Fanfic su artisti musicali > Bangtan boys (BTS)
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Autore: ConsueloRogue    21/07/2021    2 recensioni
Cosa succede quando due persone s'incontrano per sbaglio nel mondo dei sogni?
Cosa succede quando due anime si sfiorano, anche solo per un attimo?
Cosa succede quando il destino di una persona devia dal suo percorso naturale?
Kim Taehyung è un cantante affermato e un giorno, per caso, appare nella sua vita una strana ragazza, per appena una manciata di minuti.
Da quel giorno s'incontreranno di nuovo nel loro mondo dei sogni.
Genere: Drammatico, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kim Taehyung/ V, Nuovo personaggio
Note: AU, Soulmate!AU | Avvertimenti: nessuno
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Ink and Pages - Pagine e Inchiostro


“Nella mia religione ci insegnano che ogni essere vivente, ogni foglia, ogni uccello sono vivi solo perché contengono la parola segreta per la vita. È l'unica differenza tra noi e un grumo di argilla. Le parole sono la vita, Liesel. Tutte quelle pagine bianche le regalo a te per riempirle.”

Storia di una ladra di libri 



Minjae si premette i palmi sugli occhi e li strofinò con veemenza. Per qualche motivo le bruciavano, come le accadeva in ogni primavera quando l'allergia la tormentava e gli starnuti si susseguivano uno dopo l’altro senza darle tregua. Provava un fastidio alla gola che proprio non riusciva a mandare via, per quanto avesse provato a tossicchiare. Era come se ci fosse incastrato qualcosa, nel fondo della laringe, che proprio non riusciva a espellere. L'uomo dei sogni, come aveva deciso di chiamarlo, le sfarfallò davanti come un ologramma, illuminato da una luce che non corrispondeva affatto al luogo in cui si trovava Minjae. 

In quella specie di luogo-non-luogo non vi era alcun tipo di suono, a parte i versi rochi della gola di Minjae ogni volta che tossicchiava e il lento sibilo che le sfuggiva dalle labbra ad ogni respiro. In piedi, dritto davanti a lei, con la figura che appariva e scompariva come l’immagine disturbata di una televisione dalla ricezione scarsa, il tizio biondissimo col cappotto nero e gli occhi color ghiaccio continuava a parlare. Agitava le mani in modo concitato e le rivolgeva sguardi che sembravano volerle chiedere “capisci cosa ti sto dicendo?”, ma era come un film muto senza sottotitoli e l’immagine sfarfallava troppo perché lei potesse seguire il movimento delle labbra di lui e ricostruire un discorso di senso compiuto. 

Strizzò gli occhi e allungò una mano verso la figura. Per una ragione che Minjae non riusciva a spiegarsi non provava più l’ansia e il terrore che aveva provato alla spiaggia. “Forse perché non è… non è qui?” pensò, vedendo l’immagine riformarsi attorno alla sua mano, traslucida e semi trasparente. Era come un effetto cinematografico. Somigliava quasi all’ologramma della Principessa Leia in Episodio Quattro, quando Luke Skywalker assiste alla registrazione stivata nella memoria di R2D2. Vi agitò la mano nel mezzo, come se in quel modo l’ologramma potesse dissolversi in una nube di fumo. L’uomo in nero, in quella sua esistenza intermittente e muta, indicò qualcosa alle spalle di Minjae.

La ragazza fece un mezzo passo e per la prima volta si guardò davvero intorno. Era davvero un luogo-non-luogo quello in cui si trovava. Era un ambiente dalle indistinte pareti di un grigio carbone fiocamente illuminato da una luce fredda e soffusa. Non fosse stato per la totale mancanza di gradini o poltrone, a Minjae avrebbe ricordato un enorme cinema. Un enorme sala cinematografica in cui il suono della faticosa deglutizione di Minjae rimbombava tra le pareti insieme al rombo tonante del suo stesso flusso sanguigno. Più che un cinema sembrava una camera aneconica, di quelle che fanno impazzire le persone. Anche lei lo trovava snervante. e fece qualche passo avanti, in quel non luogo nero dell'illuminazione fioca. 

