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Autore: vero_bonnie    21/07/2021    2 recensioni
È la primavera del 1975. Il giovane meccanico Dean Winchester è tornato dal Vietnam, a pezzi non solo per una brutta ferita di guerra ma anche e soprattutto per l’incapacità di lasciarsi amare. Il giorno in cui finisce la guerra, Dean incontra casualmente Castiel Novak, il chirurgo che gli ha salvato la vita. Nel frattempo, suo fratello Sam si prepara a fare un annuncio importante che sconvolgerà la vita dei fratelli Winchester e segnerà, forse, il loro definitivo distacco.
Genere: Angst, Hurt/Comfort, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Bobby, Castiel, Dean Winchester, Jessica Moore, Sam Winchester
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Nessuna stagione
Capitoli:
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Capitolo 5
Venerdì 2 maggio 1975
 
 
Dean si stupì di quanto gli sembrasse naturale. Aveva parcheggiato l’Impala davanti alla casa di Castiel e stava aspettando che uscisse. Era il terzo giorno di fila che passavano assieme, la seconda volta che andava a prenderlo a casa. Senza contare tutto ciò che era successo quattro anni prima. Non ci aveva pensato troppo, ma ora che era lì gli pareva tutto così… giusto.
Diede ancora un paio di colpi veloci al clacson ed ecco che Castiel uscì di casa, chiuse la porta a chiave e si diresse verso di lui con un gran sorriso. Era abbagliante. Dean si ritrovò a ricambiare il sorriso mentre un nuovo calore si accendeva nel suo petto, come una fiamma che divampa non appena vengono smosse le braci.
 
“Ehi, stronzo.”
Sam si voltò di scatto e i capelli lunghi ondeggiarono attorno al suo viso mentre si illuminava. “Ehi, cretino”, rispose, tirando a sé Dean in un abbraccio rude ma intenso. Dopo un attimo, Dean finse di tossire mentre borbottava qualcosa che assomigliava vagamente a un non riesco a respirare e Sam lo lasciò andare con una risata. Si rivolse a Castiel e gli strinse la mano con entusiasmo. “Dottor Novak, che piacere rivederla”, esclamò. “Grazie per essere venuto.”
“Grazie a te, Sam, ma dammi del tu, per favore. Non vorrai farmi sentire più vecchio di quel che già sono.”
Sam rise e un attimo dopo erano immersi in un acceso dibattito su temi che Dean decise andavano oltre la sua comprensione – due cervelloni del genere, un chirurgo e un futuro avvocato, erano troppo da gestire contemporaneamente per un meccanico veterano col disturbo post traumatico da stress e un serio problema di alcolismo. Soprattutto con Jessica, radiosa al fianco di Sam, costante memento di ciò che sarebbe successo quella sera. Dean riuscì a malapena a farle un cenno prima di voltarsi e dirigersi verso la porta del giardino. Si disse che Castiel sarebbe stato bene, se ne sarebbe occupato Sam. Lui aveva bisogno di prendere aria e scrollarsi di dosso quella sensazione di essere sbagliato. Uscendo, afferrò una cassa di bottiglie senza nemmeno preoccuparsi di controllarne il contenuto.
 
