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Autore: Sia_    08/08/2021    1 recensioni
A Mari Lace, con la piccola partecipazione di Adrien Agreste!
“Ho sempre pensato che crescendo avrei voluto essere come mio padre.” Adrien si gratta un polso con l’altra mano. “Come papà.” Ride, mentre si sente uno sciocco a raccontare il suo passato, ma quando si accorge che gli occhi di Draco sono tornati su di lui e lo invitano ad accomodarsi al lato opposto della seduta si fa ancora un po’ coraggio. “Solo adesso capisco che non è quello che voglio, essere come papà mi fa piuttosto paura.”
Essere come Lucius? Un codardo lo è già, un uomo perso lo è già. Draco si sente come Lucius, ma ha più le fattezze di un manichino senza volontà, che viene sospinto da quello che gli altri gli dicono di fare. La collana, la bottiglia, il maledetto armadio, la morte di Silente. Forse è peggio di Lucius. È solo sotto gli occhi di Luna che non si sente sbagliato. “Anche a me.”
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Draco Malfoy, Luna Lovegood | Coppie: Draco/Luna
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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Come papà

A Mari, la mia compagna di scleri preferita.
Tanti auguri 
 

 

“Come ti chiami?” Adrien inclina la testa di qualche grado e lancia gli occhi verdi in quelli glaciali del ragazzo che lo fissa dall’altra parte della stanza. Se fosse solo, invece, proverebbe a trasformarsi per tornare a Parigi, promettendo a Plagg un’intera forma di camembert. Non che, in verità, sappia dove sia Parigi.

Le labbra dell’altro si distendono in un sorriso sprezzante. “Come fai a non saperlo?” gli domanda, stringendo le mani in due pugni e studiando i vestiti babbani. “Sono Draco Malfoy.” Decide di dire alla fine, quando si accorge che tutto il silenzio che gli ha regalato non è bastato per farsi riconoscere. 

“Io sono Adrien invece, Adrien Agreste” gli risponde in fretta, allungandogli la mano con fare amichevole. Gliel’ha insegnato Nino e ha fatto pratica con Marinette e Alya per qualche tempo, perché all’inizio era goffo porgere una parte del corpo per presentarsi. Gli sorride genuinamente, ma il braccio gli diventa sempre più pesante quando si accorge che l’altro non ricambia la stretta.

Draco picchietta la scarpa laccata contro il pavimento nero della stanza e alza un sopracciglio, “Non credo che tu ti stia rendendo conto della situazione” i pugni di prima si distengono contro le sue gambe.

“No, in effetti no.” Adrien si mette a ridere e ritira la mano, nella speranza che il suo interlocutore non si sia accorto delle guance arrossate. 

“Te ne devi andare, se ti trovano qui ti uccideranno.” 

Chi? La domanda rimane sulla labbra del babbano, che invece decide di scrollare le spalle con nonchalance, “Non importa, lei mi riporterà indietro.” 

Draco inala dalle narici e si prende qualche secondo per trovare una risposta. Tutto d’un tratto si sente più arrabbiato di prima. Possibile che non capisca? Possibile che questo… questo individuo non riesca a valutare quanto pericoloso sia per uno come lui respirare in una stanza di Villa Malfoy? Lo irrita la calma che mantiene Adrien, il suo sorriso, i suoi vestiti e la sua mano che per un attimo è stata protesa verso di lui. Sembrava offrirgli aiuto, pallida come quella di Luna richiusa nelle cantine. 

“Te ne devi andare” gli ripete poi, avvicinandosi con un passo secco. 

“Non so come, non so nemmeno dove mi trovo ora.” Le spalle di Adrien si fanno pesanti e il suo sguardo perde la serenità che l’ha contraddistinto fino a poco prima. Vuole tornare a casa, vuole vedere la sua Lady e stringerla tra le braccia. Non gli piace quel posto, non gli piace quel Draco o il pavimento scuro e le pareti scure e le urla che provengono da dietro la porta. Vorrebbe chiedere cosa nasconde, ma si limita al silenzio. “Qualche attimo fa ero a Parigi e poi…”

“A Parigi?” Se è arrivato da fin là d’improvviso, allora forse è un mago. “E non puoi tornare nello stesso modo in cui sei arrivato?” 

