Ricordati di me
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Capitolo 22
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Marinette sospirò e con estrema decisione
tirò la maniglia della porta.
Si ritrovò
d’un tratto in camera sua e con un suo alter ego alquanto spaventato, nascosto
dietro la chaise long mentre lanciava le prime cose che le capitavano a tiro:
libri, penne, matite, album da disegno.
“AHHHH…cos’è
un topo, un topo insetto?? Qualcuno mi aiuti”
“No, no, non
urlare. Io sono Tikki, la kwami
della creazione.”
Chat Noir
non poté fare a meno di ridere a quella scena che si era presentata molto
diversa rispetto alla sua di quando aveva visto Plagg
la prima volta, ma perfettamente in linea con i canoni di Marinette.
“Non sei
stata molto coraggiosa.” La schernì sogghignando, difficile trattenere l’ennesima
risata.
“E smettila
di ridere.” Incalzò irritata tirandogli un pugno in testa facendogli abbassare
le orecchie nere.
Quello era
un momento importante per lei e Chat Noir lo stava rovinando.
“Scusami…”
“Io sono Tikki, il tuo kwami…ti basterà
dire trasformami per essere Lady Bug.”
“Tikki…” Sussurrò Marinette mentre
una lacrima le rigava il volto e un’altra sfera luminosa andava ad aggiungersi
alle altre.
Chat Noir le
mise le braccia attorno al collo “Plagg manca molto
anche a me sai…e mi manca essere Chat Noir, mi mancano le nostre avventure.” Le
sussurrò dolcemente cercando in qualche modo di consolarla.
Marinette non disse nulla, ma si chiuse in un
abbraccio ancora più stretto bagnando la tuta nera del suo partner.
“Scusa!” Gli
disse asciugandola alla meno peggio con una mano, fortunatamente era
impermeabile e quindi le lacrime evaporarono quasi subito.
Poi
d’improvviso iniziò a cadere la pioggia e a bagnare i loro volti.
“Ricordo
questo giorno…il mio primo giorno di scuola!” Mormorò Chat Noir osservando la
scena davanti a lui.
Aveva voglia
di andarsene da lì, quello infondo era un ricordo intimo e personale di Marinette che riguardava lui, soprattutto perché, e non si
sa precisamente per quale motivo, ma i sentimenti che stava provando la ragazza
in quel momento si erano trasferiti all’interno del suo cuore.
Poteva
sentire tutto il suo imbarazzo, quel muscolo che le batteva forte dentro il
petto, le guance arrossarsi in maniera vistosa mentre gli passava
quell’ombrello.
“Wow!”
Esclamò.
“Cosa?” Fece
lei di rimando arrossendo quando quel momento venne impresso nella sua mente e
il suo cuore iniziò ad accelerare i battiti.
Marinette d’istinto abbassò lo sguardo, ma
ormai erano una coppia a tutti gli effetti, quel momento di leggero imbarazzo
che provava era totalmente fuori luogo.
“L’ho
sentito!” Mormorò portandosi una mano sul petto.
“Cosa?” Ripetè nuovamente.
“Il tuo
amore per me.” Le sorrise baciandola, venendo poi catapultati fuori da quella
porta sospinti dal vento che li aveva investiti.
*
Chat Noir si
rabbuiò quando staccò le labbra da quelle calde e morbide di Marinette.
“Sei strano,
chaton, stai bene?”
“Credo di
sì, ma non credo continuerò ad entrare con te.”
Marinette rimase per qualche secondo
interdetta con comprendendo il senso di quelle parole, forse avendo assistito a
quella scena patetica stava facendo marcia indietro sul loro rapporto.
Ma che stava
pensando? C’era anche lui e se la ricordava benissimo, quindi era praticamente
impossibile che stesse pensando a quello.
“Perché?”
Gli domandò comprensiva.
“Perché
ho…ho sentito…il tuo cuore, milady”
Marinette continuava a non capire “Spiegati
meglio.”
