Anime & Manga > Lupin III
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Autore: Hana S    13/08/2021    1 recensioni
Jigen nasconde da otto anni un segreto a Lupin e Goemon, ogni volta che un colpo viene messo a segno sparisce e torna sempre nella stessa città, dove nasconde e protegge il suo tesoro più prezioso. Ma per quanti sforzi fatti, il passato e le sue minacce possono sempre tornare.
Estratto dal primo capitolo:
Quei meravigliosi occhi smeraldo lo guardavano pieni di lacrime, si era portata le mani davanti alla bocca e tremava per l’emozione, lui si alzò e si avvicinò a lei che allungò una mano sfiorandogli il viso, Jigen afferrò delicatamente quella mano aggraziata e la tenne stretta contro la sua guancia. «Sei tornato …»
Genere: Azione, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Jigen Daisuke, Nuovo personaggio
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Kyoko e Jigen
Cap. 4 – Una nuova vita

Tenendo le mani di Kyoko fra le sue la guardava dritto negli occhi, guardava quel volto basito e incredulo «Questa è la verità, ma ciò che provo per te è tutto vero» la ragazza si alzò e corse verso casa, si arresto arrivata in cucina, appoggiandosi al tavolo e fissando un punto indefinito sotto di sé. Pensava di essere stata una stupida solo a pensare di potersi fidare di un uomo di suo padre, l’aveva riempita di belle parole ed attenzioni, l’aveva usata, se l’era portata a letto e lei si era concessa come una scema, in preda all’amore. Le lacrime cadevano dai suoi occhi bagnando il tavolo sottostante, era sola, non aveva più sua madre e tutti coloro che la amavano vivevano lontano: cosa ne sarebbe stato di lei? Sapeva benissimo che il padre l’avrebbe costretta a sposare un uomo da lui scelto e forse queste libertà che si era presa le sarebbero costate caro. Guardò l’anello che portava al dito e ogni paura svanì; ‘No’ non poteva essere arrivato fino a tanto ed averla solo presa in giro. Fissando l’anello si voltò, Jigen la guardava appoggiato alla porta «Certo che corri veloce» cercò di sdrammatizzare; ma lei era risoluta ad avere delle risposte e indicò una sedia «Siediti, ora!» senza più fiatare Jigen obbedì.
Kyoko lo fissò con gli occhi umidi «Jigen, tutto quello che mi hai detto, è vero?» lui annuì «Fino a che punto? Solo la parte di te e Lupin o fino ai tuoi sentimenti per me?» Jigen si alzò e si avvicinò a lei che indietreggiò.
«Kyoko, tutto ciò che provo per te è vero e quell’anello ne è la prova. Non oserei mai usarti per altri scopi!» le porse il suo telefono «Chiama pure tuo padre e digli tutto, io resterò qui ad attendere il mio destino» Kyoko lo afferrò e compose il numero, ma prima di inviare la chiamata guardò Jigen, era sereno perché sapeva che lei non lo avrebbe fatto «Ora sei arrabbiata e ti senti delusa da me, forse anche usata, ma tu sei sempre stata fuori da tutto. L’obbiettivo è quel mostro di tuo padre e tu …» Jigen la strinse a sé «… tu la principessa da salvare, ho giurato di proteggerti e lo farò fino in fondo» Kyoko ricambiò la stretta e scoppiò a piangere.


Ritrovata la compostezza Kyoko chiese a Jigen di perdonarla per come si era comportata, si sentiva come una stupida ragazzina, e in parte era stata la sua giovane età a farla reagire in quel modo. Lei non lo vedeva, ma Jigen spesso aveva pensato alla differenza di età fra loro due e si preoccupava per lei, forse meritava qualcuno migliore di lui, più giovane, più affascinante e che si sarebbe preso cura di lei come lui non avrebbe mai potuto fare.
«Kyoko, la mia vita mi porterà lontano e rimarrai sola, non potrò contattarti spesso per non metterti in pericolo, ma giuro che avrò sempre cura di te» Jigen la guardava negli occhi, tenendo strette quelle piccole mani tra le sue, la amava e niente gli avrebbe impedito di prendersi cura di lei. Kyoko lo guardò dolcemente «Lo so, ma prima di ogni altra cosa, portami via da quella casa»


