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Autore: Severa Crouch    08/08/2021    7 recensioni
[Questa storia partecipa al contest "Di prompt stilistici e figure retoriche - II edizione" indetto da Futeki sul Forum di EFP]
“Bonjour, je m’appelle William.”
Te lo ripeti davanti lo specchio ormai da una settimana, da quando con Fleur avete deciso che sì, è giunto il momento di fare quel passo, anche se il mondo intorno a voi sta cadendo a pezzi, anche se vi conoscete da poco, ma quel poco basta per capire che non serve più cercare, perché quando incontri la persona giusta te ne accorgi.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bill Weasley, Fleur Delacour | Coppie: Bill/Fleur
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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Bonjour, je m’appelle William

Bill Weasley / Fleur Delacour
 
 

“Bonjour, je m’appelle William.”

Te lo ripeti davanti lo specchio ormai da una settimana, da quando con Fleur avete deciso che sì, è giunto il momento di fare quel passo, anche se il mondo intorno a voi sta cadendo a pezzi, anche se vi conoscete da poco, ma quel poco basta per capire che non serve più cercare, perché quando incontri la persona giusta te ne accorgi. Lo diceva sempre tua madre, ma ora che le hai ricordato quella frase lei ha sospirato e ti ha guardato come se fossi un ingenuo che si è fatto abbindolare dal sangue di Veela. È che lei non sa quanto tu sia cresciuto da quando hai lasciato la Tana per l’Egitto, non ha idea di quello che hai affrontato negli anni, tra antiche maledizioni, incantesimi da spezzare e mummie che proteggevano antichi tesori. Lei non sa che sei in grado di mantenere il sangue freddo e che Fleur non è solo una Veela, ma è molto di più. Lei non lo sa, ma tu sì ed è per questo che hai deciso che, a dispetto della guerra, vuoi fare le cose per bene e presentarti alla porta di casa Delacour, sorridere ai genitori ed esordire dicendo: “Bonjour, je m’appelle William.”

Il tuo francese contiene pochi altri vocaboli e Fleur ride quando provi a formulare qualche frase, dice che il tuo accento inglese è così sexy. Sì, lei lo trova sexy, anche se a te sembra di stonare tutta la musicalità del francese e dissimuli l’imbarazzo strappandole un bacio, e poi un altro, fino a quando Fleur non ti stringe a sé e decide che è ora di eliminare i vestiti che vi separano e, mentre ti spoglia e tu la spogli, finisci che pensi che è questo che vuoi fare per tutta la vita: eliminare le distanze che ti separano da lei e quindi arriverai davanti quella porta e dirai: “Bonjour, je m’appelle William.”
 
“Bonjour, je m’appelle William et je suis venu pour demander la main de votre fille Fleur.”

I giorni passano e la frase assume una complessità maggiore. Cerchi di mantenere la sicurezza che hai quando la leggi e così te la sussurri nei momenti più disparati, mentre i Goblin ti affidano qualche compito, quando sei solo in ufficio, e persino durante i turni dell’Ordine della Fenice, nelle lunghe notti trascorse a pedinare qualche Mangiamorte e appuntare i suoi spostamenti.

“Tutto bene, Bill?” ti domanda Remus Lupin e forse anche lui farebbe bene a sposarsi, che Dora avrà l’età di Charlie, ma è una strega fatta e finita e lo ama in un modo che fa quasi male vederla. Bill ricorda com’era e quella luce negli occhi non gliel’ha mai vista e non ha perso il controllo sul colore dei capelli nemmeno quando Charlie ha detto che sarebbe andato in Romania a studiare i Draghi. Così, annuisci a Remus, osservi la sua diffidenza, il modo in cui ti guarda sottecchi, indeciso se chiederti di più o mantenere il solito riserbo. Allora, sei tu che provi a stanarlo e gli dici: “Sai, la prossima settimana io e Fleur andiamo a trascorrere un paio di giorni in Francia. Voglio chiedere la sua mano.”

Remus abbozza e ti fa le congratulazioni. “Potresti farci un pensiero anche tu, no?” gli suggerisci.

“È fuori discussione. Quanto accaduto è stato un errore che non si ripeterà.” Remus è così, scatta sulla difensiva e si chiude a riccio e nemmeno la morte di Sirius gli ha fatto capire quanto sia preziosa la vita. Il turno passa ancora più lentamente fuori dalla casa di piacere di Nocturn Alley, mentre il Mangiamorte che avete seguito si starà divertendo con qualche ragazza e Remus ha perso ogni voglia di parlare.
 
“Bonjour, je m’appelle William et je suis venu pour demander la main de votre fille Fleur,” lo sussurri a te stesso mentre ripassi le battute poco prima che la Passaporta si attivi e ti trasporti in Francia.

“Bonjour, je m’appelle William et je suis venu pour demander la main de votre fille Fleur,” lo ripeti una nuova volta, sottovoce, mentre sei sull’uscio dei Delacour. La porta si apre, monsieur Delacour appare sorridente ed esclama: “Fleur!” La figlia gli fa eco entusiasta: “Papà!” ed entrambi i paia di occhi, azzurrissimi, con lo stesso taglio, ti guardano. È arrivato il momento in cui tu stai per aprire bocca e dire: “Bonjour, je m’appelle William,” lo hai studiato, lo hai ripetuto e sei preparato, ma lui ti precede e in un inglese che tradisce le origini francofone ti dice: “Bill, giusto? Benvenuto in famiglia!”

