Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
Segui la storia  |       
Autore: J Stark    19/08/2021    0 recensioni
Cosa succederebbe se inaspettatamente ti ritrovassi nel mondo dell'Attacco dei Giganti? Conoscendo la storia agiresti per cambiare gli eventi o lasceresti che facciano il loro corso? Assisteresti da spettatrice/spettatore alla morte dei tanti personaggi o cercheresti a tutti i costi di salvarli?
Ti invito a scoprirlo unendoti all'avventura di Carol, la protagonista di questa storia.
Genere: Avventura, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Erwin Smith, Hanji Zoe, Levi Ackerman, Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!, Tematiche delicate
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
                                                                                    12




Il tenue chiarore dell’alba filtrava già dalla finestra quando Carol si svegliò da un sonno profondo come non le capitava da anni.
Aprì pigramente gli occhi stiracchiandosi nel letto ed allungò istintivamente la mano per tastare lo spazio di materasso accanto a sé, trovandolo vuoto. Il fuoco scoppiettava allegro nel caminetto di pietra dall’altro capo della stanza, diffondendo il proprio tepore nell’ambiente.
La ragazza volse lo sguardo al soffitto, si sentiva incredibilmente felice ed in pace con il mondo.
I ricordi della sera precedente cominciarono a riaffiorare nella sua mente, a conferma che ciò che era accaduto non era stato un sogno ma l’inaspettata e bellissima realtà.
La sua razionalità le instillò un subdolo dubbio, spingendola a darsi un potente pizzicotto sull’avambraccio giusto per esserne assolutamente certa.
Ma contrariamente ad altre occasioni in cui le sue fantasie si erano effettivamente rivelate tali questa volta era sveglissima.
E si trovava ancora nella stanza del Capitano Levi.

Tra le profumatissime e pulitissime lenzuola del Capitano Levi.

«Buongiorno»

Quell’inconfondibile voce roca le giunse alle orecchie risvegliando ogni cellula del proprio corpo. Istintivamente si voltò in direzione di quell’irresistibile richiamo e lo spettacolo che le si parò davanti monopolizzò tutta la sua attenzione.
Levi era in piedi accanto al letto e la studiava con la fronte aggrottata, forse perché lei invece di rispondere al saluto era rimasta a fissarlo imbambolata.
A giudicare dal petto nudo e dall’asciugamano immacolato che gli cingeva i fianchi doveva essere appena uscito dalla doccia.

«Buongiorno a te» riuscì a sillabare recuperando un po’ di lucidità.

Il corvino si sedette sul letto a pochi centimetri da lei, dopo ciò che avevano condiviso anche quella misera distanza risultava fin troppa per entrambi.  Una potente corrente sembrava scorrere tra i loro corpi spingendoli a ricercare nella reciproca unione una completezza che in tanti anni non avevano mai sperimentato.
A prima vista Carol notò con piacere che il viso del Capitano era più sereno del solito e le occhiaie notevolmente ridotte.

«Questa notte ho dormito splendidamente» le confermò infatti lui come se le avesse letto nella mente, esalando un sospiro rilassato mentre spostava una ciocca ribelle dal volto della giovane.

Carol era al settimo cielo, avrebbe potuto trascorrere il resto dei propri giorni a perdersi in quelle pozze blu di solito tanto agitate eppure in quel momento così placide.

Cosa era la felicità in fondo, se non la possibilità di godere di piccoli attimi come quello?

«Lo stesso vale per me» mormorò lei regalandogli uno splendido sorriso.

Si scambiarono un lento bacio, diverso da quelli che avevano riempito la sera precedente ma non per questo meno intenso.
Non c’era fretta o urgenza in esso, era simile a quello degli innamorati di lunga data che si salutano prima di cominciare la giornata, un bacio che porta in sé la sicurezza e la promessa di non essere l’ultimo ma il primo di tanti.

E ad entrambi piacque quella sensazione che sapeva di quotidianità, di intimità, di casa.

Purtroppo essi erano anche ben consapevoli che oltre quella bolla di pura serenità in cui erano loro a dettare le regole del gioco, un ospite sgradito li attendeva una volta varcata la soglia della stanza.

Il tempo.