Adrien si rimette dritto, “Mi ci hanno spedito qui, stavo…” ferma le sue parole, anche a chilometri di distanza da casa – saranno chilometri poi? o di più? – si ricorda che non può dire a nessuno che ogni tanto nasconde il viso sotto la maschera di Chat Noir. E non può certo dirgli che è stato disintegrato da un nuovo nemico e di aver sentito l’urlo di Ladybug prima di risvegliarsi  in quella stanza. “Una akuma mi ha colpito con il suo raggio e mi ha portato qui.” 

Draco corruga le sopracciglia e una smorfia annoiata gli compare sul volto, “Mi hai preso per scemo? Che cosa diavolo è una Akuma poi?” 

“No, non mi permetterei mai!” Adrien s’affretta a spiegare come sia Parigi in quei giorni e gli racconta anche dei due supereroi che salvano la città continuamente e sembrano non dormire mai. “Ed ecco perché non posso tornare a casa.” Conclude, controllando se il telefonino ha trovato campo nel nuovo angolo della stanza in cui ha trovato rifugio.

“Io sono un mago.” Il ragazzo dagli occhi d’argento cambia discorso, si siede vicino alla finestra e tamburella le dita sulla guancia.

L’altro ritira il cellulare nella tasca dei pantaloni, si sforza di non pensare a quanto debba essere difficile per Ladybug lottare senza di lui e trova il modo di sorridere. “Ah sì? Ho sentito parlare di voi, mi insegneresti qualche trucco?” chiede, trasformando la figura di Draco in quella di Felix, suo cugino.

Trucco?”  

“Tipo quelli con le carte o con i conigli, anche se non credo che potremmo provare a fare qualcosa con gli animali.” Adrien caccia lo sguardo nel resto della stanza e poi li riporta sul mago, “Non ne vedo in giro.”

Draco ferma il movimento della mano e questa rimane a mezz’aria, mentre le sue rotelle sono impegnate a pensare. È un babbano. Adrien Agreste, lo strano sconosciuto che ha trovato in camera appena una decina di minuti fa è uno sporco babbano. Lo ripugna l’idea che stia camminando lì dentro con i suoi piedi, che stia sporcando la magia con l’idea che sia un semplice trucco, ma poi non lo ripugna più. Ripugna sé stesso e sono gli occhi verdi di Adrien che lo fanno vacillare. È il briciolo di paura e quel tanto di coraggio, mischiati al colore dello smeraldo. “Non sono trucchi, io faccio vera magia.” Si sforza di spiegare, tirando fuori la bacchetta dal taschino della camicia. Draco non lo può sapere, non può sapere che in quello stesso posto Adrien tiene nascosto Plagg. 

Illumina la punta di quello che agli occhi del suo ospite indesiderato è solo un pezzetto di legno e fa volare un libro che è appoggiato alla fine del letto. “Visto?” Il babbano cala gli occhi sull’oggetto in volo e serra le mani in due pugni. Quello non è normale, che Papillon l’abbia seguito fin lì? Sente l’anello contro la pelle calda del suo palmo e comincia a pensare a quando sia opportuno chiamare la sua trasformazione, sempre che Plagg abbia abbastanza energie per tornare a combattere. “Lo trovi incredibile, vero? Pochi nascono con questo dono e tu, chiaramente, non sei uno di noi.” 

“Non ne avevo mai sentito parlare.”

“E io non avevo mai sentito parlare di supereroi, né di una Parigi sotto attacco.” Gli occhi di Draco brillano di una luce stanca, quasi affievolita, “Quella è Londra, principalmente e tu ci hai appena messo piede.”

“E chi vi protegge?”

Malfoy si gira a guardarlo. Chi li protegge? Loro non hanno bisogno di essere protetti, loro sono quelli che attaccano e che uccidono e che fanno urlare di paura. Sono le persone deboli che hanno bisogno di essere protette. Luna non è debole. Potter non è debole. La Granger non è debole. È Draco che si sente debole, lo vede allo specchio e lo capisce dallo sguardo che sua madre gli rivolge. Dal padre non ottiene pietà, forse perché Lucius non ce l’ha per sé. 