Decisero di ritornare il giorno dopo la festa di paese, dove Kyoko rivisse i suoi ricordi felici, indossava lo yukata della madre che era rimasto nell’armadio per tanti anni. Era bella e per Jigen non poterla abbracciare o baciare in pubblico era straziante e lei se ne accorse, civettò un po’ solo per farlo ingelosire e tirarlo in giro. Lui le si avvicinò sussurrandole «Me la paghi!» ricevendo in risposta un malizioso «Non vedo l’ora …».
«Kyoko!» la signora Mako si avvicinò ai due «Sono contenta di vederti; anche lei signor Jigen» fece un inchino; anche lei indossava uno yukata: blu con dei fiori di magnolia stampati sulla gonna, una fascia rosa e i geta ai piedi. Si avvicinò il marito che salutò cordialmente i due presentandosi a Jigen come il signor. Koji, lui indossava un semplice yukata blu, ma aveva appuntato un fiore di magnolia di stoffa sulla sinistra; la signora Mako doveva avere sui 45 massimo 50 anni; ma lui pareva molto più vecchio. Passarono la serata insieme, ma per lo più era Mako che trascinava Kyoko di qua e di là lasciando i due uomini da soli in un rispettoso silenzio. A volte il signor. Koji guardava dal basso verso l’alto Jigen e ne seguiva lo sguardo, il pistolero non ci fece caso pensando ad una mania da anziano.
«Kyoko! I fuochi d’artificio, corri!» era come se Mako fosse una bambina che trascinava la madre da una parte all’altra e i due uomini le persero tra la folla.
«Non c’è da preoccuparsi, a Kyoko non accadrà nulla. Mia moglie potrebbe sbaragliare dieci membri della Yakuza solo mettendosi a parlare. Una birra?» Jigen accettò l’invito dell’uomo e andarono verso un chiosco ormai semi vuoto, visto che tutti si erano recati a vedere i fuochi. Seduti su di una panchina, sorseggiavano silenziosamente dalle bottiglie «Da quanto lei e Kyoko state insieme?» un violento colpo di tosse prese Jigen dopo quella domanda, ci volle qualche secondo prima che si riprendesse e guardò stupito l’uomo seduto accanto a lui «Hihihihi … sono vecchio, ma non cieco» sorseggiò la sua birra e riprese «Ormai di certe cose me ne accorgo molto facilmente, ma lascio vivere la propria vita agli altri»
Raccontò di tanti anni prima quando si innamorò della giovane figlia di un commerciante del paese vicino, lui portava personalmente i prodotti del suo villaggio: ortaggi, pesce, oggetti di artigianato … si faceva carico di tutto per i suoi paesani solo per vedere la giovane e bella signorina Mako.
«All’epoca era nel fiore della sua giovinezza, era bellissima. Ma è con gli anni che ho imparato a guardare oltre quello che i miei occhi vedevano e scoprire che meravigliosa persona fosse …» sorseggiò ancora la birra «Avevamo 15 anni di differenza, e la sua famiglia era contraria. Un giorno fece le valigie e scese a salutare i suoi dicendo che andava a sposarsi, non voleva fare nulla in segreto per non gettare la vergogna sulla famiglia … erano altri tempi …» sottolineò l’uomo «Ma non le lasciarono nemmeno varcare l’uscio di casa, ci vollero 2 anni prima che mi concedessero la sua mano, ci incontravamo al mercato, alle feste come queste, ma sempre tenendo le distanze … suo padre non era come Morimura, amava la figlia e vederla soffrire gli spezzava il cuore e quando riuscii a mettermi in proprio ed avviare la mia bottega, la famiglia capì che non ero un completo fallimento e forse potevo dare una vita dignitosa alla loro Mako e lasciarono che ci sposassimo … se tornassi indietro rifarei tutto, non me ne pento» l’uomo guardò i fuochi e poi prese il fiore che aveva appuntato al petto «La mia Mako si fece a piedi 10 chilometri sotto l’acqua scrosciante e di corsa per venirmi a dare questo fiore di stoffa che aveva cucito per me e a dirmi che suo padre mi avrebbe permesso di sposarla. Non sarebbe mai sfiorito, come il nostro amore … Quando trovi la persona giusta, non serve tanto tempo per capirlo, ma lasciarla andare potrebbe voler dire soffrire per tutta la vita, come è successo alla povera signora Akemi» spostò lo sguardo verso Jigen «Tu cosa farai?»


Il giorno dopo Jigen e Kyoko ripercorsero quella strada che un mese prima, aveva segnato un cambiamento importante nelle loro vite. Un turbine di pensieri offuscava la mente di Kyoko e si riflettevano sul suo viso, ma si quietarono quando Jigen accostò. L’uomo prese un lungo respiro, mentre la ragazza seduta vicino a lui lo fissava, senza capire a cosa stesse pensando. «Kyoko, se hai paura dimmelo ora e non ti riporto alla villa, io …» la ragazza appoggiò una delle sue delicate mani sul suo braccio «Abbiamo preso una decisione, ora andiamo»


Arrivata a casa Kyoko non ebbe nemmeno il tempo di varcare la soglia che fu subito chiamata dal padre, allo stesso modo con cui chiamava sempre i suoi uomini; sentire riecheggiare il suo nome per la villa e il tono aspro con cui il padre si rivolgeva sempre a lei, le dava i nervi e allo stesso tempo la metteva a disagio, senza pensarci si voltò e incrociando lo sguardo di Jigen e si tranquillizzò. Arrivati nello studio del padre trovarono ad aspettarli Morimura e altri due uomini, uno di mezza età ed un altro più giovane; Kyoko lo riconobbe subito, lo aveva incrociato anni prima ad un evento di beneficenza. Essendo il figlio di un uomo d’affari amico di suo padre, poteva solo immaginare perché fosse lì. Si accomodarono e Jigen restò in disparte, ma su indicazione di Morimura, non doveva lasciare la stanza e piazzarsi fra sua figlia e la porta per evitare che le ‘prendesse un capriccio’ e decidesse di scappare. Kyoko tenendo stretti i pugni e lo sguardo vitreo ascoltava quegli uomini parlare di affari e decidere del suo futuro; Jigen dietro di lei tratteneva a stento la voglia di prenderli a pugni tutti quanti e portare via Kyoko.
«… e quindi signorina Morimura, non deve preoccuparsi, mio figlio si prenderà cura di lei e non le farà mancare nulla. Dopo domani sarete miei ospiti a cena» si alzarono tutti, Morimura e l’uomo più anziano si allontanarono e Kyoko rimase sola con quel giovane, che dall’inizio non le aveva staccato gli occhi di dosso.
«Vostro padre mi aveva accennato alla vostra bellezza, ma le sue parole non vi rendono onore» le prese la mano e la baciò «Spero di potervi conoscere meglio» Kyoko ritrasse la mano schifata e salutando fece per allontanarsi, quando il ragazzo la afferrò per il braccio stringendoglielo «Se questa cosa deve funzionare farete meglio a togliervi quell’aria di superiorità ed essere più mansueta, non ho intenzione di avere una moglie indisponente» la faccia del ragazzo si contorse in una smorfia di dolore, quando Jigen gli prese il polso con forza costringendolo a lasciare la presa, il ragazzo guardò in giro, ma sia suo padre che Morimura avevano lasciato la stanza.
«La signorina è stanca, è appena rientrata a casa e desidera andare a riposarsi» il ragazzo annuì a quell’uomo che lo metteva a disagio, umiliandolo davanti ad una donna «Tu non sai chi sono io!» gli disse con voce tremante.
«Non mi interessa, sono la guardia del corpo della signorina e ho il dovere di proteggerla da chiunque sia una minaccia per lei» tuonò Jigen.