E contro questo inflessibile avversario non c’era possibilità di negoziazione.
Come quando il Tristo Mietitore bussa alla tua porta e tu sai che non puoi fare altro che preparare le valige e partire, perché quella chiamata non si può rimandare. 
Tuttavia nessuno dei due aveva intenzione di pensarci, non ancora almeno.
Quella triste consapevolezza venne quindi relegata in un piccolo recesso delle loro menti, nascosta dal calore delle loro effusioni.
La bionda si lasciò sfuggire una risatina quando alcune gocce caddero dai capelli bagnati di Levi stuzzicandole la pelle.
Lui pensò che quel sorriso potesse essere tranquillamente annoverato tra le meraviglie del mondo, era così luminoso da poter rischiarare anche la notte più buia.

E si rese conto che era piacevole farsi trascinare dall’energia di quella ragazza, lasciarsi andare, ridere, senza preoccuparsi di nient’altro.

«Sarà meglio che vada nella mia stanza prima che il resto della caserma si svegli» disse lei accennando al sole che era ormai sorto, chiaro segno che presto il Quartier Generale si sarebbe rianimato.

Levi annuì, ammaliato dai riflessi dorati che accendevano ancora di più il verde degli occhi di Carol, era davvero la donna più bella che avesse mai visto.
Si rivestirono con tranquillità e dopo il via libera del Capitano la ragazza si dileguò nel corridoio ancora deserto.
Mentre percorreva furtiva gli androni della caserma dovette costringersi a non saltare o gridare, tanta era la gioia che pervadeva ogni fibra del suo essere. Dentro di sé sapeva bene però che la situazione si era appena complicata… e di molto. Lasciare quel mondo ora sarebbe stato ancora più difficile del previsto, così come accettare le conseguenze delle proprie azioni. La paura si insinuò un poco nel suo animo, ma lei non le lasciò il tempo di mettere radici, determinata ora più che mai a salvare quelle vite dal buio destino che le attendeva.
 




Trascorse l’intera giornata senza che Carol e Levi potessero ritagliarsi un momento di intimità, complice il fermento per gli ultimi preparativi della spedizione che stavano tenendo occupati tutti i superiori.
Si incrociarono a pranzo in mensa ma ovviamente rimasero a debita distanza. Gli sguardi che si scambiarono dalle rispettive tavolate non sfuggirono comunque ad Hange, la quale mollò una potente e, a giudicare dalla reazione di Levi, dolorosa gomitata nelle coste dell’amico.
A quella donna davvero non si poteva nascondere nulla.
Lo stesso non si poteva invece affermare per Eren e compagni, troppo tesi per l’imminente partenza per badare ad altro. 
La giovane ringraziò mentalmente per la scarsa attenzione che le stavano dedicando, era troppo su di giri per riuscire a mantenere una facciata stoica.

«Ci sarai anche tu stasera Carol?» le chiese Armin che era seduto di fronte a lei.

Quella sarebbe stata la famosa “Notte prima dell’operazione di riconquista” ed era previsto che l’intero Corpo di Ricerca si riunisse nel refettorio per festeggiare. Tuttavia il pensiero di ciò che li attendeva a Shiganshina non le avrebbe permesso di godersi l’evento come avrebbe voluto, oltre al fatto che desiderava trascorrere del tempo con Levi.

«Non credo, oggi sono un po’ stanca…Magari vi raggiungerò al termine della cena»

«COOOOSAAA? Ma così ti perderai il più bello, ci sarà un sacco di carne!» esclamò Sasha già con la bava alla bocca.

Carol non riuscì a trattenersi dal ridere di fronte ad una visione tanto comica.

«In realtà Sasha devi sapere che io non vado matta per la carne…»

La ragazza patata impallidì vistosamente a quell’affermazione, come se qualcuno le avesse appena confessato un’indicibile bestialità.

«Tu non sei di questo mondo» le si rivolse sgomenta e la bionda rise ancora più di gusto, un po’ per la scena in sé, un po’ per il fatto che involontariamente Sasha aveva riassunto perfettamente la sua situazione.

Anche il resto del tavolo si unì a quella contagiosa ilarità, solo Armin non staccò gli occhi da Carol.

Neppure a lui la si poteva dare a bere.
 
