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Autore: Feisty Pants    29/07/2021    1 recensioni
La banda è ormai fuori dalla banca di Spagna e cerca di ricominciare a vivere in piena tranquillità spostandosi da un luogo a un altro. Alicia Sierra, Cesar Gandia e la polizia segreta, però, cercheranno in tutti i modi di trovare i Dalì per porre fine a una guerra che ormai stava durando troppo tempo. I veri protagonisti, questa volta, saranno i sentimenti, le emozioni e le storie personali di ogni membro della banda obbligato a fare i conti con i fantasmi e tesori della propria vita.
(Alcuni elementi della trama originali sono stati modificati. Nairobi, infatti, è ancora viva e il professore è riuscito a portare fuori la banda dalla banca di Spagna senza aver incontrato Alicia Sierra)
Genere: Azione, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Yaoi, FemSlash | Personaggi: Il professore, Nairobi, Rio, Tokyo
Note: Missing Moments, OOC, What if? | Avvertimenti: Incompiuta, Violenza
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CAPITOLO 17
LA PARTITA FINALE

 
“Non so se ce la faccio!” afferma Nairobi portandosi le mani sulla bocca, per poi scrollarle nell’aria. La donna indossava quel vestito da sposa ricamato in pizzo, aveva gli occhi truccati e i capelli raccolti in moltissime trecce.

“Hai rapinato due banche, non hai mezzo polmone, hai un buco nella mano e pensi di non riuscire a sposarti?” cerca di sdrammatizzare Silene, mentre sistema il vestito di pizzo dell’amica e cerca di non commuoversi troppo.

“Ho sempre organizzato la mia vita con azioni a breve termine… per la prima volta sto per fare qualcosa che durerà in eterno” risponde Nairobi, mostrando la propria preoccupazione.

“Sarà sicuramente la tua impresa più difficile e complessa, ma anche la più bella e soddisfacente. Hai visto che figata Nairo?! Tu adesso andrai verso quel figo del prof che ti unirà all’uomo migliore che tu potessi incontrare, con cui un giorno avrai dei figli e accanto a te ci saremo noi e Axel. Non avere paura della felicità” riflette Tokyo con grande maturità.

“Ricordi la nostra serata sballo prima della rapina alla zecca? Quel giorno ci siamo picchiate, insultate e nella notte eravamo già migliori amiche. Quella sera ti dissi che il tuo piano di rinascita una volta usciti dalla Zecca sarebbe stato il più bello di tutti. Ora sei qui a gustartelo…ce l’hai fatta hermana” aggiunge ancora Tokyo, con indosso un vestito azzurro, sorridendo alla sorella.

Nairobi non risponde a quella constatazione che rappresentava il suo punto di arrivo ma, soprattutto, di partenza. Camminando verso Bogotà lei sceglieva l’amore, la fatica, la vita normale. Accettava il dolore di riacquisire un rapporto con il figlio che le era stato tolto ingiustamente, si addossava una serie di contesti abituali che non viveva più da diversi anni. La normalità faceva questo effetto a rapinatori come loro: abituati alla frenesia e ai tempi stretti e concisi, si terrorizzavano all’idea di non seguire un programma.

“Ti voglio bene” comunica allora Nairobi, aprendo le braccia alla migliore amica e stringendola forte a sé. Tokyo, commossa in quanto testimone di nozze, aggancia le mani alla schiena di Nairobi per poi rispondere, con la solita fermezza e determinazione di sempre:

“Anche io… andiamo a fare chiki boom”

Nairobi si sveglia nel cuore della notte, dopo aver sognato di nuovo uno dei meravigliosi momenti delle sue nozze celebrate due giorni prima. Erano circa le 3.00 e non sapeva il motivo di quel risveglio così delicato. Probabilmente la nuova realtà e serenità le parevano talmente impossibili da destarsi senza un apparente motivo.

“Che cosa ci fai sveglia?” borbotta Bogotà, svegliandosi a causa dei movimenti di lei.

“Sei un saldatore, abituato a tutti i rumori di questo mondo e tu ti svegli se sposto le lenzuola?” domanda lei alzando il sopracciglio.

“Ho il sonno leggero” risponde lui sollevandosi e appoggiando la schiena alla parete del letto, mentre con una mano si stropiccia gli occhi.

“Leggero tu?” lo stuzzica allora lei, divertita da quell’ossimoro creato dall’utilizzo della parola leggero pronunciata da un omone grande e grosso.

“Mi stai dicendo che sono grasso e pesante?” si lamenta allora lui, guardandola alzando il labbro superiore per la piccola stoccata.

“A me sono sempre piaciuti gli uomini forti e grandi” continua a punzecchiare lei, avvicinandosi al petto di lui e facendo risalire l’indice e il medio dal suo ombelico fino alla bocca coperta dalla folta barba.

“Te lo richiedo… perché ti sei svegliata, va tutto bene?” chiede allora lui seriamente, accendendo la piccola bajour sul comodino. È grazie a quella luce tenue che nota i profondi occhi scuri di Nairobi, lucidi come quelli di un bambino, puntati su di lui. Bogotà in quegli specchi ci vede tutto: la propria felicità, la propria missione, la propria sfida ma, soprattutto, una donna forte, finalmente felice, finalmente in un posto sicuro, finalmente follemente innamorata.