L’uomo in nero continuò a indicare qualcosa alle spalle di Minjae, sempre più intermittente e sempre più spazientito dal modo in cui lei continuava a studiarlo perplessa, il capo leggermente inclinato di lato, le sopracciglia aggrottate in un espressione concentrata e il labbro inferiore stretto tra gli incisivi bianchi con cui continuava a mordersi. L’uomo nero fece un gesto di stizza che Minjae interpretò come un “e allora fai quello che ti pare!” e finalmente lei si girò per guardare cosa le avesse indicato l’uomo fino a quel momento.

Nel punto in cui si sarebbe aspettata di vedere la parete bianca su cui, in un cinema, avrebbero proiettato il film, c'era un enorme cancello di ferro battuto nero dalle giunture dorate. Si stagliava, altissimo e arzigogolato con quell’intricata fantasia di foglie e riccioli, contro uno sfondo di pallida nebbia lattiginosa, talmente fitta da offuscare la vista della cancellata quando piccoli sbuffi vi passavano davanti per poi rientrare nel muro. Quella visione le ricordò Londra, sebbene non vi fosse mai stata, una Londra vittoriana e decadente in cui straccioni, prostitute e serial killer come Jack lo Squartatore si nascondevano agli angoli delle strade. Rabbrividì, perché quel luogo le faceva serpeggiare sotto pelle una strana inquietudine. “Devo stare lontana da lì.” 

La nebbia serpeggiò sul pavimento opaco, dello stesso carbone indefinito delle pareti, e si raccolse ai suoi piedi, lattiginosa e gelida. Minjae retrocedette, diede le spalle al cancello e si avvolse in un abbraccio, rabbrividendo un’ultima volta. Ignorò l'immagine sfarfallante dell’uomo biondo che continuava a indicarle con urgenza il cancello, passandovi in mezzo. “E’ inutile che insisti, non ti ascolto. Non ti voglio ascoltare. Devo andarmene da questo posto.” pensò con una certa urgenza. 

Fece qualche passo, incerta sulla direzione da prendere. Non vedeva spigoli in quella sala e non capiva nemmeno se le pareti fossero dritte o circolari. Con un piede colpì qualcosa e abbassò istintivamente lo sguardo. Sul pavimento c’era un libro sulla cui copertina era ritratto un fiore giallo dalle sfumature arancioni. Non riusciva a leggere il titolo, scritto in una lingua a lei sconosciuta, solo il nome dell’autore. Gabriel Garcia Marquez. “Non ho mai letto i suoi libri.” pensò perplessa. Lo aveva nominato uno dei suoi professori, a lezione, quello lo ricordava. Forse era per quello che la sua testa aveva piazzato lì quel libro. "Che sogno stupido." 

Raccolse il libro e sfogliò le pagine, mentre vagava in quella stanza dal silenzio più che assoluto e snervante. La nebbia continuava a lambirle, gelida, le caviglie nude. L’immagine sfarfallante dell’uomo in nero continuava a comparirle davanti e ripetere sempre gli stessi gesti, come una registrazione che si susseguiva a ripetizione. Studiò il libro, le pagine erano tutte fittamente compilate, ma quando apriva davvero il libro per tentare di leggere qualcosa e capire cosa stesse cercando di dirle il suo inconscio trovava solo la carta bianca, le parole che scomparivano come se fossero state scritte con l’inchiostro simpatico. Minjae sbuffò, snervata. Si strinse il libro al petto e decise di ignorare gli occhi di ghiaccio dell’uomo biondo. “Sono in un sogno, e se questo è un mio sogno - e di altri non può essere - allora posso uscire da questa maledetta stanza.”

Riaprì gli occhi e finalmente riuscì a distinguere lo stacco tra il pavimento e la parete, quasi impercettibile. Una luce verde brillava in un angolo della stanza, dove un’applique da parete rettangolare indicava, con una freccia bianca e la scritta “Exit”, una porta tagliafuoco dello stesso grigio carbone delle pareti. “Oh finalmente, santo cielo!” Diede una spinta decisa al maniglione antipanico rosso e la porta si aprì con un rumore quasi assordante in mezzo a quel silenzio così intenso. 

