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Autore: Severa Crouch    18/08/2021    3 recensioni
[Questa storia partecipa al contest “Ad ogni libro, una storia” indetto da Bella Black sul forum di Efp.] Walburga Black ha diciassette anni quando il giovane Prefetto di Serpeverde, Tom Riddle, le da un consiglio che le tornerà utile più volte nel corso della vita, perfetto per sopravvivere nell’ipocrita società Purosangue, piena di gente annoiata, affamata di pettegolezzi e piccoli scandali. Walburga scoprirà che dietro la facciata di ostentata perfezione si nasconde un mondo gretto, avido e invidioso. L’amicizia, anche nelle famiglie più Oscure, può essere ciò che salva dalla disperazione, o dallo scandalo.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Orion Black, Tom Riddle/Voldermort, Walburga Black
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dai Fondatori alla I guerra
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Grimmauld Place n. 12'
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Capitolo 2 - L'eccezione alla regola
 



Grimmauld Place, 21 giugno 1949
 
 
Lo scorrere degli anni aveva portato con sé una serie di sopracciglia alzate, soprattutto da parte di sua madre, delle zie e delle cugine. Ci aveva pensato Lucretia a riportare tutti con i piedi per terra, aveva finito per sposare quello smidollato di Ignatius Prewett con il trucco più vecchio del mondo: era rimasta incinta e zio Arcturus, piuttosto che affrontare lo scandalo, aveva preferito fingere di non sapere e acconsentire al matrimonio.

Suo papà, Pollux, sollevato al pensiero che sua figlia non sembrasse così interessata ai ragazzi da rischiare uno scandalo, aveva iniziato a concentrare i suoi sforzi nel tentativo di accasare Alphard.

“Spiegami perché con te hanno smesso di insistere,” le disse il fratello entrando nella sala da lettura dove era intenta a consultare un libro di Medimagia e prendere appunti per il caso di un suo paziente che la stava arrovellando. Alzò lo sguardo verso Alphard e gli rivolse un sorriso ironico: “Perché sono una strega adulta, lavoro al San Mungo e sono in grado di badare a me stessa, ma soprattutto papà si è reso conto che il mio nubilato gli permette di non dover pagare alcuna dote e avere una Black in più nell’albero genealogico.”

“Sei perfida Walburga.”

Sorrise in direzione del fratello: “Mi spiace ma io sono troppo pura e troppo preziosa per perdere il cognome e unirmi a qualcuna delle famiglie decadenti che ci circondano.”

“Possibile che non hai mai preso in considerazione nessuno?” le domandò Alphard. Avevano gli stessi occhi grigi e la medesima espressione altera, ma se lei era una Black fatta e finita, suo fratello aveva qualche tratto della linea materna dei Crabbe, lo si intuiva dal profilo più morbido, meno spigoloso e da quella luce che non sembrava avvertire costantemente il peso del cognome che portava. Forse, però, lui non ne sarebbe stato mai privato, era qualcosa che sarebbe stata parte di lui per sempre, lo avrebbe donato alla sua sposa e questa sarebbe entrata in famiglia.

Walburga scosse la testa e gli domandò in rimando: “E tu?”

Alphard curvò le labbra in un sorriso canzonatorio: “Ho fatto un pensierino sulla Parkinson.”

“Per Salazar!” esclamò saltando sulla sedia. Alphard scoppiò a ridere e si lasciò cadere sulla poltrona alle sue spalle. Aveva le lacrime agli occhi mentre cercava di riprendere fiato. “Dovresti vederti, Wal, sei uno spasso!” continuava a prenderla in giro.

“Sii serio, Alphard!”

“Pensavo alla Parkinson perché so che ti sta tanto simpatica! Potresti averla come la tua nuova sorella!”

“Potrei vomitare…” mormorò nauseata, “ma piuttosto, se vuoi trovarmi una sorella interessante cosa ne pensi di Darlene?”

“La Rowle?” domandò con un sopracciglio alzato. “Suvvia, ma l’hai vista?”

