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Autore: butdaddyiloveme    02/08/2021    0 recensioni
Sui documenti era Harry, per gli amici era H, quando era ubriaco diventava Harold, ma per Louis era semplicemente Michelangelo.
Cosa succede quando la vita perfetta nella caotica Roma negli anni 90 diventa lo sfondo di una storia?
Sarà vero che tutte le strade portano alla capitale?
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Erano passati 6 mesi da quando Niall aveva deciso di aiutare il padre con l'azienda di famiglia, erano riusciti ad ampliarla fino in Italia e la proposta di studiare storia dell'Arte in una città come Roma era un'offerta che Harry non poté rifiutare.
Era sempre stato innamorato di quel paese, della cultura e della lingua.
Sua madre aveva vissuto in Italia gli anni della sua adolescenza poiché i suoi zii vi abitavano e cercò di trasmettere ai propri figli le tradizioni e usanze che fecero subito proprie.

Harry era destinato a Roma.

Roma era destinata ad Harry.

E quella Mattina di febbraio ai musei Vaticani sembrava essere d'accordo con lui quando quel bellissimo ragazzo dagli occhi blu entrò nella stanza Della Segnatura facendo concorrenza alla luce dell'affresco de' "La liberazione di San Pietro".

Aveva fatto bene a lasciargli il suo numero, l'avrebbe chiamato, lo sapeva e continuava a ripeterlo ad ogni gradino della scalinata che lo stava conducendo a casa finché una voce non lo distolse dai suoi pensieri:

" Harry?" lo richiamò una figura affacciata alla porta del suo appartamento "hai fatto più tardi del solito, mi stavo preoccupando".

"Scusami Ni, ho incontrato una persona, ho fatto tardi " si giustificò il ragazzo entrando nell'appartamento e poggiando il cappotto sull'appendiabiti nero.

"Mi stai dicendo che oltre a te esistono altre persone che sprecano la propria domenica mattina in un museo invece di dormire?" sorrise il ragazzo sistemandosi gli occhiali sul naso.

"A quanto pare esistono altre persone acculturate oltre a me in questo posto, Niall".

"E posso sapere chi è questa persona?" l'amico si incuriosì poggiando una mano sotto il mento e avvicinandosi a Harry che, involontariamente, sorrise.

"Ero nella Stanza della Segnatura e stavo guardando la Scuola Di Atene e cercavo, come al solito, di ricollegare ogni filoso al nome dell'artista" iniziò a raccontare il ragazzo gesticolando in maniera concitata.

"Harry non mi interessa questa parte" sbuffò Niall impaziente.

"Oh, sì giusto... Ho incontrato un ragazzo. Si chiama Louis ed è davvero bellissimo, intelligente e simpatico. Abbiamo passeggiato per i giardini e parlato per non so quanto tempo, poi siamo arrivati davanti a San Pietro, abbiamo preso due strade diverse e mi ha chiesto il numero, dicendo che mi avrebbe chiamato al più presto.
È stato stupendo Ni e non parlo solo fisicamente, siamo così simili, non c'è stato un momento di imbarazzo fra noi, anche se parlavamo del più e del meno" finì sorridendo al biondo che aveva un ghigno sul volto.

"Non stai un po' gonfiando la cosa? Lo fai spesso sai"

"Io non gonfio le cose" si arrabbiò il ragazzo "e se mi facessi la grazia di spostarti potrei andare a lavarmi" fece per andarsene, ma Niall gli bloccò il polso tirandolo vicino.

"Mi sto solo preoccupando per te, non voglio che le cose si ripetano" gli rispose serio.

"So cosa è meglio per me. Grazie Niall" ribatté serio il riccio prima di staccarsi e chiudersi nel bagno scivolando per sedersi sul pavimento appoggiando la testa alla porta.

