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Autore: komova_va    17/08/2021    0 recensioni
Dopo la 5x134, le cose sono andate in maniera molto diversa per Rocco e Irene. Dopo un periodo di frequentazione clandestina, i due sono arrivati a un bivio: o escono allo scoperto, o si lasciano. Peccato che non siano consapevoli che nel frattempo circa metà del Paradiso ha scoperto la loro storia e non sia affatto d'accordo con la decisione che hanno preso.
(Paring principale: Irocco, personaggi principali: Rocco Amato, Irene Cipriani)
Genere: Commedia, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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VI. Il tenente Sheridan

-Si può sapere chi di voi cretine devo ringraziare per avermi rovinato la serata?!

L'ingresso dirompente di Irene Cipriani all'interno del salotto di casa Bergamini non passò certo inosservato, come del resto la maggior parte delle cose che faceva la giovane venere bionda. L'evento, o per così dire la circostanza, colse impreparati gran parte degli invitati presenti alla festa, nessuno dei quali evidentemente si aspettava una tale reazione da parte della ragazza né aveva la più pallida idea di ciò a cui stesse facendo riferimento; nessuno, tranne una persona sola.

Le reazioni a seguire furono di varia natura, tutte accomunate perlopiù da una certa curiosità di fondo rivolta naturalmente al motivo della sua arrabbiatura. Quella di Stefania Colombo fu la più evidente, soprattutto perché la principale destinataria di tale sentimento pareva proprio lei, in piedi accanto al giovane Pietro Conti a un lato della temporanea e improvvisata pista da ballo. Negli occhi color marrone dei due ragazzi si leggeva un sentimento di terrore unito al senso di colpa che solo chi aveva qualcosa da nascondere mostrava, il che, con ogni probabilità, non fece altro che alimentare i sospetti fondati di Irene.

-C-cosa intendi Irene, scusa?- domandò Stefania, la voce rotta dal nervosismo mentre il suo sguardo schizzava nervosamente da una parte all'altra della stanza alla ricerca di una qualche cosa, una qualunque, che la aiutasse a uscire fuori dalla brutta situazione nella quale si era cacciata – si era involontariamente ritrovata coinvolta – o quantomeno le desse uno stimolo, un pretesto, un aggancio per svignarsela e declinare ogni responsabilità. Per sua sfortuna niente sembrò aiutarla, anzi, se possibile, il fatto di ritrovarsi tutti gli occhi puntati addosso non sembrò giocare a suo favore. Accanto a lei, non c'era molto che Pietro potesse fare per darle una mano e salvarla dall'ira funesta della sua collega, anzi, se possibile la loro momentanea vicinanza puntava indubbiamente a un suo ipotetico coinvolgimento.

-Lo sai benissimo cosa intendo, - proseguì la Cipriani, con il tono di chi non ammetteva repliche e sembrava essere piuttosto convinto di ciò che stava asserendo. Guardò dritta negli occhi la sua collega per alcuni istanti, senza distogliere lo sguardo, forse in un tentativo di estorcerle una confessione. Stefania fece lo stesso.

-Veramente no, non ti sto seguendo... - proseguì quest'ultima, interdetta, questa volta con un po' più di sicurezza e calma. La sua risposta spinse la Cipriani ad alzare gli occhi al cielo, in una combinazione di fastidio ed esasperazione.

-E voi, - aggiunse poi con fare un po' teatrale, girandosi di scatto verso Dora Vianello e Anna Rossi, sedute lì vicino mentre erano intente a mangiare con aria un po' colpevole le ultime polpette al sugo rimaste, peraltro molto buone, preparate proprio dalla stessa Dora, che proprio in quel momento aveva la mano destra vicino alla bocca e stava per mangiarne una, l'ultima. Era evidente che avere gli sguardi di tutto il gruppo puntati addosso proprio in quel momento non fosse esattamente l'ideale per le due ragazze. Nonostante non si trovassero vicino alla Colombo tanto quanto lo era Pietro, non erano nemmeno lontane al punto da non aver sentito il breve scambio tra le due commesse né da richiedere a Irene di spostarsi per potersi rivolgere a loro. Le bastò semplicemente torcere il busto per poterle guardare negli occhi e lanciare loro uno sguardo intimidatorio e accusatore, e a giudicare dall'espressione perplessa, attonita e anche un po' sconcertata delle due, era chiaro che non se lo aspettassero.

-Lo so che siete colpevoli tanto quanto lei, quindi sputate il rospo, forza. Chi è stato?- domandò Irene, scandendo ognuna delle tre parole che componevano quell'ultima frase.

-Irè, vacci piano, - intervenne Rocco Amato, alle sue spalle, forse portato a simpatizzare per le povere commesse in nome della sacralità del momento del pasto, e non meno rilevanti, delle polpette, -che qua non stiamo nel tenente Sheridan, ah.

La Cipriani si voltò furiosamente verso di lui e lo fulminò con lo sguardo. A quanto pareva nemmeno il suo compagno di sventure era esente dalla sua furia. -Appunto, capirai che mistero se perfino un idiota come te ci è arrivato che qualcosa non torna. Coraggio, voglio il nome del responsabile, ora!

Quell'appellativo lasciò tutti un po' interdetti. Non era un mistero che Irene Cipriani non avesse peli sulla lingua e non avesse problemi a parlare liberamente, anche quando le circostanze forse avrebbero richiesto un registro diverso, ma se era arrivata direttamente agli insulti, doveva essere piuttosto infuriata.

-Meglio babbu che arraggiatu, va'.

Irene lo ignorò e tornò a girarsi verso le sue colleghe, probabilmente senza comprendere pienamente il significato di quell'ultimo termine. Fu in quel momento che, messa in allarme dal potenziale conflitto, una persona seduta ben più lontano ma ugualmente partecipe nella vicenda e la cui mansione in fondo sottintendeva un po' il dovere morale di intervenire, si frappose fra Irene e Stefania per cercare di mediare o, quantomeno, far luce sulle cause del conflitto:-Signorine, non siamo qui per dare spettacolo, per favore.

Poi, voltandosi verso la più vecchia delle due, aggiunse:-Vuole spiegarmi qual è il problema, signorina Cipriani?

La capocommessa era stata seguita quasi immediatamente da Beatrice Conti, che ora stava rivolgendo a suo figlio Pietro occhiate perplesse e interrogative, al quale lui rispose scrollando le spalle, come per liberarsi da ogni tipo di accusa. Ne conseguiva che ora nel punto della sala in cui prima si trovavano soltanto Stefania Colombo e Pietro Conti si era formato un piccolo assembramento, il che naturalmente non avrebbe potuto fare altro che portare altre persone ad avvicinarsi. Paola Galletti si allontanò dalla combriccola di amiche della signora Delfina, con le quali aveva scoperto di avere molte cose in comune (prevedibilmente), per unirsi al gruppo e sentire cosa stesse succedendo; Sofia Galbiati e Armando Ferraris ben presto la imitarono. Attirate dalla scena che si stava consumando nel salotto, anche Ludovica Brancia e Gabriella Rossi, incapaci di dire di no ad un potenziale dramma (a maggior ragione quando questo non le riguardava in prima persona), non resistettero alla tentazione e si avvicinarono per seguire il resto della conversazione, seguite da Cosimo Bergamini e Federico Cattaneo. In parole povere, tutta la rappresentanza del Paradiso delle Signore radunata lì quella sera si trovava in ascolto, chi per un motivo chi per l'altro, ormai curiosi di scoprire i risvolti della vicenda.

Nel frattempo, Dora Vianello aveva approfittato del poco tempo guadagnato con l'intervento della Moreau per affrettarsi a finire la sua polpetta e, una volta che si fu ricomposta, intervenne a sua volta all'interno della conversazione, dando voce all'interrogativo che (quasi) tutti si stavano ponendo: -Sì Irene, si può sapere che ti prende, che è successo?