“Noi attacchiamo.” Draco tira una gamba verso il proprio petto e appoggia una mano sul ginocchio, facendo cadere la bacchetta al suo lato.

Gli occhi di Adrien studiano il volto del ragazzo, che deve avere pressoché la sua stessa età, “Anche tu?” 

Il mago caccia lo sguardo fuori dalla finestra. Perché no? Perché non dirglielo? In fondo gli occhi del babbano sembrano essere così simili ai suoi, sembrano poterlo capire. “Mio padre vorrebbe e credo che potrebbe accadere, prima o poi.” 

Potresti rifiutarti se non vuoi. La voce di Luna gli risuona nella testa e si sforza di non pensarla qualche piano più in basso in una stanza fredda. 

“Non ne sembri felice.” Adrien si avvicina alla finestra e appoggia la spalla al muro. Ha centrato il punto, perché le labbra sul volto di Draco si distendono in un sorriso malinconico e non più sprezzante. Ha centrato il punto perché sa, sa che non si può dire di no. Si stringe il fianco con una mano mentre pensa a Gabriel che gli impone un servizio fotografico dopo l’altro e non si presenta a mangiare con lui ogni santo maledetto giorno. 

“Tu lo saresti? Non ho la minima voglia di rischiare la vita, ma…” il ricordo del volto di Silente si insinua nella sua mente e non riesce a respingerlo via, “non posso dire di no.” 

Il cuore di Adrien perde un battito, mentre si vede specchiato in quella figura accasciata contro il vetro d'una finestra. Oh, pensa, siamo così simili. Solo che Chat Noir di giorno e di notte combatte davvero, protegge Parigi da una figura che non conosce. Se sapesse che Gabriel è il suo nemico, capirebbe che sono molto più che simili. 

“Ho sempre pensato che crescendo avrei voluto essere come mio padre.” Adrien si gratta un polso con l’altra mano. “Come papà.” Ride, mentre si sente uno sciocco a raccontare il suo passato, ma quando si accorge che gli occhi di Draco sono tornati su di lui e lo invitano ad accomodarsi al lato opposto della seduta si fa ancora un po’ coraggio. “Solo adesso capisco che non è quello che voglio, essere come papà mi fa piuttosto paura.” 

Essere come Lucius? Un codardo lo è già, un uomo perso lo è già. Draco si sente come Lucius, ma ha più le fattezze di un manichino senza volontà, che viene sospinto da quello che gli altri gli dicono di fare. La collana, la bottiglia, il maledetto armadio, la morte di Silente. Forse è peggio di Lucius. È solo sotto gli occhi di Luna che non si sente sbagliato. “Anche a me.”

La fronte di Draco si adagia alla finestra, mentre Adrien alza i piedi sulla seduta e li stringe contro il petto, “Allora non combattere.”

“Tu non capisci, è molto più grande di un semplice complesso padre e figlio.” Si alza un timido silenzio tra i due, riempito dalle urla che provengono da quello che il babbano immagina sia il piano di sotto. 

“Dammi modo di capire allora, no?” 

C’è una strana tensione nella stanza, mentre Draco decide di separarsi dal vetro freddo e tornare dritto. Gli racconta cos’è stato suo padre per tanti anni e poi gli dice chi è Harry e chi è invece l’Oscuro Signore. Adrien annuisce, gli dice che per certi aspetti assomiglia a Papillon, ma che non ha bacchette per uccidere le persone, solo farfalle. Le scarpe laccate di Draco ora toccano la suola delle scarpe del giovane babbano. 

“Lo prenderanno prima o poi comunque, Potter non può scappare per sempre.” Conclude alla fine, spostandosi il ciuffo di capelli biondi dalla fronte. 

Adrien si mordicchia il labbro, “Non hai detto che va in giro con la strega più intelligente della sua età e il suo migliore amico? Sono sicuro che saranno in grado di cavarsela.” Le guance di Draco si tingono di una sfumatura rossastra, colto in flagrante. Agreste se ne deve essere accorto qualche minuto prima, quando i suoi occhi hanno vacillato davanti all’idea di Harry morto e l’Oscuro al Signore al potere. Nessuno sarebbe al sicuro, soprattutto quello stolto di suo padre. 