Una luce intensa e calda le colpì gli occhi, accecandola per qualche istante. Rimase immobile sulla soglia e il silenzio sparì, rimpiazzato da una musica distante e ovattata. Non aveva idea di che musica fosse, sembrava quasi una colonna sonora di un qualche film, ma Minjae non riuscì a ricordare dove l’avesse sentita. Il pavimento grigio lasciò posto ad un liscissimo finto parquet di gres porcellanato di una fredda tonalità di marrone chiaro. Fece una smorfia infastidita e lasciò che le sue pupille si adattassero nuovamente alla luce, nel “cinema” doveva essere più buio di quanto non avesse pensato. Minjae si guardò attorno sollevata, il libro dalle pagine a scomparsa ancora stretto tra le braccia. “Stavo impazzendo là dentro.”  Conosceva benissimo quel posto, era uno dei suoi luoghi preferiti in tutta Seoul, una delle più grandi biblioteche della città, la Starfield COEX Library. Nello spazio gigantesco che le si era aperto davanti una fila di comode sedie nere, ordinatamente allineate, occupava la zona centrale del salone, circondata da scaffali carichi di libri, talmente alti da dare l’illusione che i ripiani fossero infiniti. Delle scale mobili conducevano al piano superiore e le persone, in abiti primaverili, si aggiravano attorno ai tavoli da studio e agli espositori su cui erano disposti ordinatamente gli ultimi best-seller. 

Minjae si girò a guardare la porta da cui era uscita. Non vi era più alcuna parete dietro di lei, solo il corridoio trafficato della biblioteca che conduceva all’uscita. Aggrottò le sopracciglia infastidita quando un ragazzo biondo dal naso largo, labbra carnose e gli orecchini a pendente che tintinnavano ad ogni falcata corse nella sua direzione, ridendo sguaiatamente nel basso mormorio della biblioteca. “Ma sarà il modo di comportarsi qui dentro?!” pensò, stizzita, anche se nessuno aveva dato cenno di essersi accorto di quella risata tranne lei.

Il ragazzo continuò a ridere e la superò di slancio per poi fermarsi di botto e rotolare in terra.Minjae lo guardò ancora più stranita, nessuno sembrava badare al fatto che quel tizio stesse ridendo come un cretino mentre si rotolava in terra, vestito con una gigantesca tuta bianca tutta macchiata di colori sgargianti e freschi con cui stava imbrattando il pavimento..

«Ora la tua fidanzatina mi salva! Proteggimi Minjae!» il ragazzo balzò in piedi e le afferrò le spalle. Costrinse un’interdetta Minjae a girarsi verso le scale mobili in un modo che la lasciò stupita e interdetta, soprattutto quando si trovò a fissare un paio di occhi scuri piacevolmente asimmetrici.  

«Jimin-ah, ma che cazzo stai...» la voce profonda di Taehyung rimbombò nella biblioteca, mentre il ragazzo, con i capelli tirati indietro fermati da una fascia per capelli rossa, si fermò a fissare Minjae. «…dicendo.» finì in un sussurro meravigliato. Taehyung rallentò nel vedere la ragazza bassa dai lunghi capelli castano scuro che brillavano di riflessi ramati sotto la luce calda della biblioteca.  Lo fissava confusa, con quegli occhi color onice che gli ricordavano dei piccoli buchi neri. Indossava una maglietta a righe blu e crema ed un semplice paio di jeans sopra ad un paio di basse ballerine che riprendevano il crema della maglia. Anche vestita in quel modo semplice era bellissima.

«Minjae… ciao.» mormorò, rallentando il passo. Minjae arrossì e abbassò lo sguardo, mentre lui sollevava il buffo fucile col serbatoio che aveva in mano. Anche gli abiti di lui, una salopette color sabbia su una maglietta bianca, erano completamente imbrattati di schizzi di vernice colorata. 

«Ciao… oppa.» Minjae si coprì le guance arrossate con una mano e la risatina sciocca di Jimin, alle sue spalle, fece sì che lei si girasse verso il ragazzo che le si stava nascondendo dietro la schiena per lanciargli un’occhiata contrariata. Quello le rispose con un’occhiatina furba e un sorriso malizioso, poi si sporse verso Taehyung, usandola quasi come se fosse uno scudo umano.

«Taehyung-ah! Prova a prendermi!» urlò Jimin. Diede una leggera spinta a Minjae, che avanzò di un mezzo passo, e ricominciò a correre, ridendo. 

«Hey ma…!» sbottò Minjae contrariata. Taehyung lanciò un'occhiata perplessa al suo migliore amico, la  cui figura scomparve oltre la curva del corridoio della biblioteca. Immediatamente la risata cristallina di Jimin si interruppe, come una registrazione messa in pausa da qualcuno e la la biblioteca piombò di nuovo nel silenzio.

