Settima parte
Here I am (Here I am)
Will you send me an angel?
Here I am (Here I am)
In the land of the morning star
Wise man said just raise your hand
And reach out for the spell
Find the door to the promised land
Just believe in yourself…
(“Send me an angel” – Scorpions)
Edward era ancora
smarrito, spaventato e disorientato dopo tutto quello che gli era capitato quel
giorno, ma nell’abbraccio avvolgente e protettivo di Erik che continuava a
stringerlo e a baciarlo si sentì finalmente meglio, come se fosse tornato a
casa. L’uomo lo accarezzava e lo baciava come se non ci fosse un domani, tanto
era felice e sollevato di averlo di nuovo tra le braccia sano e salvo. Riuscì a
fatica a staccarsi da lui quel tanto che bastava per spiegargli a grandi linee
la situazione…
“Perdonami, Teddy, lo
so che hai avuto paura e mi dispiace tantissimo che tu sia finito quaggiù e ti
sia graffiato” gli disse piano, sempre tenendolo abbracciato. “Purtroppo la
Regina e le sue guardie sono arrivate all’improvviso alla tenuta di Sir Richard
e io, a quel punto, non potevo più venire da te perché lei mi avrebbe fatto
seguire e così ti avrebbero trovato. Ero preoccupato, non facevo altro che
pensare a te, ma non potevo raggiungerti senza metterti in pericolo. Non ti ho
abbandonato, non lo farei mai, io ti amo, non c’è niente e nessuno più
importante di te al mondo!”
Erik aveva veramente
avuto paura di perdere il suo prezioso ragazzino e adesso si lasciava andare,
rivelando con veemenza e passione i suoi veri sentimenti per lui.
Edward rimase
perplesso e lo fissò.
“Davvero mi ami?
Davvero sono così importante per te? Io… nessuno mi ha mai detto cose del
genere, pensavo di non contare così tanto” mormorò, sinceramente stupito.
“Certo che ti amo! Ti
ho amato da sempre, dalle primissime volte in cui scortavo tua sorella a farti
visita alla Torre, e ti amo ancora di più adesso che ho il privilegio di
viverti accanto, ti amo ogni giorno di più” insisté Erik, che a quanto pareva
si era tenuto dentro fin troppo tutto ciò che provava e adesso era come un
fiume in piena.
Edward aveva la
tipica espressione di qualcuno che sta pensando e io adesso cosa dovrei dire? Cosa ci si aspetta da me come risposta?
In realtà la sua confusione derivava dal fatto che non aveva la benché minima
esperienza di sentimenti e relazioni, non sapeva neanche lui che cosa provasse
per Erik. Stava riflettendo sul fatto che le parole dell’uomo lo facevano
sentire bene, lo rendevano felice e appagato e gli accendevano un calore
insolito dentro, nel cuore e anche nella pancia… ma non sapeva che cosa potesse
significare!
Finalmente Erik
sembrò riacquistare un minimo di controllo, riuscì a staccarsi da Edward e
iniziò a rendersi conto che doveva riportare a casa il ragazzo prima che
scendesse la sera.
“Beh, comunque non
vorremo stare a parlare di cose del genere in fondo a questa scarpata, no?”
fece, con un sorrisetto. “Adesso ascoltami bene, Edward: io devo tornare di
corsa al cottage per prendere una corda, poi mi calerò giù e ti porterò in
salvo. So che non ce la puoi fare ad arrampicarti fino in cima, ma non devi
preoccupartene perché penserò a tutto io.”
Il giovane sgranò gli
occhi, di nuovo sconcertato.
“Come? Mi lasci qui
di nuovo da solo?” esclamò. “No, non lasciarmi, non lasciarmi!”
Erik aveva il cuore a
pezzi, ma era necessario che andasse a prendere la corda il prima possibile,
non poteva cedere alle paure di Edward. Gli prese il volto tra le mani e lo
baciò di nuovo.