 






Gli schiamazzi dei soldati, molti dei quali probabilmente già ubriachi, erano ben udibili persino dalla sua camera. Aveva lasciato la finestra leggermente aperta per far entrare un po’ di aria fresca nel tentativo di acquietare un poco l’ansia che aveva incominciato ad impossessarsi di lei dal pomeriggio. Per fortuna era riuscita ad evitare di farsi vedere in quello stato da Levi, il quale tra le numerose riunioni ed incombenze a cui aveva dovuto assistere non era ancora riuscito ad avvicinarla. Doveva necessariamente calmarsi prima del loro incontro, altrimenti lui avrebbe immediatamente capito che c’era qualcosa di strano.
Camminare nervosamente per la stanza non la stava affatto aiutando anzi sentiva le mani sempre più sudate ed il cuore martellarle le tempie.
Poi si ricordò di non aver concluso la lettura del diario del misterioso eldiano, perciò decise di dedicarsi a quello.
Recuperò il taccuino dal cassetto della scrivania, si posizionò comoda sul letto e si immerse nuovamente in quegli strani resoconti che dopo la morte di E. si erano fatti più radi, fino a contare poche pagine per anno.
In parte ciò era dovuto al fatto che, come riportava X. stesso, la frequenza di quegli strani “viaggi” si era notevolmente ridotta.
Ciononostante anche la narrazione si era fatta spenta e didascalica, come se effettivamente la gioia di vivere avesse abbandonato l’autore.

L’ultima pagina era datata 841 ed era una delle lettere a cuore aperto più struggenti che Carol avesse mai letto.



“È da molto che non aggiorno questo diario, forse perché da quando E. se ne è andata le mie giornate non sono così degne di nota.
Dovrei descrivere minuziosamente ogni particolare della mia permanenza, attenendomi al rigore scientifico che è sempre stato il mio vanto. Tuttavia mi rendo conto di non essere capace della stessa imparzialità di un tempo. Non possiedo la freddezza delle macchine che popolano sempre di più il mio Paese, poiché in quanto esseri umani siamo naturalmente portati a vivere di emozioni, rendendo di fatto soggettiva ogni nostra percezione ed esperienza.
Mentre scrivo fuori è una bellissima giornata, sembra che il mondo voglia schernirmi beffardo sfoderando tutto il suo splendore contro il mio umore più nero.
Se chiudo gli occhi posso lasciarmi trasportare da questa brezza primaverile che profuma di gelsomino, che profuma di lei.
Mi basta inalare a fondo questa dolce fragranza per sentirmi a casa ed al tempo stesso avvertire una stilettata al cuore.

Forse sono pazzo ad aggrapparmi a questo dolore atroce, ma il suo ricordo è tutto ciò che mi rimane.
Quando parlo di E. preferisco usare l’espressione "se ne è andata", ed anche questa è un'altra dimostrazione di come la mia impassibilità vacilli.
Morire è naturale, fa parte della vita. Eppure non riesco ad associare i concetti di decomposizione e putrefazione al ricordo di lei.
Ho scelto di pensare che sia partita per un lungo, lunghissimo viaggio, ma che sia ancora là fuori da qualche parte.
Forse perché questo implica che prima o poi potrò raggiungerla, ed io non desidero altro che rivederla.
Non sarà molto scientifica come scoperta ma ho imparato che nel corso della nostra esistenza ci approcciamo a diverse realtà, entriamo nei cuori di molte persone ed esse fanno altrettanto.
Incrociamo destini, raccontiamo storie, diventiamo storie.
Ed il tempo che lei ha trascorso insieme a me ha riportato la luce nella mia vita rendendola una storia bellissima.
Sono convinto che quando due anime così affini si incontrano non esistano mai addii ma solo arrivederci.
Manca poco ormai…presto partirò anche io, presto la raggiungerò.
Forse lungo quello stesso sentiero illuminato dalle stelle che mi ha portato qui.
Forse invece ci rincontreremo su una candida spiaggia sotto un cielo che non ha mai visto la guerra.
E quando contemplerò i suoi occhi brillare alla vista del vasto oceano, finalmente potrò ringraziarla.
Perché lei, al contrario di me, mi ha salvato.
Perché prima di conoscerla ero distrutto, un vuoto e triste relitto dell'uomo che ero un tempo.
Ma soprattutto le dirò quanto l'ho amata, e quanto l'amerò ancora ed ancora.”

 
Quando richiuse delicatamente il diario Carol era in lacrime.

Dire che quella lettera l'avesse profondamente toccata era riduttivo.

