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Autore: Feisty Pants    30/07/2021    1 recensioni
La banda è ormai fuori dalla banca di Spagna e cerca di ricominciare a vivere in piena tranquillità spostandosi da un luogo a un altro. Alicia Sierra, Cesar Gandia e la polizia segreta, però, cercheranno in tutti i modi di trovare i Dalì per porre fine a una guerra che ormai stava durando troppo tempo. I veri protagonisti, questa volta, saranno i sentimenti, le emozioni e le storie personali di ogni membro della banda obbligato a fare i conti con i fantasmi e tesori della propria vita.
(Alcuni elementi della trama originali sono stati modificati. Nairobi, infatti, è ancora viva e il professore è riuscito a portare fuori la banda dalla banca di Spagna senza aver incontrato Alicia Sierra)
Genere: Azione, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Yaoi, FemSlash | Personaggi: Il professore, Nairobi, Rio, Tokyo
Note: Missing Moments, OOC, What if? | Avvertimenti: Incompiuta, Violenza
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CAPITOLO 19
IL PIANO RINASCITA

 
Quando la banda riesce ad entrare nella panic room di Alicia Sierra, il sipario era già calato. Ad accogliere la banda c’erano due corpi privi di vita, accasciati a terra. Tutto era ormai finito, cessato, concluso, grazie a un giovane che aveva donato sé stesso per salvare i propri amici.

Attimi devastanti, vissuti al rallentatore, mentre ogni membro della squadra cade a terra uno a uno, con le mani sul viso o sulla fronte, disperandosi per un giovane papà strappato alla linfa vitale troppo presto.

Se per la squadra risulta più semplice confortarsi, così non avviene per Tokyo e Nairobi, spettatrici passive di uno scempio.

Trascorrono minuti interminabili, in cui Nairobi tiene chiusa tra le braccia l’amica del cuore, cingendola e bloccandola come se fosse una camicia di forza intenzionata a contenere il dolore. La verità, però, stava nel fatto che neppure la tanto determinata Nairobi sapeva come fare ad assorbire anche solo una briciola della sofferenza di Tokyo.

Nairobi non dice nulla, lascia libero sfogo alle lacrime e alle urla strazianti di Silene che lacerano l’aria e rimbalzano senza sosta all’interno della stanza.

“NOOOOO, NOOOOO, NOOOOO”

Queste le uniche parole prolungate che fuoriescono dalla bocca di Tokyo, ormai ceduta in ginocchio, con una mano sul cuore ferito e una sulla bocca. Una parola brutta, spezzata, con una “o” infinita pronunciata con una voce grattata, sparata, bruciante capace di infiammare le corde vocali a causa del bisogno di esternare il dolore. Tokyo si dispera senza pietà per le proprie condizioni, senza vergogna per i propri urli, senza timore per la propria debolezza, rincuorata solo da quelle braccia sante della migliore amica che non la mollava nemmeno per un istante.

L’immagine della morte di Rio si riavvolge come un nastro nella sua mente, mostrandosi e rimostrandosi senza sosta confermandosi una realtà cruda, vera e concreta. In quella morte Silene vede morire i propri sogni, la propria felicità e il proprio futuro. Del gesto di coraggio di quell’uomo non riesce ancora a esserne fiera, perché con quella morte si sentiva abbandonata, senza il compagno della sua vita, senza il padre di sua figlia, senza metà del suo cuore e senza l’ossigeno per respirare anche solo nei prossimi minuti.

“No, no!” continua imperterrita, per poi adagiarsi tra le braccia di Nairobi che non cessa di stringerla e di coccolarla, consapevole del grande valore che incarna in un tale momento.

Anche Nairobi non sa come agire. Vedere l’amica pugnalata da quella situazione è come assistere alla sua morte. Nairobi lascia scorrere qualche lacrima silenziosa, mettendo da parte il dolore per la perdita dell’amico, rispettosa della sofferenza di Silene che considerava infinitamente maggiore. Nairobi quel giorno aveva visto morire un amico ma, soprattutto, il fidanzato della sua migliore amica e il papà amorevole di una meravigliosa bambina. Nairobi aveva visto la morte di un ragazzo che aveva dimostrato di potersi riscattare grazie ai sacrifici e alla forza di volontà, un piccolo uomo che era riuscito a superare le proprie paure e a morire pur di sconfiggerle per sempre, ma soprattutto un grande bambino, capace di amare il sangue del suo sangue con un amore incondizionato, gratuito e curativo che molti adulti non sanno nemmeno di possedere e gestire.