Non sopportava la sensazione che le cose nella sua vita gli sfuggissero di mano, era innamorato dell'amore, aveva sempre creduto che esistesse una persona che si mescolasse perfettamente con lui, anche se per arrivare a quella conclusione aveva vinto una sanguinosa lotta interiore nata dalla scoperta della sua omosessualità. Si era sempre sentito diverso, fin da quando a 12 anni invece della ragazzina con i capelli biondi si infatuò del ragazzo corvino seduto di fronte alla lavagna che gli chiedeva sempre di aiutarlo a fare i compiti. Il coming out con la propria famiglia non c'era mai stato, lui non lo nascondeva e loro non negavano l'evidenza, in una società in cui veniva visto come un malato i suoi genitori avevano sempre cercato di proteggerlo dai mostri che c'erano fuori le mura della loro villetta.
  Infatti il vero problema era svegliarsi ogni mattina ed entrare nell'unica piccola scuola del suo insignificante paesino dell'ovest dello Yorkshire pieno di ragazzi con la mente chiusa che non perdevamo occasione per prenderlo in giro.
Ma proprio lì, tra i Titani condannati ad un'esistenza nel Tartaro, come descritto nella Teogonia di Esiodo, incontrò Niall: un ragazzo che si trasferì durante il secondo anno dall'Irlanda che non riuscì mai ad integrarsi.

E come nei più scontati film adolescenziali, i due ragazzi emarginati divennero inseparabili.

Così inseparabili da scappare in Italia per iniziare finalmente a vivere sul serio.

E anche se una volta uscito dalla doccia si era autoconvinto che Louis l'avrebbe cercato non riusciva a smettere di pensare che forse il suo amico avesse ragione.

-

Non è facile vivere insieme ad altre persone soprattutto se, come Louis, si amava la tranquillità e la solitudine. Lui era così: amava avere persone intorno, ma la miglior compagnia era e sempre sarebbe stata sé stesso, "sei la persona con cui passerai il resto della tua vita, tanto vale amarti più di chiunque" glielo ripeteva in continuazione sua zia. Non aveva mai capito se lo facesse perché alla tenera età di 50 anni non aveva marito e tanto meno figli ma solo 5 gatti che si portava ovunque o perché credeva veramente a quelle parole, ma a Louis poco importava, era diventato il suo motto di vita e fino a quel momento lo aveva sempre salvato.
Bisogna arrivare a compromessi per vivere insieme ad altre persone, è così e lui ne era consapevole, ma non riuscì a contenersi quando entrato in casa un denso fumo usciva dalla piccola cucina con un odore terribile di plastica bruciata

"Cosa è successo qui?'' urlò Louis preoccupato.

"Ho messo la ciotola dentro il microonde e dopo qualche minuto usciva del fumo, non ho fatto letteralmente niente" si giustificò il corvino gesticolando verso il microonde presente sul ripiano della cucina.

Il ragazzo spalancò gli occhi "Ti rendi conto che hai messo una ciotola di plastica nel microonde? Potevi farci saltare tutti in aria!" urlò il maggiore, "adesso sistemi tutto e butti quell'affare. Io non voglio saperne nulla, se vuoi una mano chiedi a Liam" disse avviandosi verso il corridoio ascoltando le imprecazioni a bassa voce di Zayn.

Entrò nella modesta camera buttandosi sul letto disfatto e lanciando le scarpe sulla sedia con ancora presenti i vestiti sporchi di sudore e birra della sera prima. La sua mente iniziò inevitabilmente a vagare e analizzare le ultime ore vissute e l'incontro con quel curioso ragazzo dagli occhi verdi: era oggettivamente un bellissimo ragazzo, ed fu la prima cosa che lo colpì, ma quell'esuberanza, quel modo poco scontato di vestirsi con tutti quegli anelli e fantasie esuberanti, per non parlare dello smalto, non pensava di aver mai visto un ragazzo con dello smalto tiffany, i modi eleganti nel compiere qualsiasi gesto come se stesse danzando, non era facile farlo sentire a disagio, ma Harry sicuramente c'era riuscito.
Louis si annoiava facilmente, Liam aveva sempre chiamato le sue relazioni 'fisse momentanee' non lo faceva per divertimento, non gli piaceva far soffrire le persone, ma lui si annoiava: la solita monotonia, le solite pesantezze e gelosie che lui non riuscì mai a comprendere.
È colpa sua se dopo 2 settimane le persone, maschi o femmine che siano, diventavano noiose?
  No
O perlomeno, è quello che si ripeteva tutte le volte.

