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Autore: Nana_13    04/08/2021    0 recensioni
- Terzo capitolo della saga Bloody Castle -
Dopo aver assistito impotenti allo scambio di Cedric e Claire, i nostri protagonisti si ritrovano a dover fare i conti con un epilogo inaspettato.
Ciò che avevano cercato a tutti i costi di evitare si è verificato e ora perdonare sembra impossibile, ogni tentativo di confronto inutile. Ma il tempo per le riflessioni è limitato. Un nuovo viaggio li attende e il suo esito è più incerto che mai. Pronti a scoprire a quale destino andranno incontro?
Genere: Avventura, Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 11

 

Aria



 

Claire si guardò attorno con aria spaesata. Era già stata nella sala del trono prima di allora, ma non l’aveva mai vista così gremita di gente. Sembrava che ogni abitante del castello si fosse dato appuntamento lì quella sera e tutti non stavano più nella pelle dall’emozione. Tutti tranne lei. 

Il chiacchiericcio era molto forte, quasi insopportabile per i suoi nuovi sensi sviluppati, tanto che si lasciò sfuggire uno sbuffo infastidito. “Quanto dovremo aspettare ancora?” 

Accanto a lei Jason le rivolse un’occhiata contrariata. “Finché la luna non sarà nella sua posizione ottimale. Solo allora il nostro Signore inizierà la cerimonia.”

Da quando si erano rincontrati, Jason si comportava in modo sempre più strano e ancora una volta Claire rimase stupita della sua cieca devozione nei confronti di Nickolaij. Possibile che l’avessero plagiato a tal punto da dimenticarsi che erano cresciuti insieme?

Con la coda dell’occhio controllò le sue mosse, trovandolo ancora dritto e impettito, lo sguardo fisso al centro della sala, deciso a non perdersi nemmeno un secondo di quell’assurda cerimonia. Mentre lo osservava, Claire si rese conto che c’era rimasto ben poco del ragazzo che conosceva. Il trauma subito a causa della morte del padre, ucciso davanti ai suoi occhi quando entrambi erano stati catturati dai vampiri durante il loro viaggio in Romania, doveva averlo cambiato profondamente. Sentirglielo raccontare giorni prima l’aveva davvero sconvolta. Lo conosceva quell’uomo, fin da piccola, anche se a differenza degli altri genitori non aveva mai partecipato molto alla vita sociale, sempre immerso nei suoi studi di archeologia, e sapere che fosse morto in quel modo brutale era stato un duro colpo per lei.

Ci stava ancora pensando, quando vide Jason seguire i movimenti di alcuni vampiri che stavano ultimando i preparativi, posizionando una sorta di altare di marmo precisamente davanti al trono di Nickolaij; poi altri vi poggiarono sopra una coppa dorata e uno scrigno nero, con tanta cura e precisione che sembrava ne andasse della loro vita.

A quel punto ebbe come un dejà-vu. Ricordò quella notte a Greenwood, quando lei, Rachel e Mark si erano intrufolati nei sotterranei del castello per scoprire cosa stava succedendo agli invitati. Una delle notti più brutte della sua vita e ora stava per ripetersi, solo che adesso faceva lei stessa parte di quel circo di esaltati e stavolta non c’era nessuna colonna dietro cui nascondersi. 

Pensare a Rachel le suscitò un piccolo malessere interiore. Era ormai qualche giorno che cercava di distrarsi in tutti i modi, per allontanare l’immagine degli amici. Aveva addirittura chiesto a Nickolaij di partecipare agli allenamenti dei novizi, così da imparare a controllare i suoi impulsi, ovviamente sempre sorvegliata a vista. Non le avrebbe mai permesso di scappargli da sotto il naso una seconda volta. In effetti, il pensiero di fuggire le aveva anche sfiorato la mente, ma con tutti quegli occhi addosso era più facile a dirsi che a farsi. Gli uomini di Nickolaij erano ovunque, pattugliavano il castello e i suoi confini costantemente, sarebbe stato un suicidio. Così aveva abbandonato l’idea, cercando di abituarsi a quella nuova, assurda, complicata esistenza, che, purtroppo, comprendeva anche il partecipare alla cerimonia del plenilunio. 

