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Autore: S a p a i    29/07/2021    3 recensioni
La carriera che collide con l'amore, e le conseguenze che porta essere costretti a scegliere tra l'una e l'altra.
Dalla storia:
«Dovresti entrare» la voce di Chanyeol mi fece trasalire.
Scossi la testa. «Sono solo di passaggio, Channie» risposi dimessa.
Non lo guardai ma ero sicura che stesse sorridendo, sarcastico, e che le sue braccia fossero andate automaticamente a congiungersi all'altezza del petto. Lo faceva sempre quando io mi comportavo da orgogliosa e testarda.
«Non si direbbe» affermò, passandomi accanto per poi mettersi di fronte a me.
Aveva le braccia congiunte proprio come pensavo, e le sopracciglia aggrottate in un'espressione di disappunto.
«Jiho mi ha chiesto di prendere alcune scartoffie dal suo ufficio» cercai, forse invano, di giustificare la mia presenza.
«Ti ha chiesto anche di restare cinque minuti ad ascoltare Baek cantare?» domandò retorico, e mi rivolse il suo sorrisetto compiaciuto. Il solito sorrisetto furbo che assumeva Park Chanyeol quando si rendeva conto di avermi messa alle strette.
Genere: Angst, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Baekhyun, Baekhyun, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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DISCLAIMER: Con questo mio scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro, non intendo dare rappresentazione veritiera del carattere di Baekhyun, o di nessuno degli altri personaggi a cui si fa riferimento, né offenderli in alcun modo. 

 

