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Autore: MOKONAALE    08/08/2021    1 recensioni
Andrew Williams è un giovane ragazzino americano che da sempre si sente diverso dai suoi coetanei e dalla sua famiglia. Nonostante ce la metta tutta per non far preoccupare i suoi genitori, finisce sempre nei guai. Mentre aspetta sua madre per l'ennesimo appuntamento col preside non capisce come sia possibile che il frullato di una ragazzina che gli piaceva, e che lo ha pubblicamente deriso, le sia esploso in faccia; come stanco di essere preso di mira dal bullo della classe i vetri siano esplosi ferendo tre compagni, e la lista può essere ancora lunga. la sua vita cambia quando viene ammesso a Ilvermorny, una scuola di cui non ha mai sentito parlare.
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Le luci di Manhattan si riflettevano nelle nuvole sopra la città. I venti provenienti dal nord dell'Atlantico avevano portato aria di temporale, eppure era  stata una notte, fino a quel momento, dalla calma irreale. Il sig. Trudore, con un giro di polso, guardò l'ora sul suo orologio che segnava ormai quasi la mezzanotte, poi tornò a sorseggiare il  Mandis Coconut nel bicchiere di cristallo che reggeva nella mano sinistra. Continuò ad osservare le luci della città dalla grande terrazza del grattacielo, ottantatre piani in acciaio e vetro, ingannando l'attesa taburellando con l'indice a ritmo di "fly me to the moon", una canzone che in quelle notti non poteva far a meno di avere in testa. Vide di nuovo l'ora, dieci minuti dopo la mezzanotte. Il suo appuntamento era in ritardo. "Keshaun  Trudore?!" una voce emerse alle sue spalle dall'ombra della notte . "Credevo che gli inglesi fossero puntuali" disse in tono derisorio, continuando a guardare il panorama. "La osservo da un pò. Non sapevo se fidarmi. Poteva non essere lei, con quei vestiti da Babbano". Il sig. Trudore si voltò lentamente, indossava un copleto grigio, una camicia in lino bianca e mocassini in pelle nera dai cinturini in oro bianco. Aveva occhi scuri, capelli nerissimi pettinati all'indietro ed un pizzetto perfettamente sagomato. Rispose al commento del suo ospite con un sorriso sprezzante e divertito, mentre prese un altro sorso di Mandis Coconut "Puntuali o meno, voi inglesi restate dei pedanti tradizionalisti. Almeno è una coerenza"."Non sono qui per continuare discorsi futili" l'uomo avvolto in un pesante mantello nero, avanzò di un passo verso la luce, mostrando, parzialmente coperto dal cappuccio, un volto stanco dai lineamenti scavati, occhi marroni e capelli dai riflessi ramati. Il sig. Trudore alzò gli occhi e con un gesto fra accondiscendenza e sufficienza, lo invitò ad entrare nel suo ufficio. Era una enorme stanza dalle pareti bianche, un pavimento in marmo lucido, con al centro un tavolo in ferro e vetro. Due poltrone da ufficio su un lato e una dall'altro e dietro di questa un camino a muro. Lo stile era estremamente minimal, solo qualche pianta esotica da arredo. L'ospite non era abituato ad un simile ambiente, restò per qualche secondo immobile, non capendo bene come muoversi in quello spazio. Il sig. Trudore si diresse verso un piccolo angolo bar "beve qualcosa?Posso offrirle del Whisky Odgen" poi si girò e faceno un occhiolino al suo interlocutore, mentre riempiva un bicchiere, "stravecchio" aggiunse. L'uomo esitò, ma poi fece un profondo respiro, era stanco, intorpidito ed aveva dolori in tutto il corpo "credo che mi ci voglia", rispose. Trudore mise il bicchiere su di un lato della scrivania e poi si sedette sulla poltrona davanti il camino "prego si sieda... non ho afferrato il