La stanchezza e le poche ore di sonno si fecero sentire grazie alle palpebre pesanti che portarono il ragazzo ad un sonno profondo.

-

Dopo qualche ora Louis si svegliò circondato dal buio del pieno inverno e uscì dalla sua camera incuriosito dal profumo di tè che si stava diffondendo nell'appartamento inebriandogli i sensi.
Entrò nella cucina trovando i suoi coinquilini seduti sulle sedie con un giornale di elettrodomestici in mano.

"Buonasera amore" ridacchiò Zayn senza alzare gli occhi dal giornale "Ho fatto il tè e sto cercando un nuovo microonde".

"Sono arrivate un paio di chiamate" disse Liam porgendogli una tazza con il liquido caldo all'interno "Sta sera c'è una festa" aggiunse sorridendo.

-

Fin da adolescente Louis aveva sempre amato festeggiare: andare nei locali, bere, ballare e conoscere nuove persone da aggiungere alla lista delle 'fisse momentanee'.
Trovarsi a Roma aveva sempre alimentato questa passione e i suoi coinquilini buttavano solo benzina sul fuoco, ma in fin dei conti avevano 23 anni, erano belli, carismatici e simpatici... se non ora, quando?
Ma quella sera di febbraio, per la prima volta nella sua vita, l'ultimo posto in cui Louis voleva ritrovarsi era in qualche locale pieno di gente ubriaca e sudaticcia: forse per il pisolino pomeridiano che aveva sempre odiato fare perché lo destabilizzava completamente e si sentiva strano per tutto il resto della serata oppure per la lunga mattinata di lezioni che avrebbe dovuto affrontare l'indomani mattina.
Ma, per l'ennesima volta, si era lasciato convincere dai suoi amici. Decise che per quella sera bere e sedersi in un angolo ad osservarsi intorno sarebbe stata la scelta migliore.
Ma la sua bolla di tranquillità venne scoppiata quando Liam si avvicinò al suo orecchio:

"Lou ma che cosa stai facendo? Perché sei da solo?" chiese confuso e incuriosito l'amico.

"Non sto facendo niente, questa serata è estremamente noiosa e domani ho lezione".

Liam anche se non convinto della scusa del suo migliore amico annuì e ritornò tra la folla scatenata che saltava a ritmo di una qualche canzone commerciale.
Dopo vari drink finiti per sbaglio sulla sua camicia e ubriachi che tentavano l'approccio decise di tornare a casa, camminando per le strade della confusionaria Roma.

Appena arrivato a casa Louis decise che era decisamente arrivato il momento di fare quella chiamata:

"Pronto?"

"Ciao"

"Ciao Harry", quelle quattro lettere fecero illuminare gli occhi blu del ragazzo e di certo Louis non poteva sapere che a qualche chilometro di distanza il ragazzo stava aspettando la sua chiamata da ore, tormentandosi senza sapere se avrebbe mai più rivisto o risentito quel bellissimo ragazzo e a sventolare il telefono in faccia al coinquilino per mostrare che per una volta si era sbagliato.

"Ho pensato di chiamarti, un po' di compagnia non fa male a nessuno" fece una pausa "È quasi mezzanotte. Come mai sei ancora sveglio? Non hai lezione domani?" aggiunse il maggiore

"Sfortunatamente sì ma non riesco a dormire... sarà il troppo caffè" mentì il ragazzo che nonostante fosse stanco da morire non voleva perdere occasione per parlare con il ragazzo.