“Teddy, io non ti
lascio, vado solo a prendere la corda per salvarti” gli spiegò con dolcezza tra
un bacio e l’altro. “Tornerò prestissimo da te. Anzi, facciamo così: tu inizia
a contare lentamente fino a cento e vedrai che, prima che tu abbia finito, sarò
di nuovo qui. Va bene? Dai, comincia: uno… due … tre…”
Gli diede un ultimo
bacio e poi, rapido e disinvolto, si arrampicò fino in cima alla scarpata
mentre il ragazzo continuava a contare con una vocina sottile sottile.
“Quattro… cinque…
sei…” e intanto si guardava intorno smarrito e spaventato. Senza Erik gli
sembrava che il luogo fosse diventato più freddo, più scuro e che strane ombre
si muovessero dietro i cespugli.
Erik fece di corsa
tutta la strada fino al cottage dove si procurò una corda e poi tornò indietro,
sempre a tutta velocità, ansioso di avere di nuovo tra le braccia Edward, di
vederlo finalmente tranquillo, di sentirlo tiepido e morbido nel suo abbraccio.
“Ottantasei…
ottantasette… ottantotto…” sentì contare quando raggiunse nuovamente la
scarpata.
“Teddy, sono qui, sto
assicurando la corda al tronco di un albero e poi mi calerò giù per venire a
prenderti” gli disse. “Hai visto che sono riuscito a tornare prima che tu
arrivassi a cento?”
Edward sembrò subito
molto sollevato. Erik era di nuovo lì per lui e quindi tutto sarebbe andato
bene, adesso ne era sicuro.
Fu un po’ meno sicuro
quando si trattò di risalire lungo la scarpata…
“Io non ce la posso
fare, Erik, non ce la faccio!” sospirò.
“Ma tu non devi fare
niente” gli rispose con tenerezza l’uomo. “Sali sulle mie spalle e tieniti
forte, sarò io ad arrampicarmi, proprio come abbiamo fatto la notte in cui sono
venuto a salvarti dalla Torre di Londra, te lo ricordi?”
Edward sorrise
dolcemente a quel pensiero e si aggrappò a Erik.
“Non me lo
dimenticherò mai, per me è stata la notte in cui ti ho conosciuto” mormorò,
emozionato senza sapere bene perché. Ma, in qualche modo, nella sua mente il
fatto di aver conosciuto Erik era diventato infinitamente più importante anche
di essere stato liberato da quella squallida e tetra prigione!
Mentre si arrampicava
appigliandosi alla corda, Erik usò lo stesso stratagemma che aveva già
sperimentato la notte del salvataggio del ragazzo e gli parlò per distrarlo.
“Le Guardie Reali non
hanno trovato niente e la Regina è ripartita sconfitta” disse. “Questo
significa che per un po’ di tempo, almeno, non ci saranno più brutte sorprese
come oggi. Lei continua a sospettare che Sir Richard e tua sorella abbiano
complottato per liberare te e il Principe Richard, tuttavia sa anche che non
siete qui e probabilmente vi farà cercare altrove, forse in Scozia.”
“Non verrà più a
cercarmi qui?” domandò Edward, che non riusciva a crederci.
“Ha già fatto
abbastanza figuracce, non ti pare? Così finalmente saremo al sicuro e Lady
Margaret potrà venire qui a farti visita e tu andare da lei… anzi, se lo
desideri potrai anche andare a vivere con lei nella tenuta di Sir Richard.”
Il giovane tacque,
riflettendo sulle parole di Erik… e tanto bastò perché l’uomo concludesse
l’arrampicata e raggiungesse il sentiero. Anche questa volta era riuscito a
distogliere il pensiero di Edward dalla preoccupazione e i timori per la
risalita dalla scarpata!
Quando furono
entrambi sani e salvi sul sentiero e iniziarono a percorrerlo per tornare al
cottage, tuttavia, il ragazzo parlò di nuovo.
“Senti, Erik, io…
sono molto felice di poter rivedere Maggie, di poterla andare finalmente a
trovare e che lei venga da me, però… insomma, ti avevo già detto che non voglio
andare a vivere con lei e la sua famiglia, quella non è la mia casa, è la casa
di Sir Richard” disse. “Io voglio rimanere a vivere con te e tu avevi detto che
mi ami e che sono importante per te, quindi… perché vuoi mandarmi via?”