Nickolaij si stava facendo attendere da parecchio e ciò contribuì a rendere l’impazienza dei vampiri ancora più palpabile. Vedere tutti quegli esseri assetati di sangue, fece nascere in lei un misto di nervosismo e paura, anche se un attimo dopo aver avvertito quelle emozioni si disse che non aveva nulla da temere, che era parte del gruppo ormai. Subito un senso di disgusto e vergogna la pervase. Realizzò che quello che aveva provato non era paura, ma eccitazione. Come gli altri, anche lei aveva fame e inconsciamente era ansiosa che la cerimonia cominciasse così da ricevere la sua razione.

L’arrivo di Nickolaij la distolse da quei pensieri. Al suo ingresso nella sala il mormorio cessò gradualmente, fino a spegnersi del tutto quando raggiunse l’altare, attirando l’attenzione della folla su di sé. Esattamente come la prima volta, i vampiri si prostrarono in ginocchio davanti a lui, Jason fece lo stesso e Claire, anche se un po’ titubante, non poté esimersi dall’imitarlo.

“Fratelli!” tuonò Nickolaij da sotto il cappuccio. “Il momento tanto atteso è giunto. Anche stanotte rinnoviamo il giuramento che i nostri avi fecero alla luna.” disse, rivolgendo lo sguardo alla vetrata alle sue spalle da dove era ben visibile la luna piena, unica fonte di luce in tutta la sala. Il suo pallore contrastava perfettamente con il cielo nero della notte e la sua luce donava al tutto un’aria ancora più sinistra. 

Dopo una breve pausa a effetto, in cui nessuno osò emettere un fiato, Nickolaij fece un cenno a Dustin, rimasto al suo fianco per tutto il tempo, e di lì a poco due uomini sbucarono da un angolo nella penombra, in evidente attesa del suo ordine. Con loro c’era una ragazza tenuta ferma per le braccia. 

Claire avvertì un brivido freddo lungo la schiena. Stava per ripetersi la stessa scena di quella notte al ballo e, immaginando cosa stava per accadere, ebbe l’impulso di alzarsi e abbandonare quel teatrino, ma Jason la trattenne per una manica. Si girò per intimargli di lasciarla, ma la sua espressione risoluta la paralizzò. Non avrebbe saputo spiegarne il motivo, ma per la prima volta ebbe paura di lui e, quando le fece segno di tacere, obbedì e tornò a guardare verso l’altare. 

La ragazza aveva i capelli raccolti in una crocchia e portava un vestito bianco talmente leggero da far intravedere le sue forme. Tremava da capo a piedi mentre Nickolaij la prendeva per mano, accompagnandola davanti a lui in modo che tutti potessero vederla. Grazie alla sua nuova vista, Claire, riuscì a notare il suo sguardo, perso chissà dove. Dovevano averla drogata come avevano fatto con gli ospiti a Greenwood.

A quel punto Nickolaij si fece passare da Dustin il coltello che teneva nello scrigno. “Un modesto sacrificio per un obiettivo più grande.” recitò, subito prima di accarezzare la nuca della ragazza e con un movimento lento e preciso reciderle la gola.

Claire sussultò, portandosi le mani alla bocca per non gridare. L’altra volta si era trattato solo di un taglio alla mano di Jasmine, non si aspettava certo di trovarsi di fronte a un simile atto di violenza. Suo malgrado, però, non riuscì a distogliere lo sguardo dal macabro spettacolo, per quanto dentro di sé avrebbe solo voluto scappare da quella sala.

Nickolaij sostenne la ragazza scossa dagli ultimi fremiti, mentre il sangue le imbrattava lentamente il vestito. Riconsegnato il coltello a Dustin, si fece passare la coppa per raccogliere il sangue che sgorgava dal collo della giovane. Una volta riempita, abbandonò il corpo, che si accasciò a terra inerte. 

Nel frattempo, alcuni vampiri passavano tra la folla consegnando boccette ricolme di sangue, incuranti della pozza che intanto si allargava a dismisura sul pavimento. Anche Claire ne ricevette una, ma scoprì che assistere a quell’orrore le aveva fatto passare la fame, sostituita dall’estremo disgusto verso quegli esseri e soprattutto verso Nickolaij. 

