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Autore: crazyfred    06/08/2021    10 recensioni
Alessandro, 45 anni, direttore di una rivista di lifestyle. Maya, 30 anni, sua assistente personale. Borgataro lui, pariolina lei. Self made man lui, principessina viziata ma senza un soldo lei. Lavorano insieme da anni, ma un giorno, la vita di entrambi cambierà radicalmente ... ed inizieranno a guardarsi con occhi diversi. Sullo sfondo: Roma.
(dal Prologo) "Quando Alessandro l'aveva assunta, oltre al suo aspetto patinato, aveva notato la sua classe e il suo buon gusto, oltre ad una sensibilità ed intelligenza nascoste, ma scalpitanti e volenterose di venire fuori. Forse nemmeno Maya si rendeva conto, all'epoca, che razza di diamante grezzo fosse. Alex però, che nello scoprire talenti era un segugio infallibile, non se l'era fatta sfuggire."
Genere: Commedia, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Sotto il cielo di Roma'
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Capitolo 4

 
La classica sveglia, il bip assillante o il trillo assordante, buona solo a buttarti giù dal letto traumatizzandoti, non era cosa da Alex. Lui preferiva una radiosveglia soft, con della buona musica che aumentava di volume poco alla volta, o la voce calda e rassicurante di uno speaker che legge la rassegna stampa. Soprattutto il lunedì mattina, quando bisognava fare il possibile per iniziare la settimana nel migliore dei modi.
E così, anche quella mattina, lo speaker di Radio Roma Capitale aveva ricevuto l'arduo compito di dare il buongiorno al signor Bonelli.
Da quando era tornato a Roma dopo le vacanze, puntualmente gli ci volevano quei 5-10 minuti per fare mente locale di tutta la sua attuale situazione familiare.
Scalzo, in calzoncini e maglietta, dopo il pit-stop in bagno svegliava i ragazzi e scendeva in cucina. I suoi figli non potevano pretendere una colazione come quelle che gli preparava la madre, ma l'importante era sfamarli e non dimenticare nulla.
La colazione trascorreva silenziosa. O meglio, ognuno di loro aveva la propria attenzione rivolta a qualcosa di diverso: la piccola di casa ai cartoni in tv, il grande ai social ed Alessandro alla lettura delle breaking news sul suo tablet. Essere direttore di una rivista non lo rendeva di certo esente dall'informarsi, tanto più che Roma Glam non si occupava né di cronaca, né di economia. Mentre leggeva un articolo di finanza, pensò di contattare la sua assistente per prendere appuntamento in banca con il suo consulente finanziario.
"Ah Maya …" aggiunse alla registrazione del vocale "avverti pure l'avvocato De Stefanis che ho bisogno di parlargli. Fammi sapere se viene da noi o devo andare io in studio da lui. Ci vediamo più tardi."
Si sentì addosso lo sguardo scrutatore di suo figlio. Era ovvio che avesse capito il motivo dell'incontro con Francesco, non c'era mica bisogno di vedersi di persona per organizzarsi per il tennis o il calcetto. Ma lasciò perdere, il lunedì era l'ultimo giorno indicato per discutere, tanto più che su certe questioni di certo non doveva rendere conto a lui delle sue scelte e delle sue decisioni.
"Papà quando torna mamma?" domandò Giulia, di punto in bianco, candidamente. La piccola non poteva immaginare come bruciasse in petto a suo padre quando si toccava quel tasto dolente. La delusione era ancora troppo, troppo forte da accettare. Era passato un mese, eppure non riusciva ancora a capacitarsi di quello che era successo. "Non lo so, amore, la zia Luisa non sta ancora molto bene."
Era stato provvidenziale che Claudia avesse una vecchia zia, sola, che viveva in Veneto e nessuno vedeva o sentiva troppo spesso, da poter sfruttare come scusa. Nessuno si era fatto troppe domande: i genitori di lei non parlavano più con l'anziana più tempi di una lite per un'eredità e l'unica ad essere rimasta in contatto era Claudia che era la sua figlioccia. Tutto si incastrava alla perfezione ed era sicuro che Claudia avesse interesse tanto quanto lui a reggere il gioco.
