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Autore: Vale_P    17/08/2021    1 recensioni
Cosa può dire chi sa tutto a chi non sa nulla? E se fosse il primo a poter imparare qualcosa dal secondo?
Partecipa al contest "La Geografia del Buio" indetto da Asmodeus sul forum di EFP».
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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INCONTRI AL BIVIO
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Toc.
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Toc.
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Toc.
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Il rumore sordo del bastone da passeggio che picchiettava a terra, passo dopo passo, risuonava nel silenzio della strada deserta.
Finalmente una panchina, illuminata dalla flebile luce di un lampione, si palesò alla vista stanca dell'anziano.
Ansimando per l'enorme sforzo compiuto per raggiungerla, l'anziano vi si lasciò cadere sopra e posò alla sua sinistra il bastone, fedele compagno di viaggio.
Di fianco a lui, alla sua destra, riposava beato un neonato.
"Anche per te la camminata non deve essere semplice, non è vero?" chiese allora l'anziano, ancora con il fiato corto.
Il neonato scosse il capo in su e in giù in segno di approvazione.
"Già.
Io sono in viaggio da mesi ormai, ma ormai mi sembra di aver finalmente raggiunto la meta... deve trovarsi qua, da qualche parte." rispose poi quello entusiasta, stropicciando gli occhi e guardandosi attentamente attorno.
"Tzè... io sono in viaggio da quasi un secolo e ti assicuro che quella che vedi tu non è affatto la meta, al contrario! La vera meta è da quest'altra parte."
E dicendo queste parole l'anziano indicò con la punta del bastone la direzione verso la quale stava camminando. Poi abbassò lo sguardo sui suoi piedi scalzi e callosi, i quali non temevano di mostrare i segni del tempo e dell'usura, di quasi un secolo trascorso portando in giro quel corpo pesante.
Il neonato non rispose.
Quel piccolo continuava a sentire un gran fermento dentro di sé e, in fondo al suo cuoricino, era certo di essere quasi arrivato da qualche parte di importante. Fremeva dall'impazienza e sorrideva, ignorando le proteste dell'anziano che cercava di convincerlo del contrario.
"Phua, bel fardello che ti hanno dato!" continuò quello imperterrito, scuotendo il capo sconsolato pensando all'ingiustizia verso la quale stava andando il suo giovane interlocutore.
Il bambino però continuava ancora a sorridere felice e con occhi sgranati guardava verso il futuro, fiducioso di quella sensazione che sentiva crescere in lui.
"Mia mamma si chiama Laura e mio papà si chiama Giorgio." spiegò con pazienza, come se quei due nomi avrebbero dovuto provocare nell'anziano la stessa emozione che provava lui nel pronunciarli.
"Spero che siano brave persone..." disse quello semplicemente.
"Oh, lo saranno! Già mi piacciono!"
Il bambino si era tutto impettito, fiero di poter parlare dei suoi nuovi genitori... Quella era la prima volta che poteva farlo.
Nulla sembrava poter scalfire la sua gioia.
L'anziano che lo guardava però non poteva che provare pena per lui.
"Una bella gabbia dorata, ecco cosa ti aspetta! Te lo dico io..."
L'anziano sospirò, forse ripensando al suo passato e alla sua di gabbia dorata o forse cercando di ricordare l'ultima volta che lui stesso fu tanto eccitato per qualcosa come lo era il neonato in quel momento.
Quando era stato?
Gli venne in mente di quella volta, forse, a pesca con suo nonno... Portava ancora i calzoncini...
Oppure era stato quando i suoi genitori lo avevano trascinato al mercato e avevano poi deciso di fermarsi in un bar del centro per una cioccolata calda con panna?
Oh si, che giornata felice che fu quella...
Si era divertito tanto da decidere che da grande avrebbe aperto un bar tutto suo in una viottola secondaria del centro di una grande città e lì avrebbe venduto le migliori cioccolate con panna e ogni altro tipo di dolce.
Tutti gli altri bambini ne sarebbero stati felici e lo avrebbero ringraziato, gli avrebbero voluto tutto bene.
...
Come si era ritrovato a fare l'imbianchino?
Aveva osato avere altri sogni dopo quello espresso con tanta innocenza tra le risate di sua madre e il profumo di cacao di molti anni fa?
