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Autore: Captain Riddle    03/08/2021    0 recensioni
Nel magico regno di Expatempem sono comparsi dei mostri dalla morte degli ultimi discendenti del temuto Re della Morte. Dopo la misteriosa morte del nuovo re, quando salirà al trono suo figlio, questo scatenerà una serie di eventi catastrofici a catena, che rischieranno di causare la distruzione del regno se qualcuno non dovesse intervenire. Scoprite la storia del regno magico attraverso gli occhi di sette protagonisti, dilettatevi con gli intrecci e tenete alta la guardia perché il pericolo è sempre dietro l'angolo.
Genere: Avventura, Azione, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Pov:Cleorae

Faceva freddo per le strade della capitale, il mantello pesante non era più sufficiente e Cleorae avrebbe dovuto cambiarlo al più presto con uno più spesso per contrastare il freddo intenso che stava provando quel pomeriggio. Tirò il cappuccio nero sulla testa per celare il volto e i capelli fiammeggianti, ogni tanto rischiava di scivolate, costringendo Cleorae a tirarlo ancora su dopo l'ennesima volta. Nonostante il freddo e il costante stato di allerta in cui versava a causa della ronda dei soldati, Cleo si poteva ritenere soddisfatta. Dopo pranzo aveva messo le sue boccette nel sacco ed era scesa dalle scale di servizio nascoste su un versante della roccia su cui sorgeva il castello, spostandosi poi lungo le strade nei soliti punti strategici. I clienti abituali stavano portavano sempre nuovi clienti, ma si lamentavano delle lunghe assenze di Cleo apparentemente ingiustificate e per coloro che avevano più bisogno Cleorae non poteva fare altro che scusarsi. Ma se solo avessero saputo, pensava Cleorae, chissà quando le sarebbero stati grati e probabilmente tutti avrebbero compreso i motivi delle sue lunghe assenze.

Una vecchia donna si avvicinò lentamente, scrutando Cleorae con attenzione "Donna misteriosa" disse tentando di guardarla in volto con scarsi risultati dal momento che Cleo oltre al mantello nero indossava anche una maschera scura che copriva tutto il volto eccetto gli occhi sempre ombrati dal cappuccio "Vorrei la solita boccetta per mio marito" dichiarò, tentando ancora di poterla guardare. Cleorae annuì ed estrasse dal sacco ormai pressocché vuoto una delle ultime boccette rimaste "Eccola" rispose a voce bassa "Contro il dolore alla schiena" disse porgendo la boccettina tra le mani della vecchia. La donna cenciosa cercò il denaro nel grembiule logoro, tirando fuori il teslo d'oro che cercava e allungandolo in avanti per porgerlo a Cleo. Cleorae le consegnò la boccetta, senza tuttavia accettare il denaro che la donna le stava giustamente consegnando. La vecchia la fissò perplessa, senza ritirare la mano "Cosa fate?" Domandò incredula, corrugando le sopracciglia.

Cleorae scosse il capo "Tenetela voi" disse semplicemente riferendosi alla moneta "Ma dovrò pur pagare quello che compro" protestò la donna, senza ritirare la mano tesa "Ne avete molto più bisogno di me" rispose Cleorae occhieggiando con sguardo carezzevole la figura della vecchia "Veramente, voglio che la teniate voi. La boccetta è un regalo, con la speranza che vostro marito possa guarire al più presto". La donna sembrava seriamente sconvolta da un gesto tanto gentile "Ma se lui guarisce" replicò prontamente la donna "Io non comprerei più da voi e quindi perdereste una cliente!" Spiegò la vecchia signora con convinzione e un lieve imbarazzo. Cleorae scosse la testa "Sarei molto più lieta di sapere un uomo in salute piuttosto che vedere il mio guadagno aumentare". La donna le si avvicinò e la strinse, costringendo Cleorae a tenersi il cappuccio con la mano per non farlo cadere, scoprendo i capelli fiammeggianti, e a piegarsi a causa della piccola statura dell'altra "Che gli dèi vi benedicano" disse la vecchia sciogliendo l'abbraccio "Siete una salvezza. Grazie infinite, ormai siete pochissimi a rischiare ancora con la vendita illegale di infusi, se anche voi smetteste tutti saremmo disperati".

