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Autore: Demy77    08/08/2021    3 recensioni
Cornovaglia, 1783. Dopo aver combattuto per l’esercito inglese durante la guerra di indipendenza americana Ross Poldark ritorna in patria e convola a giuste nozze con il suo grande amore, la bellissima Elizabeth Chynoweth, che lo ha atteso trepidante per tre lunghi anni.
Due giovani innamorati, una vita da costruire insieme, un sogno che sembra realizzarsi: ma basterà per trovare la felicità?
In questa ff voglio provare ad immaginare come sarebbe stata la saga di Poldark se le cose fossero andate dall’inizio secondo i piani di Ross.
Avvertimento: alcuni personaggi saranno OOC rispetto alla serie tv e ai libri.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
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~~Ross giunse in Cornovaglia in piena notte. Dato che non vi era stato tempo per un preavviso e non c’era nessuno che potesse accompagnarlo fino a Nampara con l’ingombrante bagaglio che aveva al seguito, decise di fermarsi per una notte in una locanda a Truro; ne avrebbe approfittato, il giorno successivo, per parlare con Pascoe del progetto di acquisto della Wheal Leisure e della Grambler. Il suo banchiere, molto sorpreso ma anche sollevato nel rivederlo sul suolo natio, gli confermò quanto già riferitogli da Dwight: le sue finanze gli consentivano senz’altro un simile investimento, tenendo conto dei risparmi accumulati nei mesi precedenti e delle rendite mensili che derivavano dagli affitti e dai terreni, oltre che dai notevoli introiti della Wheal Grace.
La notizia del suo ritorno – evidentemente qualcuno lo aveva riconosciuto in giro per Truro quella mattina e non aveva perso tempo a spargere la voce a Sawle – arrivò a Nampara prima di lui, cosicchè, quando mise piede nel cortile di casa sua, trovò un piccolo corteo ad attenderlo: i Paynter con in braccio il piccolo Valentine, i fratelli Daniels, Jim Carter e le sue sorelle, Zacky Martin, sua moglie e sua figlia Jinny, il capitano Henshawe, John Treneglos, in una parola gli amici di sempre.
Elizabeth lo attendeva di sopra, in camera da letto. Non intendeva dargli la soddisfazione di un benvenuto in grande stile in mezzo a tutti quei bifolchi, John escluso naturalmente. Trovò la scusa di non aver creduto a quelle voci che lo davano di ritorno così all’improvviso, e trattò il marito con un certo distacco; del resto neppure Ross aveva voglia di smancerie. Le chiese come si sentisse, ed Elizabeth rispose che stava bene. In un certo senso era la verità, perché a differenza della prima gravidanza, in cui si riguardava in una maniera esagerata, tendeva ora ad affaticarsi volutamente, attraverso lunghe passeggiate e frequenti viaggi in carrozza, sperando che quegli eccessi agevolassero il parto prematuro senza bisogno di ricorrere all’intruglio di Chester. Ciò nonostante, le energie la accompagnavano ed il suo aspetto era fresco e gradevole come quello di un tempo. Ross spiegò brevemente alla moglie i suoi progetti futuri e le comunicò che aveva deciso di essere più presente in famiglia, ora che essa si stava per allargare, specificando però che nulla cambiava nei loro rapporti: avrebbe amato il figlio che stava per nascere, il bambino e Valentine sarebbero stati sempre la sua priorità, ma di essere una coppia loro due… non se ne parlava. A dimostrazione della sua ferma volontà in tal senso, si fece spostare nella camera che un tempo era stata di zia Agatha, ed alle lamentele di Elizabeth per i commenti che la servitù avrebbe fatto in proposito replicò che la gamba gli doleva ancora ed evitare di dover percorrere la scala più volte al giorno era preferibile, e che comunque delle reazioni della gente di casa se ne infischiava.