-D'accordo, - sbottò la Cipriani, -visto che vi divertite tanto a fare le allegre comari di Windsor lo dico chiaramente: qualcuno tra i presenti qui ha avuto la bella pensata di chiudermi nella stanza dei cappotti per quasi un'ora con questo qua! - si lamentò Irene, indicando con il braccio destro il magazziniere siciliano accanto a sé mentre il suo sguardo accusatore si posava nuovamente su Stefania, evidentemente la principale sospettata. -E adesso esigo che la colpevole venga fuori.

-Sì, infatti, - proseguì Rocco, cercando di emulare almeno un po' della convinzione della ragazza mentre puntava un piede a terra, -che se non era perché la signora Bergamini stava andando a dormire e stava cercando il suo cappello da notte preferito noi stavamo ancora chiusi là dentro, e sinceramente io non so neppure se ne uscivo vivo.

In quel momento, nonostante la confusione generale suscitata da quell'inaspettata rivelazione, una delle poche cose assodate era che Rocco Amato stava indiscutibilmente godendo della compassione di tutti i presenti.

-Allora?- proseguì Irene, dopo alcuni attimi di silenzio che parvero interminabili. Ognuno degli invitati all'improvviso distolse lo sguardo da lei, cercando di evitare a ogni costo gli occhi verdi della commessa. -Adesso non parlate più, eh?

-Come sarebbe a dire che vi hanno chiuso dentro, scusa?- domandò Pietro Conti, prendendo alla fine la parola e ponendo fine a quel silenzio imbarazzante, la cui pesantezza si faceva sentire con ogni secondo che passava.

-Cosa c'è di tanto difficile da capire? Eravamo là dentro e qualcuno ha chiuso la porta a chiave, - spiegò Irene, come se fosse stata la cosa più elementare del mondo.

-E si può sapere cosa stavate facendo tu e Rocco da soli nella stanza dei cappotti?- domandò Dora, con il fare di chi stava chiaramente insinuando qualcosa tra le righe, e nemmeno troppo velatamente.

-Non cercare di cambiare argomento, - la minacciò Irene, voltandosi verso di lei con un'altra occhiataccia. -E comunque se ci tieni a saperlo ci siamo ritrovati lì per caso, non c'è nient'altro da dire.

-Beh, io non sono stata, - si difese pubblicamente Stefania, che aveva intuito di essere nel mirino di Irene e evidentemente desiderava discolparsi. -Chiedi a Pietro se non mi credi, abbiamo chiacchierato per buona parte della serata.

Quell'ultima osservazione innocente non passò inosservata: Gloria Moreau e Beatrice Conti si scambiarono un silenzioso sguardo di intesa. Durò poco meno di un secondo, ma non per questo fu meno significativo, come se stessero entrambe pensando la stessa cosa, magari collegata ad un qualcosa che si erano dette in precedenza. Pareva stessero diventando amiche, negli ultimi tempi. Successivamente, la ragioniera del Paradiso rivolse un'altra occhiata al figlio, che a differenza della precedente pareva volesse dire “tu hai qualcosa da raccontarmi e non ti lascerò in pace fin quando non vuoterai il sacco”. Pietro ignorò il suo sguardo, forse di proposito, per concentrarsi su Irene e corroborare la versione della sua amica:

-Ha ragione, confermo, siamo stati tutto il tempo qua.

-Piè, tu non parlare che è meglio va', non hai credibilità, - fu Rocco a intervenire questa volta. L'amico non si oppose né ribatté, forse perché in cuor suo sapeva che un fondo di verità c'era.

-Infatti, sicuramente sei coinvolto tanto quanto lei, - aggiunse Irene.

-Guarda che dicono la verità Irene, son stati qua tutto il tempo, li ho visti anche io, - intervenne Anna in loro difesa. La versione della ragazza fu poi confermata da una manciata di altre voci tutte sovrapposte l'un l'altra, che confermavano il fatto che i due ragazzi non avevano mai lasciato la stanza.

-Come se potessi fidarmi della tua versione, - ribadì Irene, voltandosi verso la sua collega dai capelli rossi. -E comunque la stanza non è tanto lontana, bastava solo un minuto per salire le scale, chiudere la porta e tornare di sotto.

-Irene, non pensi di essere un pochino paranoica?- si aggiunse Sofia alla conversazione, -adesso va bene tutto, ma non credo che ci sia un complotto dei servizi segreti contro di te, - disse scherzando. Quella risposta non fece altro che irritare Irene ancora di più.

-Quindi adesso oltre al danno anche la beffa, volete farmi credere di essere pazza?

-Ma no, nessuno ha detto questo, - intervenne subito Stefania, per rassicurarla.

-Magari semplicemente la serratura della porta si è bloccata per sbaglio e poteva aprirsi soltanto dall'esterno, - ipotizzò poi Anna, trovando l'appoggio di tutte le ragazze che stavano partecipando alla conversazione.

-Certo, - ribatté la Cipriani, sarcasticamente, -e secondo voi io sono così stupida da crederci? Casualmente la serratura si è bloccata proprio quando io e Rocco eravamo là dentro.

-Ma perché qualcuno dovrebbe voler fare un dispetto proprio a voi due, mi scusi? - si inserì Beatrice Conti.

-Infatti, proprio stasera che siam qui per divertirci poi, - l'appoggiò il figlio.

Irene esitò per un attimo, mordendosi il labbro inferiore. Per un attimo, ma solo per un breve, impercettibile istante, sembrò quasi che la ragazza stesse per cedere e fosse sul punto di convincersi che quello spiacevole incidente fosse stato solo un caso, questione di sfortuna e nulla più. Solo per un attimo però, dal momento che la ragazza scacciò via ogni dubbio con la stessa velocità con la quale si era manifestato e rivolse uno sguardo di sfida in direzione di Pietro e Stefania, evidentemente ancora al centro dei suoi sospetti, nonostante tutto.

-Non lo so, perché non lo chiedete a quei due?

-Noi?- chiese Stefania, chiaramente accentuando più del dovuto quella parola monosillabica per enfatizzare la propria innocenza.

-Sì, proprio voi, - fu la risposta pronta di Rocco. -Già una volta ci avete fatti fessi, due anche no.

-Ro' ma non vedi che ti sei fatto contagiare dalle sue teorie complottiste? - cercò di farlo rinsavire Pietro, unendo le mani all'altezza del mento con fare incredulo e sconsolato, a mo' di preghiera. -Che interesse possiamo avere noi a farvi questo scherzo?

-Appunto, sappiamo tutti che casomai è Irene la mente diabolica qui, - scherzò Dora, provocando qualche sorrisetto divertito tra il resto dei dipendenti del grande magazzino.

-Non lo so, forse qualcuno, - proseguì Irene, di nuovo, guardando con diffidenza il principale oggetto dei suoi sospetti, -ha avuto la malsana idea di farci questo scherzo perché pensava che io e questo qua avessimo chissà cosa da dirci.

-Come se fosse possibile riuscire a fare un discorso con una matta come questa, poi, - aggiunse Rocco, sprezzante, senza nemmeno guardare in faccia Irene. Evidentemente tutti quei dispregiativi stavano iniziando a stancarlo.

La reazione della ragazza, poi, non tardò ad arrivare:-Beh, preferisco essere matta che provenire da una famiglia di siciliani cattolici e bigotti.

Irene si girò verso di lui e lo guardò dritto negli occhi, sfidandolo apertamente. E Rocco Amato non si tirò certo indietro:-Brava sfotti, sfotti pure, intanto se andassi un po' più spesso a messa forse ci starebbe più gente che ti sopporta, ah.

-Dai, Rocco, - intervenne Armando Ferraris, il capo magazziniere. Anche lui, come tutti gli altri lì presenti, doveva star iniziando a capire che quella discussione dai toni accesi probabilmente non avrebbe portato a nulla di buono, e in quanto superiore del ragazzo si era sentito in dovere di richiamarlo per fargli capire che stava incominciando ad esagerare con le parole. Nessuno dei due però sembrò far caso più di tanto a lui, e il confronto proseguì come se non avesse mai parlato:

-Eh certo, - sbottò la Cipriani, -perché ripetere a pappagallo tutto quello che dicono Don Saverio e la signora Amato senza un minimo di senso critico invece ti fa fare tanta strada nella vita.

