Serie TV > Sherlock (BBC)
Segui la storia  |       
Autore: mikimac    05/08/2021    1 recensioni
L'Isola è di nuovo in pericolo. Un nemico subdolo e feroce minaccia la sicurezza degli Omega, costringendo Sherlock e John a tornare nel Mondo Esterno.
Genere: Angst, Fantasy, Omegaverse | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Lestrade, Mycroft Holmes, Sherlock Holmes
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Mpreg
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'A Kind of Magic'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Third things third

Third things third


Send a prayer to the ones up above
All the hate that you’ve heard

has turned your spirit to a dove, oh-ooh
Your spirit up above, oh-ooh

 

Believer

 

 

Eravamo arrivati a Londra di notte. Era una prassi consolidata nei secoli, che gli Omega raggiungessero il Mondo Esterno durante la notte, il momento in cui su ogni luogo regnava la quiete. Persino in una città cosmopolita e piena di vita come Londra, c’era una frazione della notte, durante la quale incontrare qualcun altro era molto difficile. In quel breve periodo, i nottambuli si erano ritirati nelle loro dimore, appena prima che coloro che si erano coricati presto si alzassero, per iniziare la giornata. Londra ci accolse con la sua nebbia e le sue luci soffuse. Sonnolenta, eppure così vitale.

Mi voltai a guardare Sherlock. Aveva occhi chiusi ed era concentrato. Le narici erano leggermente più dilatate del solito, quasi stesse annusando l’aria, per riconoscere ogni componente presente nel suo profumo. Il corpo sembrava teso, in ascolto di ogni più piccolo rumore. Sapevo che la sua brillante mente stava riconoscendo ogni suono, attribuendogli un nome e una origine.

Sherlock si stava riappropriando della sua città. Del suo mondo. Di quell’universo al quale aveva rinunciato per stare con me.

Osservai gli angoli delle sue labbra sollevarsi in modo lievissimo. Un sorriso compiaciuto di riconoscimento per qualcosa che non percepiva da diverso tempo.

Aprì gli occhi, che brillavano allegramente. Avvicinò il viso al mio e mi baciò sulle labbra. Fu un bacio delicato e dolce. Un bentornato a casa.

“Londra non è cambiata molto, in questi anni. Stessi odori e stessi suoni. Sono certo che non avremo problemi a riappropriarci delle sua abitudini.”

“Sono trascorsi comunque quasi sei anni. Per fortuna, essendo uomini adulti, qualunque conoscente dovessimo incontrare non noterà alcuna differenza.”

“Semplicemente, portiamo bene i nostri anni. – sogghignò Sherlock – Pensa a quanto sarà invidioso Mycroft.”

“Oh, Sherlock!” Sbuffai, ma non riuscii a trattenere un sorriso. Il rapporto fra Sherlock e Mycroft era stato sempre molto conflittuale, ma sapevo che i due fratelli si amavano e rispettavano molto, malgrado lo negassero in modo deciso.

“Andiamo a riprendere possesso del 221B di Baker Street? Credo che persino mio fratello sia a letto, a quest’ora, e che possiamo attendere che il sole torni a splendere alto in cielo, prima di incontrarlo.”

“Sei gentile a volere lasciare dormire Mycroft ancora un po’.”

“Non è gentilezza, John. Alla luce del sole, potrò contare meglio ogni ruga che si è aggiunta sul suo viso e rinfacciargliela una a una,” ribatté Sherlock, serafico.

Io ero incredulo, ma scossi solo la testa. Mio marito non sarebbe mai cambiato.

 

Riaprire la porta del 221B di Baker Street, riportò alla mente tanti ricordi. In quel piccolo appartamento avevo portato Sherlock, dopo averlo trovato completamento fatto non lontano dal luogo in cui eravamo comparsi. Lì aveva ritrovato Mycroft e Greg. Lì Sherlock ed io ci eravamo Legati.

La casa era silenziosa. Al 221A viveva la padrona di casa, una simpatica signora dall’età indefinibile, che si prendeva sempre cura di ogni Omega che si presentava nell’appartamento. Per quanto ripetesse in continuazione che lei non era una governante, il suo istinto materno da chioccia la portava sempre a preparare manicaretti per i suoi inquilini e a riordinare l’appartamento, giusto perché “una donna vede sempre meglio di un giovane uomo dove si annidi lo sporco.”