Prima che il sole tramontasse Ross fece la sua apparizione alla Grace. Fu salutato come un Messia redivivo, ricevette centinaia di strette di mano dagli operai e dalle loro mogli, mentre i bambini gli saltavano intorno festosi. Ross non perse tempo ad infilarsi nei cunicoli per saggiare di persona lo stato degli scavi. Pensò che era stato davvero un pazzo ad abbandonare quella vita, per cosa poi? Rischiare la pelle in terra straniera, abbandonando la sua gente… per fortuna però era rinsavito. Esaminò i campioni di rame rosso come un bambino che abbia scoperto un tesoro: non aveva mai visto nulla di simile, eppure bazzicava tra le miniere da quando era poco più grandicello di Valentine. Neppure suo padre Joshua aveva mai estratto materiale di simile purezza: la sua caparbietà nel voler riaprire la Wheal Grace aveva dato frutti insperati.
Aveva chiesto a Prudie di accompagnarlo alla miniera portando anche Valentine. Il piccolo da principio aveva avuto qualche difficoltà nel riconoscerlo, ma poi Ross lo aveva abbracciato forte sussurrandogli che aveva sentito molto la sua mancanza e non lo avrebbe lasciato mai più da solo, ed il bambino, rassicurato, gli aveva stretto le braccia al collo chiamandolo papà. Ross aveva deciso che avrebbe recuperato il tempo perduto e che Valentine avrebbe dovuto conoscere il mondo delle miniere fin dalla tenera età, proprio come Joshua aveva fatto con lui.
Il giorno successivo partì a capofitto con il progetto del riscatto delle miniere. Con Matthew Sanson l’impresa fu semplice: quell’uomo aveva vinto la Grambler al gioco e non aveva mai davvero avuto interesse per il mondo delle miniere. In quei due anni aveva capito che se avesse voluto far fruttare la miniera avrebbe dovuto investirci denaro, ma poiché non aveva intenzione di spendere i suoi preziosi capitali in un’attività di cui non gli importava nulla aveva badato unicamente a contenere le spese. L’offerta di Ross gli consentiva quindi un immediato guadagno, liberandosi da una serie di grattacapi. Da buon affarista provò a gonfiare il prezzo, ma Ross, numeri alla mano, gli dimostrò quale fosse il reale valore di mercato della Grambler ed alla fine il capitano riuscì a spuntarla ad un prezzo onesto.  Due giorni dopo, formalizzata la vendita, Ross aveva in mano l’atto di proprietà della Grambler. Richiamò come capitano il sig. Foster, uomo esperto e già di fiducia dello zio Charles, e gli affiancò Zachy Martin per istruire le squadre di minatori. Prima però volle che tutti i lavoranti si sottoponessero ad una visita di idoneità con il dottor Enys; fu facile così distinguere chi aveva i polmoni sani ed era adatto a svolgere i lavori in profondità e chi invece poteva soltanto lavorare in superficie. Un mese dopo l’acquisto, Ross con la Grambler dava lavoro ad oltre 50 famiglie.
Per la Leisure la faccenda fu più complicata. Ross chiese un appuntamento a George Warleggan, cui apparteneva ora quasi la totalità delle quote, ma questi, ricevutolo presso la sua banca a Truro, rispose che non intendeva vendere; in alternativa, disse che era disposto a permutare le sue quote in cambio della intera proprietà della Wheal Grace. Ross gli rispose che era un accordo folle dal punto di vista commerciale, perché l’intera Leisure non valeva nemmeno un quinto della Grace; Warleggan replicò che la Leisure aveva per lui un valore strategico per diversificare i suoi investimenti, che non voleva essere tagliato fuori dal settore minerario e riteneva non conveniente che in unico uomo fosse concentrata la proprietà delle miniere più importanti della contea; mentì dicendo che c’erano ottime prospettive nelle estrazioni alla Wheal Leisure, essendo stato scoperto un nuovo filone di stagno, aggiunse che quindi la cifra che Ross offriva era scandalosamente bassa e mai l’avrebbe accettata.
Ross comprese che George sarebbe stato un osso duro, e per il momento decise di soprassedere. In fondo la Grambler meritava la massima attenzione ed era anche più prudente differire nel tempo l’acquisto dell’altra miniera. Non voleva infatti creare aspettative troppo grandi nella popolazione senza avere qualche informazione in più sul reale andamento delle estrazioni alla Leisure.