-Irene...- questa volta fu Stefania ad intromettersi, anche lei con la stessa preoccupazione che aveva caratterizzato il signor Ferraris poco prima. Tuttavia, a differenza di quest'ultimo, il suo intervento non passò inosservato.

-Stanne fuori tu, - ringhiò la sua collega con decisione, piuttosto irritata. La degnò appena di una rapida occhiataccia furiosa, prima di girarsi nuovamente verso Rocco, in attesa della sua risposta che non tardò ad arrivare.

-Veramente io senza le critiche ci vivo benissimo, - mise in chiaro il ragazzo, con un gesto categorico del braccio destro che sembrò come tagliare in due l'aria che lo circondava, come per sancire la solennità e la convinzione che stava dietro le sue parole; poi abbassò leggermente il viso per poter guardare meglio negli occhi la signorina Cipriani, -anzi, la sai una cosa Irè? Forse è proprio perché ti piacciono così tanto le critiche e le malelingue che al Paradiso non piaci a nessuno!

Passarono alcuni secondi di assoluto silenzio, in cui l'atmosfera si sarebbe potuta tagliare con un coltello. Un'improvvisa freddezza avvolse la stanza, e la pesantezza delle parole che erano volate nel corso di quei minuti sembrò colpire solo allora Rocco, Irene e tutti gli altri attorno a loro, schiacciandoli più di quanto non si sarebbero aspettati e portando con sé quell'amarezza che ti colpisce quando ti rendi conto di essere andato troppo oltre, di avere oltrepassato un certo limite, e non sei più sicuro di essere in grado di tornare indietro e riparare al danno fatto. Irene fece alcuni passi all'indietro e si allontanò da Rocco, che sembrò riuscire a vederla realmente, per la prima volta nel corso di quella conversazione, soltanto in quel momento. Chissà, forse la distanza fisica imposta dalla venere non era nient'altro che un riflesso di quella emotiva, che ancora una volta li teneva separati.

-Irene, aspetta, non volevo... - tentò Rocco con voce rotta. Allungò un braccio verso di lei e le rivolse un'occhiata affranta, come se si fosse reso conto solo allora della gravità di ciò che aveva appena detto e fosse rimasto dispiaciuto quasi quanto lei, se non addirittura di più.

-Evita, - replicò Irene, con una gelidità che non aveva mai esibito prima. Poi, con il tono di chi non ammetteva repliche, si congedò una volta per tutte: -Io e le mie teorie complottiste ce ne andiamo, vi auguro buona serata.

Fu solo allora che la persona che si celava dietro a tutta quella faccenda si rese conto che forse, nonostante la sua buona fede, rinchiuderli in quella stanza poteva essere stato un errore. Se non altro aveva avuto il buonsenso di non scegliere la cucina: quantomeno non avevano avuto oggetti affilati a loro disposizione.


-Io e le mie teorie complottiste ce ne andiamo, vi auguro buona serata.

Con un'uscita da diva in piena regola, Irene Cipriani lasciò la stanza. O perlomeno ci provò. Sentendosi terribilmente in colpa per quanto era appena successo, e in una piccola, piccola parte, in fondo in fondo anche un po' responsabile, nonostante non fosse lei la diretta artefice di quella sottospecie di complotto messo in atto ai danni della sua migliore amica, Stefania Colombo decise di provare a fermarla. -Irene, dove stai andando?- la chiamò. La notte era calata ormai e Irene era sola, davvero voleva tornare a casa per conto suo e lasciare lei e Anna lì così?

-A cercare un telefono per chiamare un taxi, - le rispose la sua compagna di stanza, accingendosi a salire le scale. Il suo tono faceva intendere chiaramente che era abbastanza decisa nel portare a termine quella risoluzione, e Stefania si sentì combattuta. Da un lato avrebbe voluto fermarla e parlarle, magari in privato, per capire cosa fosse successo con Rocco che l'aveva spinta ad uscire da quella stanza con tutta quella furia e quella cattiveria. Dall'altra però sapeva bene che quando Irene si sentiva triste o delusa o giù di morale non voleva che nessun altro la vedesse, e Stefania non voleva certo invadere i suoi spazi. Qual era la cosa migliore da fare per il suo bene? Fino a poco prima credeva di averlo saputo, ora invece non ne era più così tanto sicura.

-Irè, ava' - la chiamò Rocco, come risvegliatosi dal momentaneo intorpidimento in cui l'aveva lasciato l'ultima frase della sua amica, -torna qua, su!

La ragazza non lo degnò nemmeno di uno sguardo e continuò imperterrita nel suo cammino. Stefania poteva capire la sua arrabbiatura, quello che Rocco le aveva detto non era certo stato carino, soprattutto visto che lui era pienamente consapevole di tutte le insicurezze di Irene e quanto fosse facile ferirla, nonostante la facciata che mostrava al mondo. Però era anche vero che Irene non era del tutto innocente, era andata a colpirlo proprio negli aspetti della sua vita a cui lui era più legato: la sua fede, la sua famiglia, le sue origini. Stefania si chiese come fosse possibile che due persone che si amavano così tanto, così giuste l'una per l'altra, riuscissero anche a farsi così tanto male e a ferirsi in modo così stupido e inutile. Se solo Irene fosse riuscita a tirare fuori un po' meglio quello che aveva dentro senza insultare o aggredire gli altri e Rocco non si fosse chiuso sulla difensiva, magari le cose avrebbero potuto funzionare... E il non sapere cosa fosse andato storto, precisamente, non faceva altro che frustrarla ancora di più. Nel frattempo, tutto quello che aveva ottenuto era che Irene se ne stava andando via, e lei non aveva la più pallida idea di come fermarla senza farla irritare ancora di più. Fortunatamente, non sembrava essere l'unica che voleva che Irene rimanesse.

-Irene, aspetta!- esclamò Gabriella, che riuscì perlomeno a far fermare sui suoi passi la venere ferita; forse la sua posizione di padrona di casa le dava più autorità rispetto al resto delle altre ragazze, convenne tra sé e sé Stefania. Era stata così assorta nella discussione, prima le accuse di Irene e poi la litigata tra lei e Rocco, che si era completamente dimenticata della presenza della stilista e del fatto che anche lei le stesse ascoltando. Forse fu anche per quello che Stefania in un primo momento fu quasi sorpresa del dispiacere e della partecipazione emotiva che aveva percepito nella sua voce. Di nuovo, sicuramente il fatto che fosse la padrona di casa doveva avere un bel peso in tutto ciò.

-Dai, resta almeno per la torta, - proseguì, cominciando a salire le scale per andare dietro a Irene, -sono sicura che si è trattato solo di un malinteso.

Irene si voltò verso di lei e le rivolse un mezzo sorriso dispiaciuto, poi proseguì e raggiunse il secondo piano, seguita dalla stilista che presto sparì dalla loro vista. L'attenzione generale, allora, tornò a essere rivolta a Rocco, in piedi di fronte a Stefania e Pietro e davanti al resto dei loro amici, che lo osservavano in silenzio, ognuno con i propri pensieri in testa. Stefania si sentiva di biasimarlo soltanto fino a un certo punto; voleva molto bene a Irene, ma sapeva che non sempre era facile riuscire a parlare con lei, soprattutto quando l'argomento del discorso erano cose che avevano a che fare con i suoi sentimenti.

Sentendosi evidentemente a disagio a causa di tutta quella situazione, Rocco prese finalmente la parola:-Vado a prendere un po' d'aria fuori, che ne ho bisogno – e in silenzio si avvicinò alla porta di ingresso.

-Rocco aspetta!, - lo chiamò il signor Armando. L'uomo si girò verso il resto del gruppo e spiegò:

-Forse è meglio che vada con lui... -

Stefania annuì in un segno di approvazione, e vide con la coda dell'occhio Gloria Moreau fare la stessa cosa, quasi all'unisono. Certe volte era impressionante l'inspiegabile somiglianza che c'era tra loro due. Comunque sia, Stefania pensava che fosse la cosa migliore, magari parlare con Armando avrebbe potuto aiutare Rocco più di qualsiasi altra cosa, anche solo a schiarirsi le idee.