Cleo sorrise da sotto alla maschera "Addio signora" la salutò "Addio" rispose quella e Cleorae la vide andare via lieta. Allora Cleo iniziò a sentirsi bene, così raccolse il sacco, lo ripiegò e se lo infilò in una delle tasche interne del mantello, iniziando ad allontanarsi. Era felice di poter aiutare quelle persone, d'altronde era per quello che si era impegnata tanto a studiare sul quaderno di suo padre e adesso si impegnava tanto a sperimentare nuovi infusi. Cleorae aveva iniziato a studiare su quel quaderno da quando aveva sei anni, poco dopo aver imparato a leggere a circa cinque anni, per continuare quello che sua madre Uxia aveva tentato, riprendere a produrre infusi come aveva fatto suo marito, il padre di Cleo, Briais, ucciso durante la guerra da soldati di fazione ignota, nonostante Fritjof avesse poi vietato il commercio di infusi dopo essere diventato re, poiché da lui considerati nocivi. Ovviamente questo avrebbe potuto rivelarsi una cosa positiva dal momento che pochi intraprendenti avrebbero tentato di perseguire quel commercio vietato e tutta la gente che aveva sempre usufruito degli infusi avrebbe arricchito enormemente i pochi commercianti temerari come aveva tentato di diventare Uxia. Poi però la madre era morta durante uno dei suoi esperimenti errati e Cleorae da allora aveva iniziato a studiare su quel quaderno, imparando e comprendendo sempre di più. Imparò e comprese il valore di ogni singola parola, numero e formula, imparando a memoria come realizzare ogni infuso il cui procedimento fosse segnato sul quaderno, poi Cleo aveva iniziato a sperimentare e provare nuovi infusi, di sua invenzione.

Era uno studio molto affascinante, creare tutti quegli infusi dai mille colori che sembravano in grado di curare tutti i mali, tranne ovviamente la morte. Cleorae accelerò il passo, diretta verso la casa vicina al tempio. Si tolse la maschera e ripose anche quella in una delle tasche interne; adorava quel mantello, era l'unica cosa che le fosse rimasta della madre Uxia e, pur non essendo prezioso quanto era il quaderno del padre, Cleorae lo aveva sempre custodito e indossato gelosamente, rattoppandolo e aggiungendo le numerose tasche interne che lo avevano reso veramente insostituibile. Cleorae attraversò celermente le vie della capitale, intravedendo sopra i tetti delle case il cielo scurirsi leggermente, per annunciare l'imminente arrivo della notte e delle tenebre. La giovane donna continuò a camminare a passo sostenuto, non sarebbe mancata anche oggi, era già trascorso sin troppo tempo dall'ultima volta che si era recata lì, ma quella lunga assenza era causata unicamente dall'impegno che stava mettendo pur di trovare una soluzione definitiva per aiutare quella gente una volta per tutte.

Cleorae svoltò a destra e si ritrovò davanti a uno dei templi principali della città, c'erano cinque tempi in città, quattro erano dedicati ai principi di ghiaccio e fuoco e alle principesse di aria e terra, mentre il quinto era dedicato a tutti i loro dèi. Quello davanti a lei era il tempio dedicata alla principessa d'aria, Alisea, e poco dietro c'era un grosso edificio. Le due costruzioni erano in forte contrasto l'una con l'altra, il tempio era circolare, era sorretto da tante colonne in marmo bianco alte e sottili, sormontati da capitelli a volute che volevano simulare i soffi del vento, la cupola era bella e armoniosa, di un bianco che risplendeva alla luce del sole, mentre nelle porte erano incastonate pietre colorate. L'edificio poco lontano era invece fatiscente, il tetto si reggeva a malapena su travi di legno consumate dal tempo, le pareti sottili pareva potessero cedere da un momento all'altro, ma Cleo sapeva-o meglio sperava-che rimanessero ancora in piedi, d'altronde avevano già resistito per tanti anni, molti più di chiunque si fosse mai aspettato che facesse e questo poteva solo voler significare che quel posto era molto più solido di quanto non apparisse.

Cleorae si avvicinò decisa, svoltò al lato dell'edificio e poi entrò dalla porta principale accostata, era rotta e dal legno consumato e vecchio. L'ambiente interno all'edificio non era grande quanto sarebbe stato necessario, ma poteva comunque contenere un buon numero di persone. Era suddiviso su due piani oltre al sotterraneo, il piano terra era quasi del tutto spoglio se non fosse stato per le panche vecchie e qualche tappeto e armadio vicini alle pareti, mentre al piano superiore c'erano diverse stanze piccole e fredde. Cleo conosceva alla perfezione quel posto, un tempo si diceva fosse stato il granaio della capitale, poi non si era ben capito per quale motivo ma era stato lasciato abbandonato da chi si occupava di raccogliere il grano dal resto del regno per depositarlo lì, così i poveri avevano iniziato a frequentare quel posto disabitato, facendone la loro casa.

