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Autore: RedelNord    10/08/2021    1 recensioni
La storia riprende gli eventi di Supernatural a metà della seconda stagione, cronologicamente slittiamo indietro di dieci anni.
Sam e Dean svolgono la loro professione di cacciatori del soprannaturale in maniera nascosta, nell'ombra, non sanno che qualcuno oltre oceano, svolge la medesima professione, ma sotto lauta ricompensa.
Genere: Azione, Dark, Horror | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Dean Winchester, Sam Winchester
Note: Cross-over | Avvertimenti: Violenza | Contesto: Seconda stagione
Capitoli:
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È da quando abbiamo lasciato la Pennysilvania che si comporta così: ci siamo fermati qualche volta, solo per dormire, non abbiamo cercato un nuovo caso, non so nemmeno se lui lo voglia cercare, è assurdo…
 
“Ehi.” Provo ad attirare la sua attenzione ma non c’è niente da fare, sembra completamente perso, alza la musica: Hotel California (Eagles).
“Dean, ti confesso che sono stanco di questo tuo comportamento, vorrei sapere che cosa stai pensando, perché in qualsiasi cosa ti riguardi sono coinvolto anch’io e lo sai benissimo.”  Abbasso la musica, pretendo delle risposte, non mi accontento della sua scena muta, non ho più intenzione di farlo.
“Ma di che stai parlando?” Chiede lui.
Ah, fa pure l’indifferente, a volte quando fa così vorrei prenderlo a schiaffi.
“È da quando abbiamo lasciato la Pennysilvania che non dici una parola, non credere che sia così stupido da non capire il perché, solo voglio che te ne faccia una ragione.”
“Una ragione di che cosa?” Insiste Dean, che cerca di esprimere incredulità, dubbio, nel modo peggiore possibile.
“Sai, ti credevo un bugiardo più bravo.” Commento io, tornando a rivolgere il mio sguardo sulla strada, siamo in una zona abbastanza spoglia, sembra una deviazione dalla strada principale, ma l’illuminazione è poca e in ogni caso sono troppo stanco per capire.
 
“Dove ci dirigiamo?” A questa domanda deve rispondere, non ammetto scuse.
“Ci fermiamo ad un Motel per qualche giorno, non so tu, ma io ho bisogno di una pausa.”
“Wow, un Motel in mezzo al nulla, grandioso.” Rispondo con tono ironico, scuotendo la testa, ma dove accidenti siamo finiti, in Armenia?
“Con le nostre facce è meglio non girare in centri troppo grandi.” Dean sembra piuttosto sicuro di se, io preferisco non replicare, mi fido, una sola cosa non mi torna, e gliela faccio presente mentre mi accoccolo sul sedile di lato, per riposare meglio, ho idea che ci vorrà ancora un po’.
 
“Dove siamo?” Chiedo, mentre chiudo gli occhi e mi lascio trasportare dalla turbolenza del veicolo, non so perché ma ho sempre trovato l’andatura delle macchine estremamente rilassante.
“Mohicanville, Ohio.”
Sorrido, già a sentire il nome non promette bene, sei troppo paranoico Sam, penso qualche istante a Dylan… Chissà cosa stara facendo adesso!?
 
 
 
 
 
 
 
 
“Avete chiamato la residenza Dog, se volete parlare con il padrone di casa premete uno, se volete parlare con Dylan premete due, se volete un appuntamento premete il campanello, se siete qualche cliente insoddisfatto avete sbagliato numero, se cercate una stella del cabaret siete nel posto giusto, se…”
“Se magari la pianti di chiacchierare a vanvera, Groucho, puoi starmi a sentire.”
 
“Capo, ti piaccio come segreteria? A stento ti riconoscevo, ora hai un vero accento americano, e dimmi: hai già rimorchiato una di quelle tipiche ragazze americane? Sai: una tutta: chewing-gum e film d’azione, oh e: come si guida dalla parte sbagliata? Com’è cambiare le marce con la destra?”
“Ascolta Groucho non sono qui per chiacchierare della vacanza, ho bisogno che prendi il mio diario e controlli sotto la voce: Winchester.”
“Vuoi comprare un fucile!?”
“Diamine, Groucho! Non farmi perdere tempo!”
Passano diversi istanti, li passo tamburellando le dita sul telefono della cabina, muovendo le gambe nervosamente, non voglio perdere tempo, a volte mi chiedo come mai si tenga quest’uomo come assistente, alle volte è irritante come solo una zanzara di notte sa esserlo. 
 
