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Autore: Summer__    28/07/2021    1 recensioni
È la sera della festa di Natale di Lumacorno. Hermione è in compagnia di un odioso Cormac McLaggen, dopo averlo invitato per pura ripicca nei confronti di Ron...
Genere: Comico, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Cormac McLaggen, Hermione Granger, Ron Weasley | Coppie: Ron/Hermione
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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Disclaimer: Questi personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà di J.K. Rowling; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro. 

La storia costituisce un missing moment del capitolo 15 del Principe Mezzosangue. 
Ringrazio tantissimo e in anticipo chi vorrà dedicarmi del tempo leggendola, spero possa piacervi!

Summer__ 
 
 
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QUALCUNO CHE NON SONO IO
 
 
 
 

D’accordo. È l’ultima volta che mi guardo allo specchio, poi giuro che apro quella porta e scendo in Sala Comune. Come direbbe papà? Via il dente, via il dolore.
Coraggio, Hermione!
Un’ultimissima occhiata… i capelli sono in disordine, ovviamente, il vestito è a posto, la faccia sembra quella di un condannato a morte. Beh, questo non va bene, ma farò del mio meglio.
Bene, e adesso un bel respiro.
Scendo piano le scale e quando arrivo in sala lui è lì che mi aspetta, in piedi davanti al buco del ritratto. È tutto in tiro, e non so per quale ragione mi sembra ancora più brutto del solito. Potrei ancora tirarmi indietro, ma…cavolo, è troppo tardi, mi ha vista.
Mi avvicino fingendomi disinvolta – e sentendomi un’idiota –, lui mi sorride con un’aria così compiaciuta che ecco, lo prenderei già a schiaffi.
Cielo, qualcuno mi dia la forza.
«Hermione Granger…»
«Ciao, Cormac.»
Sono sicura che il mio disagio traspare benissimo dall’esterno, ma il troglodita che mi sta di fronte è semplicemente troppo pieno di sé per accorgersene, figuriamoci… Probabilmente penserà che sia intimidita da lui o qualcosa del genere. Maledizione, non ho nemmeno pensato a che aspettative si sarà fatto su di me, dopo che l’ho invitato a questa stupidissima festa.
«Però…» I suoi occhi si soffermano su – e non esagero! – ogni centimetro del mio corpo, mi squadrano da capo a piedi facendomi sentire molto più esposta di quanto non sia in realtà. «Sei semplicemente da sballo, stasera.»
Muovo le labbra in quello che dovrebbe essere un sorriso e poi indico con un cenno della testa il buco del ritratto. «Beh, vogliamo andare?»
Prima inizierà questo strazio, prima finirà.
Lui mi prende per un braccio, avvicinandomi a sé. Indossa un profumo, nemmeno troppo sgradevole, ma lo trovo insopportabile solo perché è suo.
Non c’è dubbio, questa è la stronzata peggiore a cui potessi pensare.
 
*
 
Esiste qualcosa di più insulso di Cormac McLaggen? Io ne dubito.
Starà parlando da mezz’ora, credo, e prima suo zio, poi suo padre, poi tutta l’illustrissima stirpe McLaggen, e poi il Quidditch! A tratti sembra ricordarsi della mia presenza, e allora ecco che allunga verso di me le schifosissime zampe che si ritrova. Se penso a quando mi ha sfiorato i capelli, poco fa… Dio, vomito. Un attimo, quello lì dietro è vischio!
«Ooh guarda, crème brûlée!» esclamo, indicando un elfo che trasporta un vassoio di dolci verso l’altro lato della stanza. Afferro Cormac per la manica della sua camicia e lo trascino via, oltre una cappa di denso fumo di pipa.  
«Io ne vado matta!» dico, mentre mi accingo ad assaggiare un dolce mai provato in vita mia.
Faccio l’errore stupido di alzare lo sguardo e mi becco McLaggen che si lecca le labbra mentre mi fissa.
Deglutisco più in fretta che posso, il sapore di questa roba è nauseante… o forse mi si è solo chiuso lo stomaco.
«Cormac, mi stavi dicendo?»
«Il mio provino, mesi fa! Dicevi che eri d’accordo, la mia prova è stata eccellente.»
Questa me la sono persa, d’altronde ho annuito senza capire un tubo di quello che diceva la maggior parte del tempo.
«Eppure non ce l’hai fatta. Peccato, davvero...»
E andiamo pure con il sarcasmo, tanto lui non mi ascolta; adesso si sta arrabbiando, il ricordo della sconfitta deve bruciargli ancora parecchio. Potrei ridere, se la situazione non fosse tragica.
«Quell’idiota di Potter!» si lamenta, afferrando dell’idromele da un vassoio che gli passa vicino.
«Hei! Non ho intenzione di stare a sentire te che insulti i miei amici!» gli dico, lanciandogli un’occhiataccia.
«Ok, scusa, ma oggettivamente avevo ragione, Weasley non ha la stoffa, non sei un bravo giocatore se sei così discontinuo, e se vuoi giocare a Quidditch devi avere carattere, pensa che alle selezioni…»
 