nome"  "Lyle. le basti questo" . "...Lyle"  Trudore alzò nuovamente gli occhi, facendo quella sua solita curiosa espressione, poi con un cenno invitò nuovamente l'ospite a sedersi sulla poltrona davanti a lui. Lyle in modo cauto ed un po' goffo si sedette sulla poltrona con estrema lentezza, afferrò con una mano il bicchiere di Odgen stravecchio e lo trangugiò. Per un attimo la sua gola si infiammò e gli occhi gli lacrimarono. "Allora veniamo a noi. Ammetto di essere stato sorpreso che Normann Greenghes  si sia messo in contatto con me. Sorpreso, ma anche compiaciuto, un mago del suo livello... sebbene la spiacevole faccenda di qualche giorno fa ..." "lo ha saputo" l'espressione di Lyle divenne seria e sospettosa. Il Sig. Trudore rise "certo che si, la cosa ha fatto un certo clamore, trattandosi di una NoMage..." "quella non è una semplice Babbana. é una erede del sangue." "Poco importa, la notizia comunque è volata. Siamo ormai in una epoca che va verso una sempre maggiore trasmissione di informazioni ...come la chimano i NoMage... un termine affascinante  Globazionequalcosa..." "Non mi interessa come la chiamano e non sono qui per parlare della faccenda della Babbana*" "Non è solo per la NoMage, l'Auror coinvolto non è certo un nome da poco. Certo che quel Potter fa ancora parlare di se, anche dopo la morte di quel Riddle, come lo chiamate? Voldemort?!" Lyle trasalì "non dica quel nome". Il sig.Trudore fece un sospiro mostrando quella sua solita espressione con gli occhi, si alzò dalla poltrona con uno scatto. "Sa perchè ammiro Normann Greenghes?! è un visionario. Qualcuno che non ha avuto paura di osare, di lasciare al mondo qualcosa di nuovo. Pochi hanno fatto quello che lui ha fatto, concepito quello che lui ha concepito. Su questo siamo molto simili. Certo, purtroppo ci sono dei rischi nel seguire un sogno. Diciamo, che non ha calcolato bene tutti i passi..." "Dove vuole arrivare?!" ruggì Lyle fra i denti "Normann Greenghes non si sarebbe fatto problemi a pronunciare quel nome, Voldemort. Di certo non me ne farò io. Non me lo chieda!". Lyle abbassò lo sguardo per la rabbia. "Vede Lyle anche io sono un visionario. Siamo in un momento di svolta storica, dobbiamo evolverci, aprirci a nuove possibilità. Anche i NoMage lo hanno compreso" si diresse verso la vetrata che dava sulle luci di Manhattan "La tecnologia. Sorprendente non trova? è quanto di più simile alla magia siano riusciti a creare i NoMage. Un modo per superare i loro limiti. dovremmo prendere esempio". Lyle era sempre più seccato da questi discorsi "Non sono qui per parlare di Babbani e ... tecnologia" "Allora veniamo al dunque. Perchè è qui Lyle?" L'uomo si incupì, per un poco esitò, poi con un braccio sollevò il pesante mantello, mostrando quello che aveva con sè. Gli occhi del Sig. Trudore brillarono, poi con una espressione seria aggiunse "cosa vuole da me?! di cosa ha bisogno". L'uomo reggeva un piccolo neonato, magrolino e nudo. Sembrava gracile e malnutrito, non fosse stato per un leggero movimento del torace, segno che respirava, lo si sarebbe potuto credere morto. "Il dipartimento è stato smantellato dal ministero. Tutti i progetti sono stati confiscati o distrutti, ma questo era troppo importante. Sono stato indirizzato a lei, perchè non dobbiamo permettere che vada perduto." "Ve ne sono altri?" "lui è l'unico. Non siamo riusciti a completare altri progetti" Lyle sfiorò una delle minuscole mani del bambino, che di riflesso afferrò il suo dito. "Capisco. Era questa la visione di Normann Greenghes. Me ne occuperò io, me lo dia" il Sig. Trudore fece un passo in direzione del bambino, ma