UN Village

Pensai che non ci volevo andare, mentre con lo sguardo vedevo i numeri sul tastierino dell'ascensore illuminarsi man mano che saliva. Pensai che avrei dovuto delegare qualcun altro, eppure i miei piedi si mossero da soli - quando le porte metalliche si spalancarono di fronte a me - e cominciai a camminare, a memoria, lungo i corridoi labirintici del decimo piano dell'agenzia. 
Anche solo attraversare quei luoghi, sentire l'odore emanato dal profumatore d'ambienti - diverso su ogni piano - e passare davanti alle porte in cui sapevo lui stesse provando, mi metteva angoscia.
Mi faceva sentire male. 
Abbassai lo sguardo, quando ero a pochi metri dalla sala canto in cui sapevo provasse.
Praticamente era la sua sala canto. Nessun altro componente di altri gruppi - o trainee - andava a provare lì, anche quando era libera, perché la sua aura pesava come un macigno e nessuno era in grado di reggere la pressione di dover cantare nella stessa stanza in cui cantava lui, giornalmente. 
Ero convinta che non ci sarebbe stato. Avevo imparato a memoria i suoi orari, avevo perfettamente fissata nella mente la sua schedule, eppure quel giorno mi sbagliavo. 
Sentii la sua voce risuonare attraverso la porta chiusa. Stava provando la traccia principale del suo primo album da solista, ed io la conoscevo perché me l'aveva fatta sentire prima che tra di noi calasse il gelo. 
Pensai che non dovevo fermarmi - per nessuna ragione al mondo - eppure lo feci. Le punte dei miei piedi si inchiodarono sul pavimento proprio di fronte alla porta della sala prove, ed io non potei fare a meno di assecondare quella brusca frenata. Non ebbi il coraggio di alzare gli occhi, ma come al solito la sua voce mi carezzò delicatamente i timpani, e fece in modo che il mio cuore battesse al doppio della velocità mentre le viscere si contorcevano disordinatamente. 
Rimasi lì fuori, ad ascoltare in silenzio la sua voce soave, con gli occhi bassi e l'atteggiamento di una ladra. Sentivo di non meritare quel mini concerto che lui, inconsapevolmente, stava cantando per me. Solo per me. 
«Dovresti entrare» la voce di Chanyeol mi fece trasalire.
Scossi la testa. «Sono solo di passaggio, Channie» risposi dimessa.
Non lo guardai ma ero sicura che stesse sorridendo, sarcastico, e che le sue braccia fossero andate automaticamente a congiungersi all’altezza del petto. Lo faceva sempre quando io mi comportavo da orgogliosa e testarda.
«Non si direbbe» affermò, passandomi accanto per poi mettersi di fronte a me.
Aveva le braccia congiunte proprio come pensavo, e le sopracciglia aggrottate in un’espressione di disappunto.
«Jiho mi ha chiesto di prendere alcune scartoffie dal suo ufficio» cercai, forse invano, di giustificare la mia presenza.
«Ti ha chiesto anche di restare cinque minuti ad ascoltare Baek cantare?» domandò retorico, e mi rivolse il suo sorrisetto compiaciuto. Il solito sorrisetto furbo che assumeva Park Chanyeol quando si rendeva conto di avermi messa alle strette.
Scossi nuovamente la testa. «Non sono cinque minuti, mi sono appena fermata».
Il suo sorriso si fece più ampio. «Li ho contati, fidati» allungò lo sguardo verso l’orologio allacciato al polso sinistro «adesso sono sei» precisò.
Morsi l’interno della guancia, mentre nella mia testa lo maledicevo in tutte le lingue di cui fossi a conoscenza. «Vado» borbottai, e cercai di sorpassarlo.
«Vado io a prendere quello che ti ha chiesto manager Jiho» mi bloccò, tenendomi delicatamente per un braccio «tu entra in questa cazzo di sala e parlagli».
«Non ho tempo da perdere, Chanyeol» mi feci seria, perché era quello l’unico modo in cui avrei potuto convincerlo a desistere. «Jiho mi aspetta, e mi aspettano anche i ragazzi».
La presa attorno al mio braccio si affievolì. «Adesso consideri parlargli una perdita di tempo?».
Non risposi - non ne avevo il coraggio.
Mi allontanai in direzione dell'ufficio del mio collega, recuperai il plico di fogli che dovevo portargli e scesi al quinto piano. La sala prove era affollata, c'erano parecchi membri dello staff, i ragazzi intenti a provare e tutto il team manageriale schiacciato contro una parete, che parlottava fitto fitto. 
Mi avvicinai a Jiho e gli consegnai le scartoffie che mi aveva chiesto. 
«Ne avranno ancora per un po', puoi prenderti una pausa, se vuoi» mi avvertì.
In qualsiasi altro momento avrei tirato un sospiro di sollievo e sarei uscita da quella sala prove saltellando, contenta di poter avere indietro anche solo l'1% di tutto il tempo che spendevo dietro ai ragazzi, ma in quel momento sentii che l'universo mi stava marciando contro, come se volesse convincermi - proprio come Chanyeol - a parlare con Baekhyun. 
«Giusto cinque minuti» mormorai. Jiho mi rivolse un sorriso, e lo stesso fece Seojun. 
Lanciai un'occhiata alla parete tappezzata di specchi, incrociai lo sguardo di Jaemin che stava ballando - come tutti gli altri - e vidi i suoi occhi illuminarsi, prima che le sue labbra si curvassero nella sua consueta risata. Sorrisi a mia volta ed alzai il pollice in su, facendogli cenno che le prove stavano andando benissimo - anche se ne avevo visto giusto un paio di minuti. 
Uscii dalla stanza e mi infilai di nuovo in ascensore, salendo al decimo piano. Probabilmente non avrei avuto il coraggio di entrare in sala prove, ma volevo rubare ancora un po' della voce confortante di Baekhyun, volevo godermi ancora per qualche minuto il mio concerto personale. 
Attraversai il lungo corridoio, ma purtroppo per me Chanyeol era ancora  lì - e a lui si era aggiunto anche Jongin. Il mio peggiore incubo stava per iniziare.

