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Autore: Feisty Pants    19/07/2021    1 recensioni
La banda è ormai fuori dalla banca di Spagna e cerca di ricominciare a vivere in piena tranquillità spostandosi da un luogo a un altro. Alicia Sierra, Cesar Gandia e la polizia segreta, però, cercheranno in tutti i modi di trovare i Dalì per porre fine a una guerra che ormai stava durando troppo tempo. I veri protagonisti, questa volta, saranno i sentimenti, le emozioni e le storie personali di ogni membro della banda obbligato a fare i conti con i fantasmi e tesori della propria vita.
(Alcuni elementi della trama originali sono stati modificati. Nairobi, infatti, è ancora viva e il professore è riuscito a portare fuori la banda dalla banca di Spagna senza aver incontrato Alicia Sierra)
Genere: Azione, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Yaoi, FemSlash | Personaggi: Il professore, Nairobi, Rio, Tokyo
Note: Missing Moments, OOC, What if? | Avvertimenti: Incompiuta, Violenza
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CAPITOLO 12
TREGUA

 
Le condizioni fisiche di Tokyo migliorano a vista d’occhio, motivo per cui la banda si organizza per il prossimo trasferimento verso la nuova base a Bor, in Serbia, dove i fidati aiutanti del professore li stavano aspettando per scortarli maggiormente. Il viaggio, però, era molto lungo e pericoloso, motivo per cui Cincinnati doveva salutare di nuovo la sua famiglia per non rischiare.

“Ti prometto che la mamma tornerà presto! Tu andrai ancora con Orso, con lui stai bene vero?” dice Stoccolma, inginocchiata davanti al bambino che stava salutando per l’ennesima volta.
Cincinnati annuisce con tristezza, per poi sorridere al grande omone serbo che lo stava aspettando, pronto a prendersi cura di lui ancora una volta.

“Ti voglio bene piccolo” si inserisce Denver con le lacrime agli occhi, stringendo al petto quel bambino che amava con tutta la sua anima.

I genitori osservano il piccolo salire su un auto mentre si stringono la mano per sopportare quella separazione con un bambino di pochi anni che non avrebbe mai dovuto allontanarsi da loro.

“Cazzo…” esclama poi Denver arrabbiato, mettendosi le mani tra i capelli e facendo per strapparli.

“Quanto tempo passerà prima di rivederlo?! Tokyo porca troia! Per colpa sua il piano è saltato e ora non sapremo quando riavremo Cincinnati!” continua a sfogarsi lui, in collera per quella serenità distrutta in pochi secondi.

“Non è solo colpa di Tokyo… è incinta e ha agito d’istinto!” cerca di difenderla Stoccolma, anche lei distrutta per l’arrivederci rivolto al figlio, ma pur sempre empatica nei confronti dell’amica.

“E allora?! Anche se è incinta?! Non è mica giustificata! Ha fatto il suo ennesimo colpo di testa di merda mettendo in mezzo tutti! Non me ne frega un cazzo se è incinta! Pure io ho un bambino, e per colpa sua mi viene portato via!” la accusa ancora Denver mimando con il braccio il segno di mandare qualcuno a quel paese.

“Anche io quando ero incinta stavo per fare tante stronzate. Ricordi?! Se non ci fossi stato tu, io ora non sarei la mamma di Cincinnati. Tokyo è rimasta incinta per un errore e impaurita ha pensato immediatamente a che cosa fare. Sappiamo che è una tipa cocciuta e ha voluto fare tutto da sola… ma in quei momenti ti assicuro che vuoi essere sola. Devi solo sperare che arrivi qualcuno a dirti quanto sei bella e coraggiosa, proprio come tu hai fatto con me. Nessuno di noi ha mai avuto uno sguardo del genere nei confronti di Tokyo…” cerca di farlo ragionare Stoccolma, aprendo il proprio cuore da mamma e condividendo quell’esperienza femminile che Denver non poteva capire.

“A proposito di bambini… è arrivato il test di paternità. Me l’ha dato il professore poco fa” aggiunge ancora Stoccolma, estraendo una busta dalla tasca posteriore dei pantaloni.

Denver rimane impietrito dalla novità, cominciando a respirare a fatica di fronte al referto più importante della propria vita.

“Che cosa dice?” chiede lui non stando più nella pelle, incrociando le dita come a voler interferire in una sorte meschina che l’avrebbe reso padre illegittimo di Cincinnati.

Stoccolma gli si avvicina con le lacrime agli occhi, mangiandosi ed inumidendosi le labbra come a voler ancora mantenere un segreto che non vedeva l’ora di rivelare. La riccia prende tra le mani il volto del marito, per poi sorridere e sussurrare con estrema dolcezza:

“Nessun Arturo Roman. Sei tu Denver, il vero papà di Cincinnati”

Denver non riesce a credere alle proprie orecchie, motivo per cui inizia a ridere di gusto come suo solito, per poi abbracciare la moglie e sollevarla facendola roteare in una danza leggiadra. I due sanciscono il momento con un bacio appassionato, lieti e grati della rivelazione più bella della loro vita.