Lyle di scatto estrasse la sua bacchetta "Non così in fretta, ho bisogno di garanzie, non posso cederlo con tale facilità" Il Sig. Trudore alzò le mani  e ridendo fra se, disse "Calma calma, è venuto qui per ricevere il mio aiuto, che senso ha minacciarmi con una bacchetta?" appena finito di dire queste parole, schioccò le dita e scomparve. Lyle si alzò in piedi e si guardò intorno mantenendo la guardia con la bacchetta. La voce del Sig. Trudore riempiva la stanza provenendo da ogni direzione "Sicuramente è solo questione di tempo, vi staranno cercando, arriveranno a lei e di riflesso a me, dobbiamo calcolare bene le nostre mosse" Lyle si guardava intorno, agitando la bacchetta con una mano e mantenedo in bambino con l'altra "Dove sei? Fatti vedere!" "Credo chè l'unica mossa da fare sia dividersi, far perdere le sue tracce e quelle del bambino. Lei andrà via, lascerà il bambino a me ed io farò in modo che al momento giusto possiate reincontrarvi" "Assolutamente no!! dove sei?" Urlò Lyle nel buio della stanza. "E dove vorrebbe scappare?" Il Sig. Trudore riapparve sulla sua poltrona, Lyle si voltò di scatto, ma prima che potesse reagire un expelliarmus fece volare via la sua bacchetta "lento di riflessi. E lei vorrebbe difendere il bambino contro i maghi mandati dal Ministero? e non solo il Ministero  ma anche il MACUSA finirà per darle la caccia." Lyle era scosso, non voleva accettare quella situazione, ma il sig. Trudore aveva ragione. "Ora che sembra aver convenuto che la nostra migliore alleata è la calma, mi ascolti. Il bambino deve sparire, in modo che non possano risalire a noi" Lyle digrignò i denti "questo bambino è troppo importante, noi non possiamo..." "Lyle mi ascolti, io sono un visionario, ed un vero visionario è determinato. Con la giusta determinazione, la pazienza è uno strumento molto saggio da usare, sopratutto perchè è con la pazienza che si raggiunge lo scopo, senza...intoppi inutili" "E come farò a..." "Lyle lei mi sembra un determinato, forse non visionario, ma determinato si..." Il Sig. Trudore si avvicinò a Lyle fissandolo negli occhi "...ed una persona determinata, sa come ritrovare qualcosa che ha perso!". Lyle non disse nulla, osservò il bambino che reggeva fra le sue braccia, rivolse nuovamente lo sguardo al Sig. Trudore, la rabbia gli esplodeva dal petto, ma dovette fare un respiro profondo, solo allora allungò le braccia e porse l'infante al suo interlocutore. Si avvolse nel suo mantello nero e voltandosi verso il buio della sala, raccolse la sua bacchetta da terra, "ci vedermo ancora" disse senza voltarsi. "Sarebbe meglio di no, ma le darò ancora il mio aiuto se dovesse avere bisogno". Lyle superò le amplie vetrate, uscì fuori alla notte ebbra di luci, e senza congedarsi, scomparve. Il Sig. Trudore, ormai solo, sollevò il piccolo infante, tenendolo con entrambe le mani, lo scrutò senza dire nulla e poi se lo strinse al petto. Si avvicinò alla scrivania, schioccò le dita, e la  superficie di vetro si aprì. Da uno scomparto segreto emerse un piatto in argento, al cui interno si agitava un liquido che emanava luci filamentose ed evanescenti. Le osservò per un lunghissimo istante. Prese la sua bacchetta con la mano destra, mentre reggeva il bambino con la sinistra, e la avvicinò alla tempia. Un filo luminoso uscì dalla sua testa al movimento della bacchetta, volteggiò prima nell'aria e poi si adagiò nel piatto d'argento. Aveva come lo sguardo perso nella luce argentea, che brillava nel buio della stanza riflettendosi nei suoi occhi spenti, quando il bambino cominciò a piangere.
   
 
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