“Uccidimi ti prego! Sparami!” grida disperata Tokyo, prendendo la mano dell’amica e stringendola al petto.

“Che cazzo dici? No, Silene calmati!” la ferma immediatamente Nairobi, consapevole degli attacchi illogici della migliore amica.

“Allora mi uccido io! Mi uccido io!” urla ancora la ragazza dai capelli corti, facendo per avvicinarsi a una pistola e cercando di afferrarla. Nairobi le si pone davanti, ostacolandone il desiderio con tutto il corpo. Era incredibile la forza di Tokyo in quel momento, talmente concentrata da riuscire a destabilizzare Nairobi che ancora i piedi al pavimento in modo da trovare l’energia per respingerla.

“Devi reagire Toky! Devi farlo per Nieves, non puoi pensarla così!” cerca di convincerla Nairobi, allontanandola da quell’idea malsana. È in quel momento che la gitana decide di agire diversamente. Afferrata una siringa e un particolare farmaco si appresta ad iniettarlo nella spalla dell’amica che non si rende nemmeno conto del gesto.

“Non ce la faccio senza di lui! Non ce la faccio senza di lui!” singhiozza Tokyo abbandonandosi tra le braccia di Nairobi sentendosi improvvisamente stanca. Nairobi l’accoglie tra le sue braccia, accarezzandole la guancia e cullandola tenendola stretta a sé.

“Non ti lascerò mai sola, ora più che mai amore mio” si limita a dire Nairobi, per poi vedere l’amica finalmente addormentata tra le braccia, in pace con sé stessa per qualche ora grazie a un sedativo che l’avrebbe salvata da un esaurimento nervoso.

Tokyo dorme per tutto il pomeriggio e non si rende conto del rientro della banda che, dopo l’accaduto, riesce ad andarsene con un elicottero, sotto gli occhi della polizia rimasta inerme e immobile con l’ordine di lasciare liberi i Dalì.

Nessuno osa fiatare, parlare o emettere qualsiasi tipologia di suono. Denver con in braccio Monica si allontana con Helsinki verso una stanza e vi si chiude per operare la gamba della donna che, durante tutto il tragitto, non aveva ancora smesso di piangere per la morte dell’amico. Bogotà, Raquel, il prof e Palermo raggiungono invece Nairobi, rimasta accanto a Tokyo che a breve si sarebbe risvegliata.

Bogotà avanza con lo sguardo basso, per poi abbracciare forte la moglie per supportarsi visto il momento.

“Come sta?” chiede Raquel, accarezzando la testa di Tokyo nonostante i conflitti presenti tra le due.

“L’ho dovuta sedare. Stava delirando… abbiamo visto tutto” si limita a dire Nairobi, asciugandosi con il mignolo l’ennesima lacrima che sfugge al controllo dei suoi occhi. Il prof è rimasto ancora immobile, senza dire una parola, nervoso e sconfitto consapevole di aver fallito. Lui che si era ripromesso di proteggere tutti, soprattutto Tokyo, non aveva agito con arguzia esponendosi ed evitando la morte di un ragazzo così giovane.

Preso da un momento di sconforto ma anche da un desiderio di rivincita, il prof si chiude nel mutismo e nel silenzio della panic room, senza consultarsi con nessuno.

I membri della banda rimangono nel vuoto, appesi ad un filo quando, fortunatamente, il pianto di Nieves riporta tutti alla realtà. Nairobi si avvicina alla bambina, prendendola in braccio e cercando di calmarla anche se, probabilmente, anche lei aveva avvertito qualcosa di estremamente negativo. È quel pianto che risveglia Tokyo dopo ore di tregua da una lacerazione che era lì pronta ad aspettarla una volta sveglia.