“Certo, è impeccabile, a modo, gentile, colta ed è anche una perfetta Purosangue, cos’ha che non va?”

“È imbalsamata, Wallyna cara, farlo con lei deve essere peggio che farlo da soli, almeno da solo puoi dare spazio alla fantasia!”

“Alphard! Non sono argomenti appropriati!”

Suo fratello scoppiò a ridere, ancora una volta, alzò le mani in segno di resa e sospirò: “Come vuoi, Wallyna, ma a te e Darlene non farebbe male la compagnia della Parkinson, so che con lei ci si diverte molto!”

“Fuori di qui!” indicò la porta e tornò a concentrarsi sugli strani sintomi che aveva uno dei suoi pazienti. Non aveva proprio tempo per le spiritosaggini di Alphard. Lei e Darlene avevano dato seguito alla promessa che si erano scambiate durante la festa di Lumacorno il loro ultimo anno: entrambe si erano iscritte all’Accademia di Medimagia del San Mungo ed erano diventate due Guaritrici promettenti.

Pollux era felice di sapere che sua figlia avesse scelto una carriera prestigiosa e che non passasse il tempo a fare la muffa in casa in attesa di un marito. Inoltre, Walburga aveva iniziato a guadagnare e non aveva più tempo per spendere soldi che, dal punto di vista di suo padre, era un saldo decisamente positivo. Sua madre, invece, continuava a borbottare, a sostenere che non fosse appropriato che una donna dell’alta società lavorasse, ma Walburga le rispondeva ogni volta che avrebbe lasciato il lavoro quando si sarebbe sposata.

Kreacher bussò alla porta e annunciò una visita per la padroncina, interrompendo ogni proposito di studio di Walburga. Chiuse il libro stizzita e scese al piano di sotto, nel salone in cui era stata convocata.

“Walburga, cara, guarda chi è venuto a farci visita.”

Irma era raggiante e Walburga sentì le vene gelare nei polsi quando vide zia Charis, zio Caspar e il loro primogenito, Bartemius Crouch. Osservò attentamente i capelli color paglia di quel lontano cugino. Una vocina nella sua mente le suggerì che era così lontano che poteva non essere considerato un cugino. Aveva l’aria annoiata e forse nemmeno lui era felice di trovarsi in quella situazione, si disse che le speranze non erano del tutto perse, anche se, a memoria, Bartemius era un tipo testardo, fissato con le regole, per cui avrebbe dovuto fare attenzione e fondare ogni obiezione su dati oggettivi.
Sorrise educata. “Grazie per la visita, accomodatevi!”

“E così lavori,” esordì Bartemius per rompere il ghiaccio. Walburga annuì: “Sì, sono diventata Guaritrice al San Mungo, al momento lavoro nel reparto delle ferite da scoppio di calderone, ma sogno di specializzarmi nella ricerca sul sangue di Drago, tu?”

“Io sono un Auror. Sai, combatto quei pazzi che sostengono che i Babbani vadano uccisi e che il mondo magico debba essere dominato dai Purosangue.”

Non ci fu bisogno di dire nulla, fu Pollux a cacciare di casa zio Caspar, zia Charis e il loro figlio. Walburga li accompagnò alla porta fingendosi offesa, mentre dentro di sé saltellava per la gioia di quel passo falso. Come poteva essere stato tanto sciocco?

“Adesso basta, Irma! Sono stufo di partecipare a questi incontri imbarazzanti! Ha ragione Walburga! È pieno di smidollati, deboli e traditori!” Suo padre era furioso, era corso verso il carrello dei liquori per versarsi un bicchiere di Firewhisky e lo beveva mentre si sistemava nervosamente il panciotto di velluto verde del suo completo.

Sua madre scuoteva la testa sconsolata ed era così agitata che qualche capello le era sfuggito dalla crocchia stretta che portava da anni. Il volto era arrossato dalla delusione e dallo sconcerto per la reazione del marito, sicuramente si stava domandando cosa avrebbero detto le sue amiche dell’ennesimo fallimento. “Ma Pollux, dobbiamo sistemare nostra figlia! Persino Cygnus si sposerà a breve! Non è possibile che lei e Alphard siano ancora non impegnati! Sai cosa hanno sussurrato i Rosier durante le negoziazioni?”