*
 
Mentre ascolto vagamente McLaggen che blatera dei criteri di selezione delle squadre di Quidditch del Regno Unito, mi chiedo dove sia finito Harry. Ne ho abbastanza di questo pallone gonfiato, mi serve una scusa per mollarlo qui e dimenticare questa serata più schifosa degli Schiopodi di Hagrid.
Proprio perché sono distratta a cercare il mio amico, non mi rendo conto di cosa sta succedendo.
McLaggen si ferma improvvisamente, mentre stiamo camminando lentamente tra gli ospiti, si volta verso di me e mi offre un calice. Dall’odore, sembra alcolico.
«Ehm, no, ti ringrazio.»
«Ma come, neanche un assaggio?» insiste lui, leccandosi ancora le labbra in quel modo disgustoso.
«No.»
Lui ride, scuote la testa e lascia perdere il calice.
«Dovresti rilassarti un po’, Hermione.» La sua voce si sta abbassando, il suo corpo si avvicina piano piano al mio. Io vorrei svignarmela, ma una parte di me sembra non averne l’intenzione, i miei piedi sono come incollati al pavimento.
«Siamo sotto al vischio…» mi dice McLaggen.
Merda…!
«Uhm… già.»
«Sei nervosa?»
«No» rispondo automaticamente.
Sono ancora combattuta, non ho idea di cosa fare, quando McLaggen, questo grandissimo maiale, mi circonda i fianchi con le mani, posando subito dopo le sue labbra sulle mie.
Per cinque secondi percepisco il suo profumo odioso, la sensazione umidiccia delle sue labbra che reclamano con insistenza le mie e la stoffa della sua camicia sotto le mie mani, umida per il caldo asfissiante che pervade la stanza, mentre cerco inutilmente di allontanarlo. Riesco a liberarmi da lui soltanto pestandogli un piede; lui lancia una bestemmia orribile che non ripeterò.
«Ahi!! Che diamine ti prende?!»
«Ops, scusami tanto!»
Approfittando della sua confusione, corro via, infilandomi in mezzo alla folla.
Non ho nemmeno il tempo di ripensare a cosa è appena successo, o di indignarmi, che sento una voce chiamarmi.
Estremamente sollevata, mi volto e mi ritrovo davanti Harry e Luna.
 
*
 
Finalmente libera, finalmente il silenzio, finalmente l’aria fresca. E soprattutto, mentre me ne torno in Sala Comune, sperando che McLaggen non mi abbia seguita, finalmente libera di insultarmi da sola.
A farmi infuriare non è tanto il fatto di essere uscita proprio con questa sottospecie di troll, voglio dire, immaginavo che razza di tipo fosse; no, a farmi infuriare è il fatto che lui, dannazione, è capace di farmi perdere la ragione, di influenzarmi, di trasformarmi in un qualcuno che non sono io…
Giunta davanti alla Signora Grassa, le dico la parola d’ordine. Ho bisogno di un lungo bagno, caldo e rilassante… e invece mi arriva la stoccata finale.
Lui è davanti a me, che scende dal dormitorio dei ragazzi. Indossa una tuta, e Lavanda non c’è.
Lo guardo e la rabbia mi assale, vorrei gridare, urlargli che è tutta colpa sua, se soffro, se mi sono umiliata, se mi comporto male, se ho appena passato con un verme viscido una serata che doveva essere nostra.
È scuro in volto, si vede lontano un miglio che vorrebbe parlarmi e invece se ne sta zitto, e io mi infurio ancora di più, perché il non capire cosa accidenti gli è preso, proprio quando tutto iniziava ad andare per il verso giusto, mi fa impazzire.
Quando gli passo vicino, vengo raggiunta da un’ondata del suo profumo, buono e familiare. E mi assale una nostalgia struggente, è come se qualcosa stesse letteralmente stritolando il mio cuore, i ricordi delle estati alla Tana, il Natale dell’anno scorso, le serate a chiacchierare e a scherzare davanti al fuoco, tutto mi scorre davanti agli occhi, rendendoli lucidi.
Mi concedo di piangere soltanto dietro alle tende del mio letto, ma c’è qualcosa in me che si è rotto definitivamente, a questo punto.
Ho smesso di rincorrerti, Ron. E se ti importa davvero qualcosa di me, dovrai essere tu a tornare.
  
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