“Ho trovato l’archivio.”
“Bene, allora?”
“Hai detto Winchester, giusto?”
“Sì, esatto.”
“Niente da fare…”
“Cosa?”
“Mi dispiace, qui non figura nessun Winchester.”
Quella risposta mi innervosisce ancora di più, “guarda bene, non è possibile!”
“Te lo dico, non c’è, ma posso chiederti come mai è così importante?”
“Devo scoprire una cosa, grazie lo stesso ora devo andare.” Non ci penso e riattacco, sebbene il mio assistente volesse aggiungere qualcosa, so che tanto doveva essere una delle sue battute idiote e non ho proprio tempo.
Mi dispiace però di avergli riattaccato in quel modo, in normali circostanze non l’avrei fatto ma ora sono davvero incazzato, questa storia mi sta facendo uscire di testa, devo cercare di ricostruire i miei spostamenti qui in America, è una parola… Avrò parecchio da fare, mentre cammino per la strada deserta sento l’ululato di un lupo in lontananza, porto la mano alla pistola, forza dell’abitudine, quel telefono solitario in mezzo alla piazzola nella strada deserta a un certo non so che di inquietante, o forse sono solo io che vedo oscurità ovunque.
Sento un rumore provenire dagli alberi, il vento scuote le fronde e mi gela le ossa, mi avvicino… Sento il battito accelerare, no, non c’è niente lì, sto diventando irrequieto, mi giro e torno a camminare nella direzione che avevo preso, senza esentarmi dal voltarmi ogni tanto, giusto per essere sicuro.
Sono Dylan Dog e non lo ammetterò mai ad anima viva ma certe volte, mi sembra di essere osservato e la cosa non mi rende affatto tranquillo…
 
 
 
(Mohicanville Ohio  22 Dicembre 1996)
La receptionist ci sorride, pronta ad accogliere le nostre richieste. Io mi guardo attorno, il posto sembra essere in buone condizioni tutto sommato.
Dean si disegna uno splendido sorriso mentre si annuncia.
“Cosa posso fare per voi?” Chiede le ragazza, dall’altra parte della scrivania.
“Oh, potrei farle la lista, ma per il momento io e mio fratello staremo cercando una sistemazione per la notte.”
Mio fratello cerca di nuovo di attirare l’attenzione, certo gli riesce quando ha a che fare con certe donne, questa è una di quelle, infatti sorride imbarazzata agli sguardi provocatori di Dean, abbassa lo sguardo e si mette a cercare qualcosa tra le carte.
Mio fratello si gira e mima il verso della tigre, io scuoto la testa e abbasso lo sguardo, lui fa una smorfia di non curanza mista a rassegnazione positiva.
 
“Potete prendere la stanza 25, vi accompagnerà Vincent.”
“Oh, mi sento violato dal fatto che tu sai il mio numero di stanza e io non so nemmeno il tuo numero… Helen” Commenta Dean, dopo aver letto il nome sul cartellino. 
La ragazza sorride e ci consegna le chiavi: “benvenuto al Motel California, Derek.”
 
(stanza 25)
“Devo rendertene atto, Derek, questo Motel è il meno peggio tra quelli in cui abbiamo alloggiato negli ultimi anni.”
Dean si butta sul letto e sospira.
“Ascolta non siamo in strada per un caso, perché ci siamo fermati?” Insisto io, che pretendo spiegazioni, non mi piacciono le perdite di tempo e ho idea che qui ne stiamo a perdere parecchio.
 
Dean non risponde, ma lo vedo che torna serio, sta pensando a qualcosa, forse a qualcuno…
“Allora, ti va di parlarne?” Chiedo, mentre mi metto a curiosare nel frigo.
Ma non c’è niente di commestibile!?
 
 “Non capisco di cosa dovrei parlare.” Dean si è tolto la giacca e ora mi ha raggiunto, tira fuori dal frigo una birra, mi preoccupo e non poco pensando che la roba che abbiamo da mangiare non figura più tra i generi alimentari ma tra il pattume.
A Dean sembra non importare, provo a dirgli di non bere quella birra, lui si volta e alza le braccia, non dice niente: ha la bocca piena. Sospiro e lascio perdere.
“Mi riferisco a Dylan.”
Mio fratello si blocca, non si volta, mette giù la birra e si toglie le scarpe.
“Perché, che c’è?”
“Andiamo Dean, non puoi negare a te stesso che vi siete lasciati un po’ male, ti dispiace che te ne sia andato, ma devi…”
“Cosa? Mi dispiace!? Ma andasse a fanculo, che m’importa, tanto non l’ho mai potuto sopportare, con quell’aria da piccolo saccente inglese, tutto avviluppato nei suoi abiti neri, ma chi si credeva di essere? Dracula!?”
 