“Luna lo dice sempre, ne è così convinta.” 

“Luna?” 

Le labbra di Draco si distendono in un sorriso stranamente genuino, “L’hanno fatta prigioniera, è qui sotto nelle segrete” gli spiega brevemente, cercando di focalizzare il suo pensiero sugli orecchini a forma di tappo che ha addosso lei. “È solo una sciocca, non può credere davvero che ci sia speranza… ma d’altronde lei vede cose strane, pensa che esistano i nargilli.” 

“E non esistono?” Adrien alza un sopracciglio divertito da questo improvviso cambio di conversazione. 

“Non lo so più.” Draco scuote il capo, sconfitto sotto il peso dei suoi pensieri che lo avvertono che forse è già troppo tardi credere che non sia vero.

“Lei ti piace?” 

“Luna? No, come potrebbe mai piacermi una come lei? Non c’è niente che possa… E anche se fosse, che amore potrebbe essere? È rinchiusa nella cantina di casa mia, prigioniera della mia famiglia.”

Adrien alza le spalle e prende un respiro profondo, “Io amo una ragazza di cui nemmeno so il nome. Che amore è questo? Eppure è amore, almeno da parte mia.” 

Draco stringe forte le mandibole per evitare di commentare bruscamente il comportamento dell’altro. Come si fa ad innamorarsi di una che nemmeno di conosce? Bizzarro. Forse tutti i babbani sono così. “Dovresti provare a presentarti almeno, perché è piuttosto patetico quello che mi stai raccontando” dice alla fine, senza più riuscire a censurarsi. 

Adrien si mette a ridere e passa l’indice sopra il suo anello, “Non posso presentarmi, mi scaraventerebbe giù dalla Torre Eiffel.” 

Il mago sorride per un secondo, “Sembra una tipa simpatica.” 

“Anche Luna, per quanto non sappia bene che cosa siano i nargilli… si mangiano?” 

Draco scoppia in una risata, non riesce proprio a contenersi davanti alla stupidità di Adrien, “Si mangiano? Ma se nessuno crede che esistano come fanno a essere mangiati? Per Melino, Agreste, sei peggio di quel tocco di Weasley, ma almeno hai la decenza di avere i capelli biondi.” Il mago si alza in piedi adesso, e riprende la bacchetta tra le dita. “Senti, dobbiamo trovare un modo di farti andare via di qui, mi stai stranamente simpatico per essere uno sporco babbano.” 

Adrien sorride, nonostante l’appellativo, e si passa una mano tra i capelli perfettamente pettinati, “Mi sono lavato stamattina, ma è probabile che mi sia sporcato durante il combattimento.” 

“Combatti?” Draco alza un sopracciglio verso l’alto, divertito da questa uscita inaspettata.  

“Combatte? Certo che il mio ragazzo combatte ed è il migliore, pf!” Un piccolo gatto nero scappa dalla tasca di Adrien e vola sotto il naso del mago, spaventandolo. 

Un nargillo! Draco arretra un po’ e cerca di ricordare cosa gli ha detto Luna a riguardo di quelle creature: si tappa le orecchie e lascia cadere la bacchetta a terra per lo spavento. “Agreste, perché ti porti in giro nargilli?” 

“Lui non è un nargillo, lui è Plagg.” Adrien si piega per prendere la bacchetta e gliela porge; questa volta il mago si fa in avanti e accetta il contatto per riprendere quello che è suo. “È una creaturina simpatica, se non ti focalizzi troppo sulla puzza di camembert che si porta dietro a chilometri di distanza.” 

Camembert, oh com'è buono.” Il gatto si avvicina di più a Draco con un sorriso largo, “Non è che ne hai un po’? Sono moooolto affamato e senza quello il mio ragazzo non può trasformarsi.” 

“Trasformarsi?” Tutti gli occhi ora sono puntati su Adrien, che si sta grattando il collo con una mano. Le guance sono leggermente arrossate ed è chiaro che sta cercando le parole per spiegare la situazione, ma non le trova. Ladybug, quando e se tornerà a Parigi, lo ucciderà.

