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Autore: Shireith    20/08/2021    4 recensioni
Paura del vuoto, Tobio?
Ed è (il vuoto che hai dentro)
un vuoto che non puoi colmare
perché chi lo colmava se n’è andato.

Sì.
Breve KageHina scritta ascoltando Taylor Swift, date la colpa a lei per l'angst.
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Shouyou Hinata, Tobio Kageyama
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il vuoto che hai dentro


 Guardare giù gli fa torcere lo stomaco fino ad avere la sensazione di sentirlo lacerarsi e strapparsi su se stesso. Sembra che in fondo, proprio dove c’è la strada, un buco nero si stia originando dal nulla appositamente per risucchiare loro e l’intero palazzo.
 «Paura del vuoto, Tobio?»
 La voce di sua sorella è fin troppo canzonatoria. Purtroppo per lui, il tempo che ci mette a formulare un debole no non aiuta la sua causa.
 Miwa lo afferra per il cappuccio in un gesto tanto veloce che per un terribile attimo Tobio, a pochi centimetri dal bordo, ha paura di cadere giù. Barcolla sul posto con il cuore che gli esplode in petto e Miwa rinsalda la presa con decisione, tirandolo indietro.
 «Non ti voglio mica buttare giù, cretino», lo rimprovera dandogli un lieve colpo sulla nuca. «Fai bene ad avere paura, è proprio quello a tenerti in vita. Ma quello di cui devi avere paura è il vuoto, non di cadere.»
 Niente di tutto ciò ha senso per Tobio.
 Miwa intercetta le sue perplessità nel suo sguardo. Tobio la sente sospirare. «Quello che intendo dire è che se cadi da qui muori, ma non saranno due o trenta cadute mentre insegui la palla a ucciderti. Non tutti i rischi sono uguali, devi decidere tu quali correre. È quello che voleva farti capire il nonno.»
 Tobio annuisce – ha senso.
 
Eppur rimane che il vuoto ti fa paura.
 
 Le sfide di Tanaka e Noya hanno nei primini sempre il medesimo effetto: Tsukishima rifiuta schifato, Yamaguchi – vuoi per solidarietà, vuoi per timore – si dice d’accordo, Hinata e Kageyama si scambiano occhiate belliche e si lanciano in sfide che regrediscono la loro età mentale allo stato infantile (Tsukishima direbbe fetale, e Yamaguchi concorderebbe).
Questa volta Hinata ha lo sguardo di chi se la sta facendo nel costume e Kageyama non tenta nemmeno di nascondere il suo compiacimento.
 Un salto da un trampolino alto sei metri, per lui, non è nulla – non ha paura del vuoto.
 
E anche se il vuoto non ti fa più paura,
il vuoto ce l’hai dentro e quello sì che fa paura.
 
(Più se ne va e meno fa paura.)
 
 E col tempo se n’è andato (il vuoto) grazie al ragazzo che se la fa nel costume all’idea di saltare da sei metri d’altezza ma lo fa comunque – perché lo ammira e vuole batterlo, perché lo ammira e vuole dimostrare di essere il migliore; perché essere il migliore vuol dire che sulla vetta ci sei solo tu e gli altri combattono la luce del sole pur di ammirarti dal basso.
 E col tempo se n’è andato (il vuoto) perché sono amici, giorno dopo giorno; perché parlano, giorno dopo giorno; perché si allenano insieme, giorno dopo giorno; perché anche col Pacifico a separarli sono sempre nella testa dell’altro, compagno e rivale allo stesso tempo. In Brasile Hinata vuole superare Kageyama e in Giappone Kageyama vuole impedirglielo.
 
Tutti i giorni cadi e il vuoto non
ti fa paura né dentro né fuori.
 
 Kageyama se ne prende gioco (del vuoto) da anni e più il tempo passa più diventa cosa naturale, tanto naturale che smette di dargli soddisfazione.
 Non c’è vuoto il giorno del primo bacio, non c’è vuoto il giorno del primo appuntamento, non c’è vuoto il giorno della prima litigata, non c’è vuoto il giorno della proposta, non c’è vuoto il giorno del matrimonio, non c’è vuoto quando insieme prendono la decisione di adottare due gemelle e da due si passa a quattro.
 
 Kageyama nella sua vita ha sempre visto la pallavolo, solo e soltanto lei. Ma non gli dispiacciono i pranzi domenicali, i sabato sera passati a casa sul divano, le corse il lunedì mattina perché è una regola universale che l’inizio della settimana faccia schifo e che tutti vorrebbero passarlo sotto tre strati di calde coperte. Non gli dispiacciono le visite di amici e “zii”, nemmeno quelli annoverati nella lista dei peggiori – al terzo posto c’è Tsukishima, al secondo Atsumu, al primo Oikawa; ogni tanto se ne aggiungono altri.
 
 E il vuoto se n’è andato perché se anche quel vuoto fosse un buco nero comunque non potrebbe risucchiare Shouyou – che riempie il vuoto, ne colora i muri, ne spezza il silenzio tanto che quello non è più vuoto.
 
È un caldo giorno d’agosto quando il vuoto torna.
(Ce l’hai dentro.)
 
Sono Suga e Daichi a chiamare ogni giorno per sapere come stai (non rispondi).
Sono Tanaka e Shimizu a farti sapere ogni giorno che ci sono quando vuoi per le bambine (stanno bene con te, un padre c’è ancora).
Sono tanti i compagni di squadra a ricordarti che hai ancora una carriera e che sono sempre disponibili per una partita tra amici (non t’interessa).
 
(Anche la pallavolo ti sembra vuota.)
 
Eppur rimane che il vuoto che più
ti spaventa è quello che hai dentro.
 
 Ed è (il vuoto che hai dentro) occhi nocciola
 e capelli sfumati d’arancio
 e mani che hanno toccato ogni centimetro della tua pelle.
 
 Ed è (il vuoto che hai dentro) paura del nulla
 e una determinazione che fa invidia a chiunque
 e una forza d’animo che spaccava le montagne a mani nude.
 
 Ed è (il vuoto che hai dentro) lacrime di bambine
 e silenzi soffocanti in cucina
 e lenzuola e sedie e poltrone e tutto troppo vuote.
 
 Ed è (il vuoto che hai dentro)
 un vuoto che non puoi colmare
 perché chi lo colmava se n’è andato.
 
You drew stars around my scars,
but now I’m bleeding
 
«Paura del vuoto, Tobio?»
 
*
 
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