“Dean, avverto un po’ di parole in questa bugia.”
“Senti Sammy, sai meglio di me che io e te lavoriamo meglio da soli, lui ha preso la sua decisione l’ho accettato e basta, non c’è bisogno di insistere.”
Annuisco, non gli va di parlarne, d’accordo, ma sarebbe meglio per lui che affrontasse il problema o finirà per pesargli sul lavoro, dovrei dirgli queste cose ma adesso non è il momento.
“Dove vai?” Gli chiedo, mentre lo vedo aprire la porta.
“Vado a fare un giretto, voglio dare un’occhiata.”
“Senza scarpe?”
Lui mi guarda e fa una smorfia: “farò prendere un po’ d’aria ai piedi.” Sorride e se ne va.
“Non far rumore quando torni, io mi metto a letto.” Che abbia sentito o no non importa, tanto so che farà il contrario.
 
 
 
È un posticino tranquillo, fortuna che c’è la moquette o mi starei congelando, dopotutto è dicembre, tra l’altro tra poco sarà capodanno, sorrido amaramente pensando che tutti gli altri ragazzi passano il capodanno con gli amici, divertendosi e io e Sammy al massimo daremo la caccia a un folletto dei boschi piuttosto che ad un demone assassino.
 
Cerco Helen, magari posso rifarmi nel secondo tempo, non la trovo in giro, non vedo nemmeno Vincent, in realtà non c’è proprio nessuno in giro e me ne accorgo solo ora, mi sento alquanto solo.
Mi guardo spesso indietro, mentre procedo nei corridoi scarsamente illuminati, non lo ammetterò mai, d’altronde sono Dean Winchester, ma confesso che alle volte mi sento a disagio quanto cammino da solo, ho come la sensazione che qualcuno mi osservi…
 
Passo vicino alle stanze del piano di sotto, la mia attenzione viene colta da una camera illuminata, la luce calda, arancione è soffusa e non è fissa, sembra la luce di un fuoco, il corridoio si staglia davanti a me per ancora, parecchi passi.
Sono in tempo per tornare indietro, ma perché dovrei farlo? Andiamo, è solo una stanza con un caminetto, sento il morbido pelo della moquette sfregare con la stoffa dei calzini mentre mi avvicino.
 
Non entrare nella stanza inquietante Dean…
Non mi ascolto ed entro.
Sembra come un ufficio, o uno studio, è piccola ma tutto sommato confortevole, per terra sta un tappeto d’orso, particolare direi, c’è effettivamente un caminetto ed è acceso, sul caminetto stanno delle fotografie, quasi tutte raffiguranti il motel, mi sembra di rivedere Shining.
Una in particolare attira la mia attenzione, la prendo in mano e la guardo più da vicino: si tratta di una foto ottocentesca, è raffigurato un anziano signore alle cui spalle sta quella che dovrebbe essere una taverna, il paesaggio dietro ad essa è ben definito ed è esattamente quello che sta dietro al motel.
“Buonasera.”
Mi volto di scatto, colto in flagrante, un uomo sulla settantina mi sorride e si sistema sulla sedia che sta dietro alla scrivania, alle cui spalle si trova una libreria piuttosto grande.
 
Io metto giù la fotografia e mi scuso ma lui non sembra essere arrabbiato.
“Non devi preoccuparti figliolo, la curiosità non è peccato, è la tua prima sera qui?”
Annuisco, lui sorride.
“Vedo che ammiravi quella fotografia.”
“Sì, è molto interessante.” Rispondo io, ok, ora sono più a mio agio, questo vecchietto sembra uno a posto.
 
“È mio nonno, quando il motel era ancora una locanda per viaggiatori.”
“Quindi è una gestione di famiglia?”
“Sì, ma mio nonno non l’aveva ereditato… Lo aveva comprato, a non troppo denaro per la verità.”
Questa storia mi incuriosisce, mi affascina, voglio saperne di più, devo saperne di più.
“Be vorrà dire che ha fatto un affare, questo posto non è niente male.” Sondo il terreno ed intanto mi guardo attorno, voglio portare il padrone di casa ad esporsi di più, così fingo di essere l’ingenuo campagnolo.
Il vecchio ride un poco: “no, direi di no, non gli portò affatto bene, né a lui né a mia madre ma oramai non ha più importanza.”
Aveva la mia curiosità, ora ha la mia attenzione: “in che senso?”
Il tizio si alza, d’accordo ho capito che il mio tempo qui è scaduto.
“Finalmente lo venderò e questa storia finirà.” È assurdo, lo sta dicendo come se sotto ci fosse più di un semplice motel che non va tanto bene, io allora comprendo che me ne devo andare, saluto e imbocco l’uscita diretto verso la mia camera.
C’è qualcosa di strano qui… Lascia perdere Dean, è la forza dell’abitudine, domani mattina starai già meglio, sì, ho bisogno di dormire.
 
