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Autore: Kim WinterNight    14/08/2021    3 recensioni
È estate.
A chi non piace abbronzarsi, fare escursioni, cercare un po' di fresco e visitare le città più affascinanti del mondo?
E soprattutto, a chi non piace prendere il sole fino a squagliarsi come un ghiacciolo?
I ragazzi dei System non sono un'eccezione, anche se per rendere le vacanze perfette qualcosa deve necessariamente andare storto.
Serj, John, Shavo e Daron: quattro musicisti, quattro amici, quattro location che li metteranno duramente alla prova.
Come andrà a finire?
[Raccolta di OS partecipante alla sfida "On Holiday" lanciata da evelyn80 qui su EFP]
2: "Non mangiarlo!" partecipa alla "Real Life Challenge" organizzata da ilminipony sul forum di EFP.
Genere: Comico, Commedia, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna, Het | Personaggi: Altri, Daron Malakian, John Dolmayan, Serj Tankian, Shavo Odadjian
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Non mangiarlo!

[Montagna]






John guardò fuori dalla finestra e aggrottò la fronte: il cielo era ricoperto di nubi nere e minacciose, pareva che avrebbe cominciato a piovere da un momento all’altro.
Non voleva che ciò accadesse, sapeva perfettamente come si sarebbe sentito se tuoni e lampi avessero cominciato a infuriare, facendo tremare i vetri e le sue ossa.
Aveva deciso di seguire i suoi amici in quel rifugio, dopo aver trascorso il pomeriggio a fare una bella escursione in mezzo alla natura; lui e Serj erano stati i più propensi a camminare nei sentieri sterrati, tra cespugli e alberi rigogliosi, mentre Daron e Shavo avevano arrancato dietro di loro senza mai smettere di lamentarsi.
Il chitarrista in particolare aveva borbottato e imprecato mentre inciampava su radici e sassi, invece Shavo si era preso qualche momento per fotografare tutto ciò che lo circondava e caricare subito gli scatti su Instagram.
Infine erano giunti in quel rifugio immerso nel verde, di cui in realtà non erano gli unici ospiti; ci avrebbero trascorso la notte e John era sempre meno convinto che fosse una buona idea.
Il vento scuoteva forte le chiome degli alberi, si infrangeva sulle imposte e faceva sbatacchiare i rami contro il tetto, producendo rumori sinistri e sibili ben poco rassicuranti.
«E meno male che siamo in estate» bofonchiò, continuando a fissare il cielo plumbeo fuori dalla finestra.
«In montagna può capitare che ci sia maltempo anche nelle stagioni più calde» commentò Serj, sorseggiando un po’ di tè nero dalla propria tazza.
«E doveva succedere proprio oggi che ci siamo noi?» proseguì il batterista, continuando a pregare mentalmente perché non si scatenasse un temporale.
Teneva le mani strette sui braccioli della poltrona su cui sedeva e gli occhi fissi a controllare la situazione all’esterno; era teso e non sapeva come rilassarsi, non gli piaceva per niente mettere a parte dei suoi amici la brontofobia di cui soffriva.
Anche se loro lo sapevano perfettamente e non l’avevano mai deriso, anzi, avevano sempre cercato di distrarlo e tranquillizzarlo – tra loro era così, erano come fratelli e John non poteva che esserne grato.
«Troveremo un modo per non pensare a quella tempesta, vedrai» lo rassicurò Serj.
John si voltò nella sua direzione e incrociò i suoi occhi, trovandoli calmi e rassicuranti. Sorrise appena e annuì, sentendosi un po’ meglio: il cantante era una di quelle persone che riuscivano sempre a rincuorarlo, anche nei momenti di maggiore ansia o nervosismo. Non sapeva come avrebbe fatto senza di lui.
«Dopo che abbiamo badato ai nostri figli per un giorno intero in spiaggia, ci meritavamo proprio un po’ di relax» aggiunse Serj con un sorrisetto ironico.
«Dopo che Shavo ha badato ai nostri figli, vorrai dire» lo corresse John scoppiando a ridere.
«Qualcuno mi ha nominato invano?» esplose la voce del bassista, precedendo di poco il suo ingresso nella stanza.
Lui e Daron li raggiunsero, stringendo in mano un paio di thermos e qualche plaid che si erano fatti consegnare dai gestori del rifugio.
