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Autore: crazy lion    29/07/2021    1 recensioni
[Seconda stagione, nona puntata]
Bulgaria, 1490. All'inizio di questo episodio Katerina partorisce una bambina che le viene subito sottratta dal padre, ancora prima che lei possa prenderla in braccio. Ma se le cose non fossero andate così?
So che, se le cose fossero andate così, non ci sarebbe stato tutto il resto di The Vampire Diaries, ma volevo dare un finale felice a quella che, per Katerina, è stata una tragedia.
Disclaimer: i personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà di Kevin Williamson, Julie Plec e Samuel Lorenti.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Katherine Pierce, Nadia Petrova
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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L'AMORE DI UNA MAMMA

 
Katerina era seduta al tavolo della grande cucina. Davanti a lei c'erano una tazza di latte e dei biscotti, fatti con  del pane indurito.
"Non avete fame, figlia mia?" le chiese Sia, sua madre.
"No, non molta in verità" rispose, prendendo un sorso di latte.
"Che farete oggi?" le domandò Iván, SUO PADRE.
"Alle dieci ho lezione di piano, poi studierò con il mio precettore."
"Bene," disse l'uomo alzandosi, "allora godetevi queste ore di libertà."
Detto questo, uscì e la figlia lo vide salire a cavallo. Faceva una cavalcata con il suo destriero, Tempesta, ogni mattina. Passeggiare non era una cattiva idea, ma c'erano delle cose che doveva fare. Dopo mangiato uscì, si avvicinò a dei cespugli e vomitò un po' ma non tutto per fortuna. Il canto degli uccelli le dava fastidio. Sapeva di cosa poteva trattarsi e le tremavano le mani al solo pensiero. Era stata solo una notte, solo una stupida notte con Alexander, un contadino del paese che non conosceva per niente. Erano andati entrambi alla festa di paese e avevano bevuto troppo sidro, si erano ubriacati e, eccitati dall'ebbrezza, avevano fatto l'amore in un fienile. Ovviamente i genitori di Katerina non le avrebbero mai permesso di partecipare a una festa con i villici, ma lei era uscita di nascosto quando loro dormivano. Era stata così stupida!
Tornò in casa, prese una tazza, uscì, si sedette sulla latrina con la tazza sotto la parte più critica e nascosta di sé e fece quello che doveva fare, poi si alzò, si rivestì, coprì la tazza con un fazzoletto e si avviò verso la casa del cerusico. Per strada incontrò alcuni bambini che giocavano e le si strinse lo stomaco in una morsa. Se fosse stata davvero incinta, chissà cosa sarebbe successo.
La casa del cerusico era piccola e bassa e la ragazza bussò tre volte. Le venne aperto da una donna vestita in modo semplice, probabilmente una serva.
"Desiderate?"
"Vorrei vedere il cerusico, se possibile. Ha visite in questo momento?"
"No, è libero. Venite, vi acccompagno
 nel suo studio. Chi devo annunciare?"
"Katerina Petr… ehm, Katerina Ivanovna" si corresse.
La sua famiglia era potente in Bulgaria, se avesse detto il suo cognome il cerusico avrebbe subito capito di chi si trattava. Pochi giorni prima si era anche tagliata i capelli corti per essere meno riconoscibile e sperava che il cerusico non l'avrebbe riconosciuta.
"Katerina Ivanovna, signore" disse la serva dopo aver bussato a una porta in legno lavorato con dei fiori  e aver atteso che il cerusico le dicesse di aprire.
"Entrate pure. Lasciateci soli" disse poi alla domestica, che si defilò.
"Katerina Ivanovna, avete detto?"
"Esatto, signore."
"La vostra somiglianza con Katerina Petrova è incredibile, se non fosse per i capelli, l'assenza di occhiaie e il sorriso. Ha un bel sorriso quella ragazza, sapete?"
Mentre il suo era spento, smorto. Da quando sospettava una gravidanza era cambiata molto. Era felice per quel bambino, ma si domandava cosa gli sarebbe accaduto se fosse stata una femmina.
"In realtà," disse tirando fuori tutto il suo coraggio, "io e la mia famiglia siamo qui da poco."
"Capisco." L'uomo era anziano e aveva pochi capelli bianchi sulla testa, ma sembrava ancora in forma. "Come posso aiutarvi?"