I sacerdoti e le sacerdotesse col tempo iniziarono a visitare il luogo, almeno i più sensibili e caritatevoli, e questi avevano finito per gestirlo direttamente. La 'Casa della Carità', così l'avevano chiamata da allora, ed era risaputo che chiunque avesse bisogno lì avrebbe trovato sempre un pasto caldo e, se lo spazio nella struttura lo consentiva, persino un letto in cui poter dormire. Cleo si guardò in giro, tutte le panche erano occupate e alcune persone erano in piedi o sedute per terra. Era l'ora della cena per loro, c'erano quattro persone a servire la minestra e davanti a ognuno di loro c'era una lunga fila, erano due sacerdoti e due sacerdotesse. Cleorae si avvicinò, passando tra le persone infreddolite che mangiavano, guardando distrattamente i più fortunati sulle panche, dirigendosi verso uno dei sacerdoti. Era un uomo piuttosto vecchio, doveva avere quasi settant'anni, era magro e rugoso, con pochi capelli bianchi sulla testa, una tunica grigia semplice e un paio di stivali, parlava con un uomo che piangeva mentre continuava a servire zuppa e tentava contemporaneamente di consolare quel pover'uomo.

Cleorae si fermò poco distante dai due, per non interromperli, poi quando l'uomo si allontanò asciugandosi le lacrime di disperazione finalmente il sacerdote la vide. Spalancò gli occhi e con un cenno del capo invitò Cleo ad avvicinarsi con un sorriso sul volto "Cleorae!" Disse stringendole le mani "Da quanto tempo figliola! Ma di' a questo povero vecchio, come stai?" Cleo sorrise a sua volta "Io sto bene, padre Ridaldo" rispose la giovane donna "Voi invece?" L'uomo scosse piano il capo, ma senza smettere di sorriderle "Io sto bene" disse senza lamentarsi, come aveva sempre fatto "Sono queste povere persone a stare male". Cleo si guardò intorno con aria abbattuta "Mi dispiace" rispose tristemente "Manco da questo posto da troppo tempo". Il sacerdote le rivolse un sorrisino triste "Servi ancora al castello, giusto?" Lei annuì, senza aggiungere altro "Allora è più che normale che tu non possa venire spesso. Immagino che debba essere impegnativo servire a palazzo".

Da una delle poche stanze al piano terra uscì una donna, doveva avere tra i quaranta e i cinquanta anni, i capelli scuri erano raccolti, il volto stanco sorrideva al bambino che teneva per mano alla sua destra, indossava anche lei la stessa tunica grigia e mortificante di Ridaldo. Il bambino dopo averle detto qualcosa all'orecchio, costringendola ad abbassarsi, era corso via dalla madre. Allora la donna si accorse di Cleo e si avvicinò sorridendo "Cleorae!" La salutò felice "Da quanto tempo non ti vedo! È bellissimo riaverti qui". La sacerdotessa si avvicinò e le strinse le mani proprio come aveva fatto poco prima l'uomo "Visto che bella sorpresa ci ha fatto la nostra piccola, Elbeth?" Disse l'uomo "La cara Cleo è venuta a trovarci". La donna sorrise di più "Ma come stai, fanciulla?" "Bene madre, bene" assicurò Cleorae all'uomo e alla donna che dalla morte della sua vera madre si erano sempre presi cura di lei e di Sipo "E mi scuso per essere mancata tanto a lungo, ma il lavoro al castello mi tiene veramente molto occupata".