Una volta che tutti ebbero ricevuto la propria razione, lui alzò la coppa davanti a sé e gridò qualcosa che Claire non capì e che ricordava vagamente di aver sentito anche nel sotterraneo a Greenwood. 

Eligitur itaque sanguinem!

“Che significa?” chiese incuriosita a Jason.

“Eletti per il loro sangue. È il motto dei Draculesti.” 

A quel punto, gli altri vampiri ripeterono la stessa frase in coro e poi bevvero insieme al loro signore. 

Lei fu l’unica in tutta la sala ad astenersi. La sua attenzione era rivolta alla ragazza ancora ai piedi di Nickolaij, ignorata da tutti e ormai priva di vita. 

A cerimonia conclusa, Nickolaij depose la coppa sull’altare e Claire vide lo scintillio vermiglio dei suoi occhi sotto il cappuccio, ma durò solo un breve istante. Subito dopo, infatti, lui distolse lo sguardo e lasciò la sala. Fu allora che capì di doversi sbrigare se non voleva perdere l’occasione, così prese coraggio e gli corse dietro, sforzandosi di ignorare l’odore del sangue mentre passava davanti al cadavere. Doveva assolutamente parlargli. Da quando le aveva rivelato il suo segreto non avevano più avuto modo di rimanere da soli e aveva bisogno di una risposta. 

“Aspetta!” Gridando attirò su di sé alcuni sguardi confusi e infastiditi, ma riuscì a catturare l’attenzione di Nickolaij, che si fermò sulla soglia della porta in attesa che lo raggiungesse. Quando gli fu davanti, l’occhio gli cadde immediatamente sulle sue dita, che stringevano ancora la boccetta colma di sangue.

“Non hai bevuto nulla, vedo.” constatò asciutto.

Claire però non aveva voglia di discuterne, perciò giunse subito al sodo. “Ho bisogno di parlarti.” lo informò risoluta. “In privato.” C’era ancora troppa gente intorno a loro e non voleva che altri sentissero.

Nickolaij annuì, nascondendosi meglio sotto al cappuccio e invitandola a precederlo con un gesto della mano. Sembrava impaziente di lasciare la sala e Claire non faticò a immaginare il perché. Nel breve istante in cui l’aveva guardata si era resa conto che l’effetto del sangue sui suoi occhi era già svanito, probabilmente a causa della maledizione. 

“Deve essere una cosa davvero urgente, sembri agitata.” le disse, mentre camminavano lungo il corridoio. Ormai certo che fossero soli, si tolse il cappuccio e i loro sguardi si incontrarono. Come sempre, Claire ebbe l’impressione che le scrutasse l’anima e, anche volendo, non avrebbe potuto mentirgli. Stare in sua presenza le faceva provare sempre un misto di ansia e timore reverenziale, ma anche eccitazione. Non avrebbe saputo descriverlo bene, lei lo chiamava l’effetto Nickolaij

“Allora, vuoi dirmi di che si tratta?” la incalzò. Quella sera sembrava meno paziente e disposto ad ascoltarla del solito.

Lei si schiarì la gola, frugandosi nella testa in cerca del modo migliore per affrontare il discorso senza provocare la sua ira. “Sì, ecco…” esitò. D’un tratto la scena della ragazza sgozzata le ritornò in mente e tutta la sua sicurezza venne meno. Forse era il caso di sondare il terreno, così la prese alla larga. “Prima, però, ho una domanda da farti. C’era davvero bisogno di uccidere quella povera ragazza? Non lo facesti a Greenwood.”

Se il reale senso di quella frase sarebbe potuto sfuggire a chiunque altro, a Nickolaij no. Si fermò di colpo, concentrando lo sguardo su di lei. “Dunque anche tu eri là…” mormorò. Non sembrava arrabbiato, solo leggermente sorpreso. 

Claire realizzò solo in quell’istante e balbettò qualcosa in risposta, allo stesso tempo maledicendosi per aver parlato a sproposito. 

“Dean aveva omesso questo particolare. Del resto, non mi sorprende…” rifletté lui dopo una breve pausa.

“Che c’entra Dean?”

“Fu lui stesso a raccontarmi come andarono le cose quella notte.” spiegò placidamente. “Non ve l’ha detto?”