“Quello che
intendo dire è che ho sentito tutto l’amore che provi per me, e…non l’ho
trovato giusto…è come se mi avessi trasferito quelle sensazioni, non so come
spiegare. Mi è sembrato di essere un ladro.”
“Chaton, c’eri anche tu, non hai rubato proprio
niente…sei sicuro che non avessi provato la stessa cosa quel giorno e non te ne
eri nemmeno accorto?” Azzardò quell’ipotesi.
Chat Noir
pensò che forse Marinette aveva ragione, del resto in
quella giornata lui si era innamorato di lei nella sua versione da super
eroina, magari il fato gli ha giocato uno scherzo rendendosi conto che era
sempre stato innamorato di lei, solo che era stato troppo cieco per vederlo.
*
Marinette passò di porta in porta e ogni
volta che il blocco di cemento spariva una sfera di luce entrava nella
lanterna.
Si trattava
di ricordi legati alla sua vita scolastica nei primi mesi, di qualche uscita
con le amiche del cuore e di qualche confidenza rivelata alla sua migliore
amica Alya, e queste in particolare riguardavano Adrien.
Quanto aveva
sofferto non potendogli rivelare il suo amore a causa della sua goffaggine e
dovuto soprattutto dalla sua vita da super eroina.
Si era
persino iscritta al suo stesso corso di scherma per stargli più vicino, ma si
era rivelato un enorme buco nell’acqua visto che aveva poi lasciato il posto a Kagami.
Quei mesi si
erano rivelati piuttosto intensi, ma in compenso aveva guadagnato un amico in
più, un partner, una persona su cui contare: Chat Noir.
Lo stesso
Chat Noir che l’attendeva puntuale al di fuori e sempre pronto a tenderle la
mano aiutandola a scendere dallo scalino.
Marinette passò alla prossima porta sempre
uguale alla precedente.
“Sei sicuro
che non vuoi entrare?” Gli chiese al suo compagno che se ne stava dietro di lei
e che non stava muovendo un passo.
“Sono
ricordi tuoi, Marinette. E’
giusto così.”
“D’accordo…ma
non sarà la stessa cosa senza di te.” Ammiccò.
“Io ti
aspetto qui! Come sempre.”
Marinette annuì con il capo prima che l’uscio
marrone si chiudesse dietro di lei e si ritrovasse investita da una folla
impazzita, per fortuna non poteva farsi male, altrimenti ora avrebbe un enorme livido
sul posteriore.
“Adrieeeeen!!” Urlava un ragazzo impazzito con in mano una
sua gigantografia.
“E’ nella
fontana con una ragazza!” Gli indicò un passante.
Marinette vide lei e Adrien correre via mano
nella mano, che bel momento e soprattutto che imbarazzo! Indossava un pigiama e
le sue foto sarebbero state pubblicate sui principali social network alla mercè
di tutti.
Voleva
sparire all’istante, ma non vedeva nessuna porta che l’avrebbe condotta fuori
da quella spiacevole situazione, poco importava se non lo avesse custodito come
ricordo, certe figuracce meglio dimenticarle.
Troppo
tardi.
Man mano che
la sua permanenza aumentava e più in lei scorrevano le immagini di quella
giornata.
Non del
tutto imbarazzante…o forse si…lei e Adrien al cinema,
in pigiama, con un asciugamano in testa e gli occhialini da piscina, ma anche
lui non era stato da meno quel casco da moto in testa.
Sorrise
divertita.
Peccato che
Papillon avesse deciso di colpire anche quel giorno, sarebbe stato un
bellissimo primo appuntamento improvvisato nonostante tutto, del resto lei
aveva anche salvato Adrien dalle grinfie della guardia del corpo.
Uscì poco
dopo da lì sospirando di gioia e ridendo come una pazza.
“Milady
sono felice che tu abbia ricordato un episodio divertente.”
“Già…ahahaha…io e te al cinema…ahahah…”
“AHHH!
Quella volta che sono scappato di casa per andare a vedere il film di mia
madre…”
“Mi spiace
che siamo stati interrotti! Tu ci tenevi tanto a vederlo” Disse abbassando un
labbro addolorata.