"Credo di essere in dolce attesa" sussurrò lei, ma abbastanza forte perché il medico potesse sentire.
"Avete avuto sintomi?"
"Stanchezza, sbalzi di umore, nausea forte da una settimana… Vi ho anche portato le mie urine, se dovessero servirvi."
L'uomo le osservò.
"Dal colore quasi bianco direi che siete in attesa. C'è anche un po' di sangue, ma non è sempre un cattivo segno, qualche perdita è normale in gravidanza, però se doveste averne in abbondanza venite subito da me."
"Perché quello potrebbe significare che sto abortendo, giusto?"
"Esatto."
Katerina tremò. Non voleva pensare a un'eventualità simile.
"E ora i cibi da evitare assolutamente e quelli che potete mangiare. Non mettete in bocca carne cruda o pesce crudo, ma potete mangiarli cotti e anche frutta e verdura se sono pulite. Mangiate tante noci, al bambino faranno bene."
"Ho capito, vi ringrazio. Il tè lo posso bere?"
"Sì, non ci sono controindicazioni."
"E il vino?"
"Sì, ma pochissimo, cercate di ridurre al minimo le quantità."
"Non c'è problema, non bevo vino  o sidro da mesi."
“Bene così allora. Spero che vostro marito sarà contento di questo figlio."
Lei gli mostrò le mani.
"Non sono sposata. Non ditelo a nessuno, vi prego!"
"Sono vincolato dal segreto professionale, non posso dire nulla. Ne avete già parlato con i vostri genitori?"
"I miei non sanno ancora niente, prima volevo venire da voi."
"Ah, un'altra cosa: fate lunghe passeggiate, ma non sforzatevi troppo. Al bambino farà bene stare in mezzo alla natura."
"D'accordo, grazie."
Sempre che i suoi non le avessero chiesto di abortire, si disse uscendo dalla casa del cerusico.
Tornata alla sua abitazione fece quanto aveva detto al padre e fu a pranzo che disse ai suoi e alla sorella Tatia, che  aveva lo stesso nome di una sua antenata, di essere incinta.
"Se sarà un maschio lo terremo, altrimenti no" decretò suo padre.
"Ma una femmina dovrebbe avere gli stessi diritti di un maschio, anche lei avrebbe bisogno  della sua mamma, non credete?"
“Avete disonorato la famiglia, non potete decidere voi.”
L'uomo si alzò, rovesciò la sedia e uscì.
"A me sembra una notizia fantastica, Katerina!" esclamò Tatia, che aveva nove anni.
Non capiva quanto difficile fosse la situazione.
"Katerina, andate in camera vostra e non uscitene finché non ve lo diremo io e vostro padre.”
La ragazza obbedì, salì le scale e si chiuse a chiave in camera. Si sdraiò sul grande letto a baldacchino e pianse tutte le lacrime che aveva in corpo. Era vero, aveva sbagliato, ma perché trattare il suo bambino in quel modo? Lui era innocente, non aveva colpe, non era ancora nato. Ma forse una soluzione c'era. Quando sua madre uscì per delle commissioni, a quanto le pareva di aver capito, sua sorella venne a bussare. Katerina girò la chiave e aprì.
"Puoi andare se vuoi, ma sbrigati" le disse Tatia.
"Andare dove?"
"Da Alexander a dirgli del bambino, no? Magari lui ti può aiutare."
Anche lei ci aveva pensato, poco prima che Tatia arrivasse. Sì, si disse mentre usciva in fretta, lui avrebbe accettato e amato quel bambino tanto quanto l'avrebbe fatto lei, sarebbero fuggiti insieme dove nessuno avrebbe  potuto trovarli e avrebbero avuto il loro tesoro.
Katerina andò nei campi a cercarlo, e quando lo trovò, vestito da lavoro e sporco di terra, lui la guardò e per un momento non la riconobbe, ma poi il suo viso si illuminò.
"Katerina, che ci fate qui?" le chiese.
Era alto, con i capelli neri e gli occhi scuri ed era molto magro.
Anche lei aveva gli occhi scuri, ma era più bassa di lui.
"Vi devo parlare di una cosa importante, ma non qui, assieme a tutti gli altri contadini. Dobbiamo essere soli" sussurrò.