Qualche ora dopo…

La banda è di nuovo in viaggio grazie ad alcuni camion attrezzati su cui il professore coordina il piano di fuga.

“Palermo, l’aereo sta arrivando: preparatevi a salire il più velocemente possibile” afferma il professore nervoso, agitato dal momento.

“Siamo tutti pronti professore!” risponde Palermo, facendo segno ai compagni di indossare la maschera, imbracciare il fucile e uscire sul tetto.

“La rapina più imbarazzante della storia” afferma uno dei sosia, ridendo per quella fuga improvvisata.

“Ma che cazzo dici?! Abbiamo fatto la cosa giusta e ora ce ne andiamo senza troppi problemi” risponde alterata Bergamo, scrutando attraverso la maschera quel collega irriconoscente.

Senza pensarci ulteriormente, Palermo calcia la porta violentemente spalancandola e liberando così il passaggio. I Dalì escono velocemente, mentre i cecchini della polizia aprono il fuoco contro di loro.

“Cazzo!” esclama Brasilia, nascondendosi dietro a un condotto dell’aria.

“Iniziate a prendere quella cazzo di corda e ad arrampicarvi forza!” urla Manila con foga, mentre risponde agli spari.

“Ma ci vedranno!” dice allora Vienna, ansimando e appoggiandosi a un muro.

“Bergamo, lancia i fumogeni! Dobbiamo disperdere le tracce” comunica Palermo rivolto alla compagna.

Il professore osserva dallo schermo la ragazza intenta a sganciare fumogeni, mentre qualche finto Dalì riesce a salire sull’aereo.

Sergio è risucchiato dalla missione di salvataggio quando sente il telefono squillare, aspettandosi quella chiamata dalla polizia.

“Ispettrice!” saluta lui con il solito sorriso.

“Professore, dove state andando?” va subito al sodo Georgia, guardando negli occhi Angel.

“Per noi è giunto il momento di andarcene. Il piano ha cambiato rotta” risponde Sergio, mentre termina il suo origami rosso.

“La tregua tra noi è terminata, i colpevoli sono stati acciuffati, ma anche voi siete criminali e non possiamo permettervi di scappare” delinea l’ispettrice, girando tra le dita la cordicella del telefono.

“Ha ragione ispettrice, ma vede… forse lei non ha ancora capito che entrambi stiamo desiderando la stessa cosa. Il palazzo è intatto, a parte i danni arrecati da Gandia e Garcia che pagheranno, ma noi ci dobbiamo tutelare per salvaguardare la nostra sicurezza” spiega il professore, facendo ragionare l’ispettrice.

“Se vi arrestassimo vi porteremmo in luoghi sicuri… voi sapete che vi verrà data la caccia vero?” continua di nuovo l’ispettrice, cercando di incutergli timore.

“Guardi ispettrice… di lei non ho per nulla paura. È una persona meravigliosa che ha svolto il suo lavoro divinamente! Se la incontrassi per strada sono certo che ci fermeremmo in un bar e diventeremmo amici sorseggiando un caffè e parlando di strategie. Il vero problema, però, è quello di interrogarsi sull’effettiva realtà” inizia a dire il professore, puntando le dita come suo solito.

“Due assassini sono stati presi, è vero… ma ricordiamo che la mente delle loro azioni è ancora in circolazione. La cara ispettrice Alicia Sierra era considerata forse la migliore nel suo campo, eppure ora è un’assassina a piede libero che tiene ostaggio un bambino di 9 anni, ha torturato un mio amico e ne ha ucciso i genitori senza motivo apparente. Voi vi fidavate di lei vero? Così come vi fidavate di Raquel… ma le cose cambiano” continua il professore, mentre osserva con la coda dell’occhio tutti i membri dei Dalì salire sull’elicottero e mettersi in salvo.

“Ispettrice… le prometto che non ci vedrà mai più. Lei voleva sapere il motivo di questa rapina giusto? Il motivo era proprio quello di cercare una rinascita, mettendo in carcere chi davvero se lo merita e lasciandoci liberi di vivere la nostra vita. Lei può decidere di darci la caccia per sempre, ma noi non verremo mai più visti. Questo era il nostro ultimo piano e da domani regnerà il silenzio, visto che cercheremo di riacquistare le nostre vite. Oppure… lei può scegliere di lottare e dare la caccia ad Alicia Sierra che sta creando un impero di odio e che non si vergogna ad uccidere a mani nude… cosa che noi non abbiamo mai fatto in quanto esseri umani che rifiutano la morte. Ci rifletta cara ispettrice e si domandi: chi sono, i veri cattivi?” taglia corto il professore abbassando la cornetta, per poi stringere il pugno in segno di vittoria nell’osservare la squadra finalmente libera e fuori dall’edificio.