Erik si bloccò,
sbigottito. Era dunque questo che pensava Edward? Aveva frainteso, credeva che
fosse lui a non volerlo con sé?
Possibile? Lo prese per le spalle e lo fece voltare verso di sé, avvicinandosi
a lui.
“Ma no, non hai
capito quello che volevo dire” cercò di spiegare. “Non sono io che voglio
mandarti via, anzi, io ti amo e farei di tutto per te. E’ proprio per questo
che voglio che tu sia felice e che possa veramente decidere in libertà quello
che vuoi fare. Nessuno dovrà più condizionarti, d’ora in poi. Io sarei
felicissimo se volessi restare con me, però so anche che non sono degno di
starti accanto, tu sei di sangue reale, sei l’erede al trono, l’ultimo dei
Plantagenet e meriti di vivere in un bel palazzo, con persone del tuo rango.”
Edward adesso era
davvero allibito. Era questo che pensava Erik? Di non meritarlo? Ma come
poteva? Era l’uomo che gli aveva salvato la vita, il suo eroe, il suo punto di
riferimento, la persona che voleva accanto per tutta la vita… insomma, diciamo
che il giovane vedeva Erik come i bambini di oggi vedono i supereroi!
“Ma dai, Erik, sul
serio? Pensi veramente che io faccia caso a queste cose, il sangue reale e i
Plantagenet e gli York e tutta questa faccenda? Ne ho già avuti abbastanza di
guai in tutta la vita per colpa del mio nome e del mio lignaggio, non m’importa
niente del trono e anzi non voglio nemmeno più i miei titoli, non contano
niente. Io voglio solo essere Teddy e stare con te perché sei tu che mi rendi
felice!” replicò semplicemente il ragazzo, anticipando con disinvoltura e
innocenza secoli di lotte per l’uguaglianza sociale e i diritti civili in una
sola frase! Forse avrebbe dovuto davvero diventare Re e portare una ventata di
novità nell’austera Corte inglese…
Ma non era quello che
voleva. Lui voleva Erik, anche se non sapeva ancora fino a che punto… e l’uomo
se ne rese conto. Lo prese tra le braccia e lo baciò a lungo, stringendolo tra
le braccia, quasi sollevandolo da terra, per dimostrargli che non voleva certo
mandarlo via ma che, anzi, lo amava tantissimo e lo voleva per sempre accanto.
“Allora potrai
restare con me finché vorrai, Teddy, perché io non desidero altro” gli disse.
“Sappi, però, che sei libero di cambiare idea in qualsiasi momento.”
Insomma, alla fine i
due riuscirono a tornare al cottage, nonostante le frequenti fermate. Joseph e Annie furono
felicissimi di rivedere Edward, la domestica aveva preparato l’acqua per il
bagno e una bella cena per entrambi e aveva già sistemato la sua stanza com’era
prima che i soldati venissero a perquisire il cottage. Dopo essersi lavati,
riposati e aver mangiato, Erik accompagnò Edward in camera per controllare le
sue ferite e, per fortuna, trovò che si trattava solo di qualche graffio
superficiale che si stava già rimarginando e qualche livido che sarebbe sparito
in pochi giorni.
Si era fatto tardi e
Erik non sapeva bene cosa fare. Ormai da tempo era abituato a dormire con
Edward perché il ragazzo voleva così, ma quella sera era strana, diversa…
quello che si erano detti quel giorno aleggiava ancora nella stanza e creava
una tensione che non c’era le altre volte.
Edward, però, non aveva
tante incertezze.
“Allora, vieni a
dormire, Erik?” gli chiese.
“Eh… sì, arrivo”
rispose l’uomo, pensando che forse prima avrebbe dovuto andare a mettere la
testa sotto un getto di acqua gelata. Non era tanto sicuro di riuscire a
mantenere un contegno decoroso quella notte, non dopo che Edward gli aveva
candidamente rivelato di voler stare sempre con lui, di essere felice solo con
lui e tutte quelle cose! “Stavo pensando che… ecco, probabilmente Sir Richard e
Lady Margaret verranno qui domani, visto che non c’è più il rischio che la
Regina mandi qualcuno a sorvegliarli, e può essere che tua sorella ti chieda
quando andrai a vivere con loro.”