I due annuirono con fare comprensiva e Ridaldo con un cenno del capo pregò un altro sacerdote affinché questo prendesse il suo posto per servire la zuppa. Allora Cleorae tirò i suoi interlocutori in disparte, poi tirò fuori da una delle tante tasche interne del mantello un sacchetto pieno e pesante, per porgerlo ai due. Entrambi la guardarono con dissenso "Cleorae" disse l'uomo guardandola negli occhi "L'ho guadagnato per voi, lo sapete" rispose subito lei, poi si guardò intorno "Anzi" si corresse subito "Per tutti loro". L'uomo e la donna sembravano commossi "Ma questi soldi li hai guadagnati con la tua fatica" disse la sacerdotessa, carezzando il volto di Cleo "Sì" rispose Cleorae "Per contribuire affinché qualche persone in più possa godere di una ciotola di zuppa calda". I due scossero la testa quasi in maniera sincronizzata "Non possiamo accettare altro denaro da te" disse l'uomo sospirando "Esattamente" affermò la donna "Ne abbiamo già accettato sin troppo, abbiamo approfittato a sufficienza della tua generosità".

Cleorae sbuffò appena, spazientita da quelle rimostranze "Sentite" rispose loro, sforzandosi di mantenere la calma e la gentilezza, perché sapeva che i due non parlavano in quel modo per darle noia o farla irritare, quanto perché ritenevano ingiusto utilizzare il denaro guadagnato da un'altra persona che non possedeva cospicue somme di denaro "Questo denaro è guadagnato onestamente" disse semplicemente Cleorae "Ho trascorso pomeriggi a preparare infusi da poter vendere al solo scopo di donarli a voi. Vi prego quindi di non rendere vani i miei sforzi e di accettarli". I due la fissarono dolcemente, nonostante fossero ancora dubbiosi sul dà farsi "Per piacere" ripeté Cleo "L'ho guadagnato per loro. So cosa provano e voglio aiutarli come posso".

La coppia parve decidersi finalmente, afferrarono il sacchetto che Cleo gli porgeva e lo aprirono, trovandolo pieno di tesli d'oro. Cleo rimase a guardarli, studiando le loro reazioni stupite e grate "Sono più di quelli dell'ultima volta" notò Elbeth meravigliata "È da tanto che non passo" spiegò Cleorae "Il denaro si è accumulato nel tempo e l'ho portato tutto in una volta". Li vide richiudere il sacchetto strapieno per tornare a guardarla colmi di gratitudine "Spero che duri per un po'" disse ancora Cleo, pur sapendo che con tanti poveri il suo denaro non sarebbe durato tanto più a lungo di una settimana "Vedo che sono aumentati". Sia la donna che l'uomo annuirono abbattuti "Sono aumentati eccome" confermò Ridaldo "Il re ha vietato ai mendicanti di chiedere l'elemosina e ha ordinato a noi sacerdoti di occuparci di questa povera gente promettendo di aiutarci. Però ancora non ha mandato denaro" spiegò Ridaldo a Cleorae che ovviamente stando al castello era già a conoscenza di quell'ingiustizia. I tre rimasero per diversi istanti a guardare l'ampio spazio pieno di gente infreddolita e stanca con sguardi vacui e sconfortati "Mi ricorda quasi il periodo della guerra" disse il vecchio sacerdote "Sì" parlo a sua volta la sacerdotessa "Allora la situazione era veramente tremenda, ai mendicanti si aggiunsero numerosi sfollati e tanti feriti, ma quando c'eri anche tu le cose non erano migliorate poi tanto".

Cleo si fermò a guardare un uomo, era seduto su una panca e teneva sulle gambe i due figli, un bambino di circa cinque anni e una bambina poco più piccola, avevano pochi stracci logori e sporchi come vestiti ed erano sciupati e tristi, sembravano completamente grigi, dagli abiti alla pelle pallida, sino ai capelli sporchi. Cleorae strinse i pugni e tornò a guardare Ridaldo ed Elbeth "Sto cercando una soluzione che sia definitiva per risolvere questa situazione" annunciò a voce bassa rivolgendosi ai due "Una soluzione che sia definitiva veramente, almeno finché io sarò in vita" aggiunse. "Che cosa intendi dire?" Domandò Elbeth perplessa da quelle parole vaghe "Intendo dire che, se le cose andranno come ho pianificato, presto mi servirà il tuo aiuto" rispose Cleo, mantenendosi sempre sul vago, con fare misterioso. Padre Ridaldo sembrava preoccupato "Cleorae" disse allarmato "Che stai combinando?" Domandò guardandola in volto, colmo di timore e di sospetti "Non dovete preoccuparvi" li rassicurò lei, lapidaria "Ho la situazione perfettamente sotto controllo".