“Io sono… sono Chat Noir, il supereroe di cui ti parlavo poco fa, ma non puoi dirlo a nessuno perché se si viene a sapere Ladybug mi getta davvero giù dalla Torre Eiffel.” 

Draco prova un rinato rispetto verso di lui ora, ma fa presto a tornare nel personaggio e a chiudere la bocca che stava prendendo aria. “Ho del formaggio in cucina, ma non è camembert.” Riesce a dire, sistemandosi la cravatta e adocchiando Plagg che svolazza ancora a qualche centimetro da lui. “Ma stai attento, è pieno di Mangiamorte là fuori.” 

“Anche tu sei un Mangiamorte eppure non mi stai facendo niente.” Plagg si liscia la coda con le manine piccole e lo guarda divertito. La discrezione, ovviamente, è la sua arma preferita. 

“Potrei farlo” gli risponde lestamente, stringendo la bacchetta tra le mani. Il segno sulla sua pelle comincia a bruciare e gli ricorda il volere di suo padre. 

Adrien gli sorride e recupera tutte le attenzioni perse, “Non farlo, mi mancherebbe molto.” Non è una richiesta vera e propria, Draco capisce che è un commento ironico e allora lascia andare un po’ la presa sul legno. Non che abbia davvero il coraggio di far male a qualcuno, non è nato per quella vita. “Corri a prendere da mangiare Plagg, prima che ci ripensi.” 

Il kwami sparisce nella porta e scende al piano di sotto a gran velocità, mentre la schiena del mago si adagia al muro e lui prende un lungo respiro, “Non ci potrei mai ripensare, Agreste.” 

“E andrai comunque in battaglia, quando sarà il momento?” Adrien gli appoggia una mano sulla spalla. È la prima volta che qualcuno lo tocca così da settimane, da quando ha lasciato la scuola e l’ala protettiva di Piton. Un calore innaturale si sparge nel suo corpo e non sa come comportarsi. 

“Se dicessi di no mi ucciderebbero e, a differenza tua, non ho nessuna supereroina che possa portarmi indietro” gli dice sprezzante, l’angolo della bocca alzato verso il lato sinistro. 

“Però hai Luna, mi sembra che tu ti fidi abbastanza di lei.” La mano di Adrien scivola via dal corpo del mago. “Se proprio devi combattere, lasciati la possibilità di scegliere da che parte stare.” Gli occhi di Draco si specchiano in quelli verdi. Sono titubanti, spaventati e si scontrano alla perfezione con la forza dell’altro, che ogni giorno incontra il pericolo e la morte tra le strade di Parigi. 

Prima che possa rispondere, Plagg torna dalla porta di legno ingurgitando l’ultimo pezzo di formaggio che ha recuperato dalla cucina, “Potremmo cercare di arrivare a Parigi in qualche modo. È proprio un peccato che Ladybug non ci abbia lasciato qualche power-up per volare.” 

“Ce la caveremo lo stesso.” Adrien gli gratta una guancia con il dito e poi chiama la trasformazione. Draco non la commenta, ma alza gli occhi per evitare di far comparire sul viso una smorfia schifata. Non commenta nemmeno le orecchie e la coda, certi aggettivi li tiene per sé. 

“Credo che sia arrivato il momento di salutarci.” Chat Noir sorride e si appoggia al bastone con fare suadente, “Spero di non mancarti troppo.” 

Draco scuote il capo e ride, come potrebbe mancargli? È un babbano, per Merlino. “Sta attento quando esci, non farti vedere. E sta attento anche a Parigi, non vorrei ritrovarti qui tra qualche giorno.” 

“Fai attenzione pure tu e… pensaci.” Chat Noir si avvicina alla finestra e la scosta con una mano, mentre gli artigli fanno un rumore stridulo sul vetro. Salta fuori velocemente, allungando il bastone verso terra. Draco si avvicina di getto al davanzale e lo guarda balzare via tra gli alberi fino ad uscire dalle mura di Villa Malfoy indisturbato. Come vorrebbe seguirlo ed essere libero. Forse basterebbe cercare di essere simile a lui. 

 

🜔

 

“Draco, se saremo noi a consegnare Potter al Signore Oscuro, tutto sarà per…”

“Non ci vorremo dimenticare chi è stato a catturarlo, spero, signor Malfoy” lo interrompe Greyback minaccioso.