Mentre parlava, Erik
si era preparato per la notte e si era disteso nel letto accanto al giovane.
“Benissimo, sono
felice di rivedere finalmente Maggie!” esclamò Edward, entusiasta. A quanto
pareva, lui non si poneva problemi al riguardo. “Beh, se me lo chiederà le dirò
la verità, no? Cos’altro dovrei dirle?”
“Cioè, tu le dirai…
cosa, esattamente?”
“Ma è semplice, le
dirò che voglio vivere con te!” replicò trionfante il ragazzo. “Le spiegherò
che tu mi ami e che anch’io penso che mi sto innamorando di te e che voglio
avere la mia casa e la mia famiglia con te, come lei ha la sua con Sir
Richard!”
Ecco,
e a tua sorella verrà un colpo, pensò Erik.
“Sì, ecco, credo che
forse… magari potresti essere un tantino meno diretto, non so, potrebbe turbarsi…” fece l’uomo, figurandosi già
la scena apocalittica che ne sarebbe seguita.
“Lo so, potrebbe
dispiacersi, è da tanto che aspetta il momento in cui potremo vivere insieme”
rifletté Edward, senza cogliere il nocciolo del problema. “Ma io le dirò che
non è che le voglio meno bene per questo, io sono contento che siamo vicini e
che possiamo vederci tutti i giorni, però lei ha la sua famiglia adesso e io ho
te e quindi…”
In tutto quel
discorso molto carino e logico ma che chiaramente non teneva in gran conto il
fatto che Maggie sarebbe rimasta sconvolta nel sapere che il suo fratellino
voleva avere una famiglia con il
Capitano delle Guardie di Sir Richard, Erik tuttavia colse alcune piccole frasi
che riaccesero in lui speranza, emozione e diverse altre cose… io ho te, mi sto innamorando di te…
Davvero Edward provava quei sentimenti per lui?
“Beh… ci penseremo a quello
che dirai a tua sorella, però… Edward, sii sincero con me, pensi veramente che
ti stai… insomma, innamorando? Non è
che lo dici solo per farmi contento?”
“Non mi è mai
successo prima e quindi non posso saperlo con certezza, però so che voglio
stare con te, che quando sei vicino a me sono felice e emozionato e mi batte il
cuore fortissimo e mi sento strano, come se avessi un calore dentro e… penso
che funzioni così, no?” rispose il giovane con la più tenera ingenuità di
questo mondo, ma anche con una certa chiarezza di idee.
Erik non ce la faceva
più. Strinse tra le braccia il ragazzo e lo baciò ancora e ancora, un bacio
lento, intenso, incredibile, che parve disintegrare il tempo e lo spazio. Aveva
avuto tanta paura di perdere il suo preziosissimo ragazzino, quel giorno, e ora
voleva sentirlo, sentire tutto di lui, il suo tepore, la sua pelle morbida, lo
accarezzava e lo toccava e era ovunque, delicato e premuroso ma anche
incalzante finché… non si accorse di quello che stava facendo e, con uno sforzo
erculeo, si fermò.
“Teddy, scusami, io…
ho esagerato, mi sono lasciato andare, non volevo…” mormorò, con la voce roca e
spezzata.
Edward, però, non si
era spaventato, al contrario aveva accolto tutti gli approcci di Erik come se
quello che stava accadendo fosse naturale, inevitabile anzi. Con gli occhi
scintillanti come due stelle, le guance arrossate per l’eccitazione e i capelli
scompigliati si strinse e si affidò completamente a lui.
“Puoi continuare,
Erik” sospirò. “Io non so cosa… ma voglio che continui…”
Cosa poteva fare quel
pover’uomo di fronte a un invito così esplicito, per quanto ingenuo?
“Va bene, però se c’è
qualcosa che non va, che ti spaventa, che ti mette a disagio, che non ti piace
per qualsiasi motivo dimmelo subito e io mi fermerò. Hai capito?”