La novità la lasciò interdetta e per un istante rimase impalata a fissare il suo interlocutore. -Ovviamente no- pensò tra sé. Un’altra voce da aggiungere alla lista delle cose non dette da Dean. 

“Non specificò chi di voi avesse assistito alla cerimonia, ma in ogni caso non sarebbe cambiato nulla. Non avrei permesso che restassero testimoni scomodi.”

Claire, però, non lo stava ascoltando. Al momento il suo unico pensiero era che Dean fosse il vero responsabile dei guai in cui erano finiti. Che senso aveva avuto aiutarli a lasciare il castello per poi vanificare tutto spifferando a Nickolaij della loro presenza? Se non lo avesse fatto, a quell’ora forse…

La rabbia che provò fu tale da ripromettersi che, se mai lo avesse rivisto, lo avrebbe strangolato con le sue mani.

“Ad ogni modo, comprendo che tu ti senta ancora legata al tuo vecchio mondo.” riprese Nickolaij, liquidando la faccenda. “Tuttavia, non dovresti provare compassione per qualcuno che ha dato la sua vita affinché la nostra gente possa continuare a esistere, se mai gratitudine. Gli esseri umani sono inferiori a noi, dunque possono rendersi utili nel solo modo possibile: offrendo loro stessi. Ma immagino che il nodo del discorso non sia la sorte toccata a quella ragazza, giusto?”

Naturalmente non lo era e Claire si diede dell’ingenua per aver creduto che prendere l’argomento alla larga sarebbe servito a raggiungere lo scopo. Nickolaij aveva comunque intuito a che gioco stesse giocando e quella della ragazza sgozzata era solo una scusa per chiedergli altro. “No. In effetti, c’è qualcosa.” ammise, mantenendosi prudente.

Lui allora attese paziente che proseguisse.

“A Greenwood succede lo stesso?” Quel pensiero orribile si era ripresentato mentre assisteva al macabro rituale del plenilunio, anche se la tormentava già da tempo. “Che fine ha fatto la gente lì?”

“Sei in pena per la tua famiglia?” 

“Ho ragione di esserlo?” gli chiese a sua volta.

Nickolaij sembrava incuriosito da quel suo atteggiamento. “Claire, mi piacerebbe che tra noi ci fosse la massima trasparenza. Perciò puoi parlare liberamente.”

“Voglio sapere se hai riflettuto sulla mia richiesta di poter tornare in America.” disse allora senza mezzi termini.

Il silenzio calò tra loro. Claire era così tesa che temeva di spezzarsi anche solo respirando.

“Capisco quanto sia importante per te vedere la tua famiglia, ma al momento non ho ancora deciso se lasciarti andare sia un bene oppure no.”

“Che diavolo significa?” protestò indignata, non riuscendo più a trattenere l’impazienza. “Devo sapere come stanno e cosa gli state facendo. Non penso ad altro da quando te l’ho chiesto settimane fa! Come fa a non essere un bene?”

Nickolaij lasciò che si sfogasse, sostenendo il suo sguardo, e in breve tempo Claire perse tutta la sua spavalderia. Forse avrebbe dovuto moderare i toni, non era saggio inimicarselo, così provò subito a rimediare. “Mi dispiace di aver gridato. Io…sono solo preoccupata e…”

“Hai ragione.” la interruppe di punto in bianco, sorprendendola.

“Cosa?”

“Sì, in effetti vedere come funzionano le cose sul campo, fuori da queste mura, non potrà che giovarti.” rifletté.

Claire non sapeva bene cosa dire, pensava di dover combattere chissà quanto prima di averla vinta, invece ancora una volta si rese conto di quanto Nickolaij potesse essere imprevedibile. “Quindi ho il permesso di andare?”

“Naturalmente Dustin ti accompagnerà e si assicurerà che tu non commetta inutili imprudenze.”

-Naturalmente- pensò lei. Del resto, sarebbe stato ingenuo da parte sua credere che l’avrebbe mandata da sola. 

“Lui stesso ti comunicherà il giorno della partenza non appena lo metterò al corrente della questione.” dispose pratico. “Bene. Se non c’è altro, buonanotte mia cara.”