«Finalmente mi hai chiamato oppa.» Taehyung fece un sorrisetto compiaciuto e lusingato. Ci aveva messo un bel po’ di tempo a convincerla.

«Hai… hai detto che ti piace.» balbettò Minjae in imbarazzo, lo sguardo basso puntato sui suoi stessi piedi che all’improvviso erano così terribilmente interessanti.

«Sì, suona bene detto da te. Non ho avuto modo di dirti che hai un nome bellissimo.» fece un paio di passi verso di lei, che si strinse nelle spalle ancora più paonazza.

«Che stavi facendo?» Minjae cambiò discorso per uscire da quella situazione strana e imbarazzante. Indicò il fucile che Taehyung aveva puntato al soffitto.

«Stavo…» si fermò a riflettere, le labbra arricciate in un’espressione concentrata. «Stavo giocando a paintball con Jimin, nel bosco. Credo che ci fosse anche qualcun altro, ma non ricordo. Comunque non è importante. Non ricordo cosa sia successo, ma volevo scaricare tutto il serbatoio su Jimin e quello ha iniziato a scappare e… e all’improvviso non eravamo più nel bosco.» si strinse nelle spalle con un piccolo sbuffo divertito.

«Come hai fatto a passare da un bosco alla biblioteca?» Minjae lo guardò stranita, incapace di trovare la connessione logica tra i luoghi.

«Boh? Boschi, alberi, carta, libri, biblioteca?»rispose Taehyung in una domanda retorica mentre si grattava il mento, stranito. «Ma poi… importa davvero? Anche al luna park mi facevi delle domande strane.» iniziò a ridere al ricordo del loro primo appuntamento.

«Che domanda stupida…» mormorò Minjae, rivolta principalmente a sé stessa. A causa dell’imbarazzo che provava in quel momento allargò i grandi occhi neri, così tanto che divennero quasi tondi.

«No, non sono stupide, solo strane.»Taehyung si lasciò andare ad una bassa risata fece piacevolmente vibrare la cassa toracica di Minjae e si appoggiò il fucile in spalla. «Come mai qui?»-

«Non lo so. Ero in un posto strano e ho pensato che dovevo andarmene. Ho aperto una porta ed ero qui.» riassunse Minjae facendo spallucce. Non aveva voglia di parlargli del cancello nebbioso e dell’uomo in nero. Si fermò a guardarsi attorno, stranita dal silenzio che regnava nel luogo. Attorno a loro le persone continuavano a camminare e parlare ma non emettevano alcun rumore, come se ora che Taehyung lì era di fronte a lei i suoni ambientali non fossero più importanti..

«Quindi dove siamo?» 

«Alla Starfield, non ci sei mai stato?» Minjae lo guardò stupita, ma Taehyung scosse il capo divertito. 

«Intendevo… in che sogno siamo. Nel mio o nel tuo?» fece una bassa risata e Minjae aprì la bocca, interdetta.

«Perché faccio sempre la figura dell’idiota con te?» allargò nuovamente i grandi occhi neri, in preda allo sconcerto e Taehyung iniziò a ridere di gusto.

«Non ho mai pensato che tu fossi un idiota, Minjae. Penso solo che tu sia terribilmente carina quando ti lasci scappare queste cose. Come mai finisci sempre nei miei sogni?» chiese Taehyung, avvicinandosi alla ragazza, abbastanza da costringerla a sollevare il volto per poterlo guardare negli occhi scuri e asimmetrici.

«Io pensavo fosse… fosse il mio. Ho trovato questo libro e…» Minjae sollevò il tomo, mostrando a Taehyung la copertina dal fiore giallo e arancio. Il titolo era ancora scritto in una lingua sconosciuta. «Insomma, è sensato: trovo un libro e finisco in biblioteca. Almeno è più sensato del bosco.» borbottò, arricciando uno spigolo della copertina. 

Taehyung le rubò il libro dalle mani e lo sfogliò, le pagine risucchiavano l’inchiostro delle parole come spugne, per poi lasciar ricomparire la stampa appena cambiava pagina. Era come se potesse cogliere la loro esistenza solo con la coda dell’occhio. Inclinò il capo, stranito e le rese il libro.

