(The Deathly Hallow –
Chapter 23)
Una
voce – sussurrata - nella mente, sottile ma tagliente come
gli spifferi della prigione
marcia del Molfoy Manor, «Peter…»
Deglutì,
si paralizzò – un attimo –
tornò a guardare, di nuovo: occhi verdi, occhi miopi
foderati da occhiali scuri; capelli intricati, ribelli, conosciuti.
Fa
la cosa giusta. Un debito di sangue. Un
debito di vita.
Secondi
che scorrono come acqua tra le dita; pochi istanti per decidere della
propria
anima, ma il coraggio – ambizione di molti –
è roba da pochi.
Un
sospiro, fievole, uno solo, uno, e le dita si sciolgono lentamente per
attentare al proprio padrone.
E’
freddo, l’argento.
Non
se n’era mai reso conto, abbagliato dal suo splendore; ed
è pesante, lì sul
cuore intossicato.
Occhi
verdi si sbarrano – sconvolti – sul corpo che
gocciola vita; le mani tremano ma
la voce non ha parole da sprecare per quello spettacolo così
giusto.
La
Morte non è davvero così brutta come credeva.
Ha
dilapidato la sua vita ad evitarla ed essa lo ha consumato fin dentro
le ossa.
Ha
scavato, con fredda razionalità, e ha trovato.
Espiazione
o forse un’ennesima bugia.
Beh
questa è una sorta di nonsense-introspettiva-centric di
Peter aka Codaliscia e
infame di professione.
Settimo
libro. Sentenza: morte per sopravvivenza di scintilla umana.
La
voce è probabilmente quella di James; probabilmente,
perché può esser vista
anche come un qualcosa di indefinibile, che riporta Peter al passato,
alla vera
vita.
“Dita
gelide della morte”: Peter è già morto,
ormai. Da quando li ha traditi tutti,
da quando li ha venduti. Era già morto ma non lo sapeva,
ecco perché non è
brutta come credeva.
Perché
– in quel momento – ha deciso lui, è
stato il padrone; per l’ultima volta.