“Buonanotte. E grazie.” rispose Claire, non proprio entusiasta di dovergli gratitudine. Comunque, cercò di mostrarsi più remissiva e accondiscendente di quello che realmente sentiva. 

Nickolaij abbozzò un mezzo sorriso di risposta, prima di voltarsi e proseguire da solo, e per un po’ Claire rimase dov’era, stordita dal fatto di essere appena riuscita a ottenere da lui ciò che voleva. Avrebbe rivisto la sua famiglia. Magari solo per poco e da lontano, ma l’avrebbe rivista e dopo tutto quel tempo non le sembrava vero. Per una volta dall’inizio della sua permanenza in quel posto, l’euforia si sostituì alla tristezza e anche il pensiero della ragazza brutalizzata si fece più sopportabile. 

Soddisfatta, si incamminò verso lo scalone che conduceva ai piani superiori, diretta alla sua camera, senza accorgersi però di non essere sola. 

“Ehi, bellezza.”

Era in procinto di salire le scale quando vide avvicinarsi due vampiri piuttosto nerboruti. Probabilmente dovevano averla seguita. “Sparite.” intimò, decisa ad apparire forte e risoluta, quando in realtà l’ansia si stava già facendo strada dentro di lei. I loro sguardi assatanati, con gli occhi venati di rosso scarlatto, non preannunciavano certo la voglia di una semplice chiacchierata tra amici. Tuttavia, con il suo atteggiamento non ottenne altro risultato se non quello di farli eccitare di più.

“Oh, fa la difficile.” commentò uno dei due, sfoderando un ghigno di perverso divertimento e facendo ridere il suo compare. 

Claire non rispose alla provocazione, ancora nella speranza che ignorarli sarebbe bastato, ma non appena cercò di imboccare le scale si sentì strattonare per un braccio.

“Non abbiamo detto che puoi andare.” minacciò il vampiro che la tratteneva, riacquistando d’un tratto un’inquietante espressione seria. 

“Lasciami subito!”

“Le novelline come te dovrebbero portare più rispetto ai veterani come noi.” aggiunse l’altro incurante delle sue proteste.

Il compagno annuì, mostrandosi d’accordo. “Già. Meriteresti una punizione, ma visto che sei così carina saremo indulgenti.”

Per Claire fu chiaro fin da subito che tipo di indulgenza intendessero adottare, ma non aveva alcuna intenzione di permetterglielo. Adesso era forte tanto quanto loro e si sarebbe difesa. Così, quando con un gesto repentino l’aggressore le piegò il braccio dietro la schiena, per poi spingerla contro il muro, iniziò a menare calci nel tentativo di toglierselo di dosso. Nella lotta la boccetta con il sangue le cadde di mano, frantumandosi per terra. 

Vedendo il compagno in difficoltà, l’altro vampiro intervenne per dargli man forte e il peso di entrambi la schiacciò contro la parete, impedendole qualunque movimento. Fu allora che si rese conto di aver sopravvalutato le proprie possibilità. Ogni suo disperato tentativo di liberarsi si rivelò del tutto inutile.

“Lady Mary ci teneva a ricordarti qual è il tuo posto.” si sentì sibilare all’orecchio.

-È stata lei!- realizzò Claire scioccata. Quella stronza aveva mandato quei due per vendicarsi di chissà quale affronto che nemmeno ricordava di averle fatto. Non poteva dargliela vinta. Doveva combattere, ma per quanto cercasse di divincolarsi, non era abbastanza forte. Mentre uno dei due la teneva ferma, l’altro la toccava dappertutto e Claire sentì il suo fiato sul collo quando prese a trafficare con la chiusura dei suoi pantaloni, di evidente intralcio. I loro corpi erano talmente attaccati che, nonostante fosse girata di schiena, lo sentì avere un’erezione e a quel punto il suo disgusto toccò l’apice. Urlò e si dimenò con tutta l’energia che aveva, pur sapendo che non sarebbe bastato.

Per tutta risposta, infatti, i due si fecero una grassa risata. Il fatto che facesse resistenza li divertiva, fomentando ancora di più il loro istinto animale.

“Tienila, tienila! Il prossimo giro lo fai tu.” sghignazzò quello che le si era avventato contro per primo; poi affondò le dita nella fessura tra i pantaloni e la pelle di Claire, spingendoli di prepotenza verso il basso e lei fece una smorfia di dolore nel sentire le sue unghie graffiarla. 