Angel e Georgia si guardano impietriti, consapevoli di aver appena condiviso una telefonata di stampo umanistico con il professore. Quelle parole, però, li toccano profondamente, specialmente Angel.

“Quello stronzo ha ragione…” si sbilancia subito lui, abbassando lo sguardo.

“Che cosa stai dicendo?!” chiede stranita l’ispettrice, corrugando la fronte.

“Raquel ora fa parte della resistenza, quando prima era l’ispettrice migliore di tutta la Spagna. Gandia era la guardia del corpo del presidente, per poi trasformarsi in un assassino senza pietà. La Sierra era una pazza, ma il suo lavoro l’ha sempre svolto bene…eppure ora è una criminale. Io vedo una grande differenza con tutte queste persone: Raquel è l’unica che ha conservato la propria anima nella trasformazione. Lei non è cattiva ispettrice! Così come non lo sono questi Dalì. Questa volta, secondo me, sono loro che stanno aiutando noi. La Sierra è da fermare!” dice Angel convinto del proprio monologo.
L’ispettrice lo guarda esterrefatta, per poi portarsi una mano sulla bocca e camminare freneticamente avanti e indietro. Era difficile credere a certe parole, ma la ragione la invitava a confrontare i casi con serietà. Sulla bilancia avevano una squadra di squilibrati capitanati da una ex ispettrice che mira alla violenza, alla vendetta, alla conquista e agli spargimenti di sangue. Dall’altra, invece, c’erano dei ragazzi che avevano fabbricato dei soldi illegalmente in alcune banche che, anni addietro, provocarono delle frodi pur non dichiarandolo.

Questi ragazzi non avevano mai ucciso nessuno, avevano trattato benissimo gli ostaggi dando anche un messaggio di speranza alla popolazione che ora li idolatrava come modelli. La posta in gioco era nettamente diversa. Sospirando profondamente e chiudendo gli occhi, l’ispettrice decide di invertire la rotta per provare a navigare controcorrente, in acque più tortuose, per poi dichiarare:

“D’accordo. Interrompiamo la ricerca dei Dalì ed iniziamo quella di Alicia Sierra”

Intanto, in una base segreta….

Alicia attende nervosa una telefonata che aveva programmato da diverso tempo. I Dalì pensavano di essere svegli, ma anche lei li aveva appena fregati con le loro stesse mani. Finalmente, dopo alcuni istanti, il telefono inizia a squillare.

“Pronto?” risponde cortesemente lei, pur sapendo l’identità della persona dall’altro capo della cornetta.

“Capo, siamo liberi! L’elicottero ci ha lasciati in diversi posti. Loro non si sono minimamente accorti di me. Avere indosso una maschera porta diversi benefici e loro non si sono resi conto di essere in un numero maggiore. Ora io sono stato rilasciato in Inghilterra, completamente solo! Mi godo la mia libertà ma, come promesso, le comunico che il professore si sta spostando in diversi stati per allontanarsi il più possibile. Sull’aereo hanno detto le prossime tappe in cui si insedieranno. Le ho stampate nella memoria” spiega il Dalì traditore. Durante l’ingresso di Gandia e scagnozzi all’interno del Palazzo, infatti, un membro della squadra si era travestito allo stesso modo dei Dalì per poi comparire durante il caos della sparatoria sul tetto e salire sull’elicottero. Vista l’agitazione del momento, la Sierra sapeva che nessuno si sarebbe messo a contare il numero dei sosia, motivo per cui il suo caro aiutante riuscì a passare inosservato e a sentire il da farsi del piano del prof.

“Molto bene! Li abbiamo in pugno… motivo per cui ora dobbiamo fargli abbassare la guardia” spiega l’ispettrice, sghignazzando tra sé e sé.

“Che cosa intende dire? Non attacchiamo?” chiede il collega infiltrato.

“No. Ora, caro amico mio, spariremo per mesi. Li lasceremo muovere e divertire! Nel frattempo cresceremo e ci alleneremo anche noi, per poi prenderli alla sprovvista nel momento giusto” dice la Sierra, prendendosi poi una lametta per unghie e dandosi al trattamento di bellezza con molta tranquillità.

“E il bambino?!” domanda ancora il soldato, dubbioso del piano.

“Lo liberiamo. Ora non ci serve più” conclude poi lei, facendo segno a un collega alle sue spalle di rilasciare Axel secondo gli accordi. Da quel momento regnò la pace… una pace superficiale capace di spezzarsi in un istante.
 
  
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