A Louis gli si scaldò il cuore nel sentire la difficoltà del riccio nel trovare una scusa, non era da lui sorridere al telefono. Pensandoci non erano mai stati da lui nemmeno le chiamate, le attenzioni e la semplicità ma con Harry era diverso, le sue paure diventavano certezze: Harry gli piaceva, non sono per portarselo a letto. Semplicemente, gli piaceva la sua compagnia anche solo per chiacchierare e Louis amava parlare di sé stesso da sempre.
Quando era piccolo amava stare al centro dell'attenzione: dava spettacolo, recitava poesie e intonava canzoni per ricevere applausi e complimenti. Era sempre stato talmente egocentrico che alla Vigilia di Natale, che cadeva nel giorno del suo compleanno, pensava che tutte le luci utilizzate per decorare la sua Woodlands fossero solo per lui. La situazione, però, cambiò quando arrivarono le sue due sorelle che si circondarono delle premure dei parenti nonostante avessero un animo meno vanitoso... e fu proprio in quel momento in cui scoprì l'esistenza della Vigilia di Natale.
Ma nonostante questo, le sue manie di protagonismo non cambiarono affatto, quando entrava in una stanza aveva bisogno di sentire tutti gli occhi su di lui, anche se la sua bellezza non era particolare: non era né alto né imponente fisicamente, ma aveva dei modi di fare affascinanti che non passavano di certo inosservati e le sue svariate conquiste ne erano una prova. Anche il suo coming out con la famiglia era stato plateale, non si sarebbe mai dimenticato la faccia dell'anziana nonna conservatrice quando urlò "Sono bisessuale" fra le risate delle sorelle e lo sguardo scioccato di tutti, non tanto per la sua rivelazione, ma per il modo scenografico di farlo.

"Allora ti farò compagnia finché non ti addormenti"

Ridacchiarono insieme e fu solo in quel momento che Harry prese coraggio e disse:

"Domani sera sono libero... sai volevo... insomma... hai capito" balbettò imbarazzato senza concludere la frase, coprendosi le guance con una mano per la vergogna dallo sguardo divertito di Niall che non aveva ancora lasciato la stanza.

"No Harry, non ho capito" mentì Louis ridendo in maniera velata.

Harry prese coraggio incanalando un enorme quantità d'ossigeno. Non era mai stato bravo a fare questo genere di cose. Non ricordava nemmeno quando fosse stata l'ultima volta in cui aveva chiesto a qualcuno un appuntamento; sperava con tutto il suo cuore che questa volta, svestendosi di tutte le sue insicurezze e oltrepassando i propri confini completamente disarmato, il ragazzo ne valesse la pena.

"Domani sera ti andrebbe di uscire? Conosco un bel posto" disse a corto di fiato, allontanandosi dal telefono per maledirsi mentalmente.

La risposta del suo interlocutore non tardò ad arrivare: "Ne sarei davvero onorato".

-

Louis arrivò in ritardo a lezione. Si era addormentato a notte fonda al telefono con Harry.
Era uscito di casa indossando la prima felpa e il primo paio di jeans presenti sulla sedia. Non era suo solito fare tardi, anzi lo odiava, soprattutto se si trattava di entrare a lezione nella grande aula con tutti gli occhi puntati addosso, ma non di certo in maniera positiva. Amava le attenzioni, sì, ma in quel momento avrebbe voluto sotterrarsi.

La mattinata passò in fretta e come sempre uscì dall'università per incontrarsi con i propri amici per pranzare insieme nel solito piccolo ristorante.
Si sedette al tavolo con gli altri due, dopo averli salutati iniziarono a chiacchierare:

"Sta sera c'è una festa, andiamo?" chiese Zayn distratto da una macchia sulla tovaglia.

"Io ci sto" rispose l'altro.

"Passo, ho un altro impegno sta sera" sussurrò Louis sperando che la conversazione non scaturisse un
interesse nei suoi amici.
Ovviamente si sbagliava.

"Questo impegno ha un nome?" domandò Liam curioso "Una nuova 'fissa momentanea', Lou?"

"Si, il suo nome è Harry e non è una fissa momentanea" ammise con un po' di ansia per la reazione dei due coinquilini che con stupore iniziarono a ridacchiare.