Dean trasalì violentemente quando sentì una mano posarsi sulla sua spalla e rovesciò qualche goccia dalla bottiglia che teneva in mano. “Ehi!”, esclamò, mentre una sagoma familiare si sedeva davanti a lui sull’erba. Erano seminascosti in un angolo in fondo al giardino, Dean era abbastanza sicuro che dal portico non si riuscisse a vederli.
“Ti ho cercato dappertutto”, disse infatti Castiel. Non suonò come un’accusa, eppure Dean si sentì in colpa. Dopotutto, nella vita si era sempre sentito in colpa per qualunque cosa, come se tutto fosse responsabilità sua. Si strinse nelle spalle e bevve un altro sorso perché non sapeva cos’altro fare – il che succedeva piuttosto spesso, ora che ci pensava. Castiel lanciò un’occhiata all’etichetta della bottiglia che Dean teneva in mano, piena per tre quarti, e subito dopo notò la bottiglia vuota ai suoi piedi.
Adesso sì che si incazza, pensò Dean e chiuse gli occhi con un sospiro insofferente, pronto a sopportare la scenata.
“Dean, che cosa sta succedendo?”
Dean riaprì gli occhi. “Cosa?”
“Ti ho chiesto che cosa sta succedendo”, ripeté Castiel, posandogli una mano sul ginocchio, così come aveva fatto in spiaggia il giorno prima mentre Dean gli parlava della sua famiglia.
Dean osservò la mano di Castiel, confuso. Tutto qua? Tornò a guardare Castiel in viso, ma non c’era traccia di disapprovazione: la testa appena inclinata, gli occhi grandi, le labbra schiuse e il tocco caldo… Era preoccupato. Davvero preoccupato.
Castiel ritrasse la mano – e Dean si sentì cadere appena in avanti, alla ricerca di quel contatto che gli era stato tolto – per sfilargli di mano la bottiglia, con delicatezza, e posarla da parte. “Credo tu abbia bisogno di parlare con qualcuno, Dean”, disse con voce gentile, come se potesse cullarlo finché non si fosse addormentato. “Se vuoi, puoi farlo. Altrimenti starò qui con te a guardare le stelle.”
Dean lo fissava, incapace di muoversi.
“O forse preferisci che vada a chiamare Sam?”, aggiunse Castiel un attimo dopo, ansioso di fare la cosa giusta.
“No... no, va bene così”, rispose Dean, incerto. Si era aspettato di tutto tranne che Castiel si sedesse davanti a lui in silenzio a guardare le fottutissime stelle. Sam avrebbe fracassato la bottiglia contro un albero, anche se poi l'avrebbe abbracciato. Suo padre avrebbe fracassato lui contro un albero, e non si sarebbe mai sognato di abbracciarlo. Forse sua madre avrebbe reagito come Castiel. Ma Dean non poteva saperlo.
Respirò profondamente un paio di volte, sforzandosi di non lasciar vagare il proprio sguardo su Castiel che, fedele alla sua promessa, aveva sollevato appena la testa verso il cielo.
“Sam sta per chiedere a Jessica di sposarlo”, sputò infine tra i denti. Pronunciare quelle parole fece riemergere l'impulso di afferrare la bottiglia, e Dean dovette combattere con tutte le sue forze per resistere. Castiel riportò lo sguardo su di lui, senza fare nulla per mettergli fretta.
“Gli ho dato la mia benedizione, perché cos'altro potevo fare?”, continuò Dean, una smorfia amareggiata sul viso. “E poi, voglio dire, se lo merita, visto quanto ha sofferto. E lei è perfetta, sono perfetti insieme, avranno una vita perfetta...”
Dean s’interruppe e chinò la testa. Quando tornò a sollevare lo sguardo, aveva gli occhi lucidi. “Io invece sono uno stronzo con mille problemi che non farà mai un cazzo della propria vita”, riprese, stavolta con una violenza nella voce che fece indietreggiare appena Castiel. Dean non se ne accorse. “Venderei l'anima per veder scorrazzare per casa mia una banda di marmocchi che mi somigliano – ma sono destinato a rimanere solo. Prima o poi tutti mi abbandonano. Mamma e papà. Benny Lafitte, coi suoi cazzo di occhi vuoti. L’infermiera Charlie e il novellino Kevin, saltati in aria su una mina. Tutta la gente che ho visto morire dall’altra parte dell’oceano, sotto la mia responsabilità. E ora Sam.” Si passò le mani sul viso, poi guardò Castiel negli occhi. “Non posso vivere senza di lui, Cas. Non posso. Lui è tutto ciò che ho.”
Piangeva, ormai. E anche Castiel percepiva negli occhi il peso di tutto ciò che Dean non aveva detto: il suo rifiuto di legarsi a qualcuno per paura di essere lasciato solo, il suo terrore di aprirsi per poi vedersi chiudere la porta in faccia. Il modo in cui era sparito, anni prima, non appena la loro relazione era diventata qualcosa di più di un rapporto tra medico e paziente, e poi qualcosa di più di un’amicizia. Il modo in cui ancora oggi non riusciva a fidarsi di lui, il modo in cui si chiudeva a riccio quando Castiel nominava la cicatrice sulla sua spalla perché gli riportava alla mente quella notte di quattro anni prima, quando Castiel aveva posato sopra la propria mano e avevano riso e lui aveva baciato quella specie di impronta mentre facevano l’amore per la prima volta.
Dean trasalì nel percepire il tocco caldo di Christa sul suo braccio. “Dean”, disse Castiel, e lui sentì di volersi immergere in quel suono e viverci per sempre. “Non sei una persona cattiva”.
Dean tirò su col naso e serrò con forza gli occhi, unico segno che diceva a Castiel che l'aveva sentito. Si detestò ancora di più per quanto si stava mostrando vulnerabile in quel momento. “Devo esserlo, visto che tutti mi abbandonano”, obiettò. “Resterò solo”.
“Non resterai solo, se permetterai alle persone di amarti”.
Gli occhi di Dean incontrarono quelli di Castiel, e d'un tratto gli sembrò che spostare le pupille fosse la cosa più difficile al mondo. Aprì la bocca per dire qualcosa – non sapeva nemmeno lui che cosa, in realtà – ma non ne uscì niente.
“Ehi, gente! Tornate dentro, devo fare un annuncio importante!”
Dean si riscosse e guardò verso la casa: Sam si sporgeva dalla porta sul retro per richiamare gli invitati che erano usciti in giardino. Sospirò e si asciugò le lacrime col dorso della mano.
“Possiamo rimanere qui, se non vuoi vedere”, sussurrò Castiel.
Dean scosse la testa. “No. No, va bene. Andiamo.”
Fece per alzarsi, ma ricadde pesantemente sull’erba. Castiel accorse e lo aiutò a tirarsi su, ma dovette sorreggerlo quando le gambe gli cedettero di nuovo. Si ritrovò a stringerlo a sé, un braccio oltre le spalle e una mano sulla nuca. Dean inconsciamente si raggomitolò contro il suo petto e lì rimase, in attesa del momento in cui avrebbe smesso di tremare. Accadde un minuto dopo, quando il panico cedette spazio al calore che Dean aveva imparato ad associare a Castiel. Infilò la testa nell’incavo tra la spalla e il collo di Castiel, poggiando lo zigomo sulla sua clavicola, e si prese un altro istante per lasciarsi cullare in quel calore che diceva non sei una persona cattiva e lascia entrare le persone e butta giù il muro.
Castiel posò una guancia sulla sua fronte. Dean alzò la testa e per una frazione di secondo le loro labbra s’incontrarono.
“Andiamo.”
Sam era inginocchiato in mezzo al salotto e in mano reggeva l’anello che Dean l’aveva aiutato a scegliere. I presenti trattennero il respiro, ma Dean conosceva Jessica e conosceva la luce che vedeva ora sul suo viso: la ragazza, con le lacrime agli occhi, bisbigliò un timido proprio mentre Dean e Castiel rientravano in casa. La stanza esplose in un boato di grida esultanti mentre Sam si alzava in piedi e sollevava la ragazza per la vita, facendole fare una piroetta in aria per poi tornare a posarla delicatamente a terra e infilarle l’anello al dito.
 