“Come ti senti?” le chiede Bogotà prendendola per mano, mentre Nairobi continua a occuparsi della piccola.

“Sento di aver perso. Per sempre” risponde Tokyo, appoggiata al cuscino con la testa rivolta verso destra, con lo sguardo apatico puntato verso il muro.

“Rio ci ha permesso di vivere, per sempre. Fa tesoro della rinascita che ti ha dato. Noi saremo con te sempre” la conforta Bogotà chiudendo la mano di lei tra le proprie.

Tokyo non risponde e, abbandonata alla cruda realtà, lascia scorrere le lacrime senza controllo. Solo il tempo avrebbe potuto lenire le sue ferite, anche se al professore l’idea di aspettare non bastava.

Dopo circa un’ora è proprio lui ad uscire dalla panic room, facendo segno ai compagni di accendere la televisione. La banda non se lo fa ripetere due volte e accende il dispositivo senza ulteriori domande. Ogni canale, ogni ente, ogni frequenza stava trasmettendo il medesimo servizio.

Il soggetto del video riguardava la morte di Rio e il suo scontro con Alicia Sierra. Tutto il mondo stava assistendo alla sua morte in diretta, ascoltando quel monologo sulla paternità e sull’amore per la vita che aveva sciolto tutti. Terminata la visione, il video mostra poi il volto del professore con in mano una maschera di Dalì.

“Per molto tempo ci avete temuti, additati come criminali e in parte non potevamo darvi torto” inizia la sua arringa il prof “ma dietro a queste maledette maschere ci sono uomini e donne che hanno toccato il fondo, che hanno pagato condanne ingiuste, madri e padri allontanati dai propri figli, lavoratori onesti e studenti professionali. Delle persone normalissime che non hanno mai leso l’incolumità di nessuno, ma che hanno solo provato dei colpi di rapina in banca. Quest’ultimo anno è stato travagliato e particolarmente ingiusto per noi. Avevamo desiderio di rinascita, di ripresa, di vita normale. Saremmo spariti dalla circolazione senza torcere un capello a nessuno, ma questa donna Alicia Sierra, in cui voi avevate riposto la vostra fiducia in quanto ottima ispettrice, ci ha messo ai ferri corti cercando di distruggerci senza un apparente motivo, solo per un gusto personale. Quel mostro ha ucciso, ha torturato, ha sfruttato un bambino e ora ci ha tolto un compagno. Anibal Cortes è sempre stato un ragazzo impulsivo, sotto alcuni tratti molto infantile… ma con un cuore enorme. Un ragazzo buono, disponibile che in questo anno è riuscito a rinascere proprio come avete sentito dalle sue parole. Un giovane papà che non desiderava altro se non poter crescere la figlia in tranquillità e normalità. La normalità, la routine… che aspetti spettacolari non trovate? Chi vive la giornata tende spesso a lamentarsi delle solite azioni e altri, invece, lottano per conquistare anche solo due ore di tempo senza programmi. L’attacco al Palacio Real di quest’anno è stato tutta una montatura. Noi non volevamo rubare né rompere niente. Desideravamo solo quella fottuta normalità, che ci è stata strappata via a causa della mente malata di certe persone. Ora noi desideriamo tregua. Per scusarci invieremo una grande somma di denaro allo stato e alla famiglia reale per aggiustare i danni arrecati per poi ritirarci per sempre. Il nostro piano rinascita prevedeva proprio questo: il desiderio di libertà e di vita. Anibal Cortes è stato il nostro piano rinascita. Quel ragazzo si è sacrificato per tutti noi a nome della paternità, della famiglia e dell’amicizia, cercando addirittura di evitare il suicidio a quella donna che l’aveva torturato e ucciso i genitori. Il video che avete appena visto è l’esempio concreto di come, all’interno di ognuno di noi, sia presente il diavolo e l’angelo. Alicia Sierra era considerata la migliore nel suo campo, eppure lavorava in modo sporco e illegale rischiando di uccidere persone con le proprie torture. Anibal Cortes, invece, era ricercato per delinquenza quando altro non era che un giovane papà, sempre premuroso e sognatore. Da oggi queste maschere non le vedrete mai più” afferma il prof, mettendo la maschera per terra e calpestandola mandandola in frantumi.