 
(Motel California, 23 dicembre ore 00:12)
Vincent aveva concluso il suo turno. Era sempre l’ultimo ad andarsene e quindi era abituato all’atmosfera del motel silenzioso, quando un qualsiasi rumore ti mette sull’attenti con le orecchie dritte.
Quella volta Vince aveva la netta sensazione che ci fosse qualcosa dietro di lui, è una cosa non troppo piacevole che non si augurerebbe nemmeno al proprio peggior nemico.
L’uomo si girava spesso, ma niente, mai nessuno. Era stanco, sì, doveva andarsene.
Il tragitto da una delle stanze al corridoio che portava poi al pianerottolo che dava sulla scale fu il percorso più lungo della sua vita, ad ogni passo sulla moquette gli sembrava che qualsiasi cosa stesse avanzando nell’ombra, dietro di lui, si facesse sempre più vicina, inesorabile.
Vincent quasi si mise a correre, arrivò con il fiatone alle scale, dove la zona era più illuminata.
Quando vi giunse si accorse di essere persino sudato, ma che diavolo gli prendeva!? Lotto contro la paura di voltarsi, sentiva qualcosa insinuarsi dietro di lui, respirava? Ora il sudore si era raffreddato esattamente come il sangue nelle vene…
Vince dovette fare appello a tutte le sue forze, scendi le scale, devi solo scendere le scale.
La tentazione di guardare e la paura del fare la medesima cosa facevano a botta nella testa dell’uomo, finché poi la prima non l’ebbe vinta, con la complicità del presunto buonsenso: se c’è qualcuno che aspetta di buttarmi giù, posso fermarlo.
Vincent si voltò…
Nessuno…
Sorrise, sollevato, ma che problemi si era fatto?
Tornò a rivolgersi verso le scale, e fu in quel momento che avvertì una spinta…
Seguirono diversi tonfi sordi, fino all’ultimo rumore che si concluse insieme alla caduta rovinosa del corpo…
 
 
 
 
Nervoso spengo il computer con rabbia.
Niente, nessuna notizia, d’accordo che non viaggio mai facendomi troppa pubblicità e nemmeno pretendo gli striscioni di benvenuto, ma cavolo, quella volta avevo il pass, come mai non è riportato nessun mio spostamento in questo fottuto paese!
 
Rassegnati Dylan, la risposta al tuo enigma non la troverai certo nello squallido computer di una biblioteca di paese.
Le uniche notizie su di me che trovo sono i forum dove discutono di quanto sia un ciarlatano e addirittura, questa è nuova, un drogato. Drogato io!? Veramente non ho parole, cosa non si farebbe per vendere titoli.
 
Mi siedo sconsolato su una delle poltrone, aspettando, cosa? Non lo so nemmeno io, forse un’illuminazione, del resto è proprio quello che mi ci vorrebbe. Sento un fastidioso prurito al petto, mi gratto e sento una cosa…
Tocco, sembra metallo, è strano…
Lo prendo in mano, è una medaglietta come quelle dei militari, certo, ora rammento, è un ricordo di mia madre…
Sento un’immane tristezza avventarsi su di me, è già passato un anno, ma che importa, potrebbero passarne anche cento, ad una cosa così non ci si può abituare… Mai.
I love you, inciso ancora ben visibile, ricordo ora le parole che mi disse quando me la diede: “quando troverai la sua gemella tutto ti si chiarirà.”
Era suo tipico parlare per massimi sistemi, mi sono sempre chiesto come mai non mi ha detto direttamente cosa o chi avrei trovato, ma chi devo trovare tanto? Cosa mi si deve chiarire? Adesso come adesso una cosa da chiarire c’è ma fino a poco tempo fa no, e comunque stavo più che bene, cosa devo sapere?
Chi lo sa… Se almeno lei fosse qui… Quante battaglie abbiamo combattuto fianco a fianco, se oggi sono chi sono lo devo a lei, non ho mai avuto un padre, ma probabilmente è sopravvalutato. Improvvisamente mi torna in mente John Winchester…
Ma certo! Lui doveva pur aver avuto qualcuno che sapesse come rintracciarlo, esclusi Dean e Sam, qualcuno che magari sa cosa è successo quando ci siamo incontrati o che almeno sa dove siamo stati.
Ecco la mia pista! Devo trovare qualche cacciatore che sa, certo è più facile a dirsi che a farsi ma è comunque un inizio, forza Dylan, non puoi ancora riposarti!
 