-Forse è meglio che vada dire ad Assunta di aspettare dieci minuti prima di portare la torta... - si offrì Ludovica Brancia, con un po' di incertezza.

-Sì, - l'appoggiò Federico, -direi che questa non è proprio l'atmosfera adatta.

Due persone avevano appena litigato e tutto ciò a cui quella riusciva a pensare erano le formalità, le cerimonie e una stupida torta, osservò aspramente Stefania. Perfino Rocco era riuscito a metterla in secondo piano, ed era Rocco! La parte più logica e razionale di sé sapeva che in fondo era anche un bene che ci fosse qualcuno che in tutta quella confusione riuscisse a pensare alle cose pratiche e occuparsene, ma il modo in cui Federico sembrava pendere dalle sue labbra e la sosteneva a prescindere da qualsiasi cosa dicesse, come invece non aveva mai fatto con lei, non riusciva a non fargliela odiare. I due ragazzi uscirono dalla stanza insieme per dirigersi verso la cucina, seguiti dall'occhiata di disappunto mista a sconforto (e gelosia) di Stefania.

Dando una rapida occhiata attorno, Stefania realizzò che praticamente erano rimasti tutti quelli che avevano partecipato alla (ormai fallimentare) Missione Magazzino... fatta eccezione per Anna e Sofia, si rese conto in un secondo momento. Forse in fondo era un bene, almeno avrebbe potuto consultarsi rapidamente con il resto del gruppo e cercare di capire cosa fosse successo, e soprattutto, chi fosse stato a rinchiudere Irene e Rocco all'interno della stessa stanza. Doveva per forza essere stato uno di loro, Stefania ne era sicura... ma chi? Pietro non poteva essere, non aveva mentito quando aveva detto che erano stati assieme quasi tutto il tempo, e la signorina Moreau e la signora Conti erano da escludere per ovvie ragioni, il che non lasciava molte opzioni. Dora sembrava la scelta più probabile, ma in fondo nemmeno Paola era da escludere, del resto anche nei suoi romanzi preferiti, quelli che la tenevano con il fiato incollato fino alla fine, il colpevole era sempre l'individuo più insospettabile. La stessa Irene non l'aveva nemmeno presa in considerazione, nonostante i suoi sospetti. L'unica cosa di cui Stefania poteva dire di essere certa era che, almeno quella volta, lei non c'entrava niente.

-Sofia, - iniziò lei, rivolgendosi alla sua collega, -ti va di andare da Federico in cucina a vedere se ha bisogno di aiuto ad impiattare il resto dei dolci? Sei tu l'esperta qua.

Stefania le rivolse un caldo sorriso di incoraggiamento per apparire più convincente. Era il primo pretesto che le era venuto in mente e francamente voleva soltanto che se ne andasse il prima possibile, con tutto l'affetto che le voleva.

-D'accordo, vado a vedere cosa hanno combinato i domestici con le mie opere d'arte, - scherzò lei, -poi aggiornatemi su Irene.

-Ma certo, - le assicurò Stefania, accarezzandole di sfuggita il braccio mentre l'altra le passava vicino. E così, finalmente anche Sofia lasciò la stanza. Stefania sapeva che Anna era ancora lì, ma non aveva né il tempo né il modo di farla andare via, non sapendo quale scusa usare e non trovando le energie mentali per crearne una lì sul momento, così si disse che anche se non era al corrente di nulla di ciò che era successo e del loro piccolo segreto, avrebbe dovuto farsene una ragione e cercare di tenersi al passo da sola come poteva.

-D'accordo ragazzi, - esordì Stefania, non appena fu certa che anche Sofia non potesse più sentirli, ormai lontana, -adesso che siamo soli e possiamo parlare voglio saperlo, chi di voi è stato a rinchiuderli dentro?

-Non guardare me, - obiettò Dora, rendendosi immediatamente conto di trovarsi al centro dei sospetti dell'amica. -Se avessi saputo che qualcuno stava organizzando uno scherzo del genere a Irene lo avrei fermato subito, conoscendola pensavo che ci avrebbe ridotte ad un tappeto e usate per decorare la sua stanza.

-Sì, come minimo, - aggiunse Paola. In effetti non avevano tutti i torti, tutti avevano appena visto quanto non fosse propriamente una bella esperienza attirare su di sé le furia di Irene Cipriani.

-Quindi nemmeno tu c'entri Paola?- domandò Stefania in tono sconsolato, come se ne fosse stata quasi dispiaciuta. Perlomeno avrebbe avuto una spiegazione, un qualcosa a cui appigliarsi. Invece ora le sembrava quasi di brancolare nel buio.

-Io? Ma figurati! Io e le amiche della signora Bergamini ci siamo trovate benissimo a parlare.

-D'accordo ma se non sei stata tu allora chi è stato?- chiese Pietro retoricamente, guardandosi attorno con un'aria piuttosto confusa.

-Ragazzi, - si intromise Anna, -perché state tutti dando per scontato che qualcuno li abbia chiusi lì dentro? Non può essere che sia andata come ha detto Sofia e la serratura sia rimasta bloccata per sbaglio? A me sinceramente sembra l'ipotesi più probabile...

Le sue domande furono seguite da qualche istante di silenzio in cui il resto del gruppo evitò lo sguardo della cugina di Gabriella, incerti se dirle la verità e spiegarle cosa ci fosse dietro o semplicemente fare finta di niente.

-Diciamo che ci sono dei motivi per pensarlo, - rispose Stefania, rimanendo sul vago. Naturalmente la spiegazione non sembrò bastare alla sua coinquilina:

-E cioè, che motivi? C'è qualcosa che devo sapere?

Con la coda dell'occhio, Stefania vide che Pietro era sul punto di aprire bocca, per cui per impedirgli di dire qualcosa che avrebbe potuto creare a tutti loro (specialmente alla stessa Stefania) problemi (specialmente con Maria), si affrettò a giustificarsi:

-No, macché, figurati, così, è solo un sesto senso.

A giudicare dallo sguardo perplesso di Anna era evidente che non fosse convinta e che avesse altre domande da fare, ma Stefania cercò di impedire che ciò avvenisse girandosi verso la signorina Moreau per chiederle:-Signorina Moreau, non c'entrerà mica lei vero?

La capocommessa del paradiso le rivolse un sorriso divertito, a metà tra il lusingato e il perplesso. -Le assicuro che io e Beatrice siamo state tutto il tempo qua, siamo innocenti.

Beatrice? Adesso si chiamavano addirittura per nome? Beh, Stefania immaginava che non fosse poi così strano, del resto avevano cominciato a diventare amiche da quando si erano ritrovate entrambe coinvolte in quell'ignobile impresa.

-Posso confermare, - aggiunse la mamma di Pietro, -e a questo punto se il colpevole non è nessuno di noi forse davvero la porta è rimasta chiusa per sbaglio... dopotutto questa villa deve avere molti anni alle spalle, può capitare che le serrature si blocchino di tanto in tanto.

Per alcuni istanti nessuno disse nulla, fatta eccezione per qualche mormorio di assenso non identificato. In effetti erano arrivati a un vicolo cieco, soltanto loro sapevano di Rocco e Irene e avrebbero avuto interesse a fare un gesto come quello, però sembrava proprio che nessuno dei suoi amici fosse coinvolto... che fosse davvero, seriamente tutto un crudele scherzo del destino?

Inaspettatamente, fu una voce esterna a rispondere all'interrogativo della giovane ragazza:-Le assicuro che le serrature di casa mia funzionano benissimo, signora Conti, anche perché ho fatto restaurare questo lato della villa pochi mesi fa. Era mia intenzione non dire niente a nessuno, ma visto quanto siete dediti alla causa, suppongo che ormai posso venire allo scoperto e assumermi le mie responsibilità: la verità è che il responsabile sono io.

Fu solo in quel momento che Stefania si voltò verso Cosimo Bergamini, rimasto leggermente in disparte rispetto al resto del gruppo per non dare nell'occhio, con l'espressione di chi aveva appena visto un fantasma.