No, non ne ricordava nessuno.
"Un lavoro, una moglie, una famiglia...
Questo è quello che serve.
Il resto è superfluo.
Non essere egoista.
Impara a gestire i tuoi sentimenti.
Nascondi quelli inopportuni.
Capisci cosa è appropriato dire.
Non tradire, non mentire.
Sacrificati per la famiglia.
Anche a costo della tua stessa felicità?
Sì.
E poi lavora, qualsiasi lavoro.
Guadagna di più, se puoi.
Anche se fosse necessario rinunciare al tuo tempo e alle tue passioni?
Sì, certamente."
L'anziano continuava a guardarsi i piedi nudi mentre aveva iniziato uno strano monologo, recitato a menadito come una filastrocca ed effettivamente quelli erano dogmi che lui conosceva a menadito ormai da lungo tempo.
Il bambino invece lo fissava sbalordito, ma ancor di più confuso. Osservava l'anziano e lo ascoltava parlare e vedeva la sua espressione cruciata, ma non capiva. Solo dopo qualche minuto uno strano pensiero, per lui del tutto incomprensibile, gli passò per la testolina.
"Tu non sembri contento di aver vissuto." osservò quindi.
"E perché dovrei esserlo? Tanto sudore per tornare dritto dritto da dove sono venuto." rispose l'anziano guardandosi intorno. Poi scrollò le spalle, fingendo indifferenza. "Solo con le gambe un po' più pesanti e le ossa doloranti..."
Il bambino allora strinse i pugni e non parlò più. Gonfiò le guance irritato e cercò di non prestare attenzione a ciò che l'anziano stava dicendo. Ignorarlo non era più così facile.
"Ti sto facendo cambiare idea, eh?" domandò beffardo l'anziano.
"Si.
Adesso ho paura!" ammise l'altro candidamente.
L'anziano invece, finalmente, di paura non ne aveva più. Non era più il suo turno di provarne, ora sarebbe toccato a qualche altro povero disgraziato.
Tuttavia il neonato non si arrese. Non poteva credere di stare andando incontro a una cosa tanto terribile quanto inutile.
"Però io sento la mia mamma che ride e a volte canta! A volte sento il suo tocco gentile e sento sempre il cuore caldo di Laura che batte e mi da forza... il papà invece a volte mi fa spaventare perché ha la voce pesante! Però quando abbraccia la mamma una bella sensazione avvolge tutto. Mi sento leggero e tranquillo e felice e protetto e allora lo perdono per avermi fatto spaventare... non credi che sarà fantastico conoscerli di persona? Io non vedo l'ora!"
L'anziano si grattò il mento, graffiamdosi le dita con la barba ispida e incolta e si prese qualche secondo per riflettere.
"Caro bambino, purtroppo credo di avere avuto la sfortuna di essere nato vigliacco e che a lungo andare la paura abbia mangiato tutto il resto.
Non so quando. Forse è stato graduale. Ma a un certo punto nella mia vita tutto era sparito sotto di essa.
Ogni bella giornata.
Ogni momento felice.
Ogni risata per un discorso scemo o qualsiasi altra sciocchezza.
Ogni volta che mi addormentavo di fianco alla persona che amavo e poi... poi anche a quella che non amavo...
In ogni istante non facevo altro che chiedermi che senso avesse tutto questo... quanto sarebbe durato? Quanto era vicina la mia fine? Quanto valeva la pena impegnarsi per godersi la vita?
Parlavo e facevo cose, ma in realtà non c'ero... Vivevo in un mare d'ansia dove qualsiasi altra cosa vi annegava. Anche le mie emozioni e i miei pensieri sono stati lemtamente trascinati a fondo. Tutti tranne uno: la paura.
Paura principalmente della morte, credo.
Vivere per morire... il più grande paradosso!
Ad un certo punto ne divenni ossessionato. In ogni momento vedevo il mio momento e tremavo sempre."
La prossima domanda allora sembrò ovvia al bambino.
"Come posso fare per non avere paura?"
"Non nascere vigliacco come me. Nasci stupido piuttosto." rispose senza indugio l'anziano.
"Avrai una vita serena in quel modo, ne sono pressoché certo... di norma gli stupidi non hanno grossi problemi."