 
 
 
 
 
(Motel California 20 Dicembre 1996) 
 
Un fottuto raggio di sole è la causa della mia sveglia, unito ad un intenso aroma di caffè, ok questo è un lato positivo.
Mi metto a sedere, ancora mezzo intontito, fatico a mettere a fuoco la stanza, stavo anche facendo un bel sogno!
Strizzo gli occhi e vedo Sammy seduto, che mi sorride e alza il suo bicchiere di caffè, come per fare un brindisi, vedo che legge il giornale.
Io incrociò le gambe, non riesco proprio a svegliarmi, aguzzo la vista e vedo che insieme al caffè sta anche una ciambella fumante, tutta profumata e paffutella, sorrido e scendo dal letto.
Quasi quasi mi commuovo, non so perché ma provo un certo senso di tenerezza mielosa ad immaginare Sam che mi prende il caffè e la ciambella, promemoria per me: fare qualcosa per compiacere il mio fratellino, è probabile che mi dimenticherò questa buona intenzione alquanto presto ma immagino che conti il pensiero.
 
Prendo il caffè e tolgo il piccolo coperchio, mai una volta che me lo diano come lo voglio io, dico: come accidenti si fa a berlo con quell’affare sopra!?
 
Inizio a bere.
“Una magnifica idea quella del Motel Dean.”
Non sono nemmeno sveglio e già parla… Sammy ti sei appena giocato il bel gesto che avevo in mente.
“Hanno trovato un cadavere stamattina.”
D’accordo, se volevi svegliarmi hai raggiunto il suo obbiettivo.
 
 
Praticamente tutto il Motel è riversato attorno alle scale, hanno isolato la zona.
Sbirri, perché devono esistere gli sbirri!?
Vedo Helen, sembra alquanto sconvolta.
“Ciao.” La saluto cercando di non sembrare invadente, “ascolta, tu sai com’è successo?” Le chiedo con il maggior tatto possibile, lei sembra più tranquilla però, ora che sono qui.
“Dicono che sia caduto dalle scale.” Scuote la testa e continua a ripetere la stessa cosa: “non ha senso, non ha senso…”
 
“Perché hanno chiamato la polizia se è solo caduto dalle scale?” In realtà mi sono già risposto a questa domanda ma voglio avere ulteriore conferma.
“Credono che possa trattarsi di omicidio, è che non ha senso: chi poteva voler uccidere Vincent!?” È questo il punto, non aveva alcun senso uccidere l’inserviente, rassicuro come posso Helen e le faccio presente di farsi viva qualora volesse anche solo fare due chiacchiere, tanto nessuno uscirà da qui per le prossime ventiquattro ore e forse anche di più, hanno isolato l’edificio, così che nessuno scappi, secondo loro l’assassino potrebbe essere chiunque.
 
“Tu non sai se Vincent avesse fatto un torto a qualcuno qui al Motel, vero?” Chiedo alla receptionist, ancora sconvolta. Lei ribadisce: non c’era alcun motivo per ucciderlo.
Sembra strano, non ho visto il direttore, non credo sia mai venuto qui, di stamattina.
“Perché credono che possa trattarsi di omicidio?”
“Dicono che il modo in cui è caduto sembra suggerire che sia stato spinto.”
 
“Scusi signorina Alley, lei può andare.” Il poliziotto ci interrompe, rivolgendosi ad Helen, io rimango confuso per qualche istante.
“Perché lei può andare?”
“È arrivata qui dopo l’ora del decesso, quindi non può essere stata lei.”
Helen sembra sollevata, io lo sono un po’ meno, lei si volta e mi saluta augurandomi buona fortuna, io rimango lì, per poco però, più resto lontano dalla polizia meglio è.
 
 
Raggiungo Sam, che intanto stava parlando con altri degli alloggiati, due coniugi anziani. Se ne vanno, quando mi vedono arrivare.
“Allora hai scoperto qualcosa?”
“Solo che loro non hanno sentito ne visto niente ieri.”
“Lo credo: in due non faranno mezz’occhio e mezz’orecchio.”
“Dean…” Sam si disegna sul viso quel classico volto di rimprovero e io alzo le spalle.
“Credi che possa essere materia per noi?” Chiedo, dandogli le spalle, continuando a guardare la sagoma disegnata sul pavimento, immaginandomi il momento della caduta.
“È troppo presto per dirlo.”
“Sai non ho visto il direttore, di oggi.”
“Come, tu sai chi è il direttore?”
“Sì, l’ho incontrato ieri, un tipo piuttosto strano sai, mi ha raccontato la storia del Motel, però è meglio parlare in privato.”
 