 

Lo scorso lunedì

C'erano delle volte nella vita, pensava tra sé e sé Cosimo Bergamini nel tardo pomeriggio di un lunedì di fine maggio, in cui sembrava quasi che l'universo seguisse una sorta di schema, un percorso, un destino. Ricordava quando circa due anni prima aveva sentito il suo migliore amico fargli un discorso simile riguardo la sua travagliata storia d'amore con la madre di sua figlia, come secondo lui fosse stato tutto un percorso che lo aveva portato ad assistere alla nascita della sua piccola Margherita, a vedere il suo primo respiro e sentire il suo primo vagito. Cosimo, all'epoca, ricordava anche di aver pensato che fosse un mezzo pazzo e di avergli riso in faccia; adesso, con due anni in più di esperienza alle spalle e dopo aver attraversato la sua personale versione dei nove livelli dell'inferno di Dante in un lasso di tempo minore di quello che aveva impiegato per passare dal “lei” al “tu” nel rivolgersi a quella che sarebbe diventata la sua futura moglie, Cosimo non era in grado di stabilire con certezza chi dei due avesse avuto ragione, il Riccardo completamente pazzo di sua figlia o la versione di se stesso più giovane, superficiale e immatura che quel giorno aveva parlato con lui al circolo. L'unica cosa su cui non aveva il minimo dubbio era che l'universo, talvolta, aveva dei modi davvero singolari di esprimersi. Tutta questa riflessione fu elaborata dal suo cervello nel momento in cui, nel tardo pomeriggio di un lunedì di fine maggio, vide Irene Cipriani varcare la soglia della caffetteria di fronte al Paradiso delle Signore.

Cosimo non era un assiduo frequentatore della caffetteria, se doveva essere onesto, e parte della ragione era inevitabilmente legata al fatto che l'ex fidanzato di sua moglie lavorava lì. Non perché ritenesse Salvatore Amato una persona sgradevole, anzi, da quando lui e Gabriella si erano fidanzati lui era sempre stato gentile e cordiale nei suoi confronti, nonostante tutto; la sua reticenza a frequentare il suo locale era perlopiù giustificata dal fatto che quando lui aveva fatto a Gabriella la proposta di matrimonio la sua storia con il barista era finita poco tempo prima, per cui da quel momento in poi tutti i loro incontri erano inevitabilmente stati segnati da una certa dose di imbarazzo che entrambi si sarebbero volentieri evitati, potendolo. Naturalmente la scenata di gelosia che aveva fatto al circolo qualche settimana prima, uno dei punti più bassi che avesse mai toccato in vita sua, se non il più basso in assoluto, non aveva fatto altro che peggiorare le cose, e per quanto Cosimo gli avesse rivolto le sue più sentite e sincere scuse sapeva che non sarebbe stato neanche lontanamente sufficiente a riparare al danno fatto.

Quel giorno però aveva dovuto fare un'eccezione e acconsentire a pranzare in caffetteria, in nome della sua amicizia con Federico Cattaneo. La sua ultima settimana a Milano si prospettava davvero piena di impegni, e anche Federico tra il lavoro e la vita privata (lui e Ludovica avevano da poco iniziato a frequentarsi, sebbene la notizia non fosse ancora ufficiale per non alimentare voci indesiderate ed erano in pochi a saperlo) aveva le sue cose da fare: l'unico momento in cui erano riusciti a far incastrare i loro impegni per passare un po' di tempo assieme era stato proprio nella pausa pranzo di quel lunedì, e dal momento che nel pomeriggio Federico avrebbe dovuto tornare in ufficio il posto più conveniente era stata proprio la caffetteria. Fortunatamente non c'erano stati momenti esageratamente imbarazzanti con Salvatore e, come sempre, Federico era stata un'ottima compagnia. Ma non era quello il punto.

Una delle particolarità della caffetteria era che all'interno disponeva di uno spazio relativamente piccolo; ne conseguiva che, specie nelle ore di punta, per riuscire a far mangiare il maggior numero di gente possibile i due baristi riempivano l'interno con quanti più tavoli riuscissero, sacrificando inevitabilmente spazio per aumentare i coperti. E quindi, proprio come quel giorno, non era raro ritrovarsi molto vicini ad un altro tavolo e, involontariamente, finire per ascoltare in modo del tutto casuale le conversazioni della gente accanto a sé. E così, proprio quel giorno involontariamente erano capitate proprio accanto al tavolo occupato da lui e da Federico due colleghe di Gabriella, la nuova capocommessa del negozio insieme alla donna che aveva preso il posto di Cattaneo, di cui a Cosimo non veniva in mente il nome. Lui e Federico si erano limitati a rivolgere loro un cordiale saluto e ad augurare buon appetito ma, per quanto non volesse, Cosimo si era ritrovato a captare pezzetti della conversazione, specialmente nei momenti di pausa tra una canzone e l'altra in cui il juke box si manteneva temporaneamente silenzioso.

In realtà Cosimo non si era certo aspettato di sentire nulla di diverso delle solite chiacchiere sugli affari del paradiso e magari qualche cliente particolarmente esigente, e invece contrariamente alle sue aspettative, qualcosa di quella conversazione lo aveva sorpreso. Non era sicuro di aver capito molto bene, anche perché non era riuscito a cogliere nulla di più di frammenti sparsi qua e là (perlopiù quello che aveva detto la ragioniera, che delle due era quella seduta più vicino a lui), ma gli pareva di aver capito che una delle commesse, la signorina Cipriani, quella che aveva fatto da modella per Gabriella indossando l'abito british per intenderci, avesse una qualche sorta di tresca segreta con uno dei magazzinieri, della quale loro e un piccolo gruppo di veneri erano venute a sapere per caso. Il cognome Amato non era certo nuovo alle sue orecchie, e Cosimo aveva capito subito che si trattava del cugino di Salvatore. Le due stavano dicendo che fosse incredibile che la commessa era riuscita ad ingannare tutti per più di un mese e a nascondere la relazione da tutti i loro amici e colleghi, soprattutto vista la sua personalità esuberante. Stavano commentando un qualcosa relativo ad un'ipotetica rottura e a un piano per farli rimettere insieme, quando la canzone successiva era partita e il rumore della musica aveva coperto gran parte del discorso, e le parti che Cosimo aveva colto erano troppo frammentarie per avere un senso. Poi avevano cambiato discorso, e la cosa era finita lì.

Forse era proprio per quella ragione che, nel tardo pomeriggio di un lunedì di fine maggio, invece che aspettare che sua moglie uscisse dal lavoro seduto sulla sua auto parcheggiata di fronte al Paradiso, come faceva ogni giorno, aveva deciso di entrare in caffetteria e prendere un'aranciata, per ingannare l'attesa. Gabriella sarebbe dovuta uscire a momenti, ma sapeva che non era raro che si attardasse di qualche minuto per finire uno dei suoi bozzetti o parlare con Vittorio o la signora Amato di questioni riguardanti il lavoro. Era una donna precisa e meticolosa e anche un po' (un po' tanto) una perfezionista e Cosimo sapeva quanto ci tenesse a non lasciare nulla al caso e assicurarsi che i suoi disegni venissero fuori rappresentando esattamente ciò che aveva in mente. Tempo prima c'erano state parecchie occasioni in cui si era fatta schiacciare dall'ansia e dalla preoccupazione di poter deludere Vittorio e le sue clienti; adesso invece la persona che più le interessava soddisfare era se stessa e Cosimo l'aveva vista più sicura e pronta a difendere i suoi lavori e le sue idee, e di questo ne andava infinitamente orgoglioso.