"Certo... 'questa volta è diverso'" rise il corvino mimando delle virgolette "è quello che dici sempre e dopo due settimane massimo scappi via"

Louis ci mise qualche secondo per elaborare la risposta dell'amico. Certamente non si sbagliava, era sempre stato così e non l'aveva mai negato, però Harry non era come tutti, lo sapeva...

"Smettetela di ridere, sono serio. Lui non è come tutti e non sopporto che voi minimizziate i miei sentimenti" sputò il ragazzo mentre strinse i pugni.

"Ti conosciamo, ogni volta che incontri qualcuno è speciale poi ti rendi conto che la vita di coppia non fa per te. Sei più tipo da una botta e via e Zayn è una prova" rispose Liam asciugandosi una lacrima e cercando di tornare serio.

"Sapete che c'è? Io non devo nessuna spiegazione della mia vita sentimentale a voi due. Neanche avevo intenzione di dirvelo, siete sempre i soliti. Se mi volete scusare, ho delle lezioni da seguire." Si alzò dal tavolo e si incamminò verso la porta riuscendo a sentire dei lamenti dei coinquilini.

Nessuno dei presenti poteva sapere che da lì a poco gli amici avrebbero dato ragione a lui.

-

Harry non era mai stato bravo a guidare: era riuscito a farsi bocciare ben tre volte ed era convinto anche del fatto che alla fine la patente gliel'avessero data per pietà e disperazione. Trasferirsi a Roma aveva inciso in questa suo odio per la guida, infatti non aveva una macchina, aveva soltanto pensato che fosse necessario imparare a guidare a sinistra perché, come diceva sempre sua madre, "non si sa mai nella vita". E quella sera di metà febbraio ringraziò mentalmente sua madre ma soprattutto Niall per avere l'auto dell'azienda del padre da prestargli: una semplice Supra nera lucida e professionale. Di certo non poteva andare a prendere Louis in qualche sudicio mezzo pubblico per il loro primo appuntamento.

Arrivò sotto casa del ragazzo in perfetto orario, decise di scendere sistemandosi il completo nero abbinato ad una camicia celeste sbottonata fino alla fine dello sterno.

Si guardò un'ultima volta al finestrino aggiustandosi i lunghi ricci marroni e andò verso il portone del condominio per suonare. Non era in una brutta zona ma niente a che fare con il suo splendido condominio dato dall'azienda di Niall. Nonostante tutte le spese fossero divise a metà, Harry era sempre stato molto riluttante a definire quel posto come "casa", senza il suo migliore amico probabilmente non sarebbe mai riuscito a trovare un appartamento né tantomeno il coraggio per andare a vivere in Italia.

Dopo pochi minuti una voce uscì dal citofono sbiascicando un "Louis sta scendendo" e un rumore meccanico annunciò l'uscita di Louis dal portone. Il riccio rimase sorpreso da quella visione: un completo nero che faceva risaltare il cristallino dei suoi occhi, tanto luminoso da far concorrenza a tutte le stelle del cielo. A Harry venne in mente una mostra di Caravaggio: sfondo scuro, parete scura, colori scuri e qualche luce perché quei dipinti non avevano bisogno di nient'altro, emanavano luce propria ed erano così profondi ed espressivi che Louis non poteva essere descritto in altro modo.

Rimasero qualche minuto a fissarsi, il riccio non poteva sapere che il suo accompagnatore era rimasto estasiato quanto lui da quella visione celestiale da cui era impossibile levare gli occhi. Si risvegliarono soltanto quando un'anziana signora cercò di entrare nell'edificio e i due ragazzi le aprirono cortesemente la porta.

"Stai molto bene sta sera" disse Louis entrando in macchina.

"Anche tu, mi piacciono i capelli così" rispose il riccio cercando di non arrossire intento ad avviare la macchina per recarsi al ristorante prenotato: Caravelle, una pizzeria splendida e in cui era impossibile prenotare, ma a questo ci aveva pensato l'assistente imbranato di Niall.