“Certo che lo so, ero presente, ma non mi interessa! Cygnus farà dei figli e porterà avanti il nome dei Black, Walburga può solo perdere il cognome!” Suo padre mandò giù il Firewhisky in un sorso solo e poggiò malamente il bicchiere di cristallo sulla mensola del camino. Sua madre, però, sembrava intenzionata a non lasciar perdere, continuò: “È il dovere di una Purosangue continuare la linea di sangue del proprio marito e io mi rifiuto di credere che mia figlia sia così sconsiderata da rifiutarsi di adempiere a un simile compito!”

Pollux chiuse gli occhi e sospirò, sembrava stanco di quelle discussioni che si ripetevano ciclicamente da anni. Walburga era stanca tanto quanto suo padre, decise di intervenire. “Come puoi chiedermi una cosa del genere, madre? Come puoi chiedermi di accontentarmi e di mescolare il mio sangue purissimo con quello di gente così mediocre, di traditori del sangue? Cosa dovrei fare? Prendere il loro cognome, unire il sangue e portarne in grembo il frutto? Per cosa? Per allargare una stirpe decadente? Per consentirti di non sentirti diversa dalle tue amiche? Organizza il matrimonio di Cygnus e dimentica il mio!”

Sua madre rimase a bocca aperta, guardò il marito, in cerca di sostegno, ma Pollux si limitò solo a rispedirla in camera. Quei discorsi si intensificarono con l’avvicinarsi della data delle nozze di suo fratello Cygnus con Druella Rosier. Walburga sospirava stoicamente e ciò che la confortava era che Darlene, la sua migliore amica, condivideva la stessa sorte e la stessa sfortuna in amore. Darlene, però, si sarebbe accontentata, sarebbe scesa a patti pur di rimanere nelle Sacre Ventotto, mentre i Rowle sembravano intenzionati a declassarla e darla in sposa a qualche Purosangue che non appartenesse all’elenco delle Sacre Ventotto.

Il giorno del matrimonio di Cygnus si ritrovarono entrambe avvolte in un elegante abito verde scuro, circondate da amiche e conoscenti che parlavano di gravidanze e figli e le coinvolgevano solo per avere consigli medici sullo stato di salute dei loro marmocchi. A metà pranzo Walburga era nauseata. Fece cenno a Darlene ed entrambe si allontanarono da quel salone smielato per andare a prendere una boccata d’aria fresca. Fuori, il sole di agosto illuminava i giardini del Wiltshire.

“Wal!”
Una voce attirò la sua attenzione, si voltò e incontrò il sorriso sornione di suo cugino Orion in compagnia di un suo amico.

“Orion!” esclamò divertita, “ma cosa ci fai qua?”

“Ci nascondiamo, ovvio, non fanno altro che parlare di marmocchi là dentro, è qualcosa di nauseante.”

“Beh, spero che a voi risparmino i dettagli medici,” scherzò Darlene e Walburga fece le presentazioni. L’amico di Orion si chiamava Edward ed era il suo migliore amico. “Purtroppo no,” ammise l’amico, “i dettagli medici sono qualcosa che mi perseguita da quando mi presento”.

“Tu sei parente del Dottor Turner del San Mungo?”

“I dottori Turner,” precisò, “Ci sono mio padre, Robert, mio zio Philip e mio nonno Edward senior.”

Walbuga sorrise: “Sono nell’équipe medica di tuo zio, allora, mentre Darlene è in quella di…”

“Tuo padre,” si inserì Darlene.

Edward sembrò impressionato dal trovarsi di fronte due Guaritrici, esclamò allegro: “Per tutti i Draghi! Unitevi a bere con noi e non parliamo del San Mungo, sarebbe scortese nei confronti di Orion!”