Ormai allo stremo, stava per arrendersi all’inevitabile, quando all’improvviso il corpo del vampiro smise di pesarle addosso e fu di nuovo in grado di muoversi. Dopo essersi rivestita al volo, ne approfittò per dare libero sfogo alla rabbia e sferrò un pugno dritto in faccia all’altro, togliendoselo definitivamente di torno. Mentre lo colpiva, immaginò di riservare lo stesso trattamento a Mary.

Quando si voltò, vide che Jason aveva già scaraventato quel viscido contro la parete e ora la guardava, forse chiedendosi se fosse arrivato troppo tardi. “Tutto bene?” 

Claire, però, non ebbe il tempo di rispondere, perché il vampiro che aveva appena atterrato si stava già rialzando ed era pronto a colpire Jason, ma lui reagì immediatamente e iniziò a riempirlo di pugni, mentre lei teneva l’altro occupato. 

Non sarebbe rimasta a guardare, voleva fare la sua parte. Era sicuramente meno esperta nel combattimento e molto più piccola di corporatura, ma ricordava ancora gli insegnamenti di Evan e dei gemelli, che poteva utilizzare insieme a quanto stava apprendendo lì al castello e si dimostrò comunque in grado di dargli filo da torcere. Sfruttando la sua bassa statura, riuscì a schivare il suo tentativo di afferrarla e ad assestargli un calcio poderoso nelle parti basse. Quando poi il vampiro si piegò su se stesso piagnucolante per il dolore, gli piantò decisa il gomito sulla schiena e lo mandò definitivamente al tappeto. “Fottiti, stronzo!” 

“Cosa sta succedendo qui?”

La voce pacata e fin troppo familiare di Dustin esordì quasi dal nulla, attirando l’attenzione generale su di sé. Lo videro avanzare dal fondo del corridoio, per nulla turbato di vederli fare a botte, ma con uno sguardo raggelante con cui li inchiodò uno per uno. I suoi occhi azzurro oceano si fermarono un istante su Claire, prima di spostarsi su Jason. “Allora?” insistette, aspettandosi delle spiegazioni.

“Questi due animali l’hanno aggredita.” spiegò lui ansante. “Volevano violentarla, l’ho solo difesa.” chiarì poi senza mezzi termini.

Claire rimase sorpresa da tanta sincerità. Non si aspettava che Jason sarebbe stato così diretto, visto che da quelle parti le spie non erano viste di buon occhio.

Dustin rivolse una breve occhiata di velato disgusto al vampiro ancora piegato in due, che si lamentava per il dolore, prima di tornare su lei e Jason. “Non che ce ne fosse la necessità. Sa difendersi benissimo da sola, a quanto sembra.” commentò. Uno dei due vampiri fece per replicare, ma glielo impedì con un semplice gesto della mano, mentre il suo sguardo indagatore studiava Claire da capo a piedi. Aveva ancora i pantaloni slacciati e non occorreva molta immaginazione per capire che quanto sostenuto da Jason fosse la verità. A quel punto, senza fare una piega, si rivolse ai due aggressori, che lo fissavano come se si aspettassero di venire trucidati da un momento all’altro. Tutta la loro spavalderia era scomparsa di colpo.

“Affinché lo sappiate, stavate per usare violenza sulla protetta di sua Signoria.” li informò in tono placido, vedendoli sbiancare subito dopo. “Se le fosse stato torto anche un solo capello, ne avreste risposto direttamente a Lui. Dunque, suppongo che dobbiate ringraziare il nostro caro Jason qui. Vi ha appena salvato la vita.” Detto ciò, le sue labbra si piegarono in un sorriso sornione, poi con un cenno della testa ordinò loro di dileguarsi e i due se la diedero a gambe senza farselo ripetere.

L’istante dopo l’attenzione di Dustin si indirizzò su Jason. “Quanto a te…”

“Lui non c’entra!” si mise in mezzo Claire, preoccupata che potesse rimetterci a causa sua. La prima cosa che le venne in mente fu di spiattellargli che la colpa era tutta di Mary, ma poi si trattenne. Se ne fosse venuta a conoscenza, si sarebbe vendicata di nuovo. Magari stavolta su entrambi. “Non so cosa avrei fatto se non fosse intervenuto per difendermi.” sostenne allora, imponendosi maggior contegno.

