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Autore: DanzaNelFuoco    22/07/2021    1 recensioni
Marta Cabrera/Benoit Blanche
COW-T #11: Age gap
--- Adesso si ritrova a percorre quelle stanze vuote come un fantasma che abbia deciso di infestare quella villa nemmeno troppo antica, senza nemmeno poter muovere un piatto o spolverare un mobile perché quello è il compito della servitù - servitù che non le serve, ma Marta non può licenziare in tronco cameriere e valletti che conosce da anni solo perché è perfettamente in grado di passare l'aspirapolvere da sola.
Fissa lo schermo del cellulare, quello ancora rotto che non vuole cambiare, ma che dovrebbe almeno portare a riparare e si chiede che dovrebbe fare. Forse ha solo bisogno di un consiglio, uno che non venga da sua madre o da una persona che paga perché gli dica se sia meglio pagare la retta di Meg in assegno o bonifico circolare.
"Ho il presentimento che seguirà il suo cuore," erano state le ultime parole di commiato di Benoit Blanc e la ragazza non aveva smesso di pensarci da allora. Il suo cuore diceva una cosa molto stupida al momento.
Marta lo avrebbe seguito lo stesso.
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Benoit Blanc, Benoit Blanc, Marta Cabrera
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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COW-T #11 (week3, m1):  Age gap 

 

 - Mais ça va sans dire - 

 

Marta cammina avanti e indietro nei corridoi deserti della casa troppo grande, e i suoi passi rimbombano tetri. 

Non c’è nessuno in casa a parte lei, perché sua sorella è a scuola e sua madre si rifiuta di lasciare il lavoro anche se adesso hanno abbastanza soldi per potersi permettere di comprare l'intera villa dove va a fare le pulizie in nero per una miseria. 

Il punto è che forse Marta dovrebbe fare la stessa cosa, cercarsi un altro lavoro, anche se non ne ha più davvero bisogno, perché dopotutto lei la sua laurea in Infermieristica ha sudato per prendersela, e per di più non è esattamente tipo da starsene con le mani in mani. 

Solo che il suo nome adesso è sulle pagine di tutti i giornali e Marta non può certo andare di casa in casa a fare colloqui con gente che la riconosce come la ragazza a cui il vecchio Thromby ha lasciato tutto. Sa come funziona il mondo, cosa dicono le malelingue di lei, e sicuramente nessuno correrebbe il rischio di assumere una che 'va a letto con il nonno pur di farsi intestare la casa', no tante grazie, preferiscono tenersi stretti l'eredità. Così Marta non ha nemmeno tirato fuori il curriculum dal cassetto. 

Però adesso si ritrova a percorre quelle stanze vuote come un fantasma che abbia deciso di infestare quella villa nemmeno troppo antica, senza nemmeno poter muovere un piatto o spolverare un mobile perché quello è il compito della servitù - servitù che non le serve, non così tanta per lo meno, ma Marta non può licenziare in tronco cameriere e valletti che conosce da anni solo perché è perfettamente in grado di passare l'aspirapolvere da sola. 

Marta fissa lo schermo del cellulare, quello ancora rotto che non vuole cambiare, ma che dovrebbe almeno portare a riparare e si chiede che dovrebbe fare. Forse ha solo bisogno di un consiglio, uno che non venga da sua madre o da una persona che paga perché gli dica se sia meglio pagare la retta di Meg in assegno o bonifico circolare. 

"Ho il presentimento che seguirà il suo cuore," erano state le ultime parole di commiato di Benoit Blanc e la ragazza non aveva smesso di pensarci da allora. Il suo cuore diceva una cosa molto stupida al momento. 

Marta lo avrebbe seguito lo stesso. 

 

* * *

 

La pelle di Marta è coperta da una leggera patina di sudore e Benoit sente il sale sulla lingua e il profumo del sapone alla vaniglia nelle narici, mentre le bacia il collo. 

Benoit è sempre stato un uomo intelligente - ça va sans dire, in un ambiente lavorativo come il suo - per cui non gli dovrebbe essere così difficile capacitarsi di come sia finito in una situazione nel genere, a letto con una ragazza così giovane e bella, lui che oramai ha raggiunto la mezz’età e ha messo su quel filo di pancetta che lo declassa da ‘scapolo ricercato’ a ‘fuori dal mercato’- o almeno così credeva. 

Il corpo di Marta freme sotto il suo e la ragazza gli infila le mani tra i capelli, tirandolo verso di sé per poterlo baciare. 

Certo, alla mente gli vengono mille spiegazioni razionali, mille scenari, sporcati da un velo di cinismo che il detective riconosce come proprio, ma che stride in maniera evidente con la situazione. Benoit non è un uomo prono ad illudersi, sa perfettamente come funziona il mondo, ma Marta non è lì con lui per un mal riposto senso di gratitudine - per averle creduto, per non averla arrestata, per averla difesa da quel branco di avvoltoi pronti a spillare sangue.  

Per qualche strano motivo, Marta lo trova affascinante di per sé.

Aveva bussato alla sua porta senza nemmeno avere un’appuntamento - aveva soppiantato, per la verità, l’appuntamento delle dieci - e lui era stato talmente sorpreso dalla sua presenza che non aveva potuto fare altro, dopo aver aperto e chiuso la bocca come un pesce, che limitarsi a dire, “Lei non è il signor Hawthorne.” 

“No, non lo sono. Le ho già detto che lei è un po’ scarso come detective?” La ragazza gli aveva sorriso e Benoit aveva sorriso di riflesso, riportando alla mente la conversazione. 

“Sì, e io le ho detto che lei è un po’ scarsa come omicida.” 