Walburga rimase colpita da quella affermazione, dall’attenzione che Edward aveva avuto verso il suo amico e dopo anni le sembrò di vedere un Purosangue in grado di comportarsi decentemente. Sedettero intorno al tavolino, intenti a chiacchierare, finché gli elfi domestici non li invitarono a tornare al tavolo per l’arrivo di altre pietanze. Walburga e Darlene si diressero stoicamente verso il tavolo delle coppiette di neosposi, tutte intente a parlare di pargoli. Darlene le disse: “Dobbiamo trovare il modo di sfuggire a questo strazio.”

Walburga annuì e cercò con lo sguardo Orion che le faceva segno di non riuscire a muoversi. Dovettero attendere che l’orchestra di strumenti magici aprisse le danze e Orion ed Edward si presentarono per invitarle a danzare.

“Turner, mi sorprende tanta audacia, vuoi creare scalpore?” domandò Walburga mentre prendeva la mano con cui Edward Turner la stava invitando a ballare.

“Non riesco a credere che nessuno ti abbia chiesto di ballare,” rispose conducendola sulla pista da ballo.

“Dicono che intimorisco i ragazzi,”

“Come potresti? Sei una ragazza così beneducata!”

“Adesso mia madre si farà strane idee…”

“Siamo colleghi al san Mungo, se ti serve una scusa per giustificare questo ballo,” le suggerì divertito. Edward la osservava con due occhi marroni, caldi e vivaci, le sorrideva gentile e la conduceva con eleganza e garbo. Walburga si sentiva leggiadra sulla pista da ballo, incurante di sua madre, degli sguardi, persino di suo fratello e Druella, o di Alphard che era impegnato a bere con la vecchia zia Lycoris. Non le importava nemmeno dei Rosier, dei Rowle e di tutte le famiglie Purosangue che finora l’avevano considerata troppo pura, troppo rigida, troppo composta. Walburga stava dando dimostrazione di cosa fosse la perfezione nel portamento, l’eleganza nel ballo e la compostezza nei modi: Edward era un ragazzo affascinante e impeccabile nel modo che lei ricercava da tempo.

Alla fine del ballo si congedarono con un inchino, secondo il cerimoniale tradizionale, mentre Walburga continuava la danza tra le braccia di suo cugino Orion che aveva un sorriso fin troppo sornione.

“Meglio confondere le acque, non credi?” le domandò.

“Convengo che sia opportuno.”

“Non ti vedevo sorridere così da anni.”

“Dove nascondevi un amico tanto impeccabile?” Orion scosse la testa divertito e le domandò in rimando: “E tu un’amica così carina?” Walburga alzò gli occhi al cielo, felice, di una felicità diversa dalla solita soddisfazione o dall’autocompiacimento per un risultato raggiunto, era una felicità che la faceva sentire viva e che sembrava aver risvegliato il cuore, ravvivato il suo corpo. Persino il mondo aveva una luce nuova, più intensa. Era come se il torpore che l’aveva avvolta fino a quel momento fosse improvvisamente scomparso.

“Mi par di capire che io e te abbiamo un accordo,” le disse Orion che le sorrideva mentre con lo sguardo cercava Darlene che danzava con Edward.

Nei giorni successivi, mentre Cygnus era in luna di miele con Druella e i suoi genitori continuavano a organizzare appuntamenti ad Alphard, nessuno si curò di Walburga né le fecero domande sul ballo con Orion o con il suo affascinante amico e neppure si interessarono dei gufi che lei e Darlene si scambiavano. Sembrava che la sua famiglia avesse smesso di preoccuparsi di lei, e non sapeva se la ritenessero sufficientemente matura da autodeterminarsi o senza speranze, un caso su cui non valesse la pena investire. Persino quando suo cugino Orion si presentò a casa per invitare Walburga ad uscire, nessuno ebbe da dire nulla e la lasciarono andare senza bisogno di accompagnatori.

“Si vede che zia Irma si fida di me,” le disse Orion con un ghigno sul volto strappandole una risata. Walburga scosse la testa: “È molto più probabile che si fidino di me! Dove andiamo?”

“È una sorpresa, ma devi prima passare a prendere Darlene. Non ho voglia di fare il terzo incomodo.”

“Allora ti è piaciuta?”