"Non ne dubito" rispose l'uomo guardingo "Sei sempre stata sin da bambina incredibilmente intelligente e curiosa" disse l'uomo perdendosi nei ricordi "L'impegno e la tenacia che hai dimostrato quando mi hai chiesto di insegnarti a leggere non potrò mai scordarle. Ma c'è molta differenza tra le piccole cose che hai fatto qui negli anni e nel piano sicuramente ambizioso e probabilmente non privo di rischi che hai in mente adesso" la ammonì l'uomo "Potrebbe essere veramente pericoloso". Cleorae sorrise, il suo era un sorriso vagamente sarcastico "So badare a me stessa" assicurò "Non ne ho mai dubitato" rispose subito l'altro con sguardo fermo, quasi severo "Solamente, stai ben attenta". Poi Ridaldo si ammutolì un attimo per poi domandare altro "E Sipo invece come sta? Serve anche lui ancora al castello?" Cleo annuì "Sì, si trova bene al castello, lì l'importante è obbedire ed essere efficienti e Sipo con il mio aiuto si sta sforzando non senza fatica per adeguarsi al meglio".

L'uomo parve felice della notizia e così anche la donna "Salutalo da parte nostra" disse Elbeth sorridendo "Lo farò di certo" assicurò Cleo. I tre presero a camminare tra le panche, scambiando parole di incoraggiamento alle persone e distribuendo coperte malconce ai più infreddoliti. Alla fine di una panca un uomo che sbracciava attirò inevitabilmente l'attenzione di Cleo e degli altri due. Cleorae si avvicinò e riconobbe dopo un attimo di esitazione l'uomo che stava sbracciando per farla avvicinare "Resta un po' a parlare con lui" le domandò sospirando Elbeth "Te ne prego" aggiunse subito Ridaldo "Tenta di far ragionare il tuo amico". Cleo annuì e si mise a sedere, intanto i due sacerdoti continuarono a camminare tra i poveri "Cleo!" La salutò l'uomo calorosamente "Da quanto tempo non ti vedo!" Frabio era poco più grande di Cleorae, era cambiato molto da quando erano bambini, era ingrassato, si era fatto crescere una leggera barba e nonostante non avesse neanche trent'anni i capelli grigi spuntavano già tra i ricci marroni dei capelli.

"Ciao Frabio" rispose Cleo sorridendo, lieta di poter rivedere uno dei suoi più cari amici d'infanzia "Come stai?" "Non c'è male" rispose l'altro bevendo la zuppa "Finiamo sempre per ritrovarci qui, non è vero!?" Scherzò lui con un sorriso un po' triste "Ma ho saputo che servi al castello!" Cleo annuì, poi assunse un'espressione severa "Io ho saputo che sei stato in prigione diverse volte, l'ultima volta pochi mesi fa" disse duramente. L'uomo cessò di sorseggiare il brodo della zuppa e si asciugò la bocca con la manica, guardandola a sua volta serio "Devo sopravvivere anche io in qualche modo" rispose "Ho dovuto rubare e tu lo sai bene che per necessità si è disposti a fare qualsiasi cosa. Lo hai fatto anche tu in passato, anche se sei sempre stata più brava di me". Cleo scosse la testa "Se proprio non puoi farne a meno tenta almeno di non farti sorprendere dai soldati" lo ammonì vagamente preoccupata. L'altro rise brevemente, era una risata senza gioia "Non te lo posso assicurare" disse sincero e abbattuto "Se sono ubriaco o finisco per trovarmi in una situazione che non sono in grado di gestire. Inoltre il carcere mi piace, lì ho sempre qualcosa da mangiare e non fa troppo freddo, sicuramente meno freddo di quanto non faccia dormire sotto il cielo d'inverno" ammise Frabio. "E allora tu non finire in queste brutte situazioni" ripeté Cleo "E non voglio sentirti dire sciocchezze, non è vero che il carcere è un bel posto!" lo ammonì severamente Cleorae e l'altro sbuffò appena, del tutto scoraggiato. Cleorae sospirò e continuò "Frabio" disse con lo stesso tono duro "Il re Morfgan è diverso da Fritjof" gli spiegò, ed era sincera purtroppo "Lui non è un re magnanimo con chi ha commesso crimini lievi, lui non esita due volte a far uccidere o torturare un uomo e ho saputo che sta facendo trattare i prigionieri in modo terribile, disumano".