Anche per quello quei minuti di ritardo tutto sommato non gli dispiacevano più di tanto, e finiva sempre per approfittare di quella piccola pausa nel corso della sua giornata per ripensare a ciò che era successo nelle ultime ventiquattr'ore, i suoi impegni per l'indomani e, più in generale, a qualsiasi cosa avesse particolarmente attirato la sua attenzione, o la sua curiosità. Forse era proprio per quel motivo che quel giorno aveva deciso di fare una sosta in caffetteria. Cosimo non sapeva esattamente chi o cosa si aspettasse di trovare; forse un qualche segno, un indizio, che lo portasse a scoprire di più su quella strana faccenda riguardante la signorina Cipriani? Forse di captare un'altra voce di corridoio? Quella sera a cena avrebbe sicuramente menzionato la cosa a Gabriella, immaginandosi che sicuramente, vista la sua inclinazione per i drammi e le vicende sentimentali, la notizia le sarebbe interessata – inclinazione che Cosimo, se doveva essere onesto, in parte condivideva; ai tempi in cui era stato un assiduo frequentatore del circolo lui e Ludovica si erano spesso divertiti a commentare insieme gli eventi mondani in cui erano coinvolti e la gente che ne prendeva parte, gli ultimi fidanzamenti, ipotetici tradimenti. Ludovica era un'amante di queste cose e Cosimo alla fine la assecondava, un po' per amicizia un po' perché in fondo un pochino era a sua volta curioso. Senza contare che naturalmente, all'epoca, sapere quali ragazze fossero disponibili e quale no lo aiutava a capire verso quale direzione orientare le sue conquiste. Naturalmente quella parte ora non era più di suo interesse, ma a quanto pareva una certa passione per il dramma era rimasta in lui. Fu proprio in quel momento che, dopo alcune chiacchiere di circostanza con Salvatore (a quanto pareva l'altro cameriere era al telefono con la sua fidanzata, nel fine settimana sarebbe andato a trovarla a Bologna), Irene Cipriani fece il suo ingresso nel locale. E Cosimo non poté fare altro che interpretarlo come un segno del destino.

-Irene, - la salutò Salvatore, con il suo solito tono allegro e gioviale. Probabilmente era contento, o almeno in parte sollevato, che fosse arrivato qualcuno a distrarlo da quella conversazione che stentava a collaudare. -Che ci fai qui a quest'ora?

La venere gli rivolse un sorriso un po' forzato. -Avevo voglia di prendere qualcosa da bere prima di tornare a casa.

Cosimo sospettava che forse non stesse dicendo tutta la verità. Che ci fosse dietro la vicenda con Rocco Amato? Se davvero aveva capito bene e i due avevano concluso la loro relazione segreta, il suo malumore sarebbe stato giustificato.

-Subito. Cosa ti porto?

-Qual è la cosa più forte che hai? - domandò la ragazza, in tono sconsolato.

-Temo di non poterti dare più di un chinotto, - rispose Salvatore, stringendosi nelle spalle.

-Vada per il chinotto allora, - accettò alla fine lei, con una certa rassegnazione.

-Ecco qua, - e così dicendo, Salvatore le riempì un bicchiere e glielo avvicinò sul bancone. -Dai che magari ti tira un po' su.

Irene annuì con scarsa convinzione, dopodiché Salvatore si allontanò per andare a pulire uno dei tavolini; non doveva mancare molto all'orario di chiusura. E così, lei e Cosimo rimasero soli. Non erano esattamente vicini, ma nemmeno così lontani da potersi ignorare vicendevolmente. O chissà, forse il vecchio se stesso non si sarebbe fatto molti scrupoli a liquidare una commessa senza troppi giri di parole e andare in macchina, ma il Cosimo del presente era diverso, ed era anche curioso di scoprire più dettagli. E così, dopo un paio di secondi, aprì la conversazione:-Brutta giornata?

-Solo un po'- rispose la venere, un po' forzatamente. Poi, dopo una breve pausa aggiunse:-nulla che una cena e un po' di riposo non possano sistemare.

-Gabriella mi racconta spesso quant'è faticoso il lavoro di voi veneri, sa?- replicò Cosimo, per rompere il ghiaccio. In realtà non era propriamente vero che ne parlava spesso, aveva fatto qualche menzione del suo primo anno di lavoro al grande magazzino in qualità di commessa, certamente, ma non era stata un'esperienza così fondamentale per lei come lo era stato l'apprendistato a Parigi, naturalmente. Cosimo immaginò che per indagare sulla faccenda avrebbe dovuto per prima cosa mettere a suo agio la sua interlocutrice, e chiaramente la loro differenza di ceto non l'avrebbe certo aiutata a vederlo come un suo pari. Per cui, aveva pensato che trovare uno pseudo terreno comune e mostrarle comprensione e simpatia fosse un buon punto da cui partire.

-Sul serio? - commentò la Cipriani, un po' perplessa. Evidentemente doveva essere sembrata un po' strana anche a lei quell'affermazione. Cosimo annuì con sicurezza, con l'aria di chi era convinto di ciò di cui stava parlando.

-Dopotutto è stata una venere anche lei, - spiegò, ricordando un tempo che ormai sembrava lontano anni luce e una Gabriella completamente diversa. -Personalmente, se dovessi avere a che fare anche solo con la metà delle clienti di cui mi ha parlato a fine giornata avrei bisogno di molto più di un chinotto, - scherzò lui, alludendo al bicchiere lasciato sul bancone da Salvatore che la ragazza non aveva ancora toccato.

Irene gli sorrise, dando l'impressione di sentirsi un po' più a suo agio. In fondo chi non desiderava sentirsi compatito, specialmente alla fine di una lunga giornata di lavoro? -La ringrazio per la comprensione.

Dopodiché prese il bicchiere e se lo portò alle labbra, bevendo un sorso di chinotto. Cosimo la osservò in silenzio per alcuni istanti, cercando di trovare un modo per fare andare avanti la conversazione senza essere troppo diretto.

-Posso assicurarle che avrà l'occasione di rifarsi alla cena di sabato, - le assicurò, facendo riferimento alla festa di addio che lui e Gabriella avevano organizzato a villa Bergamini nel fine settimana, per salutare tutti i loro amici tutti in una volta. Dopotutto, non capitava tutti i giorni di partire per Parigi e cambiare drasticamente vita, per cui l'evento andava celebrato. -Mia moglie ha già esteso l'invito a lei e alle sue colleghe, no?

-Sì, è passata questa mattina prima dell'inizio del turno per chiederci se avessimo qualche preferenza per quello che riguardava il menù. - Cosimo annuì, guardando Irene negli occhi per farle capire che stava ascoltando. La ragazza poi continuò:-Sinceramente non la invidio per nulla, l'idea di dover cucinare per tutte quelle persone sarebbe un incubo per me.

-Ah non lo dica a me, - concordò lui immediatamente, -oltre a tutti i preparativi a cui dobbiamo pensare per il trasferimento poi. Ho anche proposto a Gabriella di farsi dare una mano da qualcuno, ma lei insiste che in quanto padrona di casa cucinare spetta a lei.

-Sarà, anche se certe convenzioni mi sembrano proprio stupide, - sentenziò la venere in tono risoluto. -Saremo più di venti persone e lei deve fare tutto da sola... io se fossi in lei mi rifiuterei. Sarebbe più giusto che ogni invitato portasse qualcosa, alcuni si occupano dei primi, altri dei secondi e altri portano da bere, e voi mettete la casa, così ognuno fa la sua parte.

Cosimo ascoltò le sue parole con un certo interesse. In effetti non aveva tutti i torti, anzi, adesso che ricordava bene aveva sentito da qualche parte che era un'usanza che stava incominciando a prendere piede negli Stati Uniti. -Ma lo sa che non è affatto una cattiva idea? Questa sera quasi quasi ne parlo con mia moglie.

-Ma no si figuri, è una sciocchezza, dicevo così per dire... - rispose Irene, stringendosi nelle spalle.

-E invece le dirò, non è affatto male come proposta, ci risparmierebbe sicuramente un sacco di tempo. Lo sa, dovrebbe valorizzare di più le sue idee, - le disse, sperando di scatenare qualche reazione emotiva in lei. Cosimo ricordava che Gabriella gli aveva raccontato che nel periodo in cui erano rimasti senza capocommessa Vittorio l'aveva temporaneamente messa a capo del Paradiso, ma la ragazza aveva combinato un qualche problema nell'allestimento del negozio e si era beccata una bella sgridata. Pur non conoscendola a Cosimo un po' era dispiaciuto per lei, del resto anche a lui era capitato di fare errori causati dall'inesperienza quando aveva lavorato per la Palmieri, quindi immaginava che un incoraggiamento non potesse fare altro che essere apprezzato.