“Non c’è nessun motivo. Molto semplicemente, per la prima volta nella mia vita, mi sto svegliando grazie a dei sogni belli e non più a causa degli incubi” chiarisce lei, continuando a massaggiare la barba bruna di lui.

“Sono davvero felice di questo. Te l’ho giurato due giorni fa: cercherò di farti stare bene, ogni giorno della tua vita… soprattutto quando vivremo le nostre difficoltà” promette Bogotà, appoggiando la mano calda e confortante sulla fronte di lei, per poi accarezzarle una ciocca di capelli mori.

“Ancora non ci credo di aver avuto te e Axel praticamente nello stesso giorno. Mi ci vorrà un po’ per capirlo. Ora lui è tornato da quella meravigliosa famiglia, noi dobbiamo sistemare questa faccenda ma poi sarà per sempre nostro” dice lei sognante, ancora inebriata da quei giorni trascorsi con il figlio che non vedeva da secoli.

“Vuoi davvero che sia io il padre di Axel?” domanda allora lui, toccando un tassello molto importante.

“Certo. Quel mostro di suo padre non esiste. È un problema per te?” domanda Nairobi seria in volto, sapendo di aver chiesto qualcosa di enorme.

“Assolutamente no. Lo considero già il mio ottavo figlio ma… mi chiedevo una cosa” dice lui guardando in alto con fare pensoso, attirando l’attenzione della moglie.

“Ricordo molto bene una tua frase: “Scordati, che io ti dia l’ottavo figlio”… beh, se non sbaglio a questo punto mi dovresti dare il nono” ride lui, alleggerendo la tensione e ricevendosi una piccola spinta da Nairobi che si aspettava un rifiuto o un questione più importante di cui discutere.

“Lo dicevo perché so pienamente il tuo desiderio di mettermi incinta e non volevo renderti facile il percorso” lo sbeffeggia lei con tono scherzoso, ridendo di gusto per poi accoccolarsi al suo petto.

“Il problema è che sei troppo bella e io ti amo. Per questo condividerei mille avventure, anche quella della paternità che vorrei vivere senza scappare” confessa lui senza più ridere, mostrando una ferita che pare lacerarlo da molto tempo sul tema.

“Quando avremo la nostra casa, quando avremo il nostro equilibrio, quando le cose con Axel si saranno sistemate… io sogno questo bambino con te” conclude Nairobi, per poi avvicinarsi alle sue labbra e baciarlo delicatamente, mentre socchiude gli occhi per godersi il momento.

“Allora è ciò che avremo” sospira Bogotà per poi riprendere il bacio e sancire il giuramento.

Il giorno seguente tutta la squadra si sveglia presto per progettare insieme al prof il da farsi. Helsinki ripone una brocca d’acqua sul tavolo, Stoccolma lo aiuta con i bicchieri, il prof si prepara davanti a una lavagna e tutti gli altri si siedono continuando a chiacchierare animatamente. Una situazione usuale, di routine, normale e senza preoccupazioni senza sapere, però, che tale pace non sarebbe durata a lungo.

“Sono trascorsi esattamente due giorni dal matrimonio dei nostri amici. Axel è tornato a casa sano e salvo e sono davvero felice per Nairobi e Bogotà. Per quanto riguarda noi il nostro viaggio sta per volgere finalmente al termine. La nostra prossima tappa sarà quella conclusiva che ci porterà in lunghi del globo impossibili da rintracciare. Non rimane ora che parlare nuovamente delle regole che non cambieranno molto da quelle utilizzate dopo la rapina alla Zecca, con la differenza, però, che questa volta nessuno le dovrà infrangere!” spiega il professore, scrivendo la parola rinascita sulla lavagna. Ed è proprio quando Sergio appoggia il gesso sull’ardesia che un proiettile silenzioso gli sfiora le dita, colpendo in pieno la pietra nera.

Il professore e la banda rimangono straniti e terrorizzati dall’azione, silenziosi e immobili per qualche secondo.

“Porca puttana di nuovo!” esclama Denver serrando i denti, colpendo il tavolo con un pugno, per poi alzarsi e imbracciare un mitra incastonato nel muro.

“Ci hanno trovati di nuovo!” dice Sergio ghiacciandosi ed entrando in un proprio loop di pensiero, mentre avverte la tensione salire e il respiro venire a mancare a causa di un battito cardiaco ingestibile.

“Sergio cosa facciamo?!” lo risveglia subito Raquel, preoccupata per la sua salute avendolo quasi visto morto per un colpo mancato.

“Come cazzo hanno fatto a trovarci?!” chiede ancora il prof spaventato, non riuscendo a individuare la falda nel sistema, mentre osserva tutta la squadra indossarsi i giubbotti e maneggiare le armi.

È proprio quando cominciano gli spari contro i vetri dell’abitazione che il professore intuisce il suo grande errore. Un errore che poteva evitare dovuto a un’ipotesi remota in quanto assurda e disumana. Quel mostro della Sierra era riuscita a fare anche quello, a cadere così in basso, ma compiendo una mossa facile in quanto brutale.

