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Autore: _Trixie_    27/07/2021    0 recensioni
[Good Girls]
Cinque momenti della storia di Beth e Rio, dal primo incontro fino al finale della seconda stagione. Pov alternato.
[Questa storia partecipa alla "Challenge delle Parole Quasi Intraducibili" organizzata da Soly Dea sul forum di EFP.]
Genere: Angst, Introspettivo, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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[Questa storia partecipa alla "Challenge delle Parole Quasi Intraducibili" organizzata da Soly Dea sul forum di EFP.] 


 
II
 


Mamihlapinatapei (yaghan) | Gioco di sguardi tra due persone che si piacciono, guardarsi reciprocamente negli occhi sperando che l’altra persona faccia qualcosa che entrambi desiderano ardentemente ma che nessuno dei due vuole fare per primo.


 
Era il modo in cui lui la guardava. E Beth era sicura fosse solo nella sua testa, che si stesse immaginando tutto – eppure, non poteva fare a meno di irrigidirsi ogni volta che gli occhi di Rio si soffermavano su di lei. E non era come se Beth non ci avesse fatto il callo, ad essere guardata, anzi, no, ad essere squadrata, costantemente. Era il suo seno, di questo Beth era più che consapevole. Erano gli occhi di uomini che si fissavano su di lei tanto insistentemente da nausearla, occhi di uomini che pensavano che lei fosse al mondo per il loro piacere e niente più. O a volte erano solo gli occhi di adolescenti che subito distoglievano il viso, imbarazzanti, o di donne divise tra l’invidia, l’ammirazione o la compassione – e la scomodità e il problema di trovare reggiseni o vestiti che le andassero bene o poi sì, certo, le attenzioni non volute che attirava solo per essere così come era. E poi c’era Dean. Meglio. C’era stato Dean. Perché Dean non la guardava nemmeno più, ormai, come se lei non esistesse nemmeno. Beth era convinta che se le fosse cresciuta una seconda testa, dalla sera alla mattina, Dean non se ne sarebbe nemmeno accorto. E forse era meglio così. Forse era meglio di quando, dopo la nascita di Jane, Dean non faceva che guardarla, ancora e ancora, senza darle un attimo di respiro, dicendo che Beth poteva prendersi tutto il tempo che voleva per sentirsi di nuovo sé stessa, ma Beth gliela leggeva negli occhi, la falsità delle sue parole, l’offesa che Dean sentiva nel proprio ego ogni volta che Beth si copriva un po’ di più con l’accappatoio dopo la doccia o si assicurava di allacciare ogni singolo bottone del pigiama prima di infilarsi nel letto accanto a suo marito. E non voleva essere guardata, Beth. Non voleva essere guardata da Dean e non voleva essere guardata da perfetti sconosciuti.
E poi l’aveva guardata Rio. E all’inizio non ci aveva nemmeno fatto caso, Beth, la sua testa troppo distratta dallo scintillio d’oro della sua pistola, il suo cuore tutto preso da quell’impellente voglia di continuare a vivere che Beth non sentiva da tanto, troppo tempo, e che sembrava dovuto a Rio. Perché con lui sono sempre troppo vicina alla morte, si diceva Beth, ma era sempre meno vero a ogni nuovo sguardo di Rio.
Rio, che faceva scorrere gli occhi su di lei, senza tralasciare un solo centimetro, dai piedi fino alla sommità del capo. Rio, che si assicurava sempre che lei lo notasse, che lei vedesse il modo in cui sembrava registrare nella propria memoria ogni singolo dettaglio di lei. Rio, che si soffermava sempre un po’ troppo a lungo sul suo viso. I suoi occhi. Le sue labbra.
Voleva solo intimidirla, si diceva Beth. E lei era una povera stupida a permettere che il suo sguardo, i suoi occhi soltanto, le spezzassero il fiato, le facessero dischiudere le labbra, le scaldassero il petto. E forse all’inizio era stato davvero così, forse all’inizio aveva voluto davvero spaventarla. Ma Rio non aveva mai smesso di guardarla. E non si trattava tanto dell’idea di essere vista per quello che era, Beth non aveva certo bisogno di Rio – o di qualsiasi altro uomo, per legittimare la propria esistenza, no. Era piuttosto la concretezza dello sguardo di Rio, il modo in cui le faceva formicolare la pelle del viso come se le stesse scostando i capelli dalla fronte. Ed era quello che Rio provava a dirle con quello sguardo. A volte glielo urlava in silenzio e altre glielo sussurrava, talvolta erano parole sibilanti piene di rabbia e rancore e rifiuto e a volte erano dubbi e domande che avevano il peso di un tormento e per lei e per lui. E Beth tutto questo lo sapeva, lo sentiva, ma non riusciva a capirlo, non riusciva a comprenderlo.
E allora Beth lo guardava in risposta, anche se non capiva la domanda negli occhi di Rio. Lo guardava lo stesso e faceva scorrere gli occhi sulle linee dure del suo volto e pensava al contrasto che avrebbero fatto se le avesse accarezzate con le proprie labbra morbide. E lo guardava anche se sapeva che nemmeno Rio l’avrebbe capita, perché Beth non sapeva cosa volesse dirgli. Vattene. Rimani. Più vicino. Non posso volerti. Ho bisogno di respirare. Ho bisogno di-
E gli occhi di Beth cadevano sulle labbra di Rio. E l’angolo della bocca di Rio si sollevava appena.
Poi tornavano a guardarsi.
E non sapevano dove e non sapevano come, ma entrambi capivano di essersi persi, presi nel mezzo di un oceano troppo vasto per essere navigato, senza terra all’orizzonte. E resistere all’abisso nero delle sue acque che la chiamavano diventava sempre più difficile Beth ad ogni sguardo di Rio.
   
 
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