"È maleducazione sussurrare."
"Non ho altro modo, perdonatemi."
"E poi sarebbe sconveniente parlare da soli, non trovate?"
"Quando abbiamo fatto sesso non l'avete trovato sconveniente, però."
Una donna non avrebbe mai dovuto permettersi di rivolgersi a un uomo così, ma Katerina si era sempre sentita diversa da tutte le altre.
"Non ricordatemi quella notte, non ha significato niente per me. Eravamo entrambi ubriachi."
"Lo so, nemmeno per me… fino a ora."
"Che cosa intendete?"
"Se andiamo in un posto sicuro ve lo spiego."
Lui sospirò.
"Venite."
Si diressero nel bosco e Katerina sorrise: il dottore aveva detto che al bambino faceva bene stare in mezzo alla natura. Tutto era silenzioso, si sentiva solo il canto di qualche uccello. Katerina rischiò di scivolare su un sasso, ma Alexander la sostenne.
"Vi ringrazio."
"Figuratevi."
Non parlarono più per tutto il tragitto, finché arrivarono a un capanno.
"È abbandonato, possiamo entrare" disse il ragazzo.
Aveva diciassette anni, come Katerina.
Per un po' nessuno parlò, poi:
"Allora, cosa dovevate dirmi di tanto urgente?"
Lei trasse un profondo respiro.
"Che la nostra notte ha portato delle conseguenze."
"Quali?"
"Sono incinta. Lo sospettavo da un po', ma ho avuto la conferma stamattina dal cerusico.”
Ad Alexander ci volle un attimo per processare la notizia.
“Capisco” disse e poi si schiarì la voce. “E adesso… insomma, che cosa vorreste fare?”
“Io voglio questo bambino, lo amo già follemente! Possiamo trovare il modo di progettare una fuga e…"
"Ferma, Katerina, ferma. Calmatevi. Io non ho intenzione di fuggire con voi da nessuna parte. Ho diciassette anni, e non voglio un figlio. Sono troppo giovane e non sono pronto. Mi dispiace, non posso aiutarvi."
"Quindi n-non siete contento? Nemmeno un po'?"
"No. Questo bambino complica solo le cose per  entrambi. Non dirò niente alla mia famiglia, non voglio rovinarla."
"Certo, pensate solo  a voi stesso e non a me."
Katerina ora aveva alzato la voce.
"Sì, perché non posso fare altro."
"Potreste. Se lo voleste, potreste."
Detto questo, Katerina uscì e tornò a casa in lacrime, Si infilò nella sua stanza in fretta e furia senza raccontare alla sorella quanto successo e pianse tutta la notte, finché gli occhi le bruciarono.
I mesi che seguirono furono un inferno. I genitori decisero di chiuderla in casa fino al giorno del parto. Katerina faceva le faccende domestiche: puliva, cucinava, teneva in ordine la casa, cercava sempre di tenersi occupata e intanto la pancia cresceva.
"Sarai un maschietto, ne sono sicura" diceva al bambino quando la sera, dopo aver spento la candela, si trovava al buio, a letto.
E lui scalciava quando lei gli diceva qualcosa e si muoveva molto anche durante la giornata. Si acquietava la notte.
"Però! Sei scatenato" gli sussurrava in quelle occasioni.
"Sarai un maschio e potrò tenerti" gli disse una notte, quando secondo i suoi calcoli era al sesto mese.
"Mamma e papà te lo faranno tenere?" chiese Tatia.
"Non lo so, piccola. Dipende da tante cose."
"Quali cose? È un bambino, il tuo bambino. Dovrebbero essere contenti, non rinchiuderti in casa. Perché l'hanno fatto?"
"Tatia, ci sono delle cose che ancora non puoi capire. Il fatto che io sia rimasta incinta è un disonore per questa famiglia, perché non sono sposata, capisci?"
"No, non molto. Non è giusto, secondo me. Non sei sposata? E dov'è il problema?"
Katerina sospirò e diede un bacio alla sorella.
Beata innocenza pensò.
Quando arrivò il giorno del parto, Katerina si svegliò sentendosi bagnata. Si erano rotte le acque. Chiamò subito la madre che la assistette durante le lunghe ore di travaglio. Dapprima le contrazioni furono lontane e deboli, poi sempre più forti e ravvicinate, finché a sera ne aveva una ogni trenta secondi.