E infatti, la reazione della Cipriani glielo confermò: -Sarebbe bello se anche gli altri al Paradiso apprezzassero le mie idee come lei, - mormorò lei sovrappensiero, quasi più a se stessa che a lui.

-Si riferisce a qualcuno in particolare?- domandò quindi Cosimo,

-Mi scusi, lasci perdere quello che ho detto, sono solo stanca, - ritrattò la Cipriani. A giudicare dal suo viso sembrava piuttosto provata, in effetti, ma Cosimo pensò che valesse la pena di fare perlomeno un altro tentativo.

-Adesso però ha attirato la mia curiosità signorina, non può dirmi così e poi lasciarmi sulle spine, - commentò con fare un po' ironico, in parte per smorzare l'atmosfera e non fare sentire la sua interlocutrice sotto pressione.

-Ma no, ero soltanto un po' melodrammatica e ho esagerato un po', - negò ancora una volta la venere.

-D'accordo, se lo dice lei. Gabriella dice sempre che il vostro gruppo di veneri è molto unito infatti, che avete costruito un bel rapporto, - proseguì poi Cosimo, ritenendo opportuno non insistere ulteriormente e cambiare argomento.

-Sì, più o meno... - replicò la Cipriani, lasciando intendere che in realtà non ne era poi così convinta. Cosimo si disse che se non avesse voluto parlarne non avrebbe fatto quell'allusione, allora pensò che valeva la pena di fare perlomeno un ultimo tentativo.

-Allora qualcosa è successo. So che potrà sembrarle strano, ma magari a volte il consiglio di una persona che non è coinvolta direttamente può essere d'aiuto per avere una nuova prospettiva.

-Ma no, si figuri, niente di serio... - tentennò la Cipriani per qualche istante, come se fosse stata indecisa sul da farsi, se cedere alla sua richiesta o tenersi tutto per sé. Alla fine optò per una via di mezzo, che a Cosimo fu più che sufficiente per capire la situazione: -È che, ha presente quando è stato messo di fronte a un ultimatum, o lavorare per Guarnieri dopo che le aveva tolto la fabbrica o rimanere senza lavoro e metterselo contro? Ecco, a volte penso quasi di poterla capire. Detta così le sembrerà sicuramente assurdo...

E invece a Cosimo non sembrava per niente assurdo; anzi, tutt'altro. -No, niente affatto, - la rassicurò lui. Aveva ben presente la sensazione che la ragazza stava descrivendo: o fai quello che ti viene imposto, quello che è conveniente, quello che ci si aspetta, o ti imponi e ti assumi tutte le conseguenze che ne derivano. Fin quando suo padre era stato in vita, Cosimo non aveva avuto molta scelta: andare contro i suoi ordini non era neanche un'opzione, un qualcosa di totalmente fuori questione. Quando poi era morto e lo aveva lasciato solo alla guida di qualcosa più grande di lui le cose erano cambiate, e finalmente aveva avuto la possibilità di decidere per se stesso. Era stato allora che per la prima volta aveva trovato la forza di sfidare chi era più potente di lui, e lo avrebbe rifatto.

-Mi è capitato spesso di sentirmi così se vuole saperlo, non era la prima volta. Sono quei momenti in cui bisogna prendere una decisione, o ci si adegua a ciò che pensa la gente attorno a noi o si trova il coraggio di lottare per quello che riteniamo giusto. E in passato io mi adeguavo sempre, anche a costo di rovinare la felicità delle persone a cui volevo bene... quella invece è stata la prima volta che ho seguito me stesso, senza pensare a cosa fosse sconveniente.

Cosimo ripensò alla storia di Nicoletta e Riccardo, il senso di colpa per aver giocato una parte importante nella loro (fortunatamente temporanea) separazione lo tormentava ancora. Se all'epoca fosse stato più maturo e consapevole avrebbe ascoltato se stesso e sostenuto il suo amico nella fuga, e invece si era fatto stupidamente influenzare, pensando solo a ciò che era giusto per la società e non per il suo amico. Cosimo capì in quel momento che dietro alla rottura della Cipriani con il cugino di Salvatore doveva esserci un motivo simile, che probabilmente aveva tenuto segreta la loro storia e successivamente deciso di chiuderla perché temeva che se le amiche la avessero scoperto avrebbe perso la loro approvazione, e con essa, la loro amicizia. Tra l'altro, ora che ci pensava la giovane Maria, la sarta che lavorava con Gabriella, non viveva proprio nel suo vecchio appartamento insieme alla Cipriani? Conoscendo un po' il carattere di Agnese Amato non era assurdo pensare che la donna prediligesse per il nipote un tipo di ragazza del genere, una che probabilmente si sarebbe subito offerta di andare ad aiutare Gabriella ai fornelli invece di proporre l'idea innovativa della cena dove ognuno portava qualcosa e tutti davano il loro contributo; e Cosimo, a cui cucinare in fondo non era mai piaciuto, sapeva esattamente per chi avrebbe parteggiato.

-E se n'è pentito?- chiese nel frattempo Irene, che l'aveva ascoltato con attenzione.

-Immagino che si aspetterebbe un sì, visto che ora mi ritrovo a dover lasciare Milano senza un lavoro e avendo perso gran parte delle mie amicizie..., - iniziò Cosimo, -ma in realtà non è così. Neanche un po'. Anzi, preferisco mille volte ricominciare da zero avendo la possibilità di rimediare ai miei errori, piuttosto che appoggiare chi mi ha tolto ciò che era mio di diritto.

La venere lo guardò negli occhi mentre parlava e annuì un paio di volte, si portò il bicchiere alle labbra e mandò giù l'ultimo sorso di chinotto. Poi appoggiò il bicchiere vuoto sul bancone, vicino al punto in cui Salvatore lo aveva originariamente posato. Soltanto allora Cosimo si rese conto che i minuti nel frattempo stavano scorrendo e che presto Gabriella sarebbe uscita dal lavoro. Se non lo avesse trovato ad aspettarla sicuramente si sarebbe preoccupata, e lui non voleva certo farla aspettare. Con questo in mente, e vedendo che quella breve conversazione un po' insolita era ormai arrivata al capolinea, Cosimo si alzò e congedò la sua interlocutrice con un sorriso cordiale: -Spero di esserle stato d'aiuto, signorina Cipriani. Adesso vado che non voglio fare aspettare la mia signora, ma è stato un piacere parlare con lei, la aspetto sabato sera. Buona serata!

-Anche a lei, - rispose la venere, con un mezzo sorriso.

Cosimo si voltò verso la porta e si diresse verso la cassa a pagare sia la sua aranciata che il chinotto della ragazza. Dopo che il collega di Salvatore gli diede il resto e gli augurò una buona serata, si avviò verso l'uscita con un obiettivo molto diverso da quello con cui era entrato. Se prima voleva semplicemente soddisfare una sua curiosità personale, adesso la faccenda era diversa. Tanto per cominciare a sua moglie non avrebbe detto nulla, per il momento, conosceva Gabriella e sapeva che non era minimamente in grado di tenere un segreto. E poi, se tutto sarebbe andato secondo i suoi piani, lui non avrebbe avuto bisogno di raccontare proprio niente: sarebbe stata la stessa Cipriani a parlare a Gabriella e al resto del Paradiso, di sua volontà.