L’inglese di monsieur Delacour è decisamente migliore del tuo francese e così, nonostante la settimana di preparazione, gli stringi la mano sorridi e gli dici: “Grazie, signor Delacour, è un piacere conoscerla!”

La presa intorno allo stomaco si attenua, torni a respirare. Ti lasci trascinare in casa e sorridi alla signora Delacour, abbracci Gabrielle e sorridi alla tua Fleur che segue la mamma in cucina e tu rimani solo con il padre.

“Fleur ci ha parlato molto di te,” inizia il signor Delacour, “siamo felici di conoscerti!”

“Grazie, signore,” esordisci.

“Chiamami André, per favore, Bill, altrimenti mi sento vecchio.”

“Grazie, André, con Fleur siamo venuti qui perché avremmo un annuncio da fare e prima di farlo… Beh, forse è una cosa antiquata, ma ci terrei a sapere cosa ne pensa se chiedessi la mano di sua figlia.” Lo hai detto in un inglese perfetto e André ti guarda, e forse è lui che sta cercando le parole giuste, forse non ha capito, forse hai esitato, forse ti sei mangiato qualche parola, forse hai fatto casino e dovevi limitarti a dire solo: “Bonjour, je m’appelle William et je suis venu pour demander la main de votre fille Fleur.”

André sospira e annuisce mentre lancia un’occhiata rapida alle foto sopra il caminetto. In una c’è una piccola Fleur con l’uniforme dell’Accademia di Beauxbatons. Realizzi che ha capito, che sta cercando le parole adatte e annuisce tra sé e sé e poi ti dice: “Sarei contento. Non ho mai visto Fleur tanto felice.”

Ti invita a prendere posto sul divano e ti passa un bicchiere con un goccio di Firewhisky e anche se è presto e sai che rischi il mal di testa, cedi perché bisogna festeggiare e il sollievo che hai provato, l’euforia che senti addosso reclama l’alcol e fai affidamento sui tuoi geni irlandesi per uscire indenne da quel pranzo.

Fleur ti guarda non appena arriva a chiedervi di raggiungerle in sala da pranzo e il modo in cui sia tu che suo padre la guardate tradisce l’emozione del momento. Lei ha capito ed è raggiante e il sorriso che le rivolge il papà, il modo in cui le stringe le spalle mentre entrano in sala da pranzo mostra tutta la forza del legame tra i due. Fleur è la figlia maggiore, proprio come te, e tu sai cosa significa essere il più grande e il primo a sposarsi.

L’entusiasmo dei Delacour quando ufficializzate il fidanzamento è contagioso e ti solleva il pensiero che no, non hanno badato all’orecchino a forma di zanna, ai capelli lunghi o il tuo essere inglese. Ti stupisci della quantità di dettagli che hanno memorizzato sul tuo conto e di quanto Fleur abbia raccontato di te, di voi, del vostro amore, e non c’è nemmeno una traccia dell’imbarazzo che lei è costretta a subire quando mette piede alla Tana, quello per il quale vorresti sotterrarti, perché tua mamma e tua sorella sono gelose in un modo che non credevi possibile.

Pensi che le lezioni di francese non siano servite a nulla, se non quando ascolti per caso la signora Delacour dire al marito: “Il est charmant, Fleur est si heureuse!” Sposti lo sguardo su Fleur e la osservi chiacchierare allegra con Gabrielle e pensi solo che vuoi renderla felice – heureuse – per il resto delle vostre vite, a dispetto della guerra, di Molly, di Ginny e dello scetticismo di Hermione, anche loro si accorgeranno della forza di Fleur, ne sei sicuro, serve solo attendere il momento giusto.
 
“Bonjour, je m’appelle William,” è la prima cosa che sussurri quando ti svegli con il viso sconvolto dall’incontro con Greyback. Fleur scoppia e piangere e continua la frase: “et je veux te marier maintenant” Il suo francese perfetto, gli occhi ti si riempirebbero di lacrime se tutto il viso non ti facesse così dannatamente male. “Anche se sono ridotto in queste condizioni?” domandi esitante. Fleur annuisce e inizia a parlare di coraggio e di bellezza e del fatto che lei può essere bella per entrambi e tu senti quanto è forte e meravigliosa la strega di cui ti sei innamorato. Le vostre mani si stringono e lei ti posa un bacio sulla fronte, ti sussurra di riposare perché a breve “il y aura un mariage à célébrer.”
 
 
 



 
 
 
 
 
 
Note:
Questa storia partecipa al contest “Di prompt stilistici e figure retoriche” indetto da Futeki sul forum di EFP.
Ho provato ad uscire dalla mia confort zone mangiamortesca e mettermi in gioco con un personaggio su cui non ho mai scritto e sperimentare con questa specie di flusso di coscienza. 

Il contest prevedeva:
9. La storia deve contenere una o più parole, espressioni o frasi in lingua straniera. L’utilizzo della lingua straniera deve essere motivato da una necessità (parole o espressioni intraducibili senza perderne il significato, personaggio di origini straniere, ecc.) e tale inserimento deve essere rilevante per la storia (perché riguarda un tema portante, perché caratterizza un personaggio definendone una peculiarità, o altro).
N. Anafora (https://it.wikipedia.org/wiki/Anafora_(figura_retorica)

 
   
 
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