiato di attraversare la strada come se niente fosse, ma realizza in tempo.
E Katsuki Bakugou è lì su quella panchina bagnato dalla testa ai piedi, senza pretese, senza ombrello, senza astio nello sguardo diretto verso di lui. A Todoroki esplode il cuore, ma tutto quel che fa è fermarsi senza riuscire a reagire, lo guarda di rimando, incredulo.

La pioggia cade, cade, cade.
Si sta portando via una marea di cose, ma il bello del ciclo dell'acqua è che di tanto in tanto poi la stessa goccia ritorna a tuffarsi nel mare da cui era evaporata.
E c'è stato bisogno di un anno e mezzo di attesa, centinaia di notti passate a stringersi tra le coperte per il male al petto, giornate infelici ed un acquazzone che sembra voler inondare Tokyo intera. C'è stato bisogno di tutte queste cose per far capire a loro due che aspettare è inutile: non passerà mai.
E Shoto continua a sentirsi libero, ma non va più di fretta. Non è che sappia precisamente cosa fare, ma sa da dove cominciare.
Sorride, è felice sul serio, e ancora di più lo è nel vedersi ricambiare da quelle labbra che, oh, ora ne è certo, entro sera bacerà.
  
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