«Io e John stavamo giusto ragionando su quanto sei stato bravo a gestire tutti i bambini al mare» lo punzecchiò il cantante, strizzando l’occhio all’amico.
«Come se voi due foste in grado di ragionare» replicò Daron con fare sprezzante.
«Guarda un po’ da che pulpito viene la predica!» esclamò John piccato.
Poi un forte boato fece sobbalzare tutti e quattro, interrompendo bruscamente i loro battibecchi; il batterista si irrigidì sulla poltrona e riportò lo sguardo fuori dalla finestra, notando che stava cominciando a piovere.
Sapeva di essere masochista e che sarebbe stato meglio distrarsi, ma era troppo spaventato e ansioso per distogliere l’attenzione dalla calamità naturale che più detestava al mondo.
Sentiva vagamente i suoi amici riprendere a parlare, punzecchiarsi e scherzare tra loro, ma la sua testa ormai era lontana anni luce ed era come se fosse completamente solo in quel luogo fattosi d’improvviso ostile e spaventoso.
Si riscosse soltanto un paio di tuoni più tardi, quando si accorse di una mano che lo scuoteva con insistenza per un braccio.
Si voltò con aria stralunata e mise a fuoco il viso preoccupato e corrucciato di Shavo.
«Fratello, ci sei?»
John sbatté le palpebre ed evitò di replicare, mentre tutto il suo corpo tremava senza alcun ritegno.
Con la coda dell’occhio vide Daron aggirarsi per la stanza e frugare nei cassetti, mentre Serj si metteva a sua volta in piedi e si avvicinava alla finestra.
John lo seguì con occhi vigili e notò che tirava le pesanti tende, impedendogli di continuare a farsi ulteriormente del male.
«Tieni, bevi un po’ d’acqua» disse Shavo, recuperando una bottiglietta dal piccolo tavolo presente nella camera. La porse al batterista e rimase accanto a lui, assicurandosi che si calmasse almeno un po’.
Intanto la pioggia si faceva sempre più rumorosa e furiosa, intervallata dai forti boati dei tuoni; per un istante la corrente li abbandonò e li lasciò al buio, e a quel punto John tenette che avrebbe potuto cominciare a piangere come un perfetto idiota.
Quando la luce rischiarò nuovamente l’ambiente, Daron rovistò in uno dei cassetti e si raddrizzò, mostrando agli amici ciò che aveva appena trovato.
Serj aggrottò la fronte. «Che c’è in quella busta?»
«Un puzzle. Che dite, lo costruiamo? Io non ho pazienza, ma sicuramente John lo metterà insieme in due minuti!» propose il chitarrista.
«Un puzzle dentro una busta di plastica?» chiese Shavo confuso. «Come facciamo a risolverlo se non abbiamo la scatola con l’immagine a guidarci?»
John si riscosse, improvvisamente interessato a quell’attività. «Non dovrebbe essere troppo difficile: innanzitutto basta costruire il bordo, poi pian piano il disegno verrà fuori» commentò, alzandosi a fatica dalla poltrona per avvicinarsi al tavolo.
«Ah, sì? Mi sa che non ho mai fatto un puzzle in vita mia» bofonchiò Shavo dubbioso.
«Ma che infanzia di merda avete avuto?» fece Serj, spostando lo sguardo dal chitarrista al bassista e viceversa.
«Io non ho mai avuto pazienza, preferivo suonare la batteria!» esclamò Daron con orgoglio.
«Forse i tuoi genitori avrebbero dovuto comprarti più puzzle» lo sbeffeggiò John, accomodandosi su una sedia. «Dai qua, vediamo se si può scoprire che disegno c’è dietro» aggiunse, allungando la mano sinistra per recuperare la busta dalle dita del chitarrista.
«Ti accontento solo perché non sono un mostro e mi fai pena, ma i tuoi commenti sono veramente da stronzo» borbottò Daron, poi lasciò andare l’oggetto e andò a sedersi sulla poltrona occupata fino a poco prima dal batterista.
Serj prese posto vicino a John e i due rovesciarono i pezzi sul tavolo, cominciando a separare quelli del bordo dagli altri.
«Speriamo ci siano tutti» disse il cantante. «Ah, guarda, questi due li ho già incastrati!»
«Sarà una passeggiata» osservò il batterista.
Shavo rimase a scrutarli per un po’, poi si buttò sul proprio letto e chiuse le palpebre.
La tempesta continuava a imperversare all’esterno, ma la risoluzione del puzzle aveva talmente catturato l’attenzione di John che quasi non si accorgeva dei tuoni che esplodevano nell’aria.