“Un localizzatore…Axel!” esclama lui a gran voce osservando Nairobi rimasta impietrita dalla rivelazione.

“Che cosa?!” domanda lei sconvolta, portandosi una mano sulla bocca mentre con l’altra si copre con il fucile.

“Quella stronza gli deve aver messo un localizzatore! Ecco perché lo ha rilasciato… perché non l’ho capito cazzo!” urla il prof ribaltando il blocco degli appunti, mentre la squadra funge da diversivo aprendo il fuoco contro i nemici ignoti.

“Che cosa facciamo?!” urla ancora Raquel alterandosi per la situazione.

“Prepariamoci a combattere. Usciremo tutti, tranne voi due” spiega il prof, indicando Nairobi e Tokyo.

“Perché?! No!” risponde subito Tokyo, già pronta a sparare all’impazzata e a mettersi in gioco.

“Devi proteggere la bambina! Prendetela e nascondetela nella panic room senza uscire per alcun motivo! Chiaro?!” ordina il prof con esigenza, spingendo poi le due verso l’uscita del salotto.

Piccoli secondi, momenti brevi in cui sia Nairobi che Tokyo salutano velocemente i propri uomini già intenti a sparare.

“Vai, corri dalla bambina!” grida Rio, baciando voracemente la ragazza per poi spingerla via. Anche Nairobi vive un momento simile per poi allontanarsi a fatica, trascinando con sé Tokyo restia all’idea di ritirarsi. Le due corrono nella panic room insieme alla piccola Nieves che dormiva tranquilla senza rendersi conto della guerra. Le amiche non riescono a dire nemmeno una parola ma cercano di entrare in azione nel miglior modo possibile, avviando i dispositivi elettronici della stanza per guardare la guerriglia grazie alle telecamere esterne all’abitazione.

“Ma da dove cazzo ci sparano!?” chiede Denver, mirando in diversi punti una volta fuori dalla casa, senza riuscire a individuare i nemici.

“Sono cecchini, per questo non li vediamo!” risponde Bogotà, coprendo le spalle all’amico.

È in quell’istante che il fuoco si zittisce e una figura vestita di nero si avvicina a loro. L’estraneo aveva una maschera scura che copriva il viso, un elicottero che sorvolava sulla sua testa pronto a ripescarlo e, tra le braccia, teneva stretta una persona dai capelli biondi rimasta intrappolata nelle grinfie della pazzia.

“Monica!” esclama subito Denver, vedendo la moglie con una pistola puntata alla tempia.

“Lasciala andare subito! Chiunque tu sia!” urla Rio, puntando l’arma verso di loro consapevole, però, che in quei momenti il coltello dalla parte del manico ce l’ha sempre il nemico.

“Non mi riconosci? Davvero?” dice la persona vestita di nero, per poi togliersi la maschera e rivelare la propria identità.

“Alicia!” afferma il professore, evitando escandescenze verso l’acerrima nemica.

“Lasciala andare!” grida ancora Denver, con il sangue che ribolle a causa dell’ingiustizia.

“Non penso proprio… dove sono le altre due donne? Lì vedo Raquel, qui c’è la biondina, ma la pazza e la meticcia si sono ritirate?” li offende Alicia, continuando a sghignazzare tra i baffi.

“Che cazzo te ne frega di dove sono?!” si altera Rio irrigidendo la muscolatura del viso.

“Bel ragazzino mio… vedo che finalmente hai tirato fuori un po’ di palle! Ti sei rimesso insieme alla cretinetta dai capelli corti eh?!” lo punzecchia ancora lei, senza mai togliere l’arma dalla tempia di Stoccolma che trema come una foglia.

“Non rispondere” sussurra Helsinki all’orecchio del giovane amico.

“Perché non ci spari Alicia?! Siamo tutti qui!” spiega il prof, aprendo le braccia per accogliere la partita finale.

“Nah… io vi volevo proprio tutti! Anzi… soprattutto volevo le due donne mancanti. Avevo bisogno di consigli femminili, per questo credo proprio che me ne andrò via con questa bella biondina!” conclude lei, aggrappandosi alla corda dell’elicottero che comincia a sollevarla da terra velocemente.

“NO!” urlano tutti in coro, vedendo Stoccolma resa ostaggio della follia di una donna.

In quel momento Rio, senza pensarci troppo, afferra due piccoli oggetti che era solito tenere a portata di mano e inizia una vera e propria rincorsa afferrando i piedi della Sierra e finendo così risucchiato nell’elicottero che chiude le porte e si allontana velocemente.

“No! RIO!” esclama Tokyo all’interno della panic room, assistendo a tutta la scena e sentendo il proprio cuore esplodere nel petto. La ragazza si sente terrorizzata ma non sa che il suo amato Rio aveva appena compiuto una mossa strategica. L’informatico, infatti, aveva portato con sé una piccola telecamera e un localizzatore che avrebbero permesso a tutta la squadra di raggiungere la postazione della Sierra e mettere un punto a quell’orrenda faccenda.
  
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