«Jia» Jongin alzò una mano per farsi notare, ed io non potei più tornare indietro. 
Lo raggiunsi camminando piano, come se stessi andando al patibolo, e mi fermai a qualche metro da lui e Chanyeol.
«Pensavo che non avessi tempo da perdere» Chanyeol si rivolse a me con freddezza. 
«Ho dimenticato di» non riuscii a concludere. 
«Cazzate» mi interruppe Channie «sei tornata per startene qui fuori a sentirlo cantare, quando potresti entrare dentro e parlarci, finalmente. Mettere un punto a tutte le stronzate e comportarti come la donna matura che dici di essere, una volta per tutte» tuonò, frustrato ed arrabbiato. 
E per quanto male mi facesse vederlo così, lo capivo. Baekhyun era il suo migliore amico, ed io avevo spezzato qualcosa dentro di lui - senza volerlo. Quello che non capiva lui, però, era che - contemporaneamente - avevo spezzato qualcosa anche dentro me stessa. 
«Hyung» mormorò Jongin - sorpreso da quella reazione così forte - «non esagerare».
«Tu smettila di difenderla» si voltò a guardarlo furioso «se non voleva che le cose si complicassero, avrebbe dovuto fermarsi molto prima» continuò, riferendosi a me e al mio atteggiamento nei confronti di Baekhyun. 
Non dissi nulla, e da quanto ero coinvolta emotivamente in tutta quella discussione, nemmeno mi accorsi che Chanyeol aveva urlato talmente tanto che la sua voce aveva attraversato le spesse pareti, ed era arrivata a Baekhyun. Vidi con la coda dell'occhio la porta socchiudersi, e seppi che la situazione stava per degenerare. Avremmo toccato il fondo che avevo sempre cercato di evitare. 
«Che sta succedendo?» domandò Baek, spaesato, guardando prima i suoi amici e poi me. 
Chanyeol ridacchiò, compiaciuto del fatto che, finalmente, non potessi più scappare. 
«Niente, io e Jongin stavamo andando via» diede una pacca sulla spalla del più piccolo, forse persino troppo pesante, e lui fece qualche passo in avanti senza protestare. 
Baekhyun gli rivolse uno sguardo stranito, poi guardò di nuovo me. Sapevo, solo guardandolo negli occhi, che si aspettava che dicessi qualcosa. Non lo feci.
«Torno a provare» disse, come se quelle parole le stesse lasciando lì - al vento - e non le stesse indirizzando direttamente a me. 
«Aspetta». 
Sentire la mia voce che pronunciava quella parola sorprese persino me. 
«Ti è venuta voglia di parlare?» chiese, senza degnarmi di uno sguardo. 
Tentennai. Ormai l'avevo fermato e non potevo chiudermi, nuovamente, nel mio mutismo. 
«Mi dispiace» sussurrai.
«Ti dispiace?» quella volta mi guardò. Gli occhi iniettati di rabbia e un'espressione sarcastica dipinta sul volto. «Ti dispiace per cosa, di preciso? Per avermi illuso, per avermi ferito, per avermi fatto innamorare e poi buttato via senza pensarci su due volte a favore della tua carriera?».
Deglutii a vuoto. «Mi dispiace per tutto» mormorai. «Avrei dovuto restare nel mio spazio, avrei dovuto lasciarti stare, non avrei dovuto permettere né a te - né tanto meno a me - di lasciarci andare».
Lui sorrise nervoso. «Quindi non mi stai dicendo che ti dispiace, Jia. Mi stai dicendo che ti sei pentita. Be', grazie, buono a sapersi» tuonò.
«Non ho detto questo» mugolai, con la voce che si faceva sempre più sottile.            
«E cos'hai detto, allora?» Baekhyun urlò, e quella voce che tanto amavo - in quel momento - mi fece paura. 
«Lascia stare» respirai profondamente e gli diedi le spalle. 
«Col cazzo che lascio stare, Jia» lui mi sorpassò velocemente, si mise davanti a me e mi bloccò la strada. «Spiegati meglio, dimmi di cosa ti dispiace».