Un’ora dopo, quando i morsi della fame stavano cominciando a farsi sentire, la tempesta era ormai finita e tutt’intorno a loro era calmo e quieto.
Shavo si era addormentato e russava con la bocca aperta, mentre Daron aveva messo le cuffiette alle orecchie e scuoteva il capo come un forsennato, cantando a squarciagola le canzoni della propria playlist.
Serj e John sghignazzavano e commentavano le sue dubbie performance, mentre continuavano imperterriti a incastrare i pezzi del puzzle uno dopo l’altro.
«Sai che Emma lo avrebbe già finito?» John sorrise nel pensare alla sua figlia maggiore, per poi imprecare. «Pezzo di merda, perché non ti incastri? Queste diamine di squame sono difficilissime…»
«Anche Rumi, di sicuro. Tieni, prova con questo.»
John lanciò un’occhiata a Shavo e ridacchiò, riuscendo finalmente a completare un’altra porzione del disegno. «Sicuramente ai marmocchi del nostro bassista non piacciono certi giochi» commentò.
«Certo, dirai che lui perde tempo a insegnarglieli, se non è capace!» esclamò Serj.
A un tratto la voce squillante di Daron permeò nuovamente l’aria: il chitarrista aveva appena cominciato a cimentarsi in un brano dei System, ovvero This Cocaine Makes Me Feel Like I’m On This Song; era un brano difficilissimo, interpretato unicamente da Serj, perciò il risultato era a dir poco raccapricciante.
Cantante e batterista lo guardarono basiti, mentre il chitarrista stuprava la canzone e sbagliava due parole su tre, inceppandosi con il testo perché non era mai stato in grado di cantare tanto veloce in vita sua.
John ghignò, indicando il puzzle quasi del tutto completo. «Ha scelto la musica giusta: calza a pennello con questo disegno» ironizzò.
Serj sgranò gli occhi, poi scoppiò a ridere e gli batté sulla spalla. «Noto con piacere, cognato, che hai ripreso il tuo solito senso dell’umorismo!»
«Ormai la tempesta è passata» replicò il batterista con un sorriso sereno.
Intanto Daron si lanciò verso la fine della canzone, agitandosi sulla poltrona e fingendo maldestramente di suonare una batteria immaginaria.

There's nothing wrong with me
There's something wrong with you
There's something wrong with me
I hope your stepson doesn't eat the fish
There's nothing wrong with me
There's something wrong with you
There's nothing wrong with me
There's something wrong with you
There's something wrong with me
I hope your stepson doesn't eat the fish
There's nothing wrong with me
There's something wrong with you
Don't eat the fish!