Kyoko si massaggiava il braccio «Ti ha fatto male quello stronzo?»
«Un po’ non posso negarlo …» incrociò lo sguardo di Jigen «Ora sai che non c’è più tempo, mio padre vorrà sposare Rina, ma prima vuole sistemare me … anche se fosse questa notte, io sono pronta» Jigen guardò quel viso risoluto e fu orgoglioso di lei, era una donna coraggiosa e non poteva desiderare nessun’altra al suo fianco.
«Signorina Kyoko, ben tornata» il maggiordomo le si avvicinò, aveva lo sguardo un po’ teso.
«Signor. Hirai … qualcosa non va?»
L’uomo li accompagnò, spiegando a Kyoko che aveva dovuto prendere decisioni veloci e fare qualche cambiamento. Entrando nelle stanze della madre, Kyoko vide gli armadi e i cassetti aperti e vuoti e le vennero le lacrime agli occhi, sembrava passato un tornado. «Il signor Morimura voleva liberarsi di tutto ciò che apparteneva alla moglie, ho preso io il controllo della situazione e … ho spedito tutte le cose di sua madre dai suoi parenti» Kyoko si girò di scatto verso l’uomo.
«è riuscito a non farsi scoprire?» la ragazza ammirava quell’uomo, sempre così leale a suo padre, ma la cui dedizione verso lei e la madre superava qualsiasi timore che Morimura potesse incutere.
«Sono parecchi anni che lavoro per suo padre e ho avuto la fortuna di creare la mia personale rete di contatti. Ufficialmente tutto ciò che apparteneva a sua madre è stato buttato, ho detto solo a lei la verità» poi prese da dentro un cassetto un pacco «Ma la signora voleva che fosse lei a conservare questo»
Era un album di fotografie che la madre aveva con cura aggiornato e custodito come un tesoro e sfogliandolo Kyoko rivisse i momenti felici, suo padre non c’era da nessuna parte. Alla fine trovò dei petali di sakura incollati lungo tutta la pagina e delle parole scritte da sua madre:

Mia cara dolce Kyoko,
amore mio, questo è il mio regalo per te. Quando ti sentirai giù sfoglia questo album, ritroverai i bei momenti felici passati insieme. Sei stato il regalo più bello che la vita potesse farmi e se tornassi indietro, rifarei ogni cosa solo per poterti mettere al mondo ancora una volta. Vivi felice e ti auguro di incontrare persone che sappiano volerti bene. Ricordati che la luce arriva sempre dopo la notte e che l’amore è la forza più potente di questo mondo, seguilo e sarai al sicuro

Kyoko sorrise vedendo un piccolo disegno che raffigurava una fedora accanto a questa frase

… Non posso più proteggerti, ma so che ti lascio in buone mani. Ti amo tesoro mio, e ti amerò per sempre.
                                                                                                                                                                             Mamma

Girato pagina, Kyoko vide una foto della vacanza con la famiglia della madre e sotto una frase:

La verità verrà fuori prima o poi, amore mio.

Kyoko si mise a piangere e strinse a sé l’album, si, prima o poi le attività criminali di suo padre sarebbero state scoperte! Ringrazio il signor Hirai per tutto e tornò nelle sue stanze. Chiusa la porta dietro di loro Jigen la abbracciò e Kyoko voleva solo questo, stare fra le sue braccia «Kyoko, preparati appena Lupin e io saremo pronti ce ne andremo»
«Dirai a Lupin di noi?»
«Non deve per forza sapere tutto, no?» disse Jigen sorridendo e asciugando le lacrime che rigavano il volto di Kyoko e che giurò a sé stesso, mai più sarebbero scese da quei meravigliosi occhi.
«Non andare via ti prego …» gli disse Kyoko quasi implorandolo; dormirono l’uno accanto all’altra, ma Jigen si alzò prima dell’alba per lasciare la stanza senza che nessuno lo vedesse, guardò un’ultima volta Kyoko che dormiva ancora e si allontanò.

Per tutta la giornata Kyoko fu ostaggio di Rina che la portò ad acquistare un vestito, scarpe e gioielli per la cena e Jigen fu esonerato dai suoi impegni.
«Una giornata libera ti farà bene, non voglio immaginare cosa ti abbia fatto passare mia figlia mentre eravate via!» disse Morimura. «Non ne ha idea …» disse Jigen al suo capo molto distratto da alcuni fogli. Jigen lasciò la villa e si allontanò in macchina, non fece ritorno fino a tarda serata e Morimura ancora sveglio gli disse di andare a controllare la figlia.
«Jigen, dovrai tenere d’occhio mia figlia tutta la notte; riposati pure nel salotto fuori dalla sua camera. Se dovesse saltarle in mente di scappare …»
«Non glielo permetterò, signore» Jigen salutò un compiaciuto Morimura e si diresse da Kyoko, che era già stata avvertita dal padre che Jigen avrebbe passato la notte nella sua stanza. Chiuse accuratamente le porte a chiave e si voltò ad ammirarla.
«Quindi mi devi tenere d’occhio?» Kyoko aveva indosso solo intimo di pizzo rosso e calze autoreggenti e seduta sul letto, ammiccava a Jigen.
«Si … e ti avviso che non riuscirai a scappare da nessuna parte» Jigen si levò cappello, giacca e cravatta e la raggiunse. Le tolse tutto di dosso e lei gli levò la camicia, Jigen la baciava tenendola stretta per sentire quel corpo nudo sotto di lui. Quando Kyoko gli slacciò i pantaloni, Jigen si scostò da lei, alzandosi e ricomponendosi, mentre Kyoko lo guardava nuda e incredula.
«Kyoko, non farò l’amore con te in questa casa, né stanotte né mai!» Jigen accarezzò quel visino imbronciato «Non voglio legare un ricordo così piacevole a questo posto …»
«Che ti importa!? Ci siamo conosciuti qua dentro!» Kyoko gli voltò le spalle, Jigen scostò lo sguardo, trattenersi era difficile, poi le baciò il collo «Una volta fuori di qui, mi farò perdonare …» detto ciò andò a stendersi sul divano.