"E perché non possiamo andare a trovarla pure noi?" "Perché tu e Dedo dovete andare a scuola. È importante. E poi ci sono io con voi, non sei contenta che puoi stare nel lettone con papà quando vuoi adesso?"
La piccola annuì vistosamente, soddisfatta di questa piccola riconquista. Claudia era stata categorica che la bambina si abituasse a dormire nella cameretta, ma Alessandro, complice la solitudine e la malinconia di quelle serate, non ci aveva messo granché a farla tornare a dormire con lui. Alla piccola mancava sua madre e, alla fin fine, si facevano compagnia a vicenda.
"Però mi devi accompagnare a fare sopping"
"Si dice shopping, moccolo" la corresse Edoardo.
"Ma devi essere sempre così acido tu? Ha cinque anni!!!"
"Ho cinque anni Dedo!!! Sono piccola!!!"
Cinque anni ed un caratterino già bello e formato, teneva già suo padre completamente in pugno. Non solo perché era la femminuccia, la principessa di casa, ma perché era arrivata in un momento in cui lui si era sentito veramente pronto a diventare padre; con Edoardo, invece, nato nel bel mezzo della sua ascesa lavorativa, non aveva saputo dedicare sé stesso a quel piccoletto come avrebbe meritato. Giulia era stata la possibilità di dimostrare a sé stesso che poteva essere un buon padre.
"E sentiamo. Di cosa avresti bisogno?"
"Un grembiulino nuovo. Quello che mi metti è stretto"
Effettivamente gli era sembrato un po' corto di maniche, ma pensava fosse solo a causa dell'asciugatrice un po' aggressiva - anche quella era una novità per lui. Non aveva nemmeno idea di dove si comprasse un grembiule; quelle erano cose di cui si occupava Claudia. Lui di solito si limitava a portare i figli a scuola e a filmare le recite di Natale e fine anno. Quando si era ritrovato a dover organizzare il ritorno a scuola per Giulia ed Edoardo si era reso conto di cosa significasse veramente. Prenotare i libri - e stare appresso al libraio che li consegni in tempo, la cancelleria, i buoni pasto della mensa, i bavaglini, il sacco nanna, i cambi … da uscire pazzi. Fortuna che era un buon organizzatore e con qualche schema e appunto era riuscito a fare tutto.
"Che dici se vai con nonna a comprare il grembiulino? Papà oggi non riesce proprio … ha troppo da fare a lavoro."
"Va bene"
Ai suoi genitori non aveva detto niente di Claudia, ovviamente. Nessuno, al di fuori di Edoardo, Francesco ed ora Maya, sapevano di quanto accaduto. Sarà stato da immaturi e codardi, ma non si sentiva ancora pronto ad affrontare pubblicamente la cosa. Prima o poi avrebbe dovuto farlo, soprattutto se lei non si fosse degnata di tornare in tempi decenti, ma per ora andava bene così.
Le sorrise, la sua piccolina senza problemi, che si faceva andare sempre bene tutto e non faceva mai i capricci. Anche solo per un istante gli rischiarò la giornata.
Mentre poggiava nel lavello le tazze della colazione suonò il campanello. A giudicare dall'ora era Ines, la signora che avevano a servizio. Di solito aiutava in casa una volta a settimana per le pulizie più profonde, ma ora, senza Claudia, Alessandro le aveva chiesto di dare temporaneamente una mano tutte le mattine.
"Edo hai messo in ordine in camera?" domandò l'uomo, urlando in direzione delle scale verso il piano superiore, mentre andava ad aprire.
"A cosa serve? Paghiamo Ines!"
"Ines viene a dare una rassettata, non a spalare l'immondizia che lasci sparsa in camera tua!"
Non aveva voglia di litigare. Prese qualche lungo respiro per calmarsi e rispose al videocitofono.

"Signor Alessandro, ma dorme ancora in camera degli ospiti?" urlò la donna dal piano di sopra, mentre i Bonelli si preparavano ad uscire, al piano di sotto.