“Oh, Walburga, non hai idea dei biglietti che ci scambiamo! Non vedo l’ora di rivederla!”

Similmente ai Black, persino i Rowle non sollevarono alcuna obiezione quando Walburga si presentò a casa di Darlene per invitare l’amica a fare una passeggiata in campagna. La sua amica le andò incontro sorridente e Walburga non credeva di aver mai visto gli occhi di Darlene brillare tanto di gioia. Orion le aveva dato le coordinate del posto in cui Materializzarsi, così, le due amiche salutarono i Rowle e si affrettarono a raggiungere i due ragazzi.

“Sai di cosa si tratta?” le domandò Darlene, “Secondo te sono vestita bene?”

“Oh, Darlene, lui è pazzo di te. Non ha fatto altro che parlarmi di te per tutto il tempo!” la tranquillizzò Walburga mentre iniziava a sentire un po’ di ansia con la prospettiva di rivedere Edward. Si strinsero nei mantelli e si guardarono intorno: quello non era di certo il Wiltshire.

“Benvenute in Galles!” esclamò Edward andando loro incontro insieme a Orion. Walburga sorrise sorpresa: Edward indossava un completo in tweed verde che gli dava l’aria di un gentiluomo di campagna, così diverso da Orion che mostrava tutto il suo essere londinese nel suo completo antracite, come un bancario che si fosse perso.

“Perché siamo in Galles?” domandò Darlene mentre raggiungeva Orion. I due si osservarono impacciati e si salutarono con una stretta di mano prima di accorgersi di quanto fosse fuori luogo quel saluto. Si irrigidirono di nuovo e poi Orion provò ad abbracciarla e posarle un bacio sulla guancia. Walburga vide Darlene sciogliersi e diventare completamente rossa.

“Orion non fa altro che parlare di Darlene,” le disse Edward posandole un bacio sulla guancia. Walburga sentì il respiro sospendersi per un istante, come se tutto il suo corpo fosse rapita dal profumo del ragazzo. Si scambiarono un sorriso e lui le porse la mano invitandola a seguirlo: “Ecco il motivo per cui vi abbiamo invitato! Hai detto che vorresti specializzarti nello studio del Sangue di Drago, giusto?”

Walburga annuì perplessa, mentre lui continuava a sorriderle, le sussurrò: “Ho pensato che sarebbe stato meraviglioso conoscere la materia prima!”

“Non avrai mica…” stava per domandare quando voltò l’angolo e si trovò davanti un enorme Drago.

“Trovato un Gallese Verde? Certo che sì!” continuò entusiasta mentre la conduceva verso l’animale. “Non avere paura!”

“No, certo, i Draghi sono notoriamente creature cortesi!” esclamò sarcastica. Edward ridacchiò: “Ti posso assicurare che la cara Nessie è un Drago ben educato!”

Walburga non seppe rispondere, ma si fidò del suo accompagnatore. Lo vide avvicinarsi al Drago senza alcuna paura, come se i due si conoscessero. Edward accarezzò la creatura e poi fece le presentazioni e Walburga non era mai stata presentata a un Drago in modo tanto educato. Era così incredula di quanto le stesse capitando che nemmeno si sorprese quando si ritrovò sul dorso del Drago, aggrappata ad Edward, mentre l’animale spiccava il volo. Era terrorizzata e al tempo stesso inebriata dal sentire il vento tra i capelli, il profumo di Edward e le sue risate entusiaste mentre dialogava con Nessie.

Presero quota e Nessie rallentò, in quel momento Walburga realizzò che si stava stringendo un po’ troppo a Edward. Lui voltò la testa all’indietro per accertarsi di come stesse, le sfiorò le mani che stringevano la sua vita magra e le loro dita si intrecciarono per un attimo, mentre si scambiavano l’ennesimo sorriso. Non riusciva a smettere di sorridere.

Quando tornò con i piedi per terra, Walburga aveva il cuore che le batteva all’impazzata, mentre alternava lo sguardo tra Edward e Nessie.

“È una creatura incredibile, vero?” le domandò.