La sera dopo Kyoko, il padre e Rina avrebbero partecipato alla cena organizzata dalla famiglia di quello che sarebbe diventato il marito della ragazza, in occasione della quale sarebbe stato annunciato il loro fidanzamento. «Cara, ma dove hai messo la pochette che ti ho regalato?» la domanda di Rina fu come manna dal cielo, la loro farsa sarebbe stata più credibile, Kyoko finse imbarazzo accorgendosi di non averla con sé. «Perdonami Rina, devo averla dimenticata, vado subito a riprenderla e vi raggiungo» detto ciò corse dentro la villa.
«Jigen, seguila e controlla che non se la dia a gambe, questa cena è troppo importante perché qualcosa vada storto» ordinò Morimura e il pistolero annuendo seguì la ragazza. «Caro, non credo che tua figlia rischi di farti arrabbiare proprio questa sera!» disse Rina prendendolo a braccetto.


Jigen aspettò qualche secondo prima di entrare, Kyoko era già pronta con lo zaino in spalle, aveva preso qualche indumento e poche cose a cui teneva, si abbracciarono. La ragazza era molto agitata «Jigen, andrà tutto bene, vero?»
«Si Kyoko, vai a nasconderti nella rimessa del giardino e segui le mie istruzioni …»


L’allarme della villa risuonò rompendo la quiete della sera, Snake corse da Morimura avvisandolo che qualcuno si era intrufolato nel suo ufficio e aveva portato via alcuni dei cimeli che lì erano esposti. L’uomo divenne rosso in volto e disse ai suoi di seguirlo, tirò fuori da sotto la giacca una pistola e rientrò nella villa. Rina sarebbe rimasta sotto la protezione di alcune guardie fuori in macchina, e non si oppose alla decisione, temendo per la sua vita se un conflitto a fuoco fosse scoppiato all’interno delle mura.
Le guardie bloccarono ogni uscita e Morimura corse nel suo ufficio, non c’era nulla fuori posto, ma il suo sguardo corse subito verso un punto preciso, dove prima c’era il diamante ora c’era un biglietto:

Ti avevo detto che l’avrei rubato, mi hai reso le cose molto più facili.
                                                                                                              Lupin III

Morimura non riusciva a controllare i suoi pensieri, aveva ricevuto l’avvertimento del ladro che avrebbe rubato il diamante, ma era sicuro della sua fortezza, del suo potere e dei suoi uomini … i suoi uomini. Si voltò: Snake era sparito e Josh non c’era, nemmeno Hideo e Jigen erano presenti, ed erano i suoi più forti. Li chiamo all’interfono, ma nessuno si presentò, poi sentì il suo elicottero che si alzava in volo e corse in cima all’edificio riuscì solo a vedere Jigen al comando e Snake al suo lato, quest’ultimo si levò la maschera rivelando la sua vera identità e Lupin lo salutò mostrando il diamante che aveva in mano. I colpi di pistola ovviamente non sortirono alcun effetto contro il velivolo e Morimura ordinò ai suoi uomini di prendere le auto e inseguirli, ma tutti i mezzi di trasporto della villa erano fuori uso e all’uomo non rimase che accasciarsi e prendersi la testa fra le mani, mentre sentiva il rumore dell’elicottero farsi sempre più lontano. ‘Kyoko?’ fu un pensiero fulmineo che gli balenò in testa e corse verso gli appartamenti della figlia bussando più forte che poteva «Ragazza, aprimi subito!» Morimura fece chiamare il maggiordomo e il signor Hirai arrivò con le chiavi di scorta, aprendo le stanze si ritrovarono davanti una scena, che in altre circostanze avrebbe potuto rivelarsi divertente: Josh e Snake in mutande legati come dei salami e imbavagliati. Morimura corse verso l’altra porta e la aprì sbattendola, sua figlia non c’era, non un biglietto, una lettera o qualcosa che desse l’idea di ciò che fosse accaduto. L’uomo corse dai suoi e tolse lo scotch dalla loro bocca.
«Josh, Snake cosa diavolo è successo, dove è mia figlia?» tuonò Morimura.
«Quando è scattata l’allarme ci siamo precipitati nel suo ufficio. Hideo e Jigen erano fuori dalla porta preparandosi a fare irruzione» spiegò Snake.
«Ci siamo uniti a loro, ma appena siamo entrati nell’ufficio, non c’era nessuno, ci sono rotolate a fianco delle bombolette di quello che poi si è rivelato gas soporifero, voltandoci quei due bastardi hanno chiuso e bloccato la porta …» disse Josh stringendo i denti, consapevole di essere stato ancora battuto.
«Quando ci siamo svegliati eravamo qui, legati e poi siete entrati voi» Morimura ordinò di slegarli e setacciare la villa in ogni suo angolo. Kyoko non era da nessuna parte, ma l’uomo fu avvisato che doveva recarsi alla rimessa del giardino. Era un edificio di legno, dove venivano conservati gli attrezzi da lavoro dei giardinieri, era stata costruita a ridosso delle mura della villa; l’uomo cadde sulle ginocchia vedendo una finestra aperta sul soffitto e una scala abbastanza lunga da arrivare fino lassù appoggiata sotto di essa, un uomo si affacciò «Capo, c’è una fune che scende lungo il muro esterno e segni di pneumatici» ma Morimura sapeva che non poteva seguire quelle tracce visto che non c’era un solo mezzo di trasporto in tutta la villa e come se non bastasse si udì un tuono, il cielo si era annuvolato e una pioggia scrosciante iniziò a cadere nascondendo le tracce nel fango, Morimura corse fuori e lanciò un urlo di rabbia al cielo.