"Eh … io la chiamata l'ho fatta, Ines" le disse, mentre abbottonava il grembiulino alla bambina seduta sull'isola in cucina - era veramente piccolo e l'aveva mandata a scuola in quello stato, chissà le suore cosa avevano pensato "non è colpa mia se un tecnico non si può avere prima di due mesi."
Alex aveva lasciato la camera padronale. Da quando erano rientrati a Roma la usava solo per lo stretto necessario: entrava per prendere i vestiti ed usciva il più in fretta possibile. Era troppo impregnata del profumo che aveva regalato a sua moglie per il compleanno e dell'essenza delle candele profumate che accendeva ogni sera prima di andare a dormire. Lui le odiava, le diceva sempre che bruciavano ossigeno ma non era mai riuscito a farla smettere.
Ma ad Ines, per non dare troppe spiegazioni, disse che si era rotto il condizionatore e ci voleva tempo per ripararlo. Non era sicuro che se la fosse bevuta, perché
quel fine estate non era poi così caldo da necessitare il condizionatore di notte. Conoscendola, probabilmente lo aveva anche controllato di persona per vedere se diceva la verità - era una che usava tre parole anche quando ne bastava una e sapeva tutto di tutto il palazzo anche se non ci abitava; ma non aveva detto una parola, né aveva alluso. E per adesso ad Alex andava bene così.
"Vorrei sapere quando finisce questa sceneggiata" commentò tra i denti Edoardo, alzando gli occhi al cielo mentre prendeva le chiavi del motorino da una ciotola sul tavolino in salotto.
"Perché non lo chiedi a tua madre?" rispose il padre, piccato, poggiando aggressivamente entrambe i pugni sul piano dell'isola.
Alex aveva storto il naso quando Claudia aveva voluto assolutamente che si buttasse giù il muro tra cucina e soggiorno, ma riconosceva che aveva i suoi vantaggi: tenere i figli sotto controllo.
"NON SONO IO " continuò, ma poi si ricordo di dover moderare il volume della voce, più per Giulia che, accanto a lui, non poteva né doveva capire nulla, che per Ines, che al piano di sopra già aveva acceso lo stereo in camera di Edoardo per avere un po' di compagnia "non sono io quello che se ne sta in vacanza da oltre un mese"
"Ines noi andiamo!" disse, praticamente urlando, sulla porta di casa, con la bambina in braccio, zaini e zainetti e ventiquattrore a tracolla e la testa che alle 8 del mattino già gli scoppiava. In più il cellulare in tasca già aveva iniziato a squillare "Le chiavi lasciale in portineria, come al solito!"

"Dimmi Maya" disse, rispondendo al telefono non con qualche difficoltà nel vano dell'ascensore tra i figli e le varie borse.
"La segretaria dell'avvocato ha detto che è fuori tutto il giorno, puoi passare questo pomeriggio alle 17.30"
"Benissimo, ci vediamo in ufficio più tardi."
 
Lo studio dell'avvocato De Stefanis era situato al piano nobile di un elegante palazzo d'epoca del centro, a due passi da Villa Borghese, con ingresso di rappresentanza e servizio di portineria, come si conveniva ad uno studio di quel calibro. La targa in ottone al portone era la cosa meno appariscente.
Ad accoglierlo una segretaria attempata in tailleur gessato e spilla d'oro giallo sul bavero della giacca, ultima vestigia dei tempi in cui lo studio lo dirigeva De Stefanis senior e che ora suo figlio non vedeva l'ora di mandare in pensione, per sostituirla con qualcuno - o meglio qualcuna - di più giovane, che si abbinasse meglio alla una nuova immagine che il cambio al vertice aveva inevitabilmente imposto.
"Buon pomeriggio signor Bonelli, l'avvocato sarà qui a breve ma può attenderlo nel suo studio" lo salutò la donna, deferente e professionale "posso portarle un caffè?"
Alex, meritocratico fino al midollo, l'apprezzava e si era battuto affinché l'avvocato la tenesse con sé e non trovasse un escamotage per mandarla via prima del tempo.
"Gentilissima come sempre ma no, grazie, sto bene così."