"Siete pronta" le disse la madre.
"Sono stanca, non ce la faccio più!" gridò Katerina, stringendo poi i denti fino a farsi male.
"Dovete farcela! Questo bambino vuole nascere. È pericoloso tenerlo dentro di sé troppo a lungo."
"Che devo fare?"
"Spingete. Spingete più forte che potete, con tutta la vostra anima!"
La ragazza ci provò, ma le si bloccò la schiena. La madre gliela massaggiò mentre lei spingeva.
"Ancora un po' cara, ancora un po'. Spingi! Ancora un po'. Ancora un po', spingi!"
"Vedo la testa, spingete ancora, tesoro. Ha tanti capelli, sapete? Proprio come i vostri."
"Come i miei?" chiese Katerina, fermandosi un momento per riprendere fiato.
"Esatto. Continuate a spingere."
Diede l'ultima, fortissima spinta, quella che la fece gridare più di tutte, e alla fine udì un vagito. Un suono bellissimo, che non avrebbe più dimenticato per tutto il resto della sua vita.
"È una bambina" disse la madre.
"Una bambina" sussurrò Katerina, priva di forze. Il parto l'aveva sfiancata. "Per favore, madre, lasciatemela vedere."
Il padre, che aveva assistito al parto senza dire niente, si intromise.
"Donna, no! Cosa state facendo?"
"Lasciate almeno che la tenga in braccio una volta, solo una volta!"  implorò Katerina fra i singhiozzi.
Ma anziché ascoltarlo e dargli la bambina, la donna la poggiò sul petto di Katerina.
"Ha bisogno della sua mamma, almeno per un po'" gli disse.
Il marito batté un piede a terra, cosa che fece piangere ancora di più la piccola. Katerina la strinse al petto temendo che volesse strappargliela, ma lo vide uscire.
"Va tutto bene, piccolina. Non c’è niente da temere” sussurrò, con tutta la dolcezza del mondo. “Pensate che me la lascerà tenere?"
"Non credo, Katerina, mi dispiace."
"Madre, posso vederla?"
Tatia era entrata.
"Certo, tesoro."
"Ti somiglia" disse la bambina a Katerina. "Ha i tuoi capelli, e forse avrà anche i tuoi bellissimi occhi."
"Grazie, tesoro."
"Come vuoi chiamarla?"
"Le darò un nome solo se papà me la lascerà tenere, cosa che credo improbabile."
Una lacrima scivolò sulla testolina della bambina.
"Io vado in cucina," disse Sia, "Katerina, ricordate di tenerle sollevato il collo."
"Sì, madre."
La piccola ogni tanto piangeva o faceva dei gorgogli.
"Forse ha fame" disse Katerina. Si mise in posizione seduta e diede alla bambina il suo seno. La piccola si attaccò subito. "Come divori!" esclamò la ragazza.
Sentire quella minuscola vita succhiare latte dal suo corpo era quanto di più bello ci fosse al mondo. Era appena diventata mamma, realizzò. E anche se la sua piccola le fosse stata strappata, lo sarebbe stata per sempre.
Poco dopo rientrò suo padre.
"Ora basta!" tuonò. "Avete disonorato questa famiglia."
Le prese la bambina dalle braccia con forza, facendola piangere, e uscì con lei.
"Padre, vi prego!" gridò Katerina, disperata. "No, padre, no!"
Non poteva farle questo, non poteva sottrarle la sua bambina, il sangue del suo sangue.
La madre la abbracciò.
"No Katerina, è meglio per lei. È meglio per lei."
“No, per lei sarebbe meglio stare con la mamma, non con degli sconosciuti” ribatté la ragazza.
La mamma la strinse ancora mentre le lacrime di Katerina non accennavano a cessare.
La ragazza passò i quattro giorni successivi a letto, alzandosi solo per andare in bagno. Mangiava poco e beveva ancora meno.
"Vuoi lasciarti morire?" le chiese la madre un giorno.
"Sì" mormorò lei.
Il cerusico venne a visitarla.
"State dimagrendo, Katerina, e mangiare così poco non vi fa bene. Dovete farlo di più, se volete vivere. E anche stare sempre a letto non vi aiuta. Perché non vi lazate un po', solo per qualche minuto?"