Qualche ora prima …
Senza farsi vedere Kyoko era riuscita ad intrufolarsi nella rimessa dove tutto era stato preparato per la sua fuga; guardò la lunga scala che più volte i giardinieri avevano utilizzato per potare le grandi piante della villa già posizionata sotto l’unico lucernario del soffitto che era stato lasciato aperto dalla stessa persona che le aveva dato tutte le istruzioni dettagliate per la sua fuga …  Quando suonerà l’allarme esci dalla finestra, ho già preparato una fune con cui potrai calarti lungo le mura. Troverai un mezzo di traporto, con quello segui la strada sterrata … e nonostante il batticuore, Kyoko seguì alla lettera le indicazioni non appena udì il suono dell’allarme. Dal tetto della rimessa vide gli uomini di suo padre correre dentro la villa, rimase acquattata e si avvicinò al ciglio delle mura, vide una jeep già messa in moto e si calò con la robusta fune, a causa del trambusto nessuno si sarebbe preoccupato della ronda intorno alla villa, quindi non ci sarebbero state sorprese; guidò poi fino alla fine del sentiero fra i campi, non era più utilizzato dai contadini visto che il padre aveva espropriato le loro terre, quindi Kyoko non incrociò nessuno e una volta arrivata sulla strada asfaltata lasciò la jeep in mezzo alla carreggiata, la polizia l’avrebbe presto tolta di mezzo e visto che non era intestata a nessuno sarebbe finita abbandonata in qualche deposito, se non addirittura allo sfascio. Indossò l’impermeabile che trovò nell’abitacolo e camminò per un’ora buona sotto la pioggia battente, fino ad una piccola stazione deserta a quell’ora della sera, giusto in tempo per prendere il treno delle 20.15, come indicato da Jigen, e passare tutte le fermate indicatele. Il controllore visionò solo il biglietto e non fece domande, poi Kyoko fissò il pezzo di carta che teneva in mano chiedendosi se qualcuno potesse risalire a chi lo aveva acquistato, le turbinavano un sacco di pensieri per la testa: Avrebbe rivisto Jigen? Suo padre gli avrebbe facilmente scoperti? Dove avrebbe vissuto? Come si sarebbe mantenuta? … qualche ora dopo, il suo flusso di pensieri fu interrotto da una voce che annunciava la sua fermata, prese lo zaino e corse fuori era una piccola stazione, e sulla strada l’autobus che doveva prendere era già arrivato. Fece il giro esterno stando attenta che non ci fossero telecamere di sorveglianza e salì sull’autobus mostrando l’altro biglietto, come le aveva detto Jigen solo allora poteva rilassarsi e si addormentò seduta con la testa appoggiata di lato guardando il mondo che scorreva fuori dal finestrino.
L’autobus si fermò e aprendo gli occhi Kyoko vide il mare, trasalì pensando di aver sbagliato ed essere ritornata alla sua città natale, ma non vide le costruzioni tipiche del porto, piuttosto sembrava una zona turistica, c’era ancora qualcuno che passeggiava al chiaro di luna. Kyoko salutò l’autista con un inchino e scese, quando l’autobus si mosse vide dall’altro lato della strada un’auto e si diresse in quella direzione, tranquillamente aprì la portiera e salì. L’auto partì subito dopo.


Lupin, Jigen e Goemon festeggiavano la riuscita del colpo, ma il pistolero aveva altro per la testa e non vedeva l’ora di lasciare la stanza di quell’albergo. Seduto sul divano guardava fuori dalla finestra, l’orologio dell’edificio vicino scandiva il tempo che per l’uomo sembrava non passare mai.
«Cosa c’è Jigen?» domandò uno sbronzo Lupin «Ora siamo ricchi e non dobbiamo più sottostare a quel pezzo di merda … hic …» una vampata di odore di birra gli arrivò dritta in faccia e poi Lupin gli si accasciò vicino ronfando sonoramente.
«Ti dispiace fargli da guardia? Ho bisogno di prendere aria, non aspettatemi e non cercatemi» disse Jigen rivolto a Goemon, il quale semplicemente annuì seduto a sorseggiare del sakè. Jigen era rimasto sobrio e taciturno, aveva qualche cosa da fare, ma il samurai non fece domande nonostante avesse capito che c’era qualcosa sotto. Jigen uscì dall’hotel e prese l’auto con cui erano arrivati e partì, arrivò in anticipo alla fermata dell’autobus e pazientemente aspettò qualche minuto. Vide dei fari avvicinarsi e quando l’autobus si allontanò dopo aver fatto scendere i passeggeri, la scorse dall’altro lato della strada, anche se era di spalle l’avrebbe riconosciuta tra mille, Kyoko si voltò e senza tradire emozioni si avvicinò all’auto, salì e partirono. Guidò fino a destinazione e nessuno dei due parlò, quando parcheggiò e spense l’auto, Kyoko gli si gettò al collo e lui la strinse a sé «Ce l’abbiamo fatta?» domandò con voce tremante, tradita dalle sue emozioni.
«Si, amore mio».