"L'accompagno"
"So la strada, grazie"
Alessandro era di casa dai De Stefanis. Non solo era uno dei clienti più affezionati, affidandosi alla consulenza legale dello studio da quando era tornato in Italia per lanciarsi nella sua avventura editoriale, ma era anche amico stretto dell'avvocato, o meglio Francesco, coinquilini ai tempi dell'università e poi anche testimone di nozze. Ad uno scapolo impenitente come Francesco era costato caro accettare quel compito 16 anni prima. Per lui Alessandro e Claudia erano troppo giovani e, se proprio era così necessario sposarsi, avrebbero dovuto divertirsi ancora un po' prima di mettere su famiglia.
Così, Alex lasciò che la donna tornasse al suo lavoro e si addentrò nell'appartamento dai soffitti alti e dalle pareti immacolate che lo rendevano luminosissimo. Nelle varie stanze che si aprivano nel corridoio, i suoi praticanti e i collaboratori lavoravano alle loro scrivanie come tante formiche operose. Si domandò se per caso, ad un occhio esterno, anche i suoi dipendenti non facessero la figura degli scribacchini.
Entrato nell'ufficio, si stravaccò sul divano in pelle nera di fianco alla porta, buttando la cartella per terra e slacciando la cravatta e il colletto della camicia. Uno dei suoi migliori investitori, editore di un giornale nazionale che gli stava con il fiato sul collo per riassorbire anche RomaGlam, era andato in visita quel pomeriggio: quando si presentava, Alex era costretto a mettere il completo da prima comunione per compiacerlo. Era un democristiano da prima repubblica, tutto casa e chiesa, tanto che per l'occasione aveva anche dovuto infilare al dito la fede per tenerselo buono. Lo odiava con tutto sé stesso e in quei giorni sentiva di detestare le sue ipocrisie ancora di più, ma era ricco da fare schifo e questo lo rendeva il suo migliore amico.

"Carissimo, come andiamo? … ma tu lo sai che io ci sono sempre per te, caro il mio dottore" la voce alta e leggermente sguaiata dell'avvocato irruppe nel silenzio dell'ufficio provenendo dal fondo del corridoio. A giudicare dal tono, tanto per cambiare, impegnato al telefono. Era uno di quelli che adorava darsi un tono chiamando gli amici con i loro titoli, lo faceva sentire ancora più importante di quanto già non fosse. Tutte le conversazioni con lui sembravano essere prese dalla relazione di una vertenza sindacale o di un colloquio giudiziario, anche se si parlava di acquistare un televisore o di una partita di tennis. Entrò nella sua stanza con l'eleganza e la delicatezza di un pachiderma e uno dei praticanti, piccoletto, mingherlino e maldestro lo seguiva annaspando per raccogliere borse, faldoni e giacca; vedendolo entrare, Alex si alzò per stringergli una mano ma Francesco lo fece accomodare, sbattendo fuori il malcapitato del praticante e chiudendogli la porta praticamente in faccia. Con nonchalance, mentre si metteva comodo anche lui nel piccolo salottino, continuava la telefonata, mantenendo il cellulare all'orecchio con la spalla, come se non fossero stato inventati vivavoce o auricolari bluetooth.
"Allora ho confermato il campo per 21.30. Ti posso già confermare il presidente, ovviamente, ho sentito il professore e c'è anche lui, e ho qui il direttore che mi fa cenno che lui non viene, ma tanto è na pippa, quindi sticazzi!" esclamò ridendo e tirando una pacca sulla spalla dell'amico.
Non era vero che non era bravo a giocare a calcetto, ma aveva subito un infortunio al ginocchio e preferiva andarci piano con quei macellai contro cui Francesco si ostinava a giocare. Con loro era più una partita di rugby che calcetto.
"Gigi? Certo che no. Sta incasinato col padre .. ma che n'hai saputo?  Je so entrati 'n casa …"
Francesco era così. Era un professionista distinto dei quartieri in della città, con la camicia bianca, il cardigan poggiato sulle spalle e il mocassino quando non indossava il completo scuro d'ordinanza, ma il suo parlare forbito difficilmente nascondeva quell'inflessione romana che puntualmente veniva fuori tra amici
"Ma quali ladri?! 'e guardie! Sì … pe' tutto quel casino che sai, per quelle carte che aveva firmato. Però è meglio se non parliamo di ste cose al telefono vah … sì sì … vabbè, vabbè, ci risentiamo! Cia' cia'!"