Non conosceva l’autore, non sapeva a chi appartenessero tutte le iniziali puntate che avevano popolato quelle pagine eppure ogni parola, ogni persona le era arrivata dritta al cuore. In qualche modo sentiva che quelle ultime righe erano rivolte a lei, giungendole proprio nel momento del bisogno.
Anche lei era aveva intrapreso un incredibile viaggio, anche lei avrebbe amato per sempre qualcuno oltre il tempo ed oltre lo spazio.
Per quanto avesse avuto diverse relazioni in passato nessuna aveva acceso dentro di lei delle emozioni paragonabili a quelle che provava con Levi.
Come se fino a quel momento avesse osservato solo le ombre del mondo proiettate su un telo.
E ora che quel velo era stato sollevato i suoi occhi potevano bearsi di tutte le bellezze che si stagliavano davanti a lei.

Adesso finalmente capiva cosa volesse dire amare.

Ma ciò portava con sé delle conseguenze meno piacevoli, poiché ora doveva misurarsi con un’ansia alquanto maggiore per gli eventi futuri ed avvertiva più gravoso anche il peso di un potenziale fallimento.

Eppure proprio in virtù di questa paura anche il suo desiderio di combattere, di avanzare acquisiva potenza.

“Succeda quel che succeda” si disse,
“Io sono pronta”.



 
 
Nel corridoio incrociò alcuni soldati decisamente alticci e ne superò altrettanti intenti a scambiarsi effusioni nelle penombre delle scalinate. Non poteva certo giudicarli, lei stessa in quel momento fremeva per rivedere Levi. Il giorno successivo sarebbero stati troppo impegnati per potersi appartare e la partenza per Shiganshina era prevista per il calar della sera, quindi voleva godersi ogni attimo disponibile. 
Arrossì ripensando alla profonda intimità che avevano condiviso la notte precedente e fu grata per la penombra che le oscurava il volto.
Dal refettorio proveniva un caldo decisamente opprimente oltre che un gran chiasso, a quanto pareva la carne comprata dalla Compagnia Reeves aveva riscosso grande successo.

Proprio mentre stava superando la porta della mensa per guadagnare l'uscita sulla strada principale un religioso silenzio si sostituì al fragore delle risate e lentamente un canto solenne si propagò nell’aria.


«Mi chiedo che cosa vedrei dall’alto del cielo verso il basso della terra?
Vorrei visitare qualche luogo che non sia questo.
Ho un sogno fin dalla mia infanzia, sapere cosa si trova nel vasto mondo,
qualcosa che superi ogni comprensione, di inimmaginabile.
Il sogno di ammirare la libertà equivale ad un gelido letto di fango.
Mentre prendiamo in prestito le sembianze di Dio la Giustizia snuda le proprie zanne.
Che sia fuori o dentro questa gabbia moriremo comunque.
Portando sulle spalle il peso dei nostri peccati diamo valore alla nostra avanzata,
Tradendo il crepuscolo ci siamo aggrappati alla luce della speranza,
l’abbiamo inseguita, già sapendo che eravamo diretti verso l’inferno.
Cosa sei disposto ad offrire per vedere dove ti conducono i tuoi sogni?
Il diavolo sussurra mentre passiamo sul sentiero di cadaveri,
“Che cosa c’è oltre questa oscurità”? La realtà che ci maledice fin dall’infanzia.
Un giorno saremo ricompensati, una volta superato il sentiero dei cadaveri.
Lungo la scia percorsa da archi e frecce dispieghiamo le nostre ali,
Anche se uniamo i nostri cuori è troppo presto per piangere i defunti,
poiché il sole non è ancora calato all’orizzonte.
Continueremo ad avanzare, oltre le onde dell’oceano!»


Quelle strofe così familiari assestarono una poderosa stoccata nell'animo di Carol, si trattava proprio della colonna sonora che apriva il ciclo di puntate sulla riconquista di Shinganshina.

Un inno al sacrificio e alla libertà che a lei suonava però come una perfida frecciatina nei propri confronti.

Una violenta vampata di calore la investì ed il respiro le si fece più affannato, segno che quell'evento aveva riacceso il panico dentro di lei spazzando via la calma appena ritrovata.

Sì appoggiò al muro per sostenersi ed avanzò incespicando verso il portone, incapace di tollerare oltre quel caldo infernale.

Doveva allontanarsi da quelle voci, aveva bisogno di aria.

Finalmente la brezza notturna le accarezzò il viso dandole modo di trarre un sospiro di sollievo.