(stanza 25)
 
“Era strano sentirlo parlare, sembrava quasi che fosse spaventato, raccontava come suo nonno e sua madre non avessero avuto fortuna con la locanda e sembra che lui voglia vendere.”
Sam sta seduto e mi guarda attentamente ma ancora non è convinto: “non c’è abbastanza materiale.”
“Be, di sicuro se vuole vendere un avvenimento del genere non aiuta di sicuro, se non si tratta di incidente.”
“Non abbiamo scelta Dean, dobbiamo rimanere e vedere se succede altro, magari abbiamo a che fare solo con un assassino.”
“Anche questo mi preoccupa, con tutti quei piedipiatti che ficcanasano in giro, verranno ad ogni camera a chiedere un reso conto, non è possibile! Neanche una settimana che ce li siamo lasciati in Pennysilvania e ce li dobbiamo ritrovare.”
“Io non griderei così se fossi in te, Dean.”
 
Tutto ad un tratto sentiamo bussare alla porta…
Mi sento un nodo alla gola, guardo Sammy, anche lui sembra preoccupato, si alza dalla poltrona.
Mi avvicino, e guardo dallo spioncino… Sono loro…
 
 
 
“Messico… Così dicono, sfuggente e con l’aria sospetta. È sicuro: John Winchester, è andato in Messico.”
 
“Non era uno di noi, collaborava con i demoni, fortuna che ora se n’è andato.”
 
“John Winchester? Non lo vedo da almeno un anno quando lo trovi puoi riferirgli un messaggio?” Prima che possa reagire mi ritrovo con un pugno sulla guancia destra.
 
“Winchester non era uno che si faceva pubblicità, viaggiava da solo, ma c’è un uomo che può darti ulteriori dettagli, John collaborava con lui si passavano armi ed informazioni, non è facile trovarlo ma l’ultima volta che l’ho visto era a Jacksonville in Florida… Lui potrà dirti ogni cosa su Winchester.”
 
 
 
(stanza 25 Motel California)
 
“Perfetto, di nulla agenti, vi chiamiamo se sappiamo qualcosa.”
Tiro un sospiro di sollievo, abbiamo rischiato e più rimaniamo qui più rischiamo.
Sferro un calcio alla poltrona, “siamo bloccati! E questi idioti non stanno risolvendo niente!”
“Quindi è possibile che abbiamo a che fare con qualcosa che ci compete.” Aggiunge Sam, e comincio a pensarlo anch’io.
 
 
 
“Ascoltate è stato un incidente, non potete rimanere qui io devo vendere. Siete stati qui un giorno intero, se non trovate niente la risposta mi sembra chiara: è stato solo un’incidente.”
 
(Mohicanville Motel California 21 Dicembre 1996 ore 6:40)
 
Sveglio Dean, è successo qualcosa, c’è un assembramento di persone fuori dalla camera dei Torrance, vado a controllare.
Riesco a passare tra le persone… Dobbiamo fare qualcosa…
 
“Direttore ascolti, dobbiamo fare qualcosa, non possiamo ignorare quello che sta accadendo, prima Vince spinto giù dalle scale, poi i Torrance impiccati nella loro stanza.” Sam e io siamo nell’ufficio del direttore, dobbiamo cercare di farlo ragionare, mentre mio fratello spiega però, vedo che sta cominciando a capire, è come se sapesse di cosa parliamo, dove vogliamo andare a parare.
“Lei lo sa vero!?” Mi faccio avanti io, mentre il titolare si fa piccolo, piccolo, cercando di non incrociare lo sguardo con me.
“Lei sa con cosa abbiamo a che fare, ma ovviamente non può dirlo o nessuno comprerebbe più il suo Motel.”
“Se ne devono andare tutti.” Suggerisce Sam, preoccupato.
“No, loro non permetteranno che se ne vadano, li uccideranno tutti.”
Stanco di quell’omuncolo, lo prendo per il bavero e lo sbatto contro il muro: “ora inizia a parlare nonnetto…”
“Dean…” Ignoro mio fratello.
“Chi sono: loro e come ce ne sbarazziamo!?”
D’un tratto la libreria inizia a muoversi, fino a cadere verso di noi, facciamo in tempo a spostarci, io trascino il vecchio fuori dall’ufficio.
“Allora, ti decidi a parlare!?” Lo scuoto, con decisione.
 