Quell’ultima esclamazione acuta del chitarrista fece ridestare bruscamente Shavo, il quale si guardò attorno stralunato e cominciò a blaterare con voce impastata: «Che c’è? Ancora ci sono i tuoni? Chi si è fatto male? perché gridate? Ehi, John, come stai?»
Il batterista prese a sghignazzare e diede di gomito al cantante; intanto Daron aveva già cominciato a biascicare un nuovo brano non meglio identificato e pareva non essersi accorto di niente.
«Daron sta facendo il karaoke, le urla erano sue» disse Serj, recuperando uno degli ultimi pezzi dal tavolo.
«Avete finito con quell’affare?» Shavo si alzò a fatica e li raggiunse, aggrottando le sopracciglia sorpreso. «Cazzo, ormai ci siete! Ma come avete fatto?»
«Non era poi così difficile» commentò John, mettendo un altro tassello al suo posto.
Il bassista raggiunse Daron e attirò la sua attenzione, facendo in modo che riponesse gli auricolari e tornasse alla realtà.
«Che vuoi? Mi hai interrotto sul più bello, stava per cominciare il ritornello di Rock And Roll Deserves To Die!» si inalberò Daron, fulminandolo con un’occhiataccia.
«Shavo, che tu sia benedetto: ci mancava solo che stuprasse anche quella canzone!» esclamò Serj, alzando gli occhi al cielo.
«Cosa vorresti insinuare, Tankian? Che soltanto tu sai cantare alla perfezione?» sibilò il chitarrista.
«E basta, ti volevo far notare che hanno quasi finito il puzzle, guarda!» Shavo lo strattonò Daron per un braccio, costringendolo ad alzarsi.
I due si accostarono nuovamente al tavolo e proprio in quel momento John incastrò l’ultimo pezzo, appurando che non ne mancasse nessuno e quale fosse il disegno da comporre.
«Ma che schifezza è? Un pesce?» borbottò Daron, scuotendo la testa. «Speravo che almeno fosse un bel paesaggio o la riproduzione di un quadro famoso, invece…»
John fece spallucce e lo guardò in tralice. «Come potevamo saperlo, genio?»
Il chitarrista si strinse a sua volta nelle spalle. «Motivo per cui io ci ho rinunciato fin da subito: sarei rimasto troppo deluso da questo sgorbio che sembra un misto tra Nemo e una sardina» proseguì.
«Tu ci hai rinunciato perché non hai pazienza e non ci riesci, ora non cambiare le carte in tavola» puntualizzò John.
«Dettagli.»
Intanto Shavo stava già fotografando il puzzle appena completato dagli amici, per poi armeggiare con il cellulare e sghignazzare insieme a Serj; i due confabulavano tra loro, gli occhi fissi sull’iPhone del bassista e le risate impossibili da contenere.
«Cosa state combinando voi due?» domandò Daron, massaggiandosi lo stomaco. «Io ho fame, andiamo a cena?»
«Certo, un attimo… ecco, così è perfetto! Vediamo se i nostri fan sanno risolvere il rebus» concluse il bassista soddisfatto, scambiandosi occhiate complici con il cantante.
John afferrò il proprio cellulare e notò che Shavo aveva appena fatto l’ennesima storia su Instagram; la aprì con un sospiro e notò la foto del puzzle con sopra la scritta Don’t eat the… e una didascalia che invitava tutti a scoprire quale citazione si nascondesse dietro quel difficilissimo rompicapo.
Il batterista si batté una mano sulla fronte e porse lo smartphone a Daron, mostrando anche a lui la nuova trovata del loro amico.
«Sai che nessuno ci potrebbe mai arrivare? Cazzo, che difficile!» bofonchiò John, scuotendo il capo con fare rassegnato. Poi incrociò le braccia al petto e proseguì: «Forse sarebbe stato meglio inserire un video di Daron che stuprava la nostra canzone al karaoke!»
Il chitarrista sollevò un pugno con fare minaccioso. «Adesso però non te la scampi, razza di pallone gonfiato! La tempesta è finita» esclamò, per poi gettarsi su di lui e cominciare a fargli il solletico.
I due cominciarono a ridere forte, mentre John si dimenava ed entrambi rischiavano di cadere dalla sedia.
Serj indicò il puzzle e sorrise. «Lo distruggo e chiedo a quelli del rifugio se posso prenderlo, così Rumi ed Emma lo possono risolvere insieme» commentò.
«Io nel dubbio vado a mangiare!» esclamò Shavo, dirigendosi verso la porta.
John si liberò di Daron e si mise in piedi, seguendolo in tutta fretta. «Certo, ma oggi niente pesce per cena!»
«Finalmente mi date ascolto, io lo dico sempre che non bisogna mangiarlo!» li apostrofò Serj, raggiungendoli.
Daron fu l’ultimo a lasciare la stanza, tentando ancora una volta di importunare John e vendicarsi per le offese ricevute.
Shavo e Serj li osservarono mentre si rincorrevano giù per le scale come due ragazzini.
«Che idioti» borbottò il cantante con un sorriso intenerito.
«E comunque, fratello, c’è solo una ragione per cui non mangeremo un buon fish&chips per cena» disse Shavo, strizzando l’occhio a Serj.
Questi lo guardò con aria interrogativa.
«Non c’è nel menu, siamo in montagna e qui si mangia solo carne!»