“Tranquilla!
Anzi non smetterò mai di ringraziarti per quel pomeriggio, anche se non abbiamo
visto il film mi ha fatto piacere almeno provarci con te.”
Marinette lo guardò stranito “Ci-cioè quel
pomeriggio ci avevi provato con me? E io non me n’ero accorta?”
Chat Noir
mise le mani avanti “N-no..non
ci ho provato con te in quel senso…intendevo che ho provato ad andare al
cinema.”
“Ah…ok!”
Rispose spicciola alla sua spiegazione.
“E poi…alla
fine il film lo avevo visto con mio padre quella sera stessa quando il gorilla
mi riaccompagnò a casa.”
“Ne sono
felice, almeno hai passato una serata diversa.”
“Si, ed è
stata la prima volta dopo molto tempo che passavo del tempo con mio padre.”
*
Marinette si sedette sullo scalino della
prossima porta che le metteva un’ansia tremenda addosso, probabilmente dietro
di essa si nascondeva qualcosa di brutto ed insidioso, ma nonostante la sua
voglia di continuare a salire le scale lasciandosi alle spalle quel ricordo,
Chat Noir insisteva perché l’aprisse.
Lui non
poteva farlo, esperienza insegna.
“Prima o poi
dovrai farlo” Le disse sedendosi accanto a lui.
“Lo so…ma
non mi va di assistere a qualcosa di spiacevole.” Marinette
sbuffò portandosi le mani al volto dopo aver appoggiato i gomiti sulle
ginocchia.
“Episodi
negativi ci fanno crescere come quelli positivi, non saresti la splendida
persona che sei senza quelli.”
Sapeva
sempre trovare la parola giusta in ogni occasione, l’amava anche per quello.
“Già…” Ma
non le andava di soffrire, ne aveva aperte anche fin troppe di porte tristi
fino ad ora, solo che era sempre riuscita a nascondere bene il suo disagio.
“Dai…” Le
tese la mano dopo essersi alzato.
“Mi
accompagni?” Suonò come una supplica, non le importava se viveva i suoi
momenti.
“L’ultima
volta!” Rispose non molto convinto.
*
Marinette e Chat Noir si trovarono
catapultati nella terrazza di Marinette, lei era
appollaiata sulla ringhiera e sospirava affranta, accanto a lei Chat Noir con
la medesima espressione.
“Ero andata
a prendere il gelato da Andrè con gli altri, e tu non
sei venuto.” Fu Marinette la prima a pronunciare
quella frase prima che Chat Noir potesse dirle qualcosa.
“Avevo
preparato una sorpresa per te, e tu non ti sei presentata.”
“Siamo due
cretini?”
“Confermo!”
Abbozzò un sorriso prima di vedere sparire entrambi e saltellare sui tetti.
“Mi ero
sentita una principessa Disney.”
“Mi hai
stretto forte e…mi hai fatto stare bene.”
“Eravamo
innamorati l’uno dell’altro e nemmeno lo sapevamo.”
Marinette sorrise “Io ero sul punto di
rivelarti il nome del ragazzo che mi piaceva e credimi lo avrei fatto se solo
non ci fosse stata quella stupida regola che non dovevamo sapere le nostre
rispettive identità.”
“Già, anch’io
l’ho sempre trovata inutile…” Fece spallucce.
“Perché poi
quando sono diventata guardiana non ti ho detto chi ero?”
“Non chiederlo
a me.”
“Non
possiamo sapere tutto l’uno dell’altro, le nostre identità devono rimanere
segrete.”
“Non è che
posso intervenire e farle cambiare idea?” Chiese Marinette
con scherno.
“Non ci
possono vedere, figurati se puoi intervenire, ma credimi che se lo potessi fare
avresti il mio totale appoggio.”
“Chat Noir…non
mi hai mai chiesto chi fossi veramente?”
Il gattone
si morse un labbro “No” Scosse la testa “…non mi importava chi ci fosse dietro
la maschera, sapevo che in ogni caso ti avrei amato sopra ogni cosa.”
*
continua