Warleggan intanto non perse tempo a volgere la situazione a suo vantaggio. Il giorno dopo si recò a casa dei Treneglos e chiese a Ruth di procurargli un incontro segreto con Elizabeth. La donna non potè sottrarsi – nella zona tra Sawle e Truro tutti, bene o male, erano indebitati con la banca Warleggan, o comunque non potevano inimicarsi apertamente uno dei magistrati della contea – e così dovette ingannare l’amica, ben sapendo che ella non aveva più piacere nel frequentare George, pur ignara del reale motivo per cui i loro rapporti si fossero diradati.  Ruth dunque la invitò a bere un tè a casa sua, senza specificare che anche il banchiere sarebbe stato presente.
Appena fu a tu per tu con Elizabeth  George le riferì del colloquio avuto con Ross e del suo obiettivo di acquistare la Leisure; le disse che Ross era un uomo testardo e mai avrebbe demorso, tuttavia egli non era disposto a vendere al prezzo che Ross offriva e soprattutto non voleva accontentarlo facilmente; disse che se Ross avesse insistito, come prevedibile, sarebbe stato costretto a chiedergli di rientrare prima di tutte le spese che aveva sostenuto a causa di Elizabeth in quegli anni: il prestito iniziale per scacciare Demelza, le cure della signora Chynoweth, la ristrutturazione di Cusgarne. George ebbe l’ardire di mostrare addirittura i conti che aveva tenuto, l’elenco dettagliato di tutti gli esborsi e delle date in cui ciò era avvenuto: o Elizabeth pensava che avrebbe ripagato quei debiti andando a letto una volta sola con lui?
Elizabeth, furente, gli ricordò che era stato eletto magistrato grazie ai suoi buoni uffici; George prontamente le rispose che nell’elenco delle spese da rimborsare non aveva inserito i gioielli ed i vestiti che le aveva più volte donato e neppure i balocchi per Valentine: quello era stato il suo modo di sdebitarsi per l’interessamento alla sua causa, non tutto il resto; che, ora che da parte della bella Chynoweth vi era ostilità nei suoi confronti, egli non intendeva rinunciare alla restituzione di quella notevole quantità di danaro.
Elizabeth lo sfidò dicendo che egli non avrebbe avuto nessuna convenienza a raccontare a Ross quali erano stati i loro trascorsi, ma George rispose che del loro rapporto personale avrebbe taciuto, giustificando i prestiti solo con la sua attività di banchiere. Vuotando il sacco lui non aveva nulla da perdere, Ross non avrebbe mai potuto biasimarlo per aver svolto il suo lavoro; era lei l’unica a rischiare, perché si era esposta senza consultare suo marito; anzi, George era al sicuro da ogni sospetto e si era dimostrato addirittura leale perché aveva atteso, per chiedere il rimborso dei prestiti, che le condizioni finanziarie di Poldark fossero tornate solide.
Alla fine Elizabeth, esausta, chiese che cosa George pretendesse in cambio del silenzio con Ross e della definitiva tacitazione dei debiti.
“La verità sul bambino – rispose il biondo banchiere – voglio sapere se è davvero figlio mio, perché non credo affatto a quello che mi hai raccontato finora”.
Elizabeth non aveva altra strada che continuare a sostenere la sua versione. Nessuno, nemmeno Warleggan doveva conoscere la verità.
“Molto bene – disse l’uomo dopo aver udito per l’ennesima volta che il bambino era di Ross - quindi, se è come affermi, dovresti partorire verso metà luglio, giusto?”
“E’ così infatti”-  gli confermò Elizabeth.
“A volte, però, le gravidanze durano meno di nove mesi – insinuò il banchiere con fare sinistro – neppure se il bambino nascesse a luglio potrei escludere con certezza di non esserne il padre… e poi, conoscendoti, sono convinto che avrai già preso le tue precauzioni per far sì che il parto avvenga non oltre luglio.”
Per un attimo calò il silenzio. Elizabeth cercò di non darlo a vedere, ma era molto turbata e non sapeva come replicare. George proseguì.
“Non hai pensato che, nonostante tutto, potresti mettere al mondo un bambino identico a me? Valentine è la copia sputata di Ross; e se invece questo bambino nascesse biondo, con gli occhi verdi, come lo giustificheresti con tuo marito? Non ti rendi conto di quanto sia stupido da parte tua negare la realtà? Partorendo prima del tempo metteresti a repentaglio la salute tua e di tuo figlio, ma non saresti immune dal rischio che Ross scopra la tua infedeltà! Ed io ti ho detto e ripetuto che non tollero che un figlio mio venga cresciuto da quel bellimbusto. Devi dirmi la verità, Elizabeth, perché io sono l’unico che possa aiutarti in questo frangente!”