"Grazie mille"

-

La serata proseguì senza intoppi: si sederono al tavolo e ordinarono. Lou si proclamò come 'l'Esperto' di vini finendo per ordinare una bottiglia dal gusto decisamente terribile, ma ad Harry non importò troppo.

Parlarono della loro vita. Harry gli raccontò dei suoi zii che vivevano in un piccolo paesino in Piemonte, di sua madre che aveva vissuto vari anni in Italia e che avesse insistito con suo padre per trasmettergli la cultura e soprattutto la lingua perché "non si sa mai".

Delle lezioni stancanti ma bellissime e gli si illuminarono gli occhi quando Louis gli chiese "Perché proprio Roma?"

A quel punto Harry sorrise e arrossì prima di bere l'ultimo sorso di vino cercando coraggio: "Caravaggio si rivolgeva a Roma ad una subcultura apertamente omosessuale; sofisticata, sicura di sé e ricca al punto da poter indulgere nelle sue fantasie e da sviluppare propri codici e ironie.".

Louis rimase spiazzato dalla frase alquanto senza senso del riccio, quest'ultimo ridacchiò e continuò il suo discorso "Margaret Walters su Caravaggio" sorrise continuando "Vivevo in una piccola cittadina in Inghilterra, ero uno degli unici omosessuali dichiarato e a 16 anni i ragazzi possono essere molto cattivi. Non avevo molti amici oltre Niall e mi rifugiavo in biblioteca a studiare dipinti" il sorriso piano piano si spense al riaffiorare di quei ricordi.

"Ovviamente conosci Caravaggio, i suoi modelli erano principalmente uomini e nudi questo perché la sua omosessualità era un dato di fatto. Lui ha amato Roma, perché le sue preferenze erano naturali qui. Sognavo di vivere in questo posto per sentirmi come lui" soltanto a quel punto il riccio riuscì ad incastonare gli occhi con quelli del suo interlocutore che lo stavano fissando con uno strano luccichio.

"Harry è bellissimo sentirti parlare di arte, ti brillano gli occhi e la tua storia è sicuramente più poetica della mia che ho scelto Roma perché è stupenda" rise Louis senza distogliere lo sguardo.

La cena proseguì nel migliore nei modi. Harry insistette per pagare e Louis si lasciò convincere solo quando l'altro disse "la prossima volta paghi tu". Camminarono per le stradine e si fermarono soltanto quando si trovarono di fronte a San Pietro illuminata e a quel punto diventò impossibile per i due non prendersi la mano e sorridersi, sembrava una serata magica, c'era qualcosa nell'aria di quel 13 febbraio che sarebbe rimasto nel cuore di Louis per sempre e ancora non poteva sapere che sarebbe stato l'unico appiglio nelle notti eterne per molto tempo...

Il viaggio verso casa del maggiore era avvolto da un silenzio confortevole con il sottofondo della radio che passava canzoni degli anni 70 rese piacevoli solo dal canticchiare di Harry e le mani dei due che non si erano mai lasciate. Arrivati sotto casa si guardarono negli occhi e Louis fece quello che aspettava di fare dal primo momento: i loro nasi si sfiorarono e si baciarono finché si separarono solo quando i polmoni iniziarono a bruciare per la mancanza d'aria.

"Fa che questo non sia il nostro primo e ultimo bacio"

"Non succederà mai H, ti devo ancora una cena" disse il maggiore scendendo dall'auto e avviandosi verso il portone. Si voltò un'ultima volta e vide l'altro ragazzo affacciato al finestrino aspettando la sua entrata. Fece quello per cui sua madre lo malediva ogni volta che ne aveva occasione: reagì d'impulso e tornò indietro strappando un ultimo bacio al ragazzo e sussurrandogli:

"Cosa c'è di diverso in te, Harry Styles?" non aspettò una risposta, corse verso il portone e dopo un paio di rampe di scale riuscì ad entrare nel suo appartamento sfiorandosi il labbro quasi incredulo per la serata appena passata.

 

   
 
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