L'uomo abbassò la testa ancora, guardando davanti a sé con occhi vacui "Non voglio vederti finire come quella gente" disse ancora Cleo, questa volta in tono morbido, poggiando una mano sulla spalla dell'amico. Frabio sospirò piano e tornò a guardarla negli occhi "Cosa dovrei fare allora, dimmi Cleo?" Domandò sconsolato "Potresti smettere di bere quando non trovi una via d'uscita" propose Cleorae "In questo modo smetteresti di trovarti immischiato nelle risse. Hai già trovato degli impieghi in passato" gli ricordò Cleorae speranzosa "Magari ne troverai un altro e con duro impegno riuscirai a vivere di quello senza più finire nei guai". L'altro non pareva essere molto convinto "Sai che non ne sono capace, Cleo" disse semplicemente "Non lo vuoi" lo corresse lei "Se ti impegnassi veramente sono sicura che smetteresti di bere nei momenti di difficoltà. Non reagiresti più in modo così impulsivo e, se pondererai con attenzione le varie proposte, capirai da te quali sono gli impieghi onesti e validi, invece di accettare quelli che possono cacciarti nei guai". Frabio tuttavia ancora non pareva convinto dalle parole dell'amica "Tu sei sempre stata brava in queste cose" ripeté con monotonia, in tono veramente pigro e strascicato "Io non ne sono in grado".

"E perché no!?" Si arrabbiò allora Cleo, vedendo che l'altro non voleva proprio ragionare "Hai forse qualcosa in meno agli altri, in meno a me? Hai qualche impedimento fisico o mentale?" L'amico le rivolse un sorriso impacciato "Esatto" concluse Cleorae "È solo forza di volontà. Tu impegnati e vedrai che migliorerai la tua vita, esattamente come sto tentando di fare anche io" disse convinta e vagamente persuasiva "Hai tutte le capacità per migliorare la qualità della tua vita. Non sprecare le occasioni che ti capitano, sfruttale al massimo e ottieni quello che vuoi o almeno provaci, ma, in nome degli dèi, non lasciarti trascinare dagli eventi e dal vino!" lo spronò Cleorae con grinta "Sii l'artefice della tua vita, non fare lo spettatore inerme e non permettere a nessun'altro di decretare quello che puoi o non puoi fare". Frabio la fissava con gli occhi che brillavano di ammirazione, forse era ispirato da quelle parole "Ho sempre voluto avere la tua grinta" le rivelò "Quando tu parli riesci sempre a convincere tutti che quello che stai dicendo è la cosa giusta".

Cleo sorrise "Significa che penserai alle mie parole?" Domandò senza giri di parole "Potrei prenderle in considerazione, sì" ammise l'amico sorridendo "Mi hai fatto venire voglia di raccogliere così tanto denaro da poter aprire un'attività mia". Cleorae sorrise ancora "Sarebbe bellissimo" rispose con sincerità "Che tipo di attività ti piacerebbe aprire?" L'altro non parve avere esitazioni a riguardo "Una taverna" rispose "Un luogo dove i clienti possano sentirsi a casa pur non essendo a casa" continuò e Cleo annuì per incoraggiarlo "La chiamerei 'Vino Divino' forse". Cleorae rise e Frabio con lei "Troppo ridicolo come nome?" Domandò l'uomo ridendo ancora "No" rispose allegramente Cleo "È divertente. Mi piace, mette già allegria". Frabio annuì, poi si rattristò "Ma siamo realisti" disse all'amica "Non accadrà mai". Cleorae gli prese le mani e le strinse "Essere sognatori non è un errore" riprese a parlare "Essere irrazionali invece è sbagliato. Ma se un sogno ha una minima possibilità di essere realizzato, tu devi almeno provarci". I due si guardarono negli occhi "Stai tentando di fare qualcosa di grosso, non è vero?" Domandò l'uomo, scrutandola con intensità.

Cleorae annuì "Se riesco a fare quello che ho in mente" rispose "Riuscirò a risolvere definitivamente molti problemi". L'uomo parve inquieto come erano stati il sacerdote e la sacerdotessa poco prima "Se non ti conoscessi bene, mi verrebbe quasi da pensare che tu stia architettando qualcosa di pericoloso". Cleorae stemperò la preoccupazione di lui con un sorriso "Ma tu mi conosci e sai bene che per me niente è veramente pericoloso. Furbizia e accortezza possono fare miracoli e una buona conversazione può convincere chiunque a fare qualsiasi cosa". Frabio non sembrava convintissimo, ma annuì ugualmente "Sipo invece? Come sta?" Domandò l'uomo con sincero interesse "Sta bene" rispose subito Cleo "Lavora con me, quindi non c'è alcun motivo di preoccuparsi".