«Di averci ridotto a questo» alzai anche io il tono di voce «di aver ridotto il nostro rapporto a brandelli, di aver spezzato quella cosa bellissima che avevamo. Di aver fatto il passo più lungo della gamba. Perché non possiamo essere qualcosa di più, ma avrei preferito continuare ad esserti amica piuttosto che perderti per sempre».
«Io e te non potremmo mai essere amici».
«Eppure lo eravamo».
«Non lo siamo mai stati» affermò serio «è quello di cui ti vuoi convincere per andare a dormire serenamente la notte, ma non è così. Eravamo molto di più, e avremmo potuto continuare ad esserlo».
Scossi la testa. «No, non avremmo potuto».
«Dammi una cazzo di motivazione valida» si infuriò nuovamente, ma quella volta gli occhi - i suoi meravigliosi occhi - si riempirono di lacrime. 
«Io sono un manager e tu sei un idol».
«Io sono una persona, Jia» tuonò «sono un uomo, un essere umano come tutti gli altri che sono lì fuori. Sono un essere umano che ha tutto il diritto di innamorarsi e stare con chi cazzo gli pare. E tu ne hai diritto tanto quanto me».
«Sei arrabbiato e ferito» accennai, mentre lo sguardo precipitava verso il basso. 
Mi era impossibile guardarlo negli occhi in quel momento. 
«E non ragioni lucidamente adesso» ripresi a parlare «ma razionalmente sai anche tu di non poter mettere a repentaglio la tua carriera».
«Non c'è un cazzo di razionale nell'amore, Jia» disse, con la voce che lasciava trasparire tutta la sua tristezza. «Smettila di voler pensare razionalmente a cose che non hanno niente di razionale».
«Baekhyun, non puoi buttare nel cesso otto anni di una carriera brillante per una relazione che non sai nemmeno se durerà, quanto durerà, e se potrà portarci da qualche parte».
«Smettila di cercare di convincermi che lo fai per me» mi alzò il mento con due dita, costringendomi a guardarlo. «Non ho bisogno che tu prenda le decisioni al posto mio. Stai scappando perché hai paura, ed hai paura per te stessa e per la tua poltrona, non per la mia cazzo di carriera. Abbi le palle di ammetterlo».
Scossi la testa e feci un passo indiettro, per allontanare le sue mani dal mio viso. 
«Lo faccio per entrambi, e te ne renderai conto - prima o poi».
«L'unica cosa di cui mi renderò conto ancora di più, prima o poi, è che hai buttato nel cesso un'occasione di essere felice, impedendo anche a me di esserlo».
Alzai lo sguardo verso il soffitto. Sentivo le lacrime pizzicare gli occhi e non volevo, per nessuna ragione al mondo, iniziare a piangere. Non lì, non davanti a lui. Non potevo permettermi di essere debole, non di nuovo. Non potevo permettere ai miei sentimenti di prendere il sopravvento. 
«Non ragioni, Baekhyun. Adesso è inutile parlare».
Lo sorpassai, ma feci solo qualche altro passo verso l'ascensore, prima di fermarmi. 
Non sapevo perché lo avessi fatto. Sapevo solo che il mio cervello aveva ordinato alle gambe quello stop improvviso, ed io non avevo potuto evitarlo. 
«Sei una codarda» mi additò «una ragazzina immatura» continuò, ed io riuscii a sentire dalla sua voce che - ormai - aveva iniziato a piangere. 
Tremai, e un dolore fortissimo mi colpì all'altezza del petto. Pensai che se non fossi morta in quel momento, allora quella stronza della morte non mi avrebbe avuta mai più.
«Perché non te ne vai?» la mano di Baekhyun si posò, delicata, sulla mia spalla. «Vattene, Jia» mi disse, ma nel suo tono disperato io sentii - o forse volli sentire - che mi stava chiedendo l'esatto opposto. 
«Non lo vedi che sono mesi che ci provo?» mi voltai di scatto, con le lacrime che avevano preso a bagnare anche il mio volto. «Sono mesi che provo a scappare via da te, ma poi mi ritrovo sempre a tornare indietro. Torno sempre da te».