Forse ci meritiamo a vicenda, le aveva anche detto, ma lì sulla soglia di casa sua, non era riuscito a ripeterlo. Avrebbe avuto un altro significato.

“Posso esserle utile in qualcosa?” aveva chiesto invece. 

“Le andrebbe di andare a prendere un caffè?” 

Benoit, da persona estremamente razionale qual era, aveva controllato l’orologio, visto che il signor Hawthorne sarebbe stato lì tra venti minuti e quindi prima di afferrare il cappotto con un ‘aveva in mente un posto in particolare?’ e chiudersi la porta alle spalle, si era preso il tempo per disdire. 

Per cause di forza maggiore mi trovo a dover rimandare il nostro appuntamento. Le telefonerò non appena possibile per fissare un’altra data.  

Cause di forza maggiore. 

Marta. 

Marta che sospira e si stringe a lui, chiude le gambe intorno alla sua vita e Benoit vorrebbe tanto non sentirsi di nuovo un adolescente alle prime armi quando le sue mani incespicano sul gancetto del reggiseno. 

La ragazza sbuffa divertita, si solleva sui gomiti quel tanto che basta per infilare le mani dietro la schiena e aiutarlo, con la disinvolta pratica di chi compie quel gesto tutti i giorni. 

“Mi dispiace,” Benoit distoglie lo sguardo, inadeguato ecco come si sente, perché per quanto lo voglia non è sicuro che sia giusto che lui sia lì, ma Marta gli prende il volto tra le mani e lo obbliga a guardarla. 

“Non fa niente,” sorride e Benoit sa che non gli sta rifilando la solita frase di cortesia, già rimpiangendo di averlo invitato a salire e sperando che si levi di torno il più in fretta possibile. È costretto a credere che Marta lo voglia davvero lì, anche se non ha senso, anche se potrebbe avere chiunque altro, perché Marta non può mentire. 

Le sue dita agganciano la spallina e la fanno scivolare giù, le accarezzano il braccio, la spalla, percorrono lievi la linea della clavicola e il fiato di Marta le si spezza in gola, l’anticipazione nei suoi occhi. Benoit sfiora il livido violaceo sul suo petto, all’altezza del cuore, dove il coltello di scena l’ha colpita, nel punto in cui Ransom avrebbe piantato una lama se solo la lama non fosse stata creata per cedere alla pressione. Ci vuole una certa forza per conficcare un pugnale attraverso pelle e muscoli, fasci di connettivo e vasi sanguini, per raggiungere il cuore - o, più facilmente, un polmone, - una certa forza che ha lasciato un’impronta scura di capillari rotti, della stessa dimensione e forma dell’elsa. 

“Avresti potuto morire,” gli cade dalle labbra senza che nemmeno se ne sia accorto.

“Ma sono qui.” 

“E io?” 

“Cosa?”

“Perché sono qui, io?” 

“Preferiresti essere da un’altra parte?” 

“Marta…” 

“Sei l’unica persona che mi ha guardato e non ha visto quello che voleva vedere.”

“È il mio lavoro.” 

“Allora lo fai dannatamente bene.” 

Marta lo bacia ancora e ci riesce, sì che ci riesce a fargli dimenticare quanti anni abbiano, quanto sia inappropriato prima del processo, anche se hanno le prove e una confessione, ma non dovrebbero comunque compromettersi così. 

Marta lo stringe contro di sé e non lo lascia andare e “Avrei potuto morire,” dice alla fine, quando le lenzuola sono stropicciate e le coperte si appiccicano alla loro pelle e Benoit comincia a chiedersi se dovrebbe alzarsi, rivestirsi e andarsene o se può sperare… 

“Ma sei qui.” 

“E sono viva. Tu mi fai sentire così dannatamente viva…” la sua voce si spegne, non dà seguito ai pensieri che le frullano in testa. 

Benoit rimane in silenzio, la lascia riflettere, perché non ha diritto a nulla. 

“Mi spaventa tutto questo, Benoit,” e lui cerca di non concentrarsi sul suo nome, su come il suono esca dalle sue labbra, sul fatto che sia la prima volta che lei lo chiama così, al di fuori dell’impeto della passione. “È troppa responsabilità, io sono solo un’infermiera.”

“E non hai fatto nulla per meritarti tutto questo. È questo che pensi, giusto?” 

“Sì.” 

“Magari è vero. Ma nemmeno i Thromby.” 

“Non dovresti dirmi che mi sbaglio?” 

“Servirebbe?” 

Marta mette il broncio - dura qualche istante, perché lei non può mentire nemmeno con il corpo,  prima che lei scoppi a ridere, “No. No, hai ragione.” 

“Come sempre.” 

“Modesto.” 

“Ti piaccio così,” Benoit dice e poi trattiene il fiato, aspettando una risposta - una negazione. 

“Già,” Marta gli passa una mano tra i serici capelli biondi, “Adesso dovresti crederci pure tu.”

“Forse ho bisogno solo di essere convinto un po’ di più.” 

Marta solleva un sopracciglio, “Io ho l’agenda libera, Detective Blanc. Pensa di poter trovare un po’ di tempo per farmi perorare la mia causa?” 

Benoit è sempre stato un uomo intelligente - abbastanza da sapere che non sempre gli esseri umani sono razionali, che non sempre scelgono la cosa più giusta e Marta sarà pure giovane, tanto giovane, ma è pur sempre un’adulta e se lei ha deciso che Benoit, per qualche oscura ragione, vada bene, lui non è proprio nessuno per decidere al posto suo. 

Mais ça va sans dire.” 


 

(“No tengo la mas minima idea de lo que dijiste,” Marta gli risponde e sì, d’accordo, touché. Dopotutto lui non ha mai detto che le proprie di ragioni fossero oscure.) 

  
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