“Mio nonno comprò questo terreno, ma è maledetto, una volta qui abitava la tribù dei Mohicani, è stata sterminata dai colonizzatori, e su questo terreno è stato consumato un massacro, ma mio nonno l’ha scoperto solo dopo, ha tentato di venderla ma non c’è mai riuscito, e nemmeno ce ne possiamo andare… Mia madre è stata uccisa per questo, l’unico modo è che io smetta di essere il proprietario di questo posto, ma ora sarà impossibile…” Il vecchio comincia a disperarsi.
Io e Sam ci guardiamo perplessi…
 
 
 
(Jacksonville, Florida. 21 Dicembre 1996, ore 20:32)
 
“Non ricordo che John avesse mai parlato di te…” L’uomo se ne resta nell’ombra, oltre il tavolo, credo stia lucidando una pistola, ma non lo vedo molto bene, la luce è data solo dal fuoco della pipa, una luce scura, che gli fa brillare gli occhi, come stelle nella notte.
 
“È possibile che quello che è successo a me sia successo anche a John, ma non sono una spia, altrimenti non sarei sopravvissuto ai suoi figli non trovi!?”
Lui sembra diffidente, mi scruta sospettoso, non mi va di restare qui a lungo, quindi farà meglio a dirmi tutto quello che sa.
“Vuoi bere qualcosa?” Mi chiede lui, porgendomi una bottiglia di birra. Io la guardo, scuoto la testa. “Sono astemio…” Aggiungo poi, impassibile…
L’uomo mi scruta attentamente, “cristus.” Sussurra piano, poi si alza in piedi e mi porge la mano: “è bello rivederti Dylan.” Ora lo vedo meglio in faccia: “Gabriel!?”
“Sì.”
“Mi sembrava di conoscere la voce. Credevo fossi in Europa.”
“Potrei dire lo stesso di te Dylan, cosa ti porta qui? Non credo sia solo per John Winchester.”
“No… Seguivo le tracce di un demone che ha rubato una cosa in Inghilterra.”
Gabriel mi guarda stupito: “anche tu allora sei sulle loro tracce.” Mi dice lui.
“Ci sono ritornato, ho fatto una piccola deviazione prima. Ascolta era proprio necessaria tutta quella recita!?”
“Volevo essere sicuro che fossi tu, non si è mai troppo prudenti, di questi tempi soprattutto.”
“Che tempi!?” Lo incalzo io, sempre più interessato.
 
“Dylan amico mio, sta per scoppiare una guerra, e fidati: non possiamo vincere…” Gabriel sembra consapevole di quello che sta dicendo, ed è questo che mi preoccupa.
“Quegli oggetti, gli oggetti che vengono rubati, John era convinto che avessero qualche potere, che servissero per qualche tipo di rituale…”
“Che tipo di rituale?” Chiedo io, guardando preoccupato il mio collega, non l’ho mai visto così spaventato.
“Non lo so, vecchio mio, ma non credo sia positivo per noi. Questo stava cercando John, e credo che lo stessi cercando anche tu…”
È fatta dunque, la risposta alle mie domande è stata trovata, e allora perché Dylan!? Perché senti ancora un vuoto dentro di te!? Cos’è che ancora non sai!?
 
 
 
(Mohicanville Motel California 21 Dicembre ore 23:15)
 
“È una maledizione Dean, non c’è modo di fermarla, possiamo solo scappare.”
“C’abbiamo provato, loro non ci faranno uscire, hai visto!? Hanno fatto crollare una trave in testa a quell’uomo.”
“E allora cosa possiamo fare!?” Insiste Sammy, ora ho capito… Ho capito…
Mi avvicino a mio fratello, “Sam, ricordi cosa ci ha detto il direttore: tutti quelli della sua famiglia sono morti, a cadenza di cinquant’anni, loro hanno dovuto pagare il debito con i morti, perché la maledizione cessasse, perciò…”
“Perciò il direttore deve morire, se vogliamo che tutto finisca.” Conclude Sam, che sta cercando di capacitarsi di questa cosa.
 
Qui sta crollando tutto, non è stato chiamato nessuno, la linea è assente, gli spiriti diventano sempre più potenti, prima uscivano solo dopo la mezzanotte fino alla mattina, ma ora non hanno limiti.
Arriviamo nell’ufficio del vecchio.
“Come? Come riesci a tenerli lontani!?” Chiedo io, non capisco perché noi siamo esposti alla furia degli spiriti e lui ne è esente.
 