«E ti sei mai chiesta il perché?».
«Non c'è nessun bisogno che lo faccia».
«Ma io ho bisogno che tu risponda a questa mia domanda» mi guardò dritto negli occhi, e quel suo sguardo mi uccise e mi diede vita contemporaneamente. «Perché torni sempre da me?».
Sorrisi appena. Baekhyun era testardo come un mulo e amava fin troppo sentirsi dire le cose. 
«Perché sono innamorata di te, Byun Baekhyun. Perché per quanto pensi razionalmente, seguo sempre e comunque il cuore» lo accontentai. 
Baekhyun sorrise tra le lacrime, ed io mi innamorai del suo volto ancora una volta - come la prima volta. «Dimenticati del tuo ruolo, e dimentica anche il mio» mi prese il viso tra le mani e si chinò facendo toccare le nostre fronti «tu sei semplicemente Jia, ed io sono semplicemente Baekhyun. Siamo due persone innamorate e che meritano di essere felici».
Sospirai. Avevo i suoi occhi troppo vicini, le sue labbra quasi a contatto con le mie. 
«Non saremo mai semplicemente Jia e Baekhyun, per quanto desidererei poterlo essere».
«Possiamo esserlo quando nessuno ci guarda, dietro le porte chiuse dell'appartamento nell'UN Village di Hannam-dong, mentre guardiamo il fiume Han scorrere placido, attraverso la porta finestra di fronte al letto, stesi sul materasso nudi, dopo aver fatto l'amore» il suo respiro si confuse col mio «e tu potrai continuare a fingere, qui dentro, che io sia uno dei tanti idol che ti passano sotto il naso, mentre io fingo che tu sia uno dei tanti manager che passano sotto al mio».
Deglutii a vuoto, perché le sue parole erano morbide come seta e le sue labbra erano sempre più vicine ed io avevo una voglia pazza di baciarle. «Se vuoi che qualcuno continui a credere alla farsa, devi starmi molto più lontano di così» gli premetti le mani sul petto, e lo allontanai - malvolentieri.
Baekhyun fece qualche passo indietro, asciugò le lacrime col dorso della mano e poi mi guardò con lo sguardo di sempre. Lo sguardo che mi mancava tremendamente. 
«Ci vediamo stasera ad Hannam, allora?» domandò furbo, mentre continuava ad indietreggiare fino a trovarsi di fronte alla porta della sala prove. 
Lo raggiunsi e lo sorpassai, mi infilai dentro la stanza - e dopo che l'ebbe fatto anche lui - chiusi la porta alle nostre spalle. Mi schiacciai contro di essa con la schiena e Baekhyun immediatamente aderì col suo corpo sul mio. 
«Dammi una cazzo di motivazione valida per raggiungerti stasera
» ripetei, in tono molto diverso, le stesse parole che mi aveva detto lui qualche minuto prima. 
Baek mi strinse i fianchi ed annullò la distanza che era rimasta a dividerci.
Ci baciammo a lungo e con passione, come se quella fosse l'ultima occasione che avevamo di farlo, quando in realtà - in quel preciso istante - avevamo deciso che avremmo continuato a baciarci - forse per sempre. 





 

Note: Gli EXO sono entrati nella mia vita all'improvviso, e con la forza di un ciclone l'hanno stravolta completamente. Questa è solo una delle tante strorie in cui ho preso in prestito i loro volti - e i loro nomi - per dare forma a tutte le cose che mi ballano nella testa quotidianamente.
Spero ti piaccia, se sei arrivata fino a questo punto, e mi piacerebbe sapere il tuo pensiero a riguardo, se ti va. 
Ci si rilegge la prossima volta in cui avrò il coraggio di tirare fuori dal cassetto - o meglio, dalla cartella dedicata sul PC - un'altra storia a tema EXO. 

 

 
   

 

   
 
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