Frabio sembrò molto sollevato dalla notizia "Per fortuna" disse "Sipo è sempre stato un ragazzino impulsivo, come te ha sempre detestato le ingiustizie ma non ha mai posseduto i tuoi modi accorti, per questo ha spesso rischiato di essere preso di mira da chi si credeva più forte". Cleo annuì "Mi ricordo quante volte hai fatto a botte per difendere lui che tentava di difendere altri" Frabio annuì, sorridendo "Finivo solo per metterci di più nei guai e non risolvere nulla" disse, ricordando i tempi passati "Poi picchiavano me quando mi trovavano da solo nei vicoli o nelle strade". Lui e Cleo ridacchiarono, come fanno tutti i vecchi amici quando ricordano qualcosa che in passato era brutto e preoccupante, mentre nel presente si rivelano essere una misera bazzecola "Ci pensavi tu a salvarci" disse dopo Frabio con un colpetto di tosse "Tu non avevi paura dei ragazzini prepotenti e anche se ne avevi non lo facevi mai vedere. Ti paravi davanti a noi e iniziavi a parlare, ricordo ancora che parole strane usavi. Rimanevano tutti frastornati già per quello" ridacchiò Frabio "Le loro espressioni erano spassose. Poi con tanti giri di parole gli facevi dimenticare perché volevano picchiarci e così li mandavi via, perché non avevano motivo di importunarci oltre".

Cleorae annuì piano, persa nella dolcezza di quei ricordi infantili, turbati da piccolezze facilmente risolvibili "A volte vorrei tornare a quei momenti" le confidò malinconico Frabio "Magari potrei essere migliore, potrei imparare di più come facesti tu e oggi non sarei così". Cleorae scosse il capo "Purtroppo non siamo più bambini e non possiamo tornare indietro per cambiare il nostro passato" lo disincantò Cleo con prontezza "Ci sono troppi problemi di cui doversi occupare nel nostro presente incerto. Indugiare nel passato non ci aiuterà a decidere il nostro futuro, ci mostrerà solamente lo spettro di quello che saremmo potuti essere e ci renderebbe più fragili, ci condurrebbe alla perdizione e potremmo finire con lo smarrire noi stessi per sempre". L'altro sorrise, tentando di seguire con attenzione ogni parola che Cleorae gli aveva detto "Ho sempre avuto l'impressione che la tua infanzia fosse durata pochissimo" rivelò Frabio "Tu dicevi sempre cose del genere, non ti sei mai fermata da quando tua madre è morta. Dovevi imparare a leggere perché dovevi capire cosa ci fosse scritto sui libri, poi dovevi imparare a fare gli infusi dal quaderno di tuo padre per curare le persone, poi dovevi lavorare per non usare il cibo e i letti dei più bisognosi" il suo tono era soffuso e un sorriso gli emerse dalla barba corta "Adesso sono proprio curioso di sapere che altro devi fare, che cosa hai in mente". Ma Cleo nonostante lo sguardo curioso del suo amico non risponde "È una sorpresa" si limitò a dire "Una grande sorpresa che spero tu possa vedere al più presto insieme agli altri".

Prima che Frabio avesse il tempo per rispondere la porta si aprì e tutti si votarono a causa dei lamenti e delle grida. Un uomo era sorretto da altri due, dietro c'erano una donna che probabilmente doveva essere la moglie e un bambino che doveva essere il figlio. L'uomo che si lamentava camminava su una sola gamba, l'altra si intravedeva penzolante dallo strappo sui pantaloni, era sanguinante dal polpaccio fino al ginocchio. Padre Ridaldo e madre Elbeth gli corsero incontro e sia Cleo e che Frabio li imitarono, scattando in piedi "Cos'è successo?" Domandò Elbeth guardando il pover'uomo. La donna piangeva e il bambino era spaventato, teneva il volto rivolto dall'altra parte e gli occhi erano serrati per non essere costretto a guardare il sangue "Un soldato" disse uno dei due uomini che lo sorreggevano quello ferito "E' entrato e ha detto che voleva delle nuove ciotole di legno, ma non voleva pagare". L'altro annuì "Lui" e con il capo indicò l'uomo ferito "Gli ha detto di no e quello allora ha sguainato la spada, gli ha ferito la gamba e poi se n'è andato con le ciotole". L'uomo tacque un istante e poi ringhiò "Bastardo" disse tra i denti.