Walburga annuì e sospirò: “È l’esperienza più bella della mia vita.” Fu in quel momento che Edward le prese il viso tra le mani e la baciò sulle labbra mentre il cuore di Walburga batteva all’impazzata. In quel mondo di regole ipocrite e apparenza, era riuscita a trovare la felicità, quella vera, con un gentiluomo appassionato di Draghi. E forse ci voleva proprio un ragazzo abituato ad avvicinarsi ai Draghi perché scorgesse la bellezza in lei. Walburga ricambiò i baci di Edward e si strinse a lui e solo quando l’aria mancò si accorse dell’assenza di Darlene.

Edward sorrise imbarazzato: “Orion è sempre stato più bravo di me con le ragazze, sarà il fascino dei Black, non ha avuto bisogno di un Drago per fare colpo!” La strinse a sé e mentre Walburga ricambiava l’abbraccio gli disse: “Non avevi bisogno di Nessie per fare colpo!”

“Beh, ma adesso saprai che se so gestire Nessie potrò gestire anche la tua famiglia, Walburga Black.”

“Lo sai che tutto questo finirà non appena ufficializzerai le tue intenzioni?”

“Lo so, i fidanzati hanno meno libertà degli amanti clandestini, ma sei una gentildonna e meriti di essere trattata come tale.” Si scambiarono altri baci e passarono il pomeriggio stesi al sole su un telo, immersi nei prati gallesi. “Aspetta, ti prego,” gli disse con la paura che l’assaliva ogni qualvolta la sua famiglia rischiava di essere coinvolta.

“Non voglio aspettare, Walburga, ho aspettato a lungo e so che non esiste una ragazza come te.”

“Ma io sono troppo vecchia per te,” gli sussurrò amareggiata.

“Non dire sciocchezze, tu sei perfetta.” La strinse nuovamente e Walburga tornò a sentire il corpo di Edward contro il suo, i suoi occhi marroni erano luminosi mentre le posava baci sulle labbra, sul collo e le mani correvano su tutto il corpo.

“Hai mai?” le domandò pudico. Walburga arrossì e scosse la testa. Si vergognava di dire che nessuno era mai stato sufficientemente coraggioso di avvicinarsi tanto a lei da vincere ogni sua difesa.

“Tu?” gli domandò in rimando, curiosa e un po’ gelosa di chi avesse avuto quel privilegio. Edward sorrise imbarazzato: “Beh, sì, ma sai com’è con noi ragazzi… Ci trattano come degli animali. Arriva un’età in cui ti prendono e ti portano in una casa di piacere e ti dicono qualcosa tipo Oggi imparerai come far felice una donna! È tutto così poco romantico… Ti conservi per il matrimonio?”

“No, aspettavo solo qualcuno per cui ne valesse la pena.”

“Allora perdonami, spero di non farti attendere ancora a lungo,” le disse intrecciando le dita alle sue. Walburga sorrise, il cuore le scoppiava di gioia.

Non dovette attendere molto, il giorno dopo Edward Turner si presentò a Grimmauld Place vestito elegantemente, con un meraviglioso bouquet di rose bianche – purezza, reverenza, umiltà e devozione – e l’aria tranquilla, cortese e sicura di sé.

Irma lo accolse scambiandosi uno sguardo perplesso con Pollux. “Dove sono i tuoi genitori?” gli domandò per prima cosa.
“Sono al San Mungo, hanno degli interventi piuttosto urgenti e non potevano assentarsi, ma ho parlato con loro e mi hanno dato la loro approvazione. Sono qui per chiedere ufficialmente la mano di vostra figlia Walburga.”

“Tu? Un Turner?” domandò Irma perplessa.

“Lady Black la mia famiglia ha da secoli famosi Guaritori e Alchimisti, siamo Purosangue e assolutamente in grado di provvedere alla felicità di vostra figlia e al suo tenore di vita.”