«No, sinceramente credo che sia il mio sogno.» le fece un sorriso quadrato e rimasero fermi a fissarsi. Minjae sentì le guance avvampare, se le coprì con le mani per nasconderle allo sguardo del ragazzo che le stava di fronte e la studiava con quello sguardo imperscrutabile. Aveva le mani curiosamente gelide e se le premette contro le guance per riuscire a raffreddarle mentre distoglieva lo sguardo, abbassandolo sul torace ampio di lui. Il suo sguardo venne catturato dal braccialetto rosso che Taehyung indossava al polso sinistro. Allungò istintivamente una mano e girò la piccola placchetta rossa, proprio mentre lui le scostava delicatamente una ciocca di capelli dal viso, per poterla guardare meglio. 

«Oh?» Minjae sobbalzò al contatto inaspettato con la mano calda di Taehyung. Si scostò e si incamminò verso le scale mobili, liberando la domanda che le rotolava sulla lingua. «Come fai a essere sicuro che sia il tuo sogno?»

«Perché sto pensando una cosa e non mi scappa come è successo alla spiaggia.» Taehyung la seguì, divertito. In quei giorni si era fatto tutta una sua teoria su come funzionasse quella cosa strana dei sogni in comune. Jimin gli aveva detto che era assolutamente impossibile che potesse accadere qualcosa del genere, ma Taehyung aveva comunque insistito. 

Gli aveva spiegato che secondo lui Minjae non poteva essere assolutamente una rappresentazione del suo inconscio. C’era qualcosa di troppo dettagliato nella storia di Minjae perché potesse essere solo frutto della sua fantasia, ma ancora non sapeva abbastanza di lei da poterla cercare a Seoul, nella realtà.

«Non mi chiedi cosa stavo pensando?»

«Non è giusto che i pensieri scappino solo a me.» borbottò Minjae, una mano posata sul corrimano nero e lucido della scala mobile. Si girò a incrociare lo sguardo insistente del ragazzo e le sfuggì una mezza risata. «Va bene, cosa stavi pensado? Tanto vuoi che te lo chieda, lo so.»

«Pensavo che la prima volta che ti ho visto ho pensato fossi carina, ma non è vero, non sei carina, sei proprio bella.» affermò, guardandola compiaciuto mentre lei raggiungeva nuove sfumature di rosso che Taehyung non pensava nemmeno fosse possibile veder comparire sul volto di una persona. Gli era sembrata carina le prime volte che l'aveva vista, ma in realtà ora che la guardava così da vicino era proprio bella, soprattutto vestita in quel modo normale, da studentessa universitaria.

«Io non… non sono bella.» balbettò Minjae girandosi di nuovo per evitare il contatto visivo. «Tu lo sei.» si lasciò scappare dalle labbra. «Maledizione a me, perché mi scappa detto tutto quello che penso, di nuovo! Ah cielo è così frustrante che sono sempre io quella si lascia scappare tutto!» si lamentò, scendendo al secondo piano della libreria. Era talmente in imbarazzo che avrebbe desiderato scomparire da quel sogno il più in fretta possibile.

Taehyung si lasciò scappare una bassa risata vibrante e avvolse le spalle di Minjae in un abbraccio, portandosela contro il petto. Il fucile da paintball era scomparso, ma la sua felpa era ancora tutta colorata di vernice, anche se sembrava che a differenza di quella sugli abiti di Jimin la sua non potesse macchiare. Strinse l'abbraccio su di lei, stupendosi per l’ennesima volta di quanto fosse minuta e stranamente fredda, mentre lei si aggrappava al suo braccio, senza respiro. Le appoggiò il mento sul capo, divertito da quanto fosse bassa in confronto a lui. 

«Sono contento perché quando mi sono svegliato… mi sono ricordato tutto. Anche il tuo nome… Minjae.»

«Taehyung-ssi-»

«Oppa.» la corresse istantaneamente lui

«Sì…O-oppa…»  mormorò lei, immobile. Era la prima volta dopo molto tempo che un ragazzo la abbracciava in quel modo e, anche se era solo un sogno, da come parlava sembrava che quel ragazzo fosse proprio Kim Taehyung. La cosa la lasciava particolarmente confusa. «Perché continuo a sognarti io… io neanche ascolto le vostre canzoni. Cioè so-»  si bloccò, con le mani ancora strette attorno al polso di lui, che aveva iniziato a ridere, col petto aderente alla sua schiena, facendole rimbombare ancora di più la cassa toracica. 