“Non la vedrete più perché noi cercheremo di vivere la nostra rinascita grazie al sacrificio di Anibal Cortes, quel fratello che noi chiamavamo Rio che si è sporcato le mani ed è morto per salvare tutti noi. Signori e signore, noi usciamo di scena. Grazie Rio… per aver reso possibile il piano rinascita offrendo la tua vita”

Il messaggio del professore viene ascoltato da tutti e il mondo intero reagisce al gesto con rispetto e silenzio. Nei giorni successivi tanti sono i fiori che vengono portati davanti a diversi monumenti, molti sono i disegni e le fotografie di Rio apposte sui pali, sui muri, sulle strade e infinite sono le persone che giungono con candele nei pressi del Palazzo Reale. Il globo intero era rimasto di stucco di fronte al gesto del ragazzo che aveva sacrificato sé stesso per salvare la popolazione spagnola da un’assassina a piede libero.

La banda si stava spostando ulteriormente grazie a una nave che l’avrebbe portata in alcune isole sperdute dell’oceano pacifico, verso l’ultima tappa che tanto desideravano. La morte di Rio aveva segnato ogni membro ma i Dalì, con la solita tenacia e forza d’animo di sempre, riuscivano a distrarsi facilmente lasciando al tempo il compito di lenire le ferite.

L’unica incapace di reagire risultava Tokyo che, in quel periodo, non aveva avuto il coraggio di vedere e occuparsi della bambina, affidandola esclusivamente alle cure di Nairobi. Silene passava le sue giornate ad osservare il mare dall’oblò dell’imbarcazione o a dormire per far scorrere il tempo. Si alzava poco e sporadicamente per mangiare qualcosa e scambiare due parole con i membri della banda, senza mai toccare il tasto “Rio” che le faceva sanguinare il cuore. La piccola Nieves le mancava da morire, ma in quel momento confusionale era giusto che la bambina non assorbisse la negatività della madre.

“Hey” la saluta Nairobi entrando nella stiva dell’imbarcazione, con in braccio la piccina.

“Ciao, come state?” chiede Tokyo senza avvicinarsi, abbozzando un sorriso all’amica che stava gestendo Nieves.

“Penso sia giunto il momento di riprenderla con te Tokyo” sbotta subito Nairobi senza tergiversare sull’argomento.

“Come farò a crescerla senza di lui?” domanda allora la ragazza dai capelli corti, iniziando subito a piangere senza ritegno.

“Riuscirai proprio perché lui vive dentro di lei” risponde Agata, accorciando le distanze con l’amica e abbracciandola subito a sé, dopo aver adagiato la bambina sul materasso del letto. Gli abbracci di Nairobi erano l’unica cosa confortante in grado di calmarle i nervi e farla sentire protetta, al riparo da una realtà che non riusciva ad accettare.

“Nulla sarà semplice d’ora in avanti Tokyo, ma non devi rendere vano il suo gesto. Lui ha offerto a tutti noi un’opportunità e grazie a te ha vissuto l’anno migliore della sua vita. Lui ci ha insegnato a reagire e a credere nei nostri sogni! Fa tesoro di ciò che ti ha dato e riprendi con te Nieves, che ha estremamente bisogno di te” conclude allora Nairobi, prendendo in braccio la bambina e passandola alle mani di Tokyo che l’accetta senza lamenti.

Tokyo guarda la piccola tranquilla, intenta a mangiarsi le manine, felice e al riparo tra le braccia della sua mamma e nota immediatamente quanto ci fosse di Rio in quella piccola.

Nairobi si allontana dalla scena, per permettere all’amica di ricucire il rapporto con la propria piccola perla, mentre Tokyo osserva Nieves ripensando alla sua storia con Rio.