La risposta del
giovane fu un abbraccio dolcissimo e tenero in cui fece di tutto per aderire il
più possibile al corpo di Erik… e l’uomo poté solo proseguire, baciandolo
ancora e ancora, accarezzandolo dappertutto, imparando a conoscere ogni
millimetro del suo corpo e trattandolo con premura e attenzione infinite, come
se Edward fosse fatto di cristallo preziosissimo e lui temesse di romperlo in
qualche modo. Lo baciò profondamente e disperatamente, mentre le sue mani
scorrevano lungo la sua schiena, i suoi fianchi, le sue gambe e poi perse quel
poco di autocontrollo che gli rimaneva e scivolò piano, lentissimamente, in
lui. Lo sentì gemere leggermente, un lieve lamento e allora si fermò, pronto a
lasciar perdere tutto se Edward gli avesse detto di smettere… ma Edward non
aveva la minima intenzione di dirgli di smettere. Era vero, c’era stato un po’
di dolore ma già sembrava un’inezia rispetto all’ondata di emozioni e
sensazioni che lo stavano travolgendo e di cui non intendeva assolutamente
privarsi. Così Erik andò avanti, sempre mettendo la massima delicatezza e
tenerezza in ogni gesto e movimento, e Edward fu al di là della ragione, al di
là delle parole e di concetti comprensibili, non sapeva più nulla e non c’era
più nulla se non Erik che lo faceva sentire così e lui che lo accoglieva con la
tenerezza di un ragazzo innocente e innamorato, donandogli tutto se stesso
senza se e senza ma. Niente importava più, niente era paragonabile a quello che
Edward provava in quei momenti che diventavano minuti e poi un’eternità e poi
nemmeno un istante, moriva e ritornava in vita nello spazio di un respiro, di
un ansito, e si chiedeva se sarebbe andato a fuoco o se il mondo sarebbe
esploso intorno a lui ma non gli interessava, bastava che ci fossero lui e
Erik. I corpi si strinsero, danzarono insieme, i cuori collassarono, l’intero
pianeta precipitò vorticando nell’oblio e le stelle salirono in cielo e
illuminarono la stanza e le loro anime e fu tutto e fu l’eternità.
Tenendo il giovane
Conte stretto a sé, Erik si preoccupò subito di sapere come stava non appena
ebbe ritrovato un minimo di lucidità.
“Teddy, stai bene?”
gli chiese, accarezzandogli il viso e i capelli.
“Io… credo di non
essere mai stato meglio di così” sospirò Edward, che riusciva appena a
respirare ed era ancora incredulo e trasognato. “Non immaginavo nemmeno che
esistesse una cosa del genere e sono contento perché adesso ti appartengo
davvero, la mia vita è tua…”
“Ho sognato per tanto
tempo di averti qui con me e ancora non ci credo del tutto” sussurrò Erik con
voce dolce e sommessa, continuando ad accarezzare teneramente Edward come se
fosse una statuina di porcellana. “Ti amo tanto, Teddy, sei così dolce e
meraviglioso che non so come faccio a meritarti.”
Il sorriso di Edward
era così immenso che sembrava illuminarlo tutto.
“Ti amo anch’io”
mormorò, rendendosi finalmente più consapevole dei suoi sentimenti e di quello
che aveva sentito dentro fin dal primo istante in cui aveva parlato con Erik
nella prigione della Torre di Londra. “Tu mi hai riportato alla vita e non solo
perché mi hai salvato… questa vita io non me la sarei potuta immaginare neanche
tra mille anni!”
Felice, Erik baciò di
nuovo il suo prezioso, dolcissimo Teddy e lo tenne abbracciato, al sicuro nel
cerchio protettivo delle sue braccia, finché non caddero entrambi in un sonno
sereno e tranquillo.
Prima di addormentarsi,
tuttavia, un vago pensiero si agitò inquieto nella mente dell’uomo.
Santo
cielo, speriamo che domani a Teddy non venga in mente di raccontare anche tutto
questo a sua sorella!
Eh, sì, il fatto che
Edward fosse tanto innocente, trasparente e privo di malizia a volte poteva
anche mettere in serio imbarazzo la gente!
Fine settima parte