Il sopracciglio di Dustin si sollevò appena. “Stavo appunto per congedarlo. Non c’è alcun motivo per cui debba meritarsi una punizione. Vai pure.” 

Jason chinò il capo obbediente, andandosene per la sua strada senza degnarla di uno sguardo e Claire non poté fare a meno di chiedersi perché l’avesse salvata se ogni volta dimostrava di non provare più il minimo segno di affetto nei suoi confronti. 

Dustin la distolse da quei pensieri. “Vieni. Ti accompagno alla tua stanza.” 

Dopo essersi ricomposta, lasciò che la precedesse su per lo scalone, percorrendo poi insieme il lungo corridoio del primo piano che Claire ormai conosceva a memoria. In realtà, non vedeva davvero dove stava andando, troppo impegnata a cercare di scacciare le immagini di poco prima che non smettevano di ripetersi nella sua testa come in un loop. Non si era nemmeno accorta che intanto il suo accompagnatore le aveva rivolto la parola.

“Mi stai ascoltando?” chiese Dustin, vedendola distratta.

Lei lo guardò spaesata. “Come?”

Il vampiro allora sospirò paziente. “Ho detto che non informerò sua Signoria dell’accaduto. Ne rimarrebbe turbato e al momento ha ben altre questioni di cui occuparsi, ma prima di andare mi permetto di darti un consiglio: quella di stasera non sarà l’ultima volta che qualcuno qui cercherà di sottometterti e non sempre troverai chi è disposto a tirarti fuori dai guai. Dunque, faresti bene a capire come farti rispettare.” Subito dopo averlo detto, le porse una boccetta identica a quella che aveva perso durante lo scontro. “Tieni, ne hai bisogno.”

Senza darle il tempo di replicare, né tanto meno di ringraziarlo, le voltò le spalle e tornò da dove erano appena venuti, lasciandola sulla soglia a meditare sulle sue parole. Mai si sarebbe aspettata di ricevere consigli di vita da uno come lui, sempre distaccato e apparentemente incurante dei problemi degli altri, ma forse aveva attirato le sue simpatie e si era sentito in dovere di metterla in guardia. Il problema era che a cercare di sottometterla era quell’arpia di Mary, quindi non sarebbe stata un’impresa facile farsi rispettare. 

Una volta infilatasi in camera, rimase per un po’ appoggiata alla porta, con gli occhi chiusi, cercando di respirare in modo regolare. Ancora tremante, abbassò lo sguardo sulla mano che impugnava la boccetta. Quanto avrebbe voluto frantumarla a terra e dimenticare tutto. Purtroppo però sapeva che era la sua unica fonte di nutrimento e arrivata a quel punto la fame che aveva cercato di domare tutta la sera si era fatta più forte della sua testardaggine, così si decise. Con un movimento secco la stappò, mandò giù il contenuto tutto d’un fiato e subito un senso di benessere la pervase, com’era successo quando l’avevano costretta nella cella. Per quanto piacevole, quella sensazione le ricordò cosa fosse diventata, alimentando l’odio verso se stessa. 

Una volta finito, la poggiò sulla toletta con malagrazia, non vedendo l’ora di disfarsene e per un attimo non fece caso al suo aspetto riflesso nello specchio. Quando alzò lo sguardo, a stento riuscì a riconoscersi. I suoi occhi, solitamente color del mare più profondo, erano rosso rubino e brillavano nella semioscurità. Trasalì per lo spavento, scoprendo così i canini che si erano allungati e sporgevano fuori dalla bocca.

Per la prima volta si vide per quello che era: un mostro. L’immagine del vampiro che aveva massacrato i Weaver quella notte le attraversò la mente, così come le facce di quei due vermi che stavano per violentarla. Avevano tutti i suoi stessi occhi. Ripugnata dal pensiero, diede un pugno allo specchio, mandandolo in mille pezzi. Con la mano sanguinante e piena di schegge, si accasciò a terra e scoppiò in un pianto disperato.

 
   
 
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