Attesero la fine della festa, prima di raggiungere Sam e Jessica. Dean avanzò verso suo fratello e lo tirò forte contro di sé in un abbraccio che probabilmente incrinò le costole a entrambi. Dopo un paio di pacche sulle spalle, riuscì a dirgli all’orecchio: “Sono fiero di te, fratellino.” Poi lasciò andare Sam e baciò Jessica sulle guance. “Di voi”, si corresse, facendole l’occhiolino.
Castiel strinse forte la mano di Sam e si congratulò anche con Jessica, che d’un tratto sembrava nervosa: aprì la bocca come per dire qualcosa, ma poi ci ripensò.
“Jess?”, chiese Sam, che aveva notato il gesto.
“Avrei… una cosa da dire”, spiegò Jessica, torturandosi una ciocca di capelli con piccoli gesti rapidi delle dita. Si guardò attorno, aspettando che gli ultimi invitati se ne andassero e si chiudessero la porta alle spalle, poi tornò a posare lo sguardo su Sam. “E va bene, ve lo dico perché altrimenti potrei esplodere. Dopotutto siamo in famiglia, no?”
Dean sentì montare la nausea. Per lui, famiglia aveva sempre significato Sam e nient’altro. Capendo che Jessica stava comprendendo se stessa, Sam, Dean e Castiel in quella parola, Dean si chiese dove avesse lasciato le bottiglie di prima. Ma non appena Jessica parlò di nuovo, si riscosse.
“Sono incinta.”
Dean non era sicuro di aver capito bene. Tutti i suoni erano ovattati e le sagome sfocate. Immaginava che quello sul viso di Sam fosse un sorriso distorto dal pianto, ma non riusciva a distinguerlo con chiarezza. Si sentì mancare. E non appena percepì un singhiozzo arrampicarsi nella gola, ecco che un tocco fermo lo riportò alla realtà: calò lo sguardo e scoprì che la sua mano destra era artigliata a quella di Castiel. Lo guardò confuso. Non ricordava di avergli preso la mano. Ma Castiel osservava Sam e Jessica, abbracciati, e piangeva anche lui coprendosi la bocca con l’altra mano. Dean non riuscì a trattenersi. Un sorriso si fece strada sulle sue labbra e lui non fece nulla per impedirlo.
   
 
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