Kyoko fissava l’edificio vicino al quale si erano fermati, era un complesso con due appartamenti al piano inferiore e due a quello superiore, le mura bianche erano sormontate da un tetto dalle tegole blu, era vecchio ma pulito. Salirono le scale e si fermarono davanti alla porta in cima alla rampa, Jigen la aprì ed entrarono nell’appartamento: un piccolo soggiorno con un vecchio divano gli accolse e sulla sinistra una cucina con i mobili color crema disposti a ferro di cavallo completava l’ambiente e sulla destra la porta finestra su di un balcone, oltre il soggiorno di fronte a se Kyoko vide due porte e incuriosita si avvicinò, ma prima di poterne aprire una notò che il muro della cucina creava un breve corridoio che portava ad altri due ambienti e decise di partire dal fondo con la sua esplorazione: proprio di fronte a sé, c’era un piccolo ripostiglio, la prima porta era una grande camera, con un letto nuovo e qualche scatolone ancora da disfare «Mi sono preso la libertà di comprare qualcosa, ma per tutto il resto puoi arredare come più ti piace» Kyoko fissò Jigen «Quindi questa è casa nostra?» chiese incredula.
«Per ora si, ho preferito posto tranquillo, ma se non ti piace …»
«è perfetto» disse Kyoko sorridendo e continuò il suo tour. La porta dopo conduceva nel bagno, ma fu aprendo l’ultima che Kyoko entrò per guardare bene, era vuota, sulle pareti azzurre erano dipinte delle nuvolette e la simpatica lampada a forma di fiore illuminava tutto l’ambiente. La ragazza si voltò «Ma è una cameretta per bambini!» Jigen si avvicinò e le accarezzò il volto «Si, ma se vuoi possiamo cambiarla e farci qualcos’altro» Kyoko lo abbracciò «No, mancano solo dei lettini e poi sarà perfetta!» Jigen la prese in braccio euforico e piroettò nella stanza «Due, maschio e femmina» disse gioioso.
«Di due anni di differenza!» aggiunse Kyoko ridendo «Andranno molto d’accordo e il maschietto sarà protettivo nei confronti della bambina e lei vorrà un mondo di bene a suo fratello!»
«E tutti e due ameranno i loro genitori» Jigen si fermò e fissò il volto di Kyoko finalmente felice.
«Credi che sia troppo presto per fare questi progetti?» chiese la donna accarezzandogli il volto.
«No Kyoko, la nostra nuova vita e appena cominciata e da domani nessuno ci separerà più!»


Il giorno dopo, nel pomeriggio si recarono presso il comune per sposarsi ufficialmente: Jigen indossava il suo abito blu più bello e fresco di tintoria, Kyoko aveva comprato un semplice abito bianco che le arrivava al ginocchio ed aveva un bouquet di piccole rose bianche, aveva acconciato i capelli in un morbido chignon alto decorato con una spilla appartenuta alla madre che raffigurava un giglio. Firmati i documenti e scambiate le fedi fu annunciato che erano ora marito e moglie e Kyoko rinunciò volentieri al suo vecchio cognome per acquisire quello dell’uomo che amava; essendo grata di trovarsi abbastanza lontano dal padre perché qualcuno potesse facilmente riconoscerne il cognome. Poco più tardi stavano passeggiando sul lungo mare e Jigen prese una fotocamera dalla tasca, fermò un passante e chiese di scattargli una foto, Kyoko si posizionò vicino a lui, ma prima che la foto potesse essere scattata Jigen la prese in braccio, scattarono altre foto quel pomeriggio, prima di rientrare a casa esausti, ma felici.
Jigen appoggiò un giradischi su tavolo e porse a Kyoko un vecchio vinile, lei mise il disco e una vecchia canzone jazz si diffuse nel loro appartamento.
«Mi concede un ballo signora Daisuke?» disse Jigen porgendole elegantemente la mano.
«Certamente, signor Daisuke … marito mio» e sorrise dolcemente.


Kyoko si stava spogliando e Jigen la guardava con piacere sempre più crescente, sotto le lenzuola la strinse forte a sé, sapeva che il giorno dopo avrebbe dovuto lasciarla sola, per chissà quanto tempo e non sapeva come dirglielo. Quella notte, ogni suo gesto, movimento o parola fu pieno di dolcezza. Mentre Kyoko dormiva, la fissava e le accarezzava la pelle nuda, avrebbe voluto stare di più con lei e non lasciarla subito ad affrontare il mondo da sola.
Il giorno dopo si alzò senza svegliarla, non era pronto ad affrontarla e non poteva pensare alle lacrime che lei avrebbe versato. Due braccia gentili gli cinsero la vita, e furono i suoi occhi ad inumidirsi «Vai già via?» domandò Kyoko.
«Mi dispiace Kyoko, vorrei rimanere più a lungo, ma non posso»
«Vai pure …» Jigen si voltò per guardarla, anche gli occhi di Kyoko erano pieni di lacrime «Io sarò sempre qui ad aspettarti» si strinsero in un abbraccio dolce e amaro allo stesso tempo.


Jigen diede a Kyoko qualche ultima indicazione «… per l’affitto non ti devi preoccupare, è già pagato un anno intero e … non guardarmi così, a 12 mesi di affitto più caparra in contanti non dice di no nessuno, e comunque ti farò avere presto dei soldi per andare avanti …» Kyoko mise un dito davanti alla bocca di Jigen, invitandolo a stare zitto.
«Per i soldi non ti preoccupare, troverò anche io un lavoro e potrò mantenermi» Kyoko era risoluta, ma da questa conversazione nacque la loro prima litigata; lui non voleva accettare che lei non volesse nemmeno un soldo e lei era sicura che ce l’avrebbe fatta anche da sola, lo amava, ma i soldi rubati non li voleva. Jigen uscì sbattendo la porta lasciando un’imbronciata Kyoko a sfuriare da sola, ma ben presto quando era ormai impossibile riconciliarsi, si resero conto che le loro ultime parole l’uno per l’altra erano state piene di rabbia: Kyoko si lasciò cadere sul divano stringendo le braccia a sé e inondando il volto di lacrime e Jigen ormai fuori città guidava con gli occhi annebbiati.