"Stendetelo qui" disse Elbeth, mentre le persone si alzavano dalla panca per fare spazio al nuovo arrivato "Vi prego, aiutatelo. Guarite la sua ferita!" Urlò la moglie disperata. I sacerdoti scostarono la stoffa lacera dalla ferita, era lunga ma fortunatamente non così profonda, ma perdeva ugualmente molto sangue "Va ricucita" sentenziò senza esitazioni Elbeth. L'uomo tratteneva a stento le lacrime a causa dell'intenso dolore che doveva provare "Fa troppo male" disse "Non lo so se ce la faccio". Elbeth sospirò "Dobbiamo ricucirla subito" ripeté "Non deve perdere altro sangue, temo che abbia reciso una vena se non peggio". L'uomo scosse la testa terrorizzato "Posso fare un infuso contro il dolore". La voce di Cleorae ebbe per l'uomo lo stesso effetto di un raggio di luce nel buio di una prigione "Sì, ti prego!" Rispose l'uomo supplicante. Cleo si tolse il mantello con praticità e lo affidò a Frabio "Mi serve un mortaio" disse rivolgendosi ai sacerdoti "Poi mi servono della valeriana, la camomilla e qualche seme di papavero" elencò Cleorae sulla punta delle dita "Ah" disse ancora, stava per dimenticare la cosa più essenziale "E ovviamente un po' d'acqua".

"Vieni, è tutto da questa parte" la guidò Elbeth "Vi prego, fate presto" disse l'uomo con la voce contorta dal dolore. Le due entrarono in una stanza, la sacerdotessa velocemente le prese tutto l'occorrente e poi lo pose sopra a un piccolo tavolo. Cleo si mise a sedere e iniziò a pestare i vari ingredienti, togliendo certe parti e mescolando in sensi diversi. Versò l'acqua e alla fine versò dentro anche un petalo di margherita che parve squagliarsi non appena ebbe toccato la superfice dell'acqua colorata. Cleo uscì di fretta e si ritrovò gli occhi di buona parte delle persone della stanza addosso, Elbeth le veniva dietro e aveva una candela, un ago e del filo per ricucire la ferita. Cleo si inginocchiò accanto all'uomo e lo fece bere.

Aspettarono ancora qualche minuto, poi il voltò dell'uomo si distese "Posso iniziare?" Domandò Elbeth, bruciando la punta dell'ago, inserendo poi il filo nella cruna "Sì" rispose l'uomo serenamente. Non un lamento uscì dalla sua bocca mentre la donna gli ricuciva la ferita, lui sorrideva e parlava con il bambino, tentando di tranquillizzarlo. "L'hai salvato" la voce di Frabio fece voltare Cleo "Elbeth l'ha salvato" lo corresse Cleorae "Non io, io ho solamente alleviato il suo dolore" "Se non avesse bevuto il tuo infuso non si sarebbe mai fatto ricucire la ferita e forse sarebbe morto" le fece notare Frabio. Cleo sorrise e allungò le braccia per riavere il mantello "Ora devo tornare al castello" annunciò Cleorae "O inizieranno a chiedersi dove io sia finita".

Frabio annuì e le restituì il mantello "Ciao Fra" lo salutò Cleorae "Ciao Cleo" rispose lui. La moglie del ferito però seguì Cleo e la fermò "Come potremo fare per sdebitarci con voi?" Domandò grata, guardandola negli occhi "Continuate a lottare" disse Cleo sorridendo "Aiutate vostro marito a guarire e non vi piegate mai alle ingiustizie, ai soprusi. So che non è facile, ma lottate sempre per ciò che è giusto". Poi Cleo si congedò dalla donna e prima di uscire salutò con un gesto della mano Ridaldo ed Elbeth, poi uscì. Doveva assolutamente cambiare le cose in quella città, in quel regno, e lo avrebbe fatto in un modo o nell'altro, ma intanto Cleorae poteva dirsi soddisfatta per l'esito di quella giornata, in fin dei costi aveva aiutato abbastanza persone in un singolo giorno per essere ancora una semplice popolana.

 

   
 
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