«A volte sei un poi troppo onestà, sai?» chiese Taehyung, divertito. Abbassò il naso, chiedendosi se lei avesse un qualche tipo di profumo che avrebbe potuto ricordare in qualche modo una volta sveglio ma aggrottò le sopracciglia quando sentì l'odore pungente del disinfettante.

«Perché c'è il mio nome qui?» Minjae fece scorrere lo sguardo sulla piccola piastrina del braccialetto rosso avvolto attorno al polso di Taehyung. Era talmente sconcertata da quella piastrina che per un secondo dimenticò del tutto l'imbarazzo che stava provando nell'essere abbracciata in quel modo da lui.

«Uh?»Taehyung si sporse oltre la spalla di Minjae per poter vedere la piastrina che lei stava accarezzando con una punta del dito. Arricciò le labbra, perplesso, poi gli venne in mente che anche l'ultima volta che si erano visti alla spiaggia indossavano entrambi un braccialetto. Le prese il braccio destro e lo sollevò per guardare se anche lei lo indossasse ancora.

«Anche tu hai il mio nome.» constatò con un sorriso sornione. 

«Eh?» chiese Minjae stranita. Osservò il braccialetto, esattamente identico a quello di lui. Il suo nome era inciso in caratteri cinesi proprio al centro della piastrina. 

«Magari siamo anime gemelle.» sogghignò Taehyung, rafforzando la presa sulle spalle esili di lei che aveva iniziato ad agitarsi nel suo abbraccio come a volersi liberare.

«Figurati… Non esistono cose del genere.» borbottò lei, talmente imbarazzata da non sapere cosa fare.

«Come no? Certo che esistono! Vuoi fare la sceneggiatrice e non credi nelle anime gemelle?» Taehyung la lasciò andare per poterla guardare bene in faccia. Era talmente sorpreso dalla cosa che ne era quasi interdetto. 

Minjae si girò verso di lui e fece un paio di passi indietro per poter tornare a respirare, le guance ancora porpora e il fastidio alla gola ancora più insistente di prima. Si coprì il viso con una mano, evitando accuratamente lo sguardo di lui, poi si girò verso le copertine dei libri che aveva accanto, incapace di leggere i titoli.

«È proprio per quello che voglio fare la sceneggiatrice. rispose in un sussurro leggermente roco. «A volte è bello lasciar andare la fantasia e scrivere di storie impossibili.»

«Ah, allora non è che non ci credi, è che non ti è ancora successo nulla che te lo faccia credere.»-  rispose Taehyung annuendo, con la voglia improvvisa di toccarla ancora per accertarsi del fatto che lei fosse lì.

«Stai dicendo che non sono mai uscita con nessuno? Io… io sono uscita con qualcuno.» mormorò Minjae lanciandogli un'occhiata in tralice. Taehyung rise, con quella sua risata profonda e vibrante e lei iniziò a camminare lungo gli scaffali, offesa, per allontanarsi da lui.

«Non ho mai detto che non sei mai uscita con nessuno, ho detto che forse non hai mai incontrato nessuno che ti facesse credere all'anima gemella.» rise lui, seguendola allegro. «Hai il fidanzato?»

«No… no!» esclamò Minjae sconcertata, lanciandogli un'occhiataccia.

«Ah è vero, ne avevamo parlato al nostro primo appuntamento.»- rispose Taehyung, ancora più allegro. «Meglio, perché credo davvero che tu sia la mia anima gemella. E se lo sei, allora anche questo è un appuntamento.»

«Come quello del luna park?» chiese Minjae speranzosa, coi grandi occhi neri che si illuminavano di felicità. Non credeva nelle anime gemelle, ma le sarebbe piaciuto, per una volta, crederci davvero. «Oh no, non è… Oppa smettila, mi confondi! Siamo in un sogno non… non accadrà mai.» biascicò poi, scuotendo la testa.

«Ma io continuo a sognarti e tu continui a inciampare nei miei sogni. Vorrà pur dire qualcosa, no?» ribatté Taehyung in tono concitato. Le prese un braccio per fermarla visto che lei aveva improvvisamente accelerato in un tentativo di distanziarlo.

«Io… sono io che continuo a sognare te!» esclamò lei, in un tentativo di convincersi della cosa. Era talmente confusa che nemmeno lei sapeva cosa pensare di quello che stava accadendo. «Mi piacerebbe tanto che tutto questo fosse vero però.» si fermò fermandosi tra due scaffali e sbatté piano la fronte contro il legno della libreria.«Oh non sopporto di non riuscire a tenermi i miei pensieri per me.»