L'uomo chiuse il telefono, mettendolo via e biascicando qualcosa di indecifrabile sul suo interlocutore, che per quanto ne sapeva Alex poteva tranquillamente andare da bravo ragazzo a che coglione.
"Allora direttore carissimo…come andiamo?"
"France', sai il mio nome. Usalo" chiarì subito Alex. Non era giornata per quelle pagliacciate.
"Sì vabbeh come vuoi te … oh! Scusami se t'ho fatto venire a quest'ora ma oggi sono stato veramente con l'acqua alla gola, pare che se so' messi tutti d'accordo a farse arresta' … a momenti a pranzo manco 'n medaglione me toccava!"
Alex gli credeva per quieto vivere, ma lo vedeva come se lo avesse davanti agli occhi in quel momento, in giro per i bar attorno al Palazzo di Giustizia a fare ancora il cretino dietro alle colleghe.
"Comunque andiamo sempre uguali. Non è tornata, non si sa quando torna e si fa sentire solo con i figli. Tu che dici?"
"Allora Alessà, poche chiacchiere" rispose l'amico, senza pensarci due volte "ho studiato un po' la faccenda … io non sono un matrimonialista ma questo è abbandono del tetto coniugale bello e buono. Se ti vuoi separare - e io dico che dovresti - è una situazione un po' lunga ma ti becchi casa, figli e neanche sei tenuto a versarle l'assegno di mantenimento. Hai fatto er botto!"
Alessandro si buttò sullo schienale di peso. Francamente non sapeva cosa voleva. Era oltre un mese ormai che Claudia era andata via di casa e di certo era un chiaro segnale che il matrimonio era finito anche per lei. Ma non era sicuro di voler scaricare su di lei la rabbia per quel gesto o vendicarsi in quel modo. Le voleva bene ed era comunque la madre dei suoi figli. Per ora, si era detto, avrebbe aspettato. Sperava nel suo ritorno. Dovevano parlare. Non tanto per sistemare le cose, quanto per capire; perché lui, onestamente, non trovava alcun motivo per cui avesse avuto bisogno di scappare via a quel modo, da codardi, senza spiegazioni. Ma forse era colpa sua, forse da uomo era limitato e non vedeva i suoi errori.
"Tu la fai facile, ma io non lo so se…"
"Alessandro per piacere" lo interruppe "Carnevale è passato. Non facciamo scherzi. Non te la vorrai mica riprendere dopo che è stata in giro per il mondo a spassarsela con chissà chi?"
Tutti i torti non li aveva. Ma lui evitava di pensare a quel dettaglio. Deluso dalla sua codardia poteva anche andare avanti, come se non fosse successo nulla, per il bene dei figli, ma preso in giro proprio no. Non era una questione di onore o di orgoglio. Era una questione di onestà. E su questo lui era sempre stato chiaro: l'amore è eterno finchè dura, si intitolava un film e lui ne era fermamente convinto. Glielo aveva sempre detto: se e quando ci innamoreremo di qualcun altro, ce lo diremo e sarà finita lì, da adulti, senza troppe storie. E invece lei era riuscita a mettere in piedi una sceneggiata da prima serata su Rai 1. E questo non sapeva se poteva perdonarglielo.
"Senti" riprese l'avvocato, tendendogli un biglietto da visita, preso al volo dalla scrivania "ti mando da un collega. È specialista del campo e sa il fatto suo. Solo per una consulenza" mise le mani avanti, non appena si accorse che Alex non sembrava ben disposto all'idea "non è che devi divorziare domani. Di certo ti può consigliare meglio di me su come agire anche se vuoi solo provare a parlare con tua moglie. Perché io non sono la persona giusta per quel tipo di assistenza. Al massimo ti posso consigliare di cambiare la serratura e mandarla a fanculo"
Alessandro rise di getto, anche se non avrebbe voluto. Era una risposta alla Francesco e gli voleva bene proprio perché sarà stato pure un cazzone, ma non si faceva problemi a dire le cose come stavano, pane al pane, vino al vino. A volte gli avrebbe tirato una sprangata sui denti, ma altre volte era necessario sentirgli dire le sue stronzate perché, a differenza sua, lui non era capace di dirle: lui pensava troppo, contava fino a 10, fino a 100 se necessario, per quel maledetto vizio di essere tanto diplomatici e concilianti nella vita, quanto spietati sul lavoro.