«Parlare con l’Istruttore mi ha fatto bene, insomma voglio dire… che farò tutto quello che devo fare, che io sia in forma o meno»

La voce di Eren le giunse alle orecchie, evocando le immagini della famosa scena sulla scalinata. Carol si sporse oltre la parete quel tanto che bastava per osservare i tre amici che conversavano sotto le stelle.

«Però hai ragione, mi sento meglio. Da troppo continuavo a fare ragionamenti a vuoto. Continuavo a chiedermi perché non fossi forte come Mikasa o come il Capitano Levi. Io vi invidiavo, ma persino due come voi non possono fare molto da soli. Per questo motivo ognuno di noi deve avere il suo ruolo e tutti i piccoli ruoli insieme diventano un’unica forza.  È questo il motivo per cui ogni persona è diversa l’una dall’altra»

«Sì hai ragione» gli fece eco Armin, per poi ammutolirsi insieme ad Eren e Mikasa nell’osservare un ufficiale di passaggio che somigliava al signor Hannes.

Carol volse invece lo sguardo al cielo notturno, giusto in tempo per scorgere l’inconfondibile scia di una stella cadente attraversare velocissima quello spazio infinito.

«Quando ci saremo ripresi il Wall Maria e avremo eliminato tutti i nostri nemici, potremo tornare indietro a quei giorni?» domandò malinconica Mikasa.

«Li faremo tornare, anche se non sarà tutto come prima, per questo dovremo fargliela pagare» fu la risposta di Eren al quesito della corvina.

«Ma non si limita tutto a questo…» prese nuovamente parola Armin alzando a sua volta gli occhi al cielo.
 «Il mare. Un enorme lago salato che i mercanti non potranno prosciugare nemmeno mettendoci una vita. All’esterno di queste mura non ci sono solo i giganti…lave incandescenti, continenti di ghiaccio, distese di sabbia. Sono entrato nel Corpo di Ricerca per vederli di persona!»

«Ah beh hai ragione, questo è vero Armin» lo assecondò Eren seppur decisamente poco convinto.

Il biondo si accorse dello scetticismo del compagno di infanzia e scattò in piedi

«Allora, per prima cosa raggiungeremo il mare! Tu ancora non riesci a crederci, vero Eren? E invece vedrai, sono sicuro che esiste»

«Va bene, come vuoi tu Armin. Voglio proprio vederlo con i miei occhi»

Carol sorrise tra sé, era impossibile non lasciarsi trascinare dall’entusiasmo di Armin ed anche se in quel momento non poteva vederlo in faccia, era sicura che quegli occhi azzurri stessero brillando quanto gli astri sopra le loro teste.

«Questa è una promessa, dovrai farlo! Insieme esploreremo il mondo esterno, è mille volte più grande dell’interno di queste mura!»

«State di nuovo parlando di cose che capite solo voi» li zittì Mikasa, spedendo poi entrambi a letto a dormire.

La giovane attese che i tre fossero rientrati nella caserma prima di uscire allo scoperto per raggiungere Levi.

Sapeva esattamente dove cercarlo, perché anche lui aveva ascoltato ogni passaggio di quella conversazione.

Ed infatti lo trovò seduto a terra nella rientranza di un’arcata, con un boccale di birra ancora pieno vicino a sé ed un’espressione mesta in volto.

«Buonasera Capitano»

«Tsk e dire che pensavo di essermi nascosto per bene» rispose Levi rianimandosi e lasciandosi sfuggire un sorriso compiaciuto.

«Non per me, io so sempre dove trovarti» ribatté Carol prendendo posto accanto al Capitano ed intrecciando le proprie gambe su quelle di lui.

«Stavi pensando a Farlan ed Isabel vero?»

Lui annuì mantenendo lo sguardo fisso al suolo e deglutì con sforzo, come si fa con un boccone amaro o quando si cerca di scacciare il pianto che restringe sempre di più le pareti della gola per soffocarti.  

«Non voglio che a quei ragazzini capiti lo stesso. Voglio che tutti e tre sopravvivano e vedano il mare, sempre ammesso che esista»

Il Capitano faticava ad interagire con le persone e Carol pensò che ciò dovesse risultargli ancora più difficoltoso da quando il destino aveva posto sul suo cammino quel dinamico trio, un costante e doloroso miraggio di ciò che lui, Farlan ed Isabel erano stati.
Col tempo però quella che all’inizio gli era sicuramente apparsa come una crudele beffa era diventata una seconda possibilità.

Le sue parole tradivano l’affetto che provava per quei ragazzini a cui voleva regalare un futuro migliore di quello che era toccato a lui.