Taehyung iniziò a ridere rumorosamente e poggiò la spalla contro le copertine, un sorriso beffardo gli increspava le labbra.

«A me piace invece. Così posso conoscerti.»

«Non c’è un granché da sapere di me. Sono un’universitaria qualsiasi, con una storia qualsiasi che fa lavori part-time mentre studia.» riassunse in un tono più scontroso di quanto non avrebbe voluto. Doveva tirarsi fuori da quel discorso assurdo. «Puoi leggere le copertine?» chiese, scuotendo la testa in modo testardo. 

Taehyung fece un sospiro e roteò gli occhi al cielo. “Sii paziente, cederà. Assecondala e cederà, ci vuole già credere ed è il primo passo. Potrai chiederle come trovarla tra un po’.” Si girò per studiare i libri, tutti rilegati in copertine di cuoio bordeaux dalle eleganti finiture oro. Erano stranamente tutte uguali ma sulle costole c'erano solo scritte prive di senso, lettere ammucchiate a caso. Nemmeno i nomi degli autori erano distinguibili.

«No, non posso.» ammise.

«Te lo avevo detto, allora non siamo nel tuo sogno.»- ribatté ostinatamente Minjae.

«Perché, tu le puoi leggere?» chiese Taehyung confuso, osservando l'espressione stizzita e perplessa della ragazza.

«Ah… no.» ammise sconsolata Minjae.

«Te l’ho detto, è il mio sogno. C’è Jimin, che è il mio migliore amico, ci sei tu che non riesci a evitare di dire quello che pensi. E’ il mio sogno.» asserì Taehyung. Improvvisamente la risata starnazzante di Jimin invase l'aria silenziosa del luogo e in fondo alla corsia comparve il ragazzo biondo con ancora addosso la felpa macchiata. «Vedi?» indicò il ragazzo, che rideva in modo così felice che gli occhietti si erano ridotti in due minuscole mezze lune a causa delle guance morbide e gonfie. «L’ho pensato ed è tornato, era scomparso prima.»

«Io… io non capisco.» ammise Minjae, osservando il biondo. Si morse un labbro, infastidita. «Non ha senso… tutto questo non ha alcun senso. Perché sono nel tuo sogno e non nel mio? E perché continui a sognare me o… insomma perché continuiamo a incontrarci così?! Non è possibile una cosa del genere! E’ una bella storia, ma è impossibile.» la frustrazione le fece uscire la voce in un fastidioso verso gracchiante, come quello di una cornacchia. Tossì, col fastidio alla gola che non se ne andava e Taehyung le prese una mano, abbassandosi per guardarla in viso.

«Non mi interessa il perché. Ti sogno e mi piace, aspetto sempre di andare a dormire nella speranza di sognarti. Minjae, ti stai prendendo cura di te? Non è che ti sei ammalata?» le chiese sfiorandole la fronte, preoccupato. Le poggiò bene il palmo sulla fronte e Jimin li superò, continuando a galoppare allegro per le corsie. «Sei… fredda.» constatò sorpreso.

«E tu… tu sei caldo.» mormorò Minjae, talmente immersa nel calore di lui da ignorare quella domanda sul suo stato di salute. Il tocco di Taehyung era piacevole, così tanto che avrebbe voluto sfregarsi contro di lui e rimanere lì per molto tempo, abbandonata nel suo abbraccio. Allo stesso tempo era anche così imbarazzata che non capiva con che coraggio fosse ancora lì a lasciarsi toccare in un modo che per lei era così intimo.

«Non t… rla… jae… es… re qui!»

Una voce sconosciuta risuonò tra le corsie, troncando in modo brutale la musica di sottofondo a cui né Minjae, né Taehyung avevano dato alcuna importanza fino a quel momento. Era una voce maschile, disturbata e gracchiante come la trasmissione di una radio dalla scarsa ricezione. I due ragazzi alzarono lo sguardo, girandosi ognuno in una direzione diversa per riuscire a capire da dove provenisse. 

«...tana… ui. Min… iam… è il… tu… posto… sai.» di nuovo la voce risuonò. 