“Guarda Dean, tiene un amuleto, grazie a quello li allontana.” Mi fa notare Sam, che risponde alla domanda silenziosa che mi ero fatto: cosa sta stringendo in mano?
 
“Mi ascolti, le maledizioni non si possono fermare, lei deve consegnarsi.” Fa presente Sam, lo sappiamo che sono parole terribili da dire, ma ci sono venticinque persone in questo Motel e moriranno tutti per colpa del suo egoismo, a volte dei sacrifici sono necessari.
 
“No, andatevene, se morirete tutti io potrò sopravvivere e andarmene da qui, placherete gli spiriti.” Grida lui, ora è come se ci fosse un vero e proprio tornado all’interno dell’ufficio e di tutto il Motel.
I libri che prima erano sugli scaffali ora sono a terra, e poi si alzano entrando a far parte del turbinio, insieme ad altri oggetti.
Mi lancio addosso al vecchio, cercando di strappargli via l’amuleto ma lui ha una presa salda, e tenta di allontanarmi… Ha una pistola in tasca, cerco di afferrarla, lottiamo, spara qualche colpo.
Sam lo prende dalle braccia, io lo tengo dalle gambe, ma lui scalcia e mi colpisce al volto.
 
Le travi del soffitto cominciano a crollare e sentiamo le grida provenire dalle altre stanze, in tutto il Motel.
Il vecchio mi tiene a terra con un piede e mi punta la pistola alla testa: “vi avrei lasciato agli spiriti ma credo che mi toglierò io questa soddisfazione…”
Carica, è pronto…
Cade, Sam lo tiene per la vita, il direttore lo allontana punta la pistola contro di lui, ma io lesto, afferro un tagliacarte e lo lancio nella sua direzione.
Gli si conficca nella gamba, grida e cade in ginocchio.
D’un tratto, un’oggetto turbinante lo colpisce alla mano, facendogli cadere l’amuleto.
 
“No, no, no…” Dice lui, mentre lo cerca disperato, per terra.
“Maledetto!” Grida verso di me, alzando la pistola, ma proprio in quel momento il turbine lo avvolge, lo afferra e lo tracina lontano, sfondando la parte dell’ufficio.
Sentiamo le grida, il Tornado si addensa, non si vede più niente, resta lì qualche secondo per poi dissolversi.
 
Dal buco della parete, osservo: il corpo del direttore è disteso sul prato, morto…
Mi volto e guardo per terra. La foto, è stata la foto di suo nonno a colpirlo sulla mano…
 
 
 
(Jacksonville, 22 Dicembre ore 6:14)
 
“Sì, d’accordo… Ho capito, bene, ci vedremo lì.” Gabriel riattacca e mi guarda: “sei sveglio amico?”
“Un dormiente non tiene gli occhi aperti.” Replico io, lui sorride.
“Meglio che ti prepari Dylan, ho una pista.” Asserisce lui, mentre inizia a prepararsi lo zaino, e ad armarsi.
“Una pista su che cosa?” Chiedo io, anche se in parte conosco la risposta.
“Quei demoni ladri… È ora di continuare il lavoro del vecchio John, sei con me?”
Io mi alzo e annuisco, “sei pronto Dylan?”
“Sempre.”
 
 
 
“Non voglio più rimettere piede in una centrale di polizia, neanche in dieci vite.” Afferma Dean, che scuote la testa subito dopo l’affermazione.
“Be secondo la polizia è stato un disastro climatico, se ce ne fossimo andati senza deporre magari avrebbero pensato ad altro.” Replico io, convinto che abbiamo fatto la cosa giusta.
“Sì, un disastro climatico circoscritto ad una area separata.” Dean scuote la testa, come dargli torto.
“La prossima volta li scelgo io i Motel.” Concludo io.
Dean sorride, e si stringe nelle spalle: “tra poco sarà Natale fratellino, che ne dici di scrivere una bella letterina a Babbo Natale?”
Vedo che mio fratello, si mette a guardare la strada, come se fosse perso, è qui con il corpo ma sono quasi certo che non è qui con la mente. Credo di sapere a chi sta pensando.
Non so se Babbo Natale ti riporterebbe Dylan, fratello.  
 
 
 
 
 
 
Angolo autore:
Puff pant, non avete idea di che parto sto capitolo, e prima non avevo l’ispirazione, e poi non avevo tempo, bla bla, chiacchiere, comunque eccolo qui.
Siamo in dirittura d’arrivo della prima parte della nostra avventura, i prossimi sviluppi attenderanno amici miei perché ci saranno le vacanze di mezzo, ma tornerò non vi preoccupate, più immortale di Dean e Sam, più indomito di Dylan.
 
   
 
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