Questo era Levi, un uomo straordinario che non aveva idea dell’infinito amore di cui era capace.

Carol attirò verso di sé con dolcezza quel volto affilato per scrutare nelle profondità abissali dei suoi occhi blu.

Almeno quella certezza gliela doveva, solo una piccola anticipazione.

 «Lo vedranno Levi, grazie a te»

Ed il sorriso che ridiede vita a quello sguardo triste le confermò che aveva fatto la scelta giusta.

Le loro labbra si cercarono istintivamente abbandonandosi ad un vorace bacio che voleva compensare l’assenza di contatti di quella giornata.

«Devo esserti mancato molto oggi» ridacchiò lui impressionato da tanto trasporto.

«Mmmh potrei dire lo stesso di te» mugugnò lei mordendogli leggermente il labbro inferiore per dispetto «E comunque spero tu non abbia esagerato con Eren e Jean, domani ci servono in forze non ko su una barella»

«Tsk è davvero insopportabile il fatto che tu sappia tutto»

La sua reazione seccata strappò una risata a Carol.

«Anche minacciare Erwin di non riuscire ad andare in bagno… oggi hai proprio dato il meglio di te!»

Levi sollevò un sopracciglio guardandola perplesso.

«Ma quella conversazione risale ad una settimana fa»

La bionda rimase impietrita, quella differenza indicava che le tempistiche degli eventi non combaciavano perfettamente con la storia che lei conosceva.  Un’altra sbavatura che per quanto apparentemente insignificante minava ulteriormente la riuscita del piano.

La sua esitazione impensierì il Capitano che si sporse verso di lei scostandole i capelli dal viso

«Ohi, che succede?»

«Nulla nulla, tranquillo avevo solo fatto confusione. Colpa della stanchezza e dell’agitazione per domani»

Ma poiché lui non sembrava nemmeno lontanamente persuaso da quel goffo tentativo di sdrammatizzare, Carol decise di sviare il discorso su argomenti ben più interessanti.

«Ad ogni modo… vuoi rimanere qui seduto fino a domani mattina?» proferì maliziosamente, risalendo con le dita il braccio del corvino.

Levi avvertì la pelle d’oca fino alle estremità più remote ed il sangue ribollirgli in corpo.

Era astuta la mocciosa, convenne tra sé.

«Non credere di cavartela così. E comunque non hai appena detto di essere stanca?»

Lei sorrise divertita, la smorfia che il Capitano aveva stampata in faccia era fin troppo eloquente.

«Di te mai» gli sussurrò all’orecchio prima di baciarlo.
 
 
 



Aprì gli occhi all'improvviso, svegliandosi da un sonno leggero e si accorse che Levi non occupava il suo posto nel letto. Squadrò la stanza e quando gli occhi si furono abituati alla penombra riuscì a scorgerlo in piedi davanti alla finestra. Il tenue chiarore dell’ultimo spicchio di luna ne illuminava la figura marmorea contornando il profilo di ogni muscolo.
Carol scivolò fuori dalle coperte e lo abbracciò da dietro, appoggiando il proprio mento sulla spalla di lui.
Nonostante fosse completamente nudo e la stanza piuttosto fredda il suo corpo risultava piacevolmente caldo.
Non si era nemmeno preoccupata di poterlo cogliere di sorpresa poiché i sensi da Ackerman erano talmente affinati da rendere la cosa pressoché impossibile.

«Non riesci a dormire?»

Lui si girò in direzione di Carol, afferrandone i fianchi per ridurre lo spazio tra di loro.

«Tutt’altro, non ho mai dormito così bene in vita mia come in questi ultimi giorni»

Poi il suo sguardo si fece improvvisamente serio.

«Il tuo piano è buono Carol, tuttavia non riesco a fare a meno di essere inquieto. Ed è diverso dal turbamento che provo solitamente per le spedizioni. Non riesco a levarmi dalla testa un presentimento...e sento che c'è qualcosa che tu non mi hai detto. So che hai le tue ragioni, ma lo vedo nel tuo sguardo che non sei tranquilla»

Come poteva contraddirlo, certo che non era stata completamente sincera con lui.

C’era la possibilità che l’indomani li avrebbe attesi una disfatta, in cui Levi avrebbe perso il suo migliore amico e con esso le vite di centinaia di commilitoni.