In fondo alla corsia, da entrambi i lati, era comparso l'uomo dai felini occhi di ghiaccio ed i capelli color platino. Il lungo cappotto di pelle nera sventolava gli attorno ai fianchi mentre incedeva verso di loro con passo deciso. Il rumore pesante degli stivali neri che sbattevano ritmicamente contro il gres del pavimento era disturbato e fuori tempo, leggermente in ritardo rispetto al movimento, così come le parole che aveva appena pronunciato.

«Di nuovo tu?! Ma cosa vuoi?» chiese Minjae in tono stridulo. Il fastidio alla gola era ancora più intenso e ora che l’uomo non era più un ologramma le faceva di nuovo paura.

«Si può sapere chi cazzo sei?» chiese Taehyung in tono decisamente ostile. Improvvisamente il suo battito cardiaco era schizzato a una velocità improbabile e sentiva la vena pulsare rapida sul collo, col cuore che batteva in modo così violento da fargli dolere il petto.

«… njae… tana… lui. Lo sa… detto… olte… non… uoi… re qui… biamo an… » continuò a parlare lo sconosciuto, ignorando del tutto la domanda di Taehyung. Si fermò a meno di un metro da loro e fissò Minjae con insistenza.

«Non lo so.» pigolò impaurita. 

Taehyung le si parò davanti e allargò le braccia per coprire in qualche modo entrambe le direzioni. Nascose la ragazza dietro la sua schiena, facendola addossare maggiormente allo scaffale. Non aveva modo di tenerla del tutto nascosta, dal momento che quel tizio inquietante era sia alla loro destra che alla loro sinistra,  poteva solo cercare di coprirla al meglio possibile. Minjae gli piazzò le piccole mani delicate sulle spalle e si aggrappò alla sua maglietta.

«Non so chi tu sia, ma devi smettere di seguirla.» ordinò, guardando un po' a sinistra e un po' a destra per tenere sotto controllo il tizio. L'uomo gli lanciò un'occhiata spazientita seguita da uno sbuffo e la sua bocca tornò a muoversi in fretta, muta.

«… ettere in… zo… jae non do… re qui… re co… dendo.Vie… obbia… dare… sto.» il suono arrivò con un ritardo di pochi secondi. L’uomo fissò insistentemente Minjae, decisamente spazientito, e le tese una mano in attesa che lei la afferrasse.

«Oppa! Oppa non voglio andare con lui! Non voglio!» esclamò Minjae con voce stridula, aggrappandosi al corpo solido di Taehyung, che le lanciò un'occhiata da oltre la spalla. Minjae lo guardava con i grandi occhi neri allargati e pieni di paura, vagamente lucidi. L'odore penetrante del disinfettante colpì le narici di entrambi e l'uomo fece un paio di passi avanti, riportando di scatto l'attenzione di Taehyung su di lui.

«...re così… pre… o… on ha… to te… o… Min… biamo and… »

«Non te la lascio portare via, non… non so nemmeno come trovarla e anche in quel caso no, non so chi sei e non mi interessa. Minjae sta con me.»Taehyung si spostò verso la copia alla sua sinistra. Gonfiò il petto e si impettì, alzandosi di qualche centimetro per apparire più alto nella speranza di intimorirlo. Con un ringhio gli diede un violento spintone che fece perdere l'equilibrio anche all'uomo alla sua destra, come se con quel gesto li avesse colpiti entrambi. Un gelo intenso gli colpì le mani, talmente freddo da fargliele bruciare come se le avesse immerse nella neve. Fece appena in tempo a sentire la voce di Minjae che urlava uno stridulo "Oppa" spaventato prima di aprire gli occhi al buio della sua camera da letto, con l’affanno che gli faceva alzare ed abbassare il petto a un ritmo serrato.





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Angolo Autrice

Uhm... gli incontri di Taehyung e Minjae continuano. Di nuovo sono nel sogno di lui, di nuovo il tizio strano che cerca di parlare con Minjae. Chi è? Cosa sta succedendo con esattezza? Siamo esattamente a metà della storia, come avevo detto è molto breve ma spero la stiate vivendo con intensità.
La musica è una costante nei sogni e c'è un motivo, anche se questa volta né Taehyung né Minjae sembrano riconoscere o anche solo ascoltare le canzoni che passano in sottofondo. 
Non vedo l'ora di leggere cosa ne pensate anche di questo capitolo! Tutte le cose meravigliose che mi scrivete mi lasciano sempre felice in un modo che non potete nemmeno immaginare quindi grazie, grazie mille.
ILYSM, BORAHE!
  
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