Cosimo Bergamini proseguì il suo racconto: spiegò che quella sera aveva parlato a Gabriella dell'idea di Irene, immediatamente approvata con gioia da sua moglie, non solo per il fatto che in quel modo non avrebbe avuto la responsabilità di scegliere un menù e cucinare ma anche perché ci sarebbe stata più varietà nel cibo e ognuno avrebbero trovato almeno una cosa che potesse piacergli. Poi l'aveva convinta ad invitare alla festa anche i magazzinieri, inizialmente esclusi perché, di fatto, con nessuno di loro avevano particolare confidenza. Cosimo le aveva fatto presente che forse sarebbe stato più corretto estendere l'invito a tutti i dipendenti del negozio, per non fare sentire nessuno escluso. Mal che fosse andata avrebbero avuto più cibo a disposizione, e così Gabriella si era convinta. Inizialmente non aveva avuto grandi piani in mente: semplicemente cercare di intrattenere un po' Maria e la signora Amato così che Irene sarebbe stata libera di interagire con Rocco da sola. Poi però né Maria né la signora Agnese erano venute alla festa e Irene aveva evitato Rocco per tutto il tempo, e a parte darsi all'alcol e spiluccare qualcosa non aveva fatto molto altro, così Cosimo aveva capito che bisognava aiutarli. Certo non era stata la sua priorità, ma di tanto in tanto lanciava uno sguardo ai due per vedere come stessero andando le cose; ed era stato un bene: si era accorto che Irene stava salendo le scale con aria sconsolata e aveva sospettato che se ne volesse andare, così aveva deciso di tentare la sorte.

Prima aveva approcciato il signor Ferraris e, con il pretesto di cercare qualcuno che lo accompagnasse a fumare, gli aveva chiesto se volesse uscire con lui in giardino; alla risposta affermativa del capo magazziniere, Cosimo si era scusato un attimo dicendo che prima doveva parlare con una persona, ed era andato da Ludovica. Le aveva spiegato con precisione cosa dire e di ricordare a Rocco di andare a prendere il capotto, dicendo che non aveva tempo di spiegarle ma che presto avrebbe capito tutto. Inizialmente il suo piano era stato semplice: sperava che, ritrovandosi entrambi nella stessa stanza, i due si sarebbero messi a parlare e avrebbero chiarito, complice anche il fatto di essere lontani da tutti, cosa che avrebbe dato loro una maggiore tranquillità e intimità. Però, a quanto pareva, le coincidenze che l'universo aveva in serbo per loro non erano finite: pochi istanti dopo essere uscito in giardino con il signor Ferraris, Cosimo si era reso conto che, paradossalmente, aveva dimenticato le sigarette. E ovviamente, altrettanto paradossalmente, le aveva lasciate proprio nel suo studio, poco distante dalla stanza in cui avevano posato tutti i cappotti. E così, approfittando dell'occasione servita su un piatto d'argento, si era scusato ed era rientrato velocemente.

Mentre aveva percorso il corridoio aveva sentito le voci dei due ragazzi provenire da dietro la porta chiusa, dalla quale fuoriusciva uno spiraglio luminoso, segno che la luce era accesa. Era stato allora che gli era venuta l'idea. Senza sapere a cosa stesse pensando – probabilmente non stava pensando – aveva visto la chiave inserita nella toppa e il pensiero gli era subito balzato in testa. Sapeva che eticamente era scorretto, sapeva che non avrebbe dovuto, sapeva che non erano affari suoi e che quel gesto avrebbe potuto avere effetti potenzialmente disastrosi. Tuttavia, sapeva anche che se Irene avesse incominciato a passare un po' più di tempo sola con se stessa e con ciò che realmente era importante per lei e un po' meno con il resto delle altre persone e le loro aspettative, forse sarebbe riuscita a capire più chiaramente cosa volesse e cosa fosse giusto per lei e sarebbe stato più semplice trovare la forza di opporsi a qualcosa che invece non desiderava. E così, preso dall'istinto mentre sentiva le voci dei due ragazzi farsi sempre più vicine, Cosimo aveva girato la chiave nella toppa e li aveva chiusi dentro. Poi aveva preso le sigarette ed era uscito a fumare con il signor Ferraris, cercando di non pensare troppo al dramma che sarebbe uscito fuori da lì a poco.

Se Stefania Colombo non avesse sentito tutto ciò con le sue stesse orecchie, non ci avrebbe creduto. Anzi, nemmeno avendolo veramente sentito riusciva a crederci. Sembrava un po' la trama di un romanzo giallo, uno di quelli di spionaggio pieni di colpi di scena inaspettati – e il coinvolgimento di Cosimo Bergamini, era tutto fuorché atteso.

-Io mi rendo conto che forse è stata un'azione avventata, - iniziò Cosimo, -ma qualcuno doveva fare qualcosa. E invece ho solo peggiorato le cose.

-No, probabilmente è stata anche un po' colpa mia, - dichiarò Stefania con fare malinconico. -Se non avessi fatto a Irene tutti quei discorsi su quanto è importante ascoltare se stessi e seguire il proprio cuore forse non si sarebbe insospettita e sarebbe riuscita a parlare con Rocco liberamente, e invece le ho messo di nuovo addosso pressioni.

-Ma no dai, non dire così, - cercò di tirarla su Pietro, accarezzandole il braccio destro in segno di conforto. Inaspettatamente, la ragazza si trovò ad apprezzare quel contatto e a desiderare che venisse prolungato soltanto per qualche istante in più. -Noi abbiamo fatto del nostro meglio.

-Infatti signorina Colombo, non si abbatta, - aggiunse Gloria. -Irene è fortunata ad averla come amica, non è colpa nostra se le cose tra lei e il signor Amato non hanno funzionato.

-Appunto, - le fece eco Dora. -Forse dobbiamo solo accettare la realtà e arrenderci al fatto che Irene non vuole dare una possibilità alla sua storia con Rocco. Non tutto si può sistemare.

No, non potevano arrendersi proprio ora. Non così, non senza una spiegazione. Stefania sapeva che Irene era innamorata di Rocco, il modo in cui lo guardava quando credeva che non ci fosse nessun altro nei dintorni non avrebbe lasciato dubbi neanche a un cieco. Doveva senz'altro esserci una spiegazione, qualcosa doveva essere successo dentro quella stanza che li aveva portati ad avere un'incomprensione e a non riuscire ad esprimersi i loro sentimenti. E lei era più determinata che mai a scoprire cosa fosse stato e ad aiutarli a risolvere, anche a costo di fare da mediatrice. E così, senza dire niente a nessuno, Stefania all'improvviso si mise in marcia e si avviò su per le scale, nella direzione in cui era sparita Irene l'ultima volta che l'aveva vista. Pochi istanti dopo fu particolarmente grata di aver scelto proprio quel momento per andarsene, perché sentì la voce di Anna alle sue spalle domandare con voce indignata:

-Scusate, ma qui nessuno pensa ai sentimenti della povera Maria?!

Fu in quel momento che Stefania provò quasi una certa compassione verso i suoi colleghi nonché compagni di sventura, pensando che avrebbero avuto un bel po' di spiegazioni da darle.

 

Nel frattempo, da qualche parte nel giardino di Villa Bergamini e lontani da occhi indiscreti

-Finalmente, ce ne hai messo di tempo ad arrivare!

-Eh il signor Armando non mi lasciava stare, che ci dicevo? Che dovevo vedermi con la mia zita?

-Trovavi una scusa, non posso mica pensare a tutto io.

-Dai Iré, non litighiamo pure pe' davvero, che il litigio per finta mi è bastato.

-Lo so, non è piaciuto nemmeno a me. A un certo punto sembrava quasi reale...

-Siamo stati bravi, eh? Hai visto che facce che avevano?

-Se lo sono meritati. Se Stefania e Pietro si fosse presi le loro responsabilità magari avremmo anche potuto dire loro la verità, e invece gli abbiamo dato una bella lezione. Così imparano a immischiarsi in cose che non gli riguardano.

-Ma magari non son stati loro. A me sembravano sinceri...

-Rocco, tu sei troppo ingenuo. Chi vuoi che sia stato, Cosimo Bergamini? Adesso perlomeno hanno capito che devono imparare a farsi i fatti loro.

-Allora adesso andiamo a mangiare la torta e glielo diciamo che era tutta una finta?

-No.

-Come no? Ma me l'hai promesso...

-Certo che ci andiamo, lungi da me separarti dalla torta. Prima però dammi un bacio.

   
 
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