Elizabeth aveva sussultato alle parole di George. Era vero, non aveva considerato la faccenda della possibile somiglianza del bambino al suo vero padre; tuttavia, non poteva confessarlo a quel demonio. Ripeté che vi era un’unica verità e che George si ostinava a non ascoltarla.
George allora replicò che non credeva che Elizabeth potesse essere talmente irragionevole. Aggiunse che era fin troppo comodo per lei continuare ad essere la moglie integerrima di Ross Poldark tenendolo all’oscuro della possibile paternità del bambino e dei debiti contratti a sua insaputa; lei non era disposta a rinunciare a nulla mentre a lui, George, non rimaneva che un pugno di mosche in mano.
“Non posso tacere sia sui debiti che sul bambino – disse – e se io devo convivere con questo atroce dubbio per colpa della tua reticenza, voglio che ne sopporti il peso anche Ross. Gli dirò tutto; può anche sfidarmi a duello, non mi importa; l’importante è che tu paghi per averci ingannati ed usati entrambi”.
Elizabeth si vide con le spalle al muro. Non poteva sapere quale fosse la soluzione di Warleggan al problema del parto, ma visto che Ross era ormai indifferente alle sue moine, mentre qualche altra speranza poteva averla con George, cercò di lusingarlo.
Gli promise che, una volta nato il bambino, avrebbe ripreso a frequentarlo e gli fece capire che era disponibile ad essere la sua amante, pur dovendo essere molto più prudenti rispetto al passato. George non poteva rovinarla, in virtù di ciò che c’era stato e poteva ancora esserci tra di loro.
George scosse la testa: quelle rassicurazioni verbali non gli bastavano, gli serviva qualcosa di concreto. Avrebbe taciuto ad una condizione: che Elizabeth gli consegnasse il bambino che stava per nascere.
All’incredulità della donna George rispose illustrandole un piano su cui probabilmente meditava da mesi.
“A fine giugno ti trasferirai a Cusgarne, con la scusa di non allontanarti da tua madre che sta peggiorando. Sarai assistita da medici di mia fiducia provenienti da Londra, che ti vigileranno costantemente ed impediranno che tu commetta qualche sciocchezza. Se entro luglio avrai partorito per le vie naturali un bambino forte e sano, vorrà dire che era vero che il figlio era di tuo marito, e tornerai a casa con la promessa del mio silenzio eterno; ma se ciò non dovesse accadere… si dirà che il bambino è nato, ma non è sopravvissuto al parto; che, non potendo essere sepolto in terra consacrata perché non battezzato, il feto è stato seppellito in un angolo del giardino di Cusgarne, con una croce sopra; i medici diranno che hai subito una forte crisi di nervi per cui non puoi vedere nessuno; quand’anche Ross o qualcun altro verranno a trovarti, ti troveranno distesa nel letto, in penombra, coperta dalle lenzuola e sotto sedativi, incapace di articolare parola. Nessuno si accorgerà che sei ancora incinta. I medici diranno che ti occorre almeno un mese di assoluto riposo. Nel corso di quel mese, a tempo debito darai alla luce mio figlio; dopo che il bambino sarà nato me lo consegnerai. Lo porterò da certe suore cattoliche a Londra, dove sarà cresciuto ed allevato con amore. Finanzierò l’istituto affinché riceva il miglior trattamento, e quando sarà abbastanza grande lo adotterò e diverrà erede della mia fortuna”.
“Ed io invece? Dovrei rinunciare a mio figlio senza battere ciglio?”- replicò Elizabeth indignata.
George sogghignò. “Purtroppo non sei in grado di dettare tu le condizioni. Le alternative sono queste, prendere o lasciare. Il bambino potrai vederlo insieme alle dame di carità, facendo visita all’orfanotrofio di tanto in tanto. Sempre che tu non preferisca lasciare un marito che non ti ama e vivere con me e nostro figlio, anche lontano dalla Cornovaglia se vuoi. E poi non fissarmi in quel modo, non hai nulla da temere! Hai giurato e spergiurato che il figlio è di Poldark, dunque non dovresti correre alcun pericolo che il bambino sia separato da te e finisca in un orfanotrofio!”.