A questo si aggiungeva l’ansia dovuta alle piccole ma frequenti discrepanze temporali e narrative che aveva riscontrato durante la propria permanenza.

Ma non poteva caricare su di lui un simile fardello, non se esisteva ancora una chance di vittoria.

Decise di continuare a tacere sul destino di Erwin, ripiegando su una confessione che, per quanto sincera, era consapevole non fosse la spiegazione voluta dal corvino.

«Mentirei se dicessi di essere perfettamente calma.  Come potrei, non sono mai stata in guerra, non ho mai combattuto contro un gigante. Inoltre… ora che tu sei entrato nella mia vita non voglio dovermi separare da te»

Lui le sorrise appena, senza staccare gli occhi dai suoi e prendendone il volto tra le mani.

«Lo stesso vale per me Carol. Tu mi hai sconvolto in ogni senso possibile, hai reso incredibile la mia infelice esistenza in questi giorni, hai ridato energia al mio cuore e sarà così fino a quando non farai ritorno a casa»

Un senso di grande tristezza stava crescendo nel petto della ragazza e la gola si faceva sempre più stretta e dolorante ad ogni respiro.
Le lacrime si stavano già preparando a scorrere, anticipando quel “ma” che fin dall’inizio entrambi erano consapevoli sarebbe prima o poi arrivato.

Ed implacabile come un colpo di ghigliottina la dura realtà calò su entrambi.

«Desidererei fuggire con te lontano da questo mondo crudele ma ciò non mi è possibile. Io sono un soldato e come tale devo comportarmi, ho fatto un giuramento e devo tenergli fede. Allo stesso modo non voglio che tu sacrifichi la tua famiglia, la tua vita sulla Terra per rimanere qui e rischiare quotidianamente di morire divorata, non potrei mai sopportarlo»

Levi parlò con la voce rotta dall’emozione, dover dire addio alla donna alla quale aveva aperto il proprio cuore dopo anni passati a reprimere sentimenti in una forzata apatia gli provocava un dolore enorme.

«Quello che dici è vero, fa male ma è così. Entrambi abbiamo delle responsabilità a cui non possiamo voltare le spalle. Tuttavia... voglio scegliere di vedere tutto ciò da una prospettiva diversa»

Il Capitano la guardò senza capire, in attesa che lei proseguisse.

«Secondo un'antica tradizione ciascuno di noi nasce con un filo rosso che lo lega ad un'altra persona. Non importa quale sia la differenza d'età, il genere, non importa l'estrazione sociale o in che luogo o tempo vivano, le anime gemelle unite dal filo troveranno sempre il modo di rivedersi. Ecco… io voglio credere che anche per noi valga lo stesso. Offro il mio cuore a te, Levi»

Il corvino rimase attonito di fronte a quella rivelazione, non sapendo sinceramente cosa rispondere.
In quel terribile giorno di cinque anni prima sotto la pioggia battente lui aveva offerto il suo cuore all'umanità, al Corpo di Ricerca.

Non poteva offrire qualcosa che non possedeva più. Non poteva mentire, non a lei.

Era scombussolato e non riusciva a gestire quel turbinio di nuove emozioni, si trattava di una situazione completamente nuova per lui.

E per quanto volesse lasciarsi andare aveva ancora troppe resistenze, era troppo presto.

La ragazza invece aveva compreso benissimo il suo disagio.
Era certa che anche lui provasse gli stessi sentimenti nei suoi confronti, come era altrettanto certa di quanta fatica gli costasse confrontarsi con le proprie emozioni e legarsi nuovamente a qualcuno che sicuramente avrebbe perso.
Quindi prese lei la parola, posando l'indice sulle labbra di lui per zittirlo.

«Lo so Levi, tranquillo. Stanotte non voglio pensare al futuro, voglio solo stare con te»

Lo sguardo del giovane si addolcì e le loro labbra si unirono fameliche, desiderose di non sprecare nemmeno un istante di quel tempo prezioso.
Contrariamente alla notte precedente fecero l’amore con irruenza, le loro mani ed i loro corpi si cercavano affannosamente, le loro bocche si separavano solo per respirare come se sapessero in cuor loro che il destino tramava perché quel sogno andasse in frantumi.
Entrambi si impressero i reciproci odori e sapori nella memoria, ricordi salati di lacrime e sudore che si mescolavano tra le lenzuola stropicciate.
 
   
 
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti / Vai alla pagina dell'autore: J Stark