"Quindi che cosa mi consiglio di fare?"
Proseguì la creatura, decisa a ricevere qualche consiglio più pratico.
"Che domande!" sbuffò l'anziano aggrottando le sopracciglia.
"Non ho saputo cosa fare della mia vita e ora dovrei rispondere della tua, che nemmeno ti conosco!"
Poi per un attimo i lineamenti del suo volto sembrarono ammorbidirsi.
"Ma finalmente questo gioco assurdo è finito. Io sono stanco. Tutto quello che so è che adesso potrò riposarmi..." borbottò mentre una lacrima solcava la sua guancia rugosa.
"Non tornerai laggiù? Ti basta cambiare direzione, sei ancora in tempo..."
L'anziano lanciò un'occhiata alle sue spalle nella direzione dalla quale era arrivato. Osservò da lontano tutta la strada che aveva percorso e gli sembrò davvero lunga, ma anche tortuosa, forse troppo per uno smidollato come lui.
"No." rispose poi secco, grattandosi il mento.
"Mi sono sempre chiesto quando sarebbe arrivato il mio momento, fino ad arrivare a vivere solo nell'attesa di questo. Ne ero terrorizzato. Mi chiedevo se avrebbe fatto male o se sarebbe arrivato all'improvviso e non me ne sarei neanche accorto. Ogni volta che chiudevo gli occhi mi chiedevo se sarebbe stata l'ultima... Sai che tortura?
Trenta? Quaranta? Cinquant'anni? Quando sarebbe arrivato il mio momento? E questa domanda mi ha tormentato fino ad ora. Camminavo bendato in un labirinto, senza mai trovare l'uscita. Chi mi aveva intrappolato là dentro? Chi mi aveva costretto a vivere?
Ora finalmente l'ho trovata, l'uscita dico. Adesso lo so, è questo il mio momento e non voglio tornare indietro." spiegò l'anziano con decisione, ma senza l'ombra di un sorriso sulle sue labbra.
"Io non lo so di preciso dove sto andando e non lo so come sarà questa "vita". Non so se avrò paura oppure se sarò stupido, ma sento che non posso trattenermi. Io devo andare." disse il bambino mentre si preparava a continuare il viaggio.
Il suo corpo non poteva più aspettare, una forza più grande di lui lo stava chiamando a sé.
"Ricorderò le tue parole.
Nella mia vita però cercherò di trasformare la tua ansia in qualcos'altro. Farò della tua paura la mia forza, io non vorrò mai essere come te! trasformerò il tuo nero in..."
Il bambino ripensò a tutte le volte che, nel ventre di sua madre, galleggiava sereno e beato in un liquido caldo e confortevole, ondeggiando al ritmo di una musica lenta.
"Trasformerò il tuo nero in acqua e sarà vitale per me.
Il mio scopo sarà non essere come te."
"È un pessimo scopo, ma in bocca al lupo." fece l'anziano, che invece ancora non si sentiva pronto ad alzarsi.
Forse, in fondo, di paura ne aveva ancora un po' e forse se la sarebbe dovuta portare fino nella tomba.
"Addio, nonnino."
Il bambino si era già voltato, non aveva più niente a che spartire con quell'uomo moscio e disfattista. Laura e Giorgio lo stavano aspettando.
"No, no piccolo. Non sono nonno. Io non ho mai voluto figli, non ho mai voluto condannare nessuno a tanto."
Ora era il bambino a provare pena per lui. Era davvero convinto di quel che diceva? Allora perchè stava piangendo?
Era vero, il neonato non conosceva molto, ma conosceva i sentimenti, quelli che l'anziano aveva ormai fatto annegare da tempo.
Il neonato non sapeva nulla di matrimoni falliti, sogni infranti o paura della morte, ma conosceva la sincerità delle risate di Laura e l'amore nell'abbraccio di Giorgio.
"Che vecchio patetico." pensò. "Come può la vita essere una condanna se sono già grato per quello che sto provando ora?"
I due non avevano più nulla da dirsi e le loro strade si separarono per sempre.
L'uno camminò incontro alla vita e l'altro incontro alla morte, entrambi convinti di star finalmente raggiungendo un posto migliore.
   
 
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