George sapeva benissimo che quella del disonore di fronte al mondo era l’unica strada che Elizabeth non avrebbe mai percorso; non si meravigliò pertanto del fatto che la donna aderisse alla sua soluzione del parto a Cusgarne e che, con spavalderia, gli confermasse che non aveva nulla da temere e che i fatti le avrebbero dato ragione, mentre lui si sarebbe pentito del suo orribile comportamento.
Rimasta sola però, Elizabeth scoppiò in lacrime. Un medico di campagna come Choake poteva essere ingannato facilmente, ma i più istruiti medici della capitale avrebbero capito immediatamente che la sua gravidanza non aveva termine a metà luglio. Non la atterriva tanto raggirare nuovamente Ross e fingere che il bambino fosse morto, ma l’atroce progetto di George di sottrarre un figlio a sua madre e farlo crescere come un trovatello. Come avrebbe potuto convivere tutta la vita con quel terribile segreto? Magari George si sarebbe trovato moglie e dopo cinque o sei anni avrebbe portato l’orfanello a vivere a casa sua; lei sarebbe stata costretta ad incontrarlo per strada senza potergli rivelare di essere la sua vera madre…..
Meditò e meditò sulla questione; alla fine pensò che l’unica via di uscita fosse anticipare il parto rispetto ai suoi progetti iniziali. Il 15 giugno cominciò ad assumere il farmaco di Chester, 15 gocce al giorno, di nascosto. Il 29 giugno al mattino Elizabeth si svegliò in un lago di sangue. Jud corse a chiamare il dottor Choake a casa sua, ma ovviamente il primo ad arrivare fu Dwight, allertato da Ross. Il dottor Enys la visitò, disse che bisognava praticare un taglio cesareo e che non c’era tempo da perdere. Era sconcertato perché non comprendeva cosa avesse potuto procurare quella emorragia improvvisa all’ottavo mese di gravidanza, senza alcuna contrazione uterina e senza alcuna avvisaglia nei giorni precedenti, a quanto riferiva Elizabeth. Quest’ultima era molto spaventata, ma si guardò bene dal rivelare cosa avesse provocato l’emorragia. Dwight le fece bere parecchio whisky e le somministrò degli oppiacei, ma ciò non le poté risparmiare del tutto il dolore lancinante nel momento in cui le venne tagliato il ventre. Rinvenne solo qualche ora dopo, e la prima cosa che vide fu la parrucca grigia del dottor Choake, che sedeva accanto al suo letto. La ferita verticale dall’ombelico al pube le doleva molto, tanto che chiese le venissero dati ancora altri oppiacei.
“Dov’è il bambino?” – domandò Elizabeth guardandosi intorno.
Choake la scrutò attraverso gli occhiali. Tacque per un tempo che a Elizabeth parve infinito. “Era una femmina; è nata morta, purtroppo. Mi dispiace tanto.” – disse infine.
“Non ci credo, fatemela vedere!” – urlò Elizabeth agitandosi.
“Calmatevi, signora – le disse Choake ponendole paternamente le mani sulle spalle – non c’è niente da vedere, la creatura è stata già seppellita in un angolo del giardino, se ne è occupato il signor Paynter. Era già morta quando l’abbiamo estratta, non c’è stato nulla da fare. Se vi può in qualche modo consolare, io ed il dottor Enys dubitiamo che la creatura, se anche fosse stata viva, avrebbe mai potuto sopravvivere fuori dal grembo materno… ecco, vedete… il collega ed io abbiamo il sospetto che il parto sia avvenuto con largo anticipo, per motivi che non riusciamo ancora a spiegarci!”
Elizabeth fissò il medico con gli occhi sbarrati. Sua figlia era morta, nulla era andato secondo i suoi piani e probabilmente avrebbe dovuto dare varie spiegazioni a molti. Si lasciò cadere sui cuscini con il volto rigato di lacrime, incapace di emettere alcun suono e desiderosa di sprofondare anch’ella sotto terra, come la sua bambina.
  
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