“Certo che no, certo che no!” ribatte Lucius con impazienza. Si avvicina lui stesso, tanto che Harry riesce a vedere il suo volto languido e pallido nei minimi dettagli, nonostante le palpebre gonfie. Con la faccia ridotta a una maschera, Harry ha l'impressione di spiare tra le sbarre di una gabbia.

“Che cosa gli avete fatto?” chiede Lucius a Greyback. “Come si è ridotto così?”

“Non siamo stati noi.”

“A me pare più che altro una Fattura Pungente” commenta Lucius.

I suoi occhi grigi percorrono la fronte di Harry.

“C'è qualcosa lì” sussurra, “potrebbe essere la cicatrice, molto tirata… Draco, vieni qui, guarda bene! Che cosa ne dici?”

Harry vede il volto di Draco avvicinarsi, adesso, accanto a quello del padre. Sono straordinariamente simili, ma Lucius è fuori di sé dall'esaltazione, mentre l'espressione di Draco è piena di riluttanza, perfino di spavento. 

Il più giovane tra i due conosce alla perfezione la risposta, sa che quello che ha davanti è Potter. Solo che gli occhi di Harry hanno lo stesso colore di quelli di Adrien Agreste e di colpo il suo ricordo lo annega. Prende un respiro, immagina Luna chiusa già nelle segrete e sente su di sé lo sguardo esasperato del padre. Come papà, una piccola parte di sé comincia a dire, devi essere come papà. 

“Non penso, no.” 

 

🜔

 

“Credevo di averti perso per davvero questa volta, non riuscivo a farti tornare indietro.” Ladybug si accascia alla sua spalla e prende un lungo respiro. “Devi smetterla di sacrificarti per me.” 

Chat Noir l’abbraccia forte e le accarezza i capelli con una mano, “Ora sono qui” le dice in un sussurro, mentre gli occhi si fissano sul tramonto e sulle nuvole. Hanno lo stesso colore dello sguardo di Draco Malfoy. “Ho provato anche a tornare a Parigi, ma quando ci sono arrivato tu non c’eri, credo di essere finito in una specie di mondo parallelo.”

“Era bello?” 

“Tu non c’eri, come poteva esserlo, M’Lady?” 

La supereroina si stacca dalla sua spalla e arrossisce appena, “Sei proprio tornato a casa, Chaton.” 

Adrien si mette a fare le fusa e le prende una mano, “Me la fai una promessa?”

“Quale?” 

“Un giorno, quando Papillon sarà ormai sconfitto, mi piacerebbe presentarmi come si deve, darti un nome, un cognome e se vuoi persino una faccia.” Come se, pensa, tu non l’abbia già vista in tutta Parigi. “Mi prometti che mi ascolterai quel giorno?” 

Gabriel, pensa, pretenderebbe di parlare ora. Pretenderebbe di vedere il volto di Ladybug immediatamente e, qualche volta, ha pensato di voler essere come papà e saperlo. Ma non quella sera e mai più poi, perché Gabriel diventerà tutto quello che non vorrà mai essere. Ma è un’altra storia questa ed è un’altra storia anche quella in cui Ladybug mantiene la promessa e si lancia giù dalla Torre Eiffel quando scopre che Chat ha un nome, ed è Adrien e ha un cognome, ed è Agreste. 

 
 



Angolo autrice:
In primis, volevo rinnovare i miei super auguri a Mari Lace! Spero che questa piccola storia su Draco e Adrien possa averti portato un sorriso. So che non è super divertente, ma ho provato ad essere il più positiva possibile, lo giuro. Limitare il mio accesso all'angst ha drasticamente dimunito le mie opzioni (ovviamente scherzo). In ogni caso, ti mando un abbraccio stretto stresso. Questa storia è anche un modo per dirti grazie per la tua sopportazione e per la tua presenza 

[cof cof, perdonami per gli errori, l'ho anche riletta venticinque volte e con molteplici occhi]
Aggiungo in coda un enorme grazie per chi è arrivato qua giù, spero che la storia vi sia piaciuta! 
Sia 

   
 
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