Walburga lo osservava parlare con la schiena dritta, per nulla intimorito da Pollux e Irma Black: una spanna sopra quei fifoni che si nascondevano dietro i cognomi o che lasciavano parlare i genitori, e per nulla paragonabile a quegli sbruffoni che arrivavano convinti di poterla avere. Edward era orgoglioso del suo lignaggio, seriamente intenzionato a sposarla e per nulla scortese o intimorito dai genitori. Del resto, era abituato a dialogare con i Draghi, i Black non potevano essere peggio.

“Ti sembra che noi stiamo cercando un matrimonio d’affari, ragazzino?” domandò Pollux, alterato per l’insinuazione.

“No, lord Black, non ho insinuato nulla di simile, voglio solo mostrarvi la mia idoneità a prendermi cura della felicità di vostra figlia. Sono innamorato di lei.”

“L’amore è un terreno fragile su cui costruire un matrimonio.”

“Lo consolideremo con tutto ciò che è necessario, con la vostra benedizione.”

“Vedi, Turner, sei un ragazzo sveglio e sono certo che capirai, io non ho fretta che Walburga si sposi, non ho fretta di svendere mia figlia.”

“Non le sto chiedendo di svenderla. Ho l’approvazione dei miei genitori, ho preso una splendida casa georgiana nel quartiere residenziale di Diagon Alley, avrebbe elfi domestici e tutto quanto occorre a una fanciulla del suo rango. Sono qui per la vostra benedizione, nient’altro, lord Black. Non ho altre condizioni.”

“Il punto è che Walburga non prenderà il cognome di qualcuno che non sia nelle Sacre Ventotto.”

“I Turner sono sempre stati troppo impegnati al San Mungo per curare i rapporti con Cantankerus Nott che non li ha considerati nel suo elenco. In compenso, il nostro albero genealogico non ha bruciature di alcun tipo.” Edward con un gesto fluido della bacchetta evocò l’albero genealogico dei Turner e lo mostrò a Pollux Black orgoglioso.

Suo padre, tuttavia, non la prese bene, si allontanò scuotendo la testa, le mani intrecciate dietro la schiena, guardò l’arazzo di famiglia. Walburga sentiva che alcune bruciature su quell’arazzo erano ferite che ancora scottavano sulla sua pelle.

“La mia risposta non cambia, ragazzo, non avrai la mia benedizione. Walburga è destinata a una famiglia del suo rango, non a una setta di Guaritori come i Turner. Lei è una Black e questa è la mia ultima parola sul punto.”

Walburga rimase con il mazzo di rose in mano, seduta sul divano, pietrificata e con la stessa espressione sofferente che poteva leggere sul volto di Edward. Lui non nascose la delusione né il dolore, come i Black avevano sempre insegnato a fare ai figli, ma lo indossò con estrema dignità. Chinò la testa e si limitò a dire: “Ne prendo atto. Sono innamorato di sua figlia, ma rispetterò la volontà della famiglia. Grazie del tempo che mi ha concesso.” Si voltò verso di lei, entrambi avevano gli occhi lucidi. Walburga sentì la sua mano tremare quando prese la sua e le fece un baciamano perfetto. “Addio, cara Walburga, ti auguro ogni felicità. Te lo meriti.”

“Addio, Edward.”

Sentì le mani di sua madre afferrarle le spalle, come per sorreggerla, mentre Edward veniva accompagnato alla porta da Kreacher e a lei sembrava che l’aria sparisse all’improvviso e il mondo diventasse completamente buio.













 
Note:
Eccoci con il secondo capitolo di questa minilong tutta dedicata a Walburga Black. 
Da quello che sappiamo dalla Rowling, Walburga è nata nel 1925 mentre Orion nel 1929, quindi lui è più giovane di 4 anni e, per quanto a Hogwarts si siano incrociati, dubito che un certo tipo di interazioni avrebbero potuto esserci mentre lei era all'ultimo anno e lui era un mocciosetto del terzo anno. Ho preferito, quindi, far passare qualche anno dopo la fine di Hogwarts, quando Orion ha 20 anni e Walburga ne ha 24 e la differenza si sente di meno.

Venerdì arriva l'ultimo capitolo!
Un abbraccio,
Sev

 
   
 
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