"Ora mi dispiace, ma ti devo lasciare" gli disse, alzandosi dalla poltrona "avevo detto alla tua segretaria che oggi non avevo molto tempo. E stasera c'ho pure la cena annuale dell'Ordine, non mi posso presentare con l'ascella pezzata con tutte le avvocatesse in tiro che ci saranno stasera....che t''o dico a fà!"
Per forza non si poteva sistemare, aveva la vita sociale di un universitario in Erasmus.
"Non è la mia segretaria … comunque va benissimo così, non ti preoccupare".
Mentre uscivano insieme dallo studio, scendendo l'elegante scalinata di marmo, Francesco tirò fuori l'argomento del giorno tra gli ambienti che contavano: il gala benefico organizzato dalla Festa del Cinema di Roma a Villa Miani. Alex era riuscito ad ottenere non solo due inviti, ma persino l'accredito per la rivista per il red carpet di quella serata esclusivissima. Francesco, manco a dirlo, aveva venduto l'anima pur di trovarsi anche lui tra celebrità e grossi imprenditori. Troppa gente che contava a cui stendere il nuovo biglietto da visita del suo studio, finalmente a suo nome, per potersela perdere. E lo stesso avrebbe fatto Alessandro, che aveva bisogno di nuovi investitori ed inserzionisti. E quale posto migliore se non una cena con gente ricca che elargiva denaro. Che fosse per affari o per beneficienza, per lui, faceva poca differenza.
"Con chi ci vai?" gli domandò l'amico.
"Da solo, che domande. Mi stai chiedendo di portarti con me?" domandò, perplesso e incuriosito.
"Non ti preoccupare caro, ho già preso le misure dal sarto per uno smoking nuovo. Per questioni di privacy non ti posso dire con chi mi accompagno, ma sta sicuro che Francesco tuo brutte figure non ne fa mai. Tu piuttosto … non ti puoi presentà da solo, Alessa'. Claudia t'ha massacrato, mo tocca a te. Fai er bomber!"
"Fai er bomber? Ma come parli? Che stai dicendo?"
L'amico lo avvertì che, per quanto lui si sforzasse di tenere un basso profilo, a Roma le voci iniziavano a circolare. Era una grande città, ma a volte sembrava un paesello di provincia. Del resto, non erano gli unici del loro giro ad andare in vacanza al Circeo e le loro conoscenze al golf club e al circolo tennis avevano iniziato a notare l'assenza di Claudia da Roma. Poi, chissà, magari erano pettegolezzi che giravano da inizio estate e lui non se n'era nemmeno accorto. Magari ne sapevano persino più di lui. Sarebbe stato il colmo, ma non impossibile.
"Che stupidaggine. Per me è una serata di lavoro. E già ci vado abbastanza controvoglia. Non devo dimostrare niente a nessuno. Vado lì solo per incontrare gente a cui spero di poter far staccare assegni."
"Fai come credi, ma io dico che è meglio presentarsi forti e vincenti, piuttosto che cornuti che fanno pietà"
"Io non sono cornuto e non faccio pietà a nessuno!" esclamò Alex convinto e offeso, bloccando fisicamente l'amico nel bel mezzo dell'androne, ma sapeva benissimo di non poterne essere sicuro.