Tokyo si lascia stringere il mignolo dalla manina di Nieves, pensando che, se lo avesse saputo, avrebbe dato a Rio molti altri figli, pur di vederlo vivere in ognuno di loro. Tokyo ripensa al loro ultimo bacio e all’ultima volta in cui condivise il proprio corpo con lui, pesando che, se lo avesse saputo, avrebbero fatto l’amore ogni istante, ogni notte, ogni alba. Tokyo rivive le liti, i momenti di crisi, le paure, pensando che, se lo avesse saputo, si sarebbe messa a litigare il triplo per poi assaporare la bellezza di un abbraccio riconciliatorio. Tokyo ripensa ai propri lamenti, alla propria insoddisfazione, pensando che, se lo avesse saputo, avrebbe creduto molto di più in sé stessa fidandosi dell’amore di quel ragazzo che le aveva cambiato la vita.

Tokyo, se lo avesse saputo, avrebbe fatto inceppare il nastro pur di evitare quel punto di non ritorno. Eppure una cosa Tokyo la sapeva con certezza: meglio di così non sarebbe potuta andare.

Ora Rio non c’era più, ma di quell’ultimo anno non avrebbe modificato nulla e quel sorriso sul volto di Rio era la prova della loro vittoria.

Rio sapeva che Tokyo lo stava guardando e le ha dimostrato il suo amore fino alla fine, vincendo la Sierra non con un proiettile ma con la forza di un sorriso… e con l’amore di un papà.

Tokyo adagia di nuovo la bambina sul materasso, per poi sdraiarsi accanto a lei e guardarla in faccia. Nieves si mangia le mani voracemente, muovendo velocemente gli occhioni per captare tutto quello che ha attorno. Tokyo le accarezza la folta chioma scura che aveva sicuramente preso da lei e ne scruta ogni singolo aspetto.

Nieves aveva i lineamenti di Rio. Nieves aveva il naso di Rio. Nieves aveva le orecchie e le labbra di Rio. Nieves aveva gli occhi castani di Rio. Nieves era la piccola fotocopia di Rio.

“Mi dispiace per tutto amore mio…” sussurra Tokyo, tirando su con il naso pronta a un nuovo sfogo di pianto.

“Mi dispiace perché ora il tuo papà non ci sarà mai più. Non potrà aiutarti ad andare in bicicletta, non potrà leggerti le storie, portarti sulle spalle, aiutarti a camminare, a fare la lotta o a sconfiggere gli incubi notturni. Ti chiedo scusa perché d’ora in poi ci saremo solo io e te… ma questa volta non voglio scappare più” inizia a dire Tokyo, sospirando tra i singhiozzi, per poi mettersi frontalmente alla bambina per guardarla in viso.

“Il tuo papà è un eroe e io non posso andarmene! Lui mi ammazzerebbe se lo facessi! La verità è che tu mi ricordi troppo lui e questa cosa inizialmente mi faceva male. Ora, invece, ho capito che sei ciò che ho di più prezioso perché sei tutto quello che mi rimane di Rio” dice lei con dolcezza, appoggiandosi sui gomiti ed accarezzando con entrambe le mani il volto della piccola che la guardava ora incantata.

“Non so dirti come andrà, come sarò, come mi comporterò, ma Rio ha permesso una rinascita a tutti e sicuramente la desiderava soprattutto per me e te. Io sto ancora imparando a essere una buona mamma e ti chiedo scusa in anticipo per gli errori che farò, ma ti prometto che ce la metterò tutta. Mi impegnerò e proverò a ritrovare la felicità partendo proprio da te perché tu, l’ho finalmente capito, sei la mia rinascita” conclude allora Tokyo, baciando delicatamente la guancia della bambina che sorride inaspettatamente. Un sorriso già visto, un sorriso speciale e non comune, un sorriso che solo una persona aveva così, un sorriso capace di rischiarare il cielo dopo una tempesta, un sorriso che Tokyo amava profondamente: il sorriso di Rio.

Tokyo risponde al gesto della bambina sorridendo a sua volta, riuscendo a ridere dopo giorni di inferno. L’avventura dei Dalì era ormai giunta al termine e Tokyo era quella che ne aveva pagato le ingiuste conseguenze perdendo un pezzo di cuore che non avrebbe mai riacquistato. Quel piano rinascita, però, era ormai attuato e anche la ragazza lo desiderava con tutta sé stessa per vivere quella vita che il suo fidanzato sognava per lei e la loro bambina.
  
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