"È questo il fatto dottore: io non voglio vivere, non senza la mia bambina."
Ogni sera pregava per lei, perché stesse bene, perché suo padre si ravvedesse e tornasse indietro, ma non accadeva mai. Forse Dio non la ascoltava perché aveva sbagliato quella notte con Alexander, commettendo un grave peccato.
L'uomo provò a convincerla a mangiare o ad alzarsi, ma non ci fu niente da fare.
"Non vuol essere né curata, né salvata" disse alla madre e Katerina lo sentì perché erano fuori dalla porta della sua stanza.
Udì anche i pianti strazianti della mamma e di Tatia. Stava facendoloro del male comportandosi così, ne era consapevole, ma non poteva fare altrimenti. Come avrebbe potuto continuare la sua vita senza la sua bambina? Come avrebbe fatto ad alzarsi e a guardarsi allo specchio senza sentirsi in colpa? Avrebbe dovuto essere più forte, opporsi alle decisioni del padre, lottare corpo e anima per riavere quella piccola creatura. Invece aveva solo gridato e pianto, non si era nemmeno alzata per raggiungerlo e provare a fermarlo. In più, stava perdendo il latte. Ogni giorno, diverse gocce le colavano sul petto e sapeva che, presto, sarebbe scomparso del tutto. Ogni volta che accadeva, pensava che aveva in corpo meno cibo per la sua piccina, e questo la straziava ancora di più. Sentia un odore acre fra i seni quando il latte gocciolava, e lo asciugava con degli stracci. Se l’avesse perduto del tutto e suo papà fosse tornato con la bambina, cosa che ormai riteneva impossibile, come avrebbe fatto a nutrirla? Affinché non morisse di fame, sarebbe stato necessario affidarla a una balia. Ma il suo latte non sarebbe mai stato come il proprio.
Sia si sedeva acanto alla figlia giorno e notte, controllava che mangiasse un po' e che respirasse ancora. Anche Tatia veniva ogni tanto.
 
 
 
Dopo altri tre giorni, Katerina fu colpita da una forte febbre.
"Per il poco nutrimento" disse il cerusico, "e forse anche per il dolore per aver perso sua figlia."
Le fece dei bagni freddi e le diede delle erbe, ma non assicurò a madre e sorella che sarebbe sopravvissuta.
"Chissà dov'è vostro padre!" esclamò la donna.
"Vi preoccupate di quel bastardo quando Katerina sta per morire?" le chiese Tatia.
"Chi vi ha insegnato queste parole?"
"Non importa. Comunque dovreste preoccuparvi per lei e la bambina, non per lui. Guardate che cos'ha fatto!"
"L'unica cosa che poteva fare."
"E che ora sta uccidendo mia sorella."
 
 
 
Intanto, Katerina vagava fra l'incoscienza e momenti di semi-incoscienza, sognando che alla sua bambina accadessero cose terribili, Sognò che suo padre la dava a una famiglia chela picchiava e la faceva lavorare  nei campi, o che era morta e il padre aveva seppellito il suo corpicino freddo e bianchissimo.
Una notte si alzò in piedi. Si guardò intorno spaesata, non capendo dove si trovava., poi cadde per terra. Sua madre si svegliò di soprassalto e la tirò su, rimettendola sotto le coperte.
"Dove siamo?"
"Nella vostra stanza, tesoro."
"Nella mia… non mi sembrava."
E svenne.
La sua febbre durò solo un paio di giorni, poi sparì del tutto.
"Mi sembra ancora di sentire i suoi pianti" disse Katerina alla madre e a Tatia.
"Tesoro, dovete mettervi in testa che la bambina non tornerà più. Vostro padre starà cercando una famiglia a cui affidarla, o la porterà in un brefotrofio, o la abbandonerà davanti a una chiesa, non lo so, comunque non…"
“Anche voi avete colpe in tutto questo, madre.”
“Lo so, ma…”
“Non cercate di giustificarvi!” gridò Katerina, infuriata.
“Non voglio farlo, ma solo dire che…”
In quel momento, mentre Katerina si stava arrabbiando, si sentì la porta che si chiudeva e si udirono dei pianti.
"La mia bambina!"