Salimmo silenziosamente le scale, che portavano al piano superiore. Il salotto era ordinato e pulito, illuminato dalla luce dei lampioni, che filtrava dalle finestre, attraverso le tende semiaperte.

Sherlock mi circondò la vita con le braccia, scostando il bavero della giacca dal mio collo. Le sue labbra calde si posarono appena sotto l’orecchio, tracciando un percorso delicato lungo il collo. Chiusi gli occhi, appoggiandomi al suo petto con la schiena. Potevo sentire un certo rigonfiamento premere contro i miei pantaloni.

“Che ne dici di provare quanta confusione facciano le molle del materasso?”

“Non ho nulla in contrario. Speriamo solo di non svegliare tutto il vicinato,” sussurrai, sorridendo.

“Correremo il rischio,” sentii la risatina profonda di Sherlock riverberare dal mio collo fino a raggiungere il mio cuore. Mi mancavano i miei figli, ma mio marito era con me. Potevo pensare a questa come a una vacanza. Forse un po’ movimentata, ma sempre solo un breve distacco dalla mia famiglia.

Potevamo permetterci di divertirci. Di fare l’amore. Nessuno ci avrebbe biasimato.

Continuando a baciarci, toccarci, accarezzarci, trovammo la camera da letto, dove trascorremmo la nostra prima notte nel Mondo Esterno.

 

La mattina dopo, Londra era ancora immersa nella nebbia. Fummo svegliati da un leggero bussare e dall’invitante profumo di tea e pane abbrustolito.

“Yohoo… ragazzi? Posso entrare o siete in condizioni indecenti?” Domandò una maliziosa voce allegra.

Sherlock sbuffò e si coprì la testa con il cuscino, così io mi alzai, infilandomi le prime cose che mi capitarono sotto le mani.

“Signora Hudson, buongiorno. Non avrebbe dovuto disturbarsi a prepararci la colazione. Potevamo fare da soli.”

“Oh, lo so caro, ma ho pensato che, dopo le vostre attività notturne, aveste bisogno di qualcosa di sostanzioso. Dio solo sa, quanto siate sbadati voi uomini, quando fate la spesa. Sono pronta a scommettere che non avete comprato nulla di veramente adatto a ricostruire tutte le energie disperse stanotte,” ridacchiò.

Io arrossii leggermente: “Ehm… grazie… usciremo presto e staremo fuori tutto il giorno… probabilmente…”

“Va bene, caro. Non sono la vostra governante, quindi non è necessario che tu mi metta al corrente dei vostri programmi. Io però, prima mi cambierei. Non mi sembra che quei pantaloni siano della tua misura,” salutò, strizzandomi l’occhio.

Guardai i pantaloni che non ero ancora riuscito ad allacciare e realizzai che erano quelli di Sherlock.

 

Dopo colazione. Decidemmo di mettere in atto il nostro piano.

“Dato che Mycroft non è ancora piombato qui, direi che il vostro incantesimo di dissimulazione funzioni,” constatò Sherlock, mettendosi in bocca un ultimo pezzetto di pane e marmellata.

“Certo che funziona! Lo hanno ideato i nostri maghi migliori proprio per impedire alle telecamere del Mondo Esterno di registrare le immagini degli Omega. È stata una precauzione necessaria, dopo ciò che è accaduto con Magnussen,” ribattei, leccandomi la marmellata da un paio di dita.

Alzai gli occhi su mio marito e lo trovai intento a fissarmi. Ricambiai lo sguardo, un po’ perplesso: “C’è qualcosa che non va?”

“Non leccarti le dita in quel modo o non usciremo da qui per le prossime settimane!” Mi rispose Sherlock, con voce roca e un sorriso beffardo sulla labbra.

Risi di cuore, rasserenato dal fatto che Sherlock fosse così sereno. Lui certamente pensava che sarebbe andato tutto bene e il suo contagioso ottimismo mi aveva messo di buon umore. Gli avevo raccontato il mio incubo. Eravamo arrivati alla conclusione che, trovato Sebastian, tutto si sarebbe risolto per il meglio.

“Raduniamo la squadra?” Proposi.

Sherlock scattò in piedi: “Che il gioco abbia inizio!”

Prendemmo un taxi e ci dirigemmo verso il Diogene’s Club.

 

Mycroft Holmes era sempre stato un uomo abbastanza abitudinario. Ogni mattina andava al Diogene’s a fare colazione e a leggere il giornale, immerso nella pace delle sue altezzose mura silenziose. Un momento di quiete, prima di farsi travolgere dagli impegni della giornata lavorativa.