Quella sera sistemando la camera, Kyoko trovò nell’armadio una valigetta e aprendola vide dentro parecchi soldi, era sicura che Jigen gliel’avrebbe detto, se solo lei lo avesse lasciato parlare, voleva prendersi davvero cura di lei, ma Kyoko non voleva soldi rubati e rimise la valigetta nell’armadio, avendo cura di nasconderla bene e prese fuori un vecchio portafoglio dal suo zaino, contò i risparmi di quelle rare volte che aveva potuto fare qualche lavoretto. Era felice di aver messo via qualcosa, la fuga era sempre stata nei suoi piani ed ora le ritornavano utili quegli yen, stando attenta a risparmiare ce l’avrebbe fatta fino al primo stipendio, visto che era pienamente convinta di poter trovare lavoro. Il giorno dopo andò in biblioteca, scrisse e stampò varie copie del suo curriculum ed iniziò a rispondere ad alcune inserzioni di lavoro sui giornali, e nel giro di una settimana fu contattata da un’azienda locale. Il colloquio andò per il verso giusto e fu assunta. Si trovava bene con i colleghi e con il capo e la nuova vita iniziava a piacerle, la sera tornando a casa spesso passava vicino ad un’insolita bottega ed infine decise di entrarci, aveva di tutto: da articoli per la casa alla cancelleria, mobilio e vestiti, articoli per hobby e per giardinaggio. I gestori, una coppia di mezza età la osservarono «Benvenuta signorina, prego guardi con calma» esordì la moglie. Kyoko li osservò domandandosi dove li avesse già incontrati e poi arrossì «Si-si-signora Hamada, chiedo perdono, non l’avevo riconosciuta!» erano vicini che vivevano al piano inferiore. L’uomo intanto aveva ripreso a scrutare un vecchio libro, probabilmente con i conti del negozio «Nulla, non mi ritorna niente!»
«Caro devi fare uno sforzo. Se tu non avessi perso tempo, ed avessi cercato una sostituta per la commessa che si occupava anche dei conti, ora non avremmo questi problemi! Chissà come le sta andando la luna di miele!» disse trasognante la donna.
«Si, si, non mi riprendere sempre in quel modo» disse il marito scherzosamente e facendo gli occhi dolci alla moglie che sorrise. Kyoko trovò il tutto molto tenero, nonostante gli anni passati era come se quella coppia si amasse come il primo giorno. Si propose di controllare i conti ed impiegò tutta la serata per sistemarli, i signori Hamada rimasero con lei in negozio e ordinarono qualcosa da mangiare tutti insieme, fu una piacevole serata ed il tempo passò in fretta, solo dopo aver finito Kyoko si accorse dell’ora, si scusò per aver fatto fare tardi ai vicini, salutò e poi corse a casa. Dormì poco e male, sentiva che qualcosa non andava “Sarà stata la cena?” ma la mattina dopo decise comunque di andare al lavoro, era lì neanche da un mese e doveva fare bella figura, non fece colazione, sentiva un po’ di nausea e volle sperare di non essersi ammalata proprio in quel momento.
Al lavoro tutti si accorsero che qualcosa non andava, ma Kyoko mentiva dicendo di stare bene, passò la pausa in bagno a rimettere chiedendosi cosa potesse uscire dal suo stomaco visto che non aveva mangiato nulla. Una collega più anziana entrò in bagno e vedendola ridotta ad uno straccio insisté perché si sedesse subito, la portò nel suo ufficio e le fece aria con un piccolo portadocumenti «Dimmi Kyoko, non è che sei in stato interessante?» forse era perché stava male, ma la ragazza non capì subito «Voglio dire, sei incinta?» Kyoko svenne e fu portata in ospedale, dove non poterono fare altro che constatare il suo stato, farle alcune flebo, programmare le prossime visite e porgerle i loro più sinceri auguri. La collega che l’aveva accompagnata la invitò a presentare le dimissioni «Kyoko, sei una brava ragazza, ma sai che ci sono colleghe più anziane che da tempo tentano di rimanere incinta, tu sei appena arrivata, potresti tirarti addosso le loro ire (1). Te lo dico per esperienza, se puoi lascia il lavoro» ma Kyoko ci aveva già pensato, non voleva pesare sull’azienda né tantomeno essere invisa ai colleghi e nei giorni seguenti parlò con il datore di lavoro che però si dimostrò cordiale, invitandola a rimanere finché poteva.

Kyoko tornò a casa un po’ scossa, sapeva che era passata davanti ad altre colleghe, seppur involontariamente, ed aveva sentito alcune di loro risentirsi della cosa. Passò al negozio dei signori Hamada per salutarli, i suoi occhi ricaddero su una serie di articoli per l’infanzia e si mise a fissarli; la signora Hamada si avvicinò «Kyoko, tutto bene?» la giovane con le lacrime agli occhi raccontò alla gentile vicina di casa cosa le era successo e che non sapeva cosa fare.
«Semplice, licenziati e vieni a lavorare da noi per tutto il tempo che ti occorre» disse il marito, da dietro il bancone.
«Ma certo! Kyoko, saresti più vicino a casa, non possiamo darti la stessa paga di un’azienda così ben avviata, ma un lavoro tranquillo si!» dichiarò fieramente la signora. Kyoko disse che ci avrebbe pensato, ma nei giorni seguenti dopo aver subito le riprensioni di alcune colleghe, rassegnò le dimissioni e si prese qualche giorno di pausa prima di cominciare a lavorare alla bottega degli Hamada.
I giorni passavano veloci ed intensi, Kyoko si impegnò al massimo nel nuovo lavoro. Non sentiva nessun sintomo in particolare: forte stimolo alla vescica, voglie particolari … nulla per i primi due mesi, ma spesso si massaggiava il grembo e raccontava al piccolino o piccolina di lei e del suo papà. Al quarto mese incominciò a sentire il piccolo muoversi e un’ecografia le fece conoscere il sesso: un maschietto. Tornando a casa, spesso si fermava a guardare il mare, faceva molto più freddo rispetto a quando era arrivata e anche il suo cuore avvertiva un insolito gelo, le mancava molto Jigen, non sapeva se stesse bene, se fosse rimasto ferito, se la polizia lo avesse arrestato … e quando questi pensieri arrivavano, un colpo nella pancia la faceva ritornare al suo piccolo e nuovo mondo. Spesso l’appartamento necessitava di manutenzioni, ma il signor Hamada era felice di aiutare; per una settimana Kyoko dovette farsi la doccia a casa loro, quando lo scaldabagno decise di smettere di funzionare e l’idraulico dovette ordinare il pezzo nuovo.
«Abbiamo più volte detto al padrone di casa di sistemare alcune cose, ma lui intasca solo gli affitti e poi non si fa più trovare!» sbottò la signora Hamada un giorno.
Kyoko faceva molta economia, a volte rinunciando a mangiare cose sostanziose pur di poter comprare il necessario per il bambino, ma scoperta dalla signora Hamada si ritrovò ad avere pranzi pronti tutti i giorni, oltre alle creme per il corpo fatte in casa che era obbligata dalla donna a mettere. «La gravidanza è una cosa bellissima, ma lascia tanti segni sul corpo di una donna!» era solita ripeterle porgendole boccette di oli o creme preparate con antiche ricette di famiglia. I suoi vicini divennero come una seconda famiglia e nonostante la tristezza per non avere Jigen vicino, Kyoko non era mai veramente sola.