E poi anche Maya glielo aveva detto di guardarsi le spalle, che era in un momento come quello che i suoi detrattori avrebbero provato a fargli le scarpe. I primi nella lista erano naturalmente Stefano e Lisa, che di sicuro avevano subodorato che qualcosa non andava e li vedeva già, durante le riunioni di redazione, troppo rumorosi e sospettosi, confabulare tra di loro più di quanto fosse consigliabile di fronte al proprio datore di lavoro. Lui lo sapeva benissimo che nessuno avrebbe potuto fare il suo lavoro meglio di lui, che nessuno ci si spendeva quanto lui, ma già solo il fatto che lo mettessero in difficoltà e sotto stress in un momento in cui ne aveva già fin sopra alla cima dei capelli, lo mandava in bestia. E di certo, se lo facevano dentro i suoi stessi uffici, figurarsi cosa succedeva al di fuori. Forse Francesco aveva ragione. Se sparlavano, era meglio che fosse lui stesso a fornire l'argomento di conversazione.
"E sentiamo … con chi dovrei andarci?!"
Fermandosi sul portone d'ingresso, l'amico ci pensò su. "Ma scusa perché nun ce vai con la segretaria tua?"
"Vuoi dire Maya?"
"Eh bravo. Perché … che je voi dì?" domandò sarcasticamente, alludendo alla procacità della ragazza.
"Niente ... ma innanzi tutto non è la mia segretaria, è la mia assistente personale"
"Oh allora lo vedi che è perfetta. Sei in un momento di difficoltà personale? È la tua assistente … che ti assista!"
"Non è certo un'accompagnatrice … è la mia più stretta collaboratrice"
"Eh appunto …strigni, strigni …" rimbeccò l'avvocato, uscendo in strada.
"È una professionista seria" proseguì Alex, fingendo di non sentirlo. "Non accetterà mai, il nostro è un rapporto puramente professionale"
"Obiettivamente, ma quando le ricapita di andarci con il miglior partito della città recentemente tornato single?!"
"Non ricominciare con questa storia … e poi non è che tutte le donne sono come quelle con cui esci tu."
Maya, per quanto lui ne sapeva, non aveva bisogno di accompagnarsi con un uomo per ottenere quello che voleva: veniva da una buona famiglia, aveva studiato nelle migliori scuole della citta e viveva ai Parioli. E di certo, se anche ne avesse avuto bisogno non le serviva un partito come lui, le bastava fare una passeggiata a ponte Milvio o fare jogging a Villa Ada e subito uno stuolo di pretendenti molto più giovani e molto più titolati di lui sarebbero stati disponibili.
"Maya è la figlia di Luigi Alberici, un imprenditore morto qualche anno fa, sua madre una nobildonna" non sapeva perché glielo aveva detto, non erano fatti di Francesco, ma si sentiva in dovere di tracciare una linea netta tra Maya e le tipe che frequentava il suo amico.
"Meglio ancora, no?" risolse l'avvocato, mettendo il casco "Quella è gente che a questi eventi ci sguazza. Faresti un figurone andando con lei. Pensaci … io adesso devo andare, fammi sapere se ci sono novità con Claudia. Ciao bello!"




 

Eccoci alla fine di un nuovo capitolo. Lasciamo per un attimo la vita della redazione di Roma Glam e seguiamo, per la prima volta, la vita privata di Alessandro, il quale si trova a fare i conti con la moglie che è andata via e a doversi occupare dei figli, forse per la prima volta. Conosciamo anche Giulia, la principessa di casa, ed Edoardo, un adolescente burbero e un po' viziato. E poi un siparietto con un personaggio tutto particolare, l'avvocato Francesco De Stefanis, piccolo omaggio a Max, l'assistente di Economia della web series "Esami" di Edoardo Ferrario su Youtube. Lui è un personaggio che o si ama o si odia, un po' una macchietta, ve lo concedo, ma a me fa morire XD!!! Francesco, pur nei suoi modi un po' grezzi e sessisti è una sorta di grillo parlante per Alessandro in questo momento. Chissà se Alessandro seguirà il suo suggerimento e inviterà Maya...lo scopriremo presto.
Come sempre un grazie va a tutti quelli che seguono e/o commentano la storia, siete tantissimi. Mi scuso se non riesco a rispondere a tutti, ma a volte non riesco.
Ora ho un piccolo quesito per voi. Sto pensando di fare una pausa per la prossima settimana, vista la coincidenza con il weekend di Ferragosto, ditemi voi devo fermarmi o meno.
Al presto,
Fred ^_^
   
 
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