Non fu difficile entrare. L’incantesimo che impediva alle telecamere di riprenderci, funzionava anche sulle persone. Se lo volevamo, gli altri ci vedevano come ombre fuggevoli, fantasmi passeggeri, di cui non ricordavano i lineamenti e la fisionomia.

Quando entrammo nella stanza, Mycroft era seduto sulla sua solita poltrona, con il carrello della colazione accanto e il giornale spalancato davanti al viso. Mi guardai intorno. La stanza era arredata con mobili severi, dalle linee semplici, decisamente costosi. Su un tavolo, al centro e riparata da una campana di vetro trasparente, si trovava una splendida rosa rossa, non ancora del tutto sbocciata.

Sentii Sherlock trattenere il respiro, sorpreso. Vidi i suoi lineamenti addolcirsi e intenerirsi. Capii che quella era la rosa incantata che aveva lasciato a Mycroft, per fargli sapere che stava bene.

Infilai le dita di una mano fra quelle di Sherlock e le strinsi delicatamente. Lui si ricompose e, con tono canzonatorio, apostrofò il fratello: “Non credi che mangiare quella roba ti faccia ingrassare?”

Vedemmo oscillare lievemente le pagine del giornale, che fu abbassato e piegato con un movimento lento e misurato. Mycroft non era invecchiato. Aveva qualche capello bianco in più. Le rughe sembravano appena più profonde. Forse aveva messo su un paio di chili. Però era sempre lui. Ci osservava con quei suoi profondi e perforanti occhi azzurri. Come il fratello minore, anche lui sezionava e catalogava l’interlocutore, per avere un vantaggio nella eventuale negoziazione. Nel nostro caso, però, stava solo stabilendo se stessimo bene. Soddisfatto del proprio esame, si concesse, alfine, un sorriso ironico: “Veramente, fratello caro, se c’è qualcuno che ha messo su peso, quello sei tu. Non che tu stia male, intendiamoci. Si vede che John voleva qualcosa di più concreto da abbracciare, non solo un mucchietto d’ossa.”

“Può darsi. Tu, invece, fai una vita troppo sedentaria. Dovresti trovare qualcuno che voglia stringere te, così, forse, avrai un incentivo per smettere di abbuffarti di dolci,” ribatté Sherlock, sprezzante, ma con una nota di malinconia nella voce, come se fosse dispiaciuto per la vita solitaria del fratello.

“Siete tornati per trovarmi un fidanzato o per fare una vacanza nel Mondo Esterno?”

“L’Isola è in pericolo. – mi intromisi – Abbiamo perso i contatti con un Omega. Lui ha idee un po’… rivoluzionarie. Vorrebbe che abbattessimo la barriera che protegge l’Isola dal Mondo Esterno e che ci ricongiungessimo con voi.”

“È stato sicuramente plagiato o convinto da un qualche Alfa, che ha un secondo fine. Non escludo che voglia convincere gli Omega a mostrarsi al mondo, solo per sfruttare i loro poteri a suo beneficio,” intervenne Sherlock, in tono secco.

“Farò subito cercare l’Omega scomparso dai miei uomini. E potremmo anche coinvolgere Gregory Lestrade. Come sovrintendente di Scotland Yard, può darci una notevole mano nelle ricerche.”

“Greg ha fatto carriera?” Chiesi, contento per lui.

“Sì. Si sta dimostrando un ottimo capo. Arriverà molto alto. Come si chiama l’uomo che dobbiamo trovare?”

“Sebastian Moran,” risposi.

Una strana espressione comparve sul viso di Mycroft. Era a metà fra la preoccupazione e la paura. Anche Sherlock la aveva notata: “Hai già sentito questo nome?”

Mycroft si alzò dalla poltrona, fece un paio di passi verso di noi e ci porse il giornale, che stava leggendo. La prima pagina era occupata dalla fotografia a colori di due giovani uomini che sorridevano felici all’obbiettivo. Il titolo, che la sovrastava, annunciava a caratteri cubitali il fidanzamento fra il miliardario James Moriarty e il promettente modello Sebastian Moran.

 

 

 

 

 

Angolo dell’autrice

 

Ora tutti i giocatori sono in campo. Che il gioco abbia inizio.

 

Grazie a chi stia leggendo il racconto.

 

A giovedì prossimo.

 

Ciao.

 

   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Sherlock (BBC) / Vai alla pagina dell'autore: mikimac