Anche questo colpo era andato a segno, nonostante Fujiko si fosse portata via più della metà del bottino gli era rimasta una bella cifra. Jigen aveva insistito per tornare nella città dove mesi prima si erano nascosti da Morimura, adducendo a conti in sospeso da saldare; una sera lasciò soli Lupin e Goemon, con un biglietto in cui diceva che si sarebbe fatto vivo lui, e tornò a casa da Kyoko. Trovò un conbini aperto, per fortuna avevano dei mazzi di fiori e felice, con il suo bouquet di rose rosse, si incamminò.


Kyoko quella sera aveva voluto dare gli ultimi ritocchi alla cameretta, che con l’aiuto dei signori Hamada aveva ripitturato e sistemato. Grazie al lavoro nella bottega dei vicini era riuscita ad acquistare culla, fasciatoio e passeggino da un rivenditore a buon prezzo; aveva anche trovato una vecchia macchina da cucire che le era tornata utile per farsi dei vestiti su misura e preparare tende e lenzuolini per il piccolo. Guardò la cameretta con orgoglio fissando i suoi vecchi peluche sistemati su di una mensola accanto all’album della madre e si accarezzò il pancione «Manchi solo tu … Ryugi» disse dolcemente. Una contrazione le provocò dolore, aveva iniziato a sentirle già al settimo mese e sapeva che era una cosa normale, ma quando queste nell’ora seguente iniziarono ad aumentare e farsi più frequenti chiamò subito gli Hamada e prese la borsa pronta per l’ospedale.


Jigen salì le scale e arrivò davanti alla porta di casa con il cuore in gola, aveva visto dalla strada la luce accesa all’interno ed era al settimo cielo, ma prima che potesse bussare sentì Kyoko aprire la porta e gli caddero i fiori di mano quando se la trovò difronte.
«Jigen … ugh …» una smorfia di dolore rovinò il sorriso che aveva pochi secondi prima. Jigen la guardò incredulo «Kyoko, tu aspetti un bambino!» disse portandosi una mano al cappello «Si e credo che potrai vederlo presto» disse Kyoko, porgendo la borsa al marito.
La signora Hamada corse su per le scale e Kyoko le presentò il marito, i vicini accompagnarono la coppia fino in ospedale, dove Kyoko mise al mondo il suo primo figlio. Un’ostetrica chiese a Jigen quale nome scrivere su braccialetto del piccolo «Ryugi!» disse Kyoko e Jigen le accarezzo la fronte bagnata dal sudore, per l’agitazione e lo sforzo «Ryugi, come mio zio, se a te sta bene …»
«è un bellissimo nome» in effetti Jigen non aveva mai pensato ad un nome per un bambino, anche perché non sapeva che presto ne avrebbe avuto uno, ma ‘Ryugi Daisuke’ suonava bene.
Pochi giorni dopo Kyoko venne dimessa e tornò a casa «Vedi Ryu, questa è casa tua» sussurrava al piccolo «è stato il tuo papà a trovarla per noi» Kyoko guardava Jigen che rimase in piedi vicino alla porta per qualche secondo di più «Jigen va tutto bene?» l’uomo si avvicinò ed accarezzo il figlio e poi il volto della moglie.
«Mi dispiace, dovevo essere qui per te, invece hai affrontato tutto da sola, perdonami Kyoko» la donna prese la mano del marito nella sua.
«Eri con me in ogni momento mentre Ryu cresceva dento di me, e ci sei stato durante il parto … che era ciò di cui ero più spaventata» si scambiarono un bacio carico di tenerezza, prima di essere riportati alla realtà da Ryugi che piangeva reclamando da mangiare.
 
Note di Hana:
Ciao a tutti! Eccovi un lungo capitolo sulla nuova vita nei nostri due protagonisti, finalmente la fuga e l’arrivo del piccolo Ryu.
Il prossimo capitolo sarà l’ultimo di questa regressione nel tempo e poi riprenderemo da dove abbiamo lasciato tutti quanti.
A presto.

(1) Breve spiegazione su questa strana (e a parer mio assurda) usanza giapponese. Le donne lavoratrici, non possono rimanere incinta quando lo desiderano, esistono di veri e propri ‘turni’ periodi in cui possono provare a concepire un figlio. Se una collega rimane incinta, non durante il suo turno e passa così ‘avanti’ ad altre donne, queste ultime se la possono prendere, anche pesantemente. Ma lo sappiamo, il Giappone è un paese funzionale dove ogni cosa è scandita da regole scritte e non, per il buon funzionamento della società.
  
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