Mentre cenavano, continuando a punzecchiarsi e battibeccare animatamente, John si ritrovò a ringraziare mentalmente i suoi amici: sembrava una stupidaggine, qualcosa di scontato, ma ancora una volta erano riusciti a distrarlo e a scacciare le ombre della tempesta che aleggiavano dentro di lui.
Non avrebbe potuto desiderare di meglio.






😊 😊 😊


Ciao a tutti, eccomi anche io a pubblicare la seconda storia per la sfida di Evelyn *___*
Stavolta il prompt, suggerito da lei (o meglio, da suo figlio XD) era “pesce” e io non ho proprio resistito all’idea di spedire i nostri quattro eroi in una rifocillante (?) gita in montagna, sfruttando il brano citato nella OS per giocare con le parole!
Per scrivere questa storia ho preso spunto dalla real life perché da poco a casa abbiamo ritrovato un puzzle dentro una bustina di plastica, senza scatola né disegno da poter seguire per risolverlo; beh, mia madre l’ha costruito in men che non si dica e il disegno, anche se non raffigurava un pesce come in questo caso, era piuttosto semplice XD
E chi poteva cimentarsi in un’attività come questa se non John e Serj? Shavo e Daron proprio non ce li vedo, al massimo potrebbero costruire quelli con 10 pezzi enormi (????) per i bambini di un anno XD AHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAH!
E ovviamente lo stralcio di testo che ho inserito è tratto dal testo della canzone, di cui vi lascio il link perché dovete assolutamente capire quanto Daron NON sia adatto a cantarla XD:
This Cocaine Makes Me Feel Like I'm On This Song
E qui invece potete ascoltare l’altra canzone citata, che però appartiene ai The Darkness e ha quindi degli acuti che immaginare che li faccia Daron è un supplizio -____-”:
Rock and Roll Deserves to Die
La brontofobia di John – ovvero la paura dei tuoni – è una mia licenza poetica, insita in me fin dalla primissima storia che scrissi nel fandom dei System e che ormai fa parte della caratterizzazione che secondo me lui ha ^^
Il fatto che Serj “calchi la mano” sul fatto di non mangiare pesce l’ho inserita anche alla luce del fatto che lui è realmente vegetariano :D
E no, non ho scritto per sbaglio che Daron da piccolo voleva suonare la batteria: è tutto vero! Lui voleva la batteria, ma suo padre non gliel’ha mai concesso – sapete, Vartan è un artista, magari tutto quel casino lo avrebbe distolto dalle sue opere XD – e comunque è stato meglio così, credetemi AHAHAHAHAHAHAH! No, perché dovete sapere che Daron, nel secondo album solista del suo progetto Scars On Broadway ha suonato tutti gli strumenti, batteria compresa, e vi assicuro che il risultato non è assolutamente lo stesso del primo album, nel quale alla batteria c’era John :)
Come già detto nelle note del capitolo precedente, John ha due figlie e la maggiore è proprio la citata Emma, mentre Serj ha un figlio di nome Rumi; Shavo ha tre figli, due maschietti e una femminuccia, mentre Daron PER FORTUNA – ci tengo a sottolinearlo AHAHAHAHAH – NON si è riprodotto :P
Ho fatto anche degli altri riferimenti alla OS precedente, durante la quale i nostri eroi hanno vissuto una “rilassantissima” giornata in spiaggia, ma per chi non l’avesse letta non sto qui a fare spoiler, caso mai gli venisse un improvviso moto di curiosità e volesse darci un’occhiata XD
Spero di avervi strappato un sorriso, ci sentiamo con la prossima storia ambientata in città ♥
  
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