Katerina si alzò in fretta dal letto, volò giù dalle scale e guardò negli occhi suo padre.
"Per nove giorni ho girato nel nostro e nei villaggi vicini cercando qualcuno che se ne occupasse. Ho chiesto a una balia di venire con me per aiutarmi, per allattarla e lei ha accettato. Ma quando la abbandonavo davanti a una porta, mi mancava il coraggio e la riprendevo subito in braccio. E poi negli ultimi due giorni rifiutava il latte della balia. Mangiava e vomitava, mangiava e vomitava, solo questo."
Katerina si preoccupò.
"Datemela, per favore."
Si sedette su una sedia e la bambina si attaccò subito al suo seno, com'era accaduto quando era nata.
"Sembra che voglia proprio il vostro latte" commentò il padre.
La sua voce era più dolce, più gentile.
"E cosa vi ha fatto cambiare idea? Come mai non l'avete data a qualcuno?"
"Voi. Voi e vostra sorella. Mentre la tenevo in braccio, mi sono ricordato dei giorni nei quali siete nate e vi ho strette a me e non ce l'ho fatta a lasciarla. Avete disonorato la famiglia, è vero, ma vi ho punita anche troppo, figlia. Se potete, perdonatemi."
"Vi perdono per avermi segregata in casa, ma non per avermi tolto mia figlia."
Ora la bambina era sazia e Katerina la stava cullando fra le sue braccia.
"Posso solo dire che mi dispiace e che sono pentito. Affronteremo tutto insieme, ve lo prometto. Il paese parlerà male di noi? Che parli, a noi non deve interessare."
"Siete cambiato in fretta, padre" disse Tatia.
"Sto cercando di essere un padre e un nonno migliore. Sempre che Katerina mi lasci tenere in braccio la bambina dopo quello che le ho fatto."
"Vi meritereste di non vederla mai più, ma sì, potete prenderla."
"Ve la lascio coccolare. In fondo, non l’avete vista per sette giorni."
Lasciò le donne da sole e andò a cavalcare.
"Non so se credere a tutto quello che ha detto o no" disse Katerina.
"Io gli credo, e anch'io ho colpe in questa storia" disse Sia. "Nemmeno io l'ho fermato, anzi, vi ho detto che sarebbe stato meglio per la bambina, ma avevate ragione voi. Ha bisogno della sua mamma."
Katerina guardò sua figlia. Era cresciuta dall’ultima volta che l’aveva vista, ma era ancora minuscola. Che manine, che piedini! La baciò così tanto che sua madre le disse di stare attenta a non consumarla e lei rise. Poterla tenere in braccio, sapere che sarebbe rimasta con lei erano i doni più grandi che Dio avesse potuto farle.
“Grazie, Signore, di aver ascoltato le mie preghiere” mormorò.
Subito dopo la piccola cominciò a piangere.
"Credo di doverla cambiare" osservò Katerina.
La mamma le procurò alcune fasce e, dopo averla distesa sul letto, Katerina la cambiò. La bambina continuò a sbattere gambe e braccia facendo ridere la ragazza.
"Sta' ferma!" esclamava, mentre la piccola non faceva che dimenarsi.
Il cambio della fascia fu più lungo e difficile di quanto Katerina si sarebbe aspettata, ma si disse che in futuro sarebbe stata più brava.
“Come la chiamerai?” le chiese ancora Tatia.
Lei ci pensò un po’ su. C’erano molti nomi belli.
“Nadia” rispose.
“È un bellissimo nome, tesoro!” esclamò Sia, e Tatia fu d’accordo.
Quella sera, sotto le coperte, con la bambina addormentata in una culla in legno lì vicino al suo letto, Katerina ripensò agli eventi appena trascorsi. Aveva sofferto come non aveva mai fatto nella sua vita, ma alla fine il padre si era innamorato della nipote e l'amore di una mamma, cioè di lei, aveva vinto su tutto il resto.
 
 
 
NOTE:
1. Le frasi in corsivo, a parte “non voglio vivere”, sono tratte dal film e sono una traduzione dall’inglese fatta da me. Le ho trovate su una trascrizione della puntata.
2. Nel Medioevo si credeva che le donne incinte dovessero bere vino, perché faceva bene al bambino.
   
 
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