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Autore: Nikita Danaan    20/08/2021    2 recensioni
[La Bella e la Bestia AU!]
"C’era una volta, tanto tempo fa, uno splendido castello in cui viveva un principe di bell’aspetto. Aveva i capelli neri come le ali dei corvi, occhi profondi e scuri, ma era terribilmente egoista e senza cuore, tanto che una notte una vecchia chiese asilo nel suo castello. Inuyasha – questo era il nome del principe crudele – glielo negò, inorridito dal suo aspetto.
Quest’ultima, adirata, rivelò il suo vero aspetto, ovvero quello di una sacerdotessa nera che aveva venduto l’anima ai demoni per poter acquistare la bellezza e la vita eterna.
Tsubaki, la sacerdotessa, gli disse “Non bisogna mai giudicare una persona dall’aspetto esteriore”."
***
Kagome è una ragazza molto bella che adora leggere. Immergersi nei libri è l'unico modo che conosce per vivere una vita piena di avventure. Un giorno il nonno, mentre si reca ad una esposizione sulla scienza, si perde e finisce prigioniero in un castello. La ragazza lo andrà a cercare ma si imbatterà in una creatura, che tutti definiscono una bestia.
[GLI AGGIORNAMENTI SARANNO LENTI]
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Inuyasha, Kagome, Miroku, Sango | Coppie: Inuyasha/Kagome, Miroku/Sango
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Inuyasha guardò l’uomo uscire dai sotterranei, scortato da Miroku per poi tornare ad osservare Kagome. La ragazza aveva gli occhi puntati verso la cella. Aveva certamente capito che avrebbe sostituito il nonno lì dentro.
Tuttavia, una parte di lui si sente terribilmente in colpa nel figurarsela rinchiusa tra quelle sbarre. Però il vecchio l’aveva fatto rinchiudere senza troppi problemi, anche se poi si era assicurato che mangiasse adeguatamente e non gli avesse fatto del male.
Per quanto la giovane si sforzasse di apparire ai suoi occhi come forte e risoluta, in realtà bastava osservarla con più attenzione per rendersi conto che era spaventata. In più l’odore del suo sudore e l’incessante battere del suo cuore erano un segno ancora più inequivocabile della paura che stava provando in quell’istante.
Fece per afferrarla per un polso, ma fu interrotto dalla voce squillante e infantile di Shippo, il quale aveva intuito cosa volesse fare. Saltò sul braccio che il principe stava allungando verso la giovane e iniziò a urlare istericamente “Siete una bestia crudele! Come potete chiuderla lì dentro? Ha già perso il nonno e ora è vostra prigioniera. Non vi sembra una tortura più che sufficiente?”.
“Shippo, scendi dal braccio del principe e modera il linguaggio” lo rimproverò la signora Kaede, preoccupata. Shippo, seppur controvoglia, fece come la nonna gli aveva detto. L’anziana teiera temette che Inuyasha potesse fare del male a suo nipote, ma le parole della tazzina-volpe ebbero l’effetto di stringergli il cuore. Oltre all’odore del suo sudore, aveva percepito anche quello delle lacrime che la giovane si era lasciata sfuggire poco dopo che il nonno era stato portato via. Ciò era possibile proprio a causa di quella dannata maledizione che gli aveva scagliato quella megera che lo aveva dotato non solo di una forza e una velocità sovrumane, ma anche di un mirabolante fiuto e un udito infallibile da cane.
Apparentemente quelle capacità però potevano anche essere sfruttate in positivo, però la vera maledizione era che appariva agli occhi degli altri come un demone spaventoso, visto che essa aveva modificato il colore dei suoi capelli e dei suoi occhi, in più gli aveva aggiunto dei segni violacei sulle guance, gli artigli e le zanne.
Per questo non si era mai illuso che davvero qualcuno si potesse innamorare di lui. Già quando era umano non era benvoluto per via del suo carattere tirannico, nonostante fosse fisicamente piacente, figurarsi quando anche il suo aspetto era tutto fuorché gradevole.
Come se non bastasse, le sue orecchie erano mutate in due fastidiosissime orecchie da cane, le quali si muovevano ad ogni minimo rumore, infatti poteva udire senza troppi problemi gli singhiozzi della giovane, che tentava di trattenere a fatica, mentre continuava a dargli le spalle.
Kagome fece per mettere un piede dietro la cella, capendo che era inutile aspettare che fosse la bestia a farlo.
Inuyasha attese che entrò dentro la cella per poi chiuderla. Successivamente consegnò le chiavi a Sango dicendo “Appena ritorna il candelabro consegnagli queste”. Poi si girò verso Kaede “Teiera, porta del cibo alla ragazza. Ogni giorno deve avere due pasti abbondanti, poi prendete le sue armi e buttatele da qualche parte o mettetele in una stanza che non viene usata. Non mi interessa, basta che lei non ci venga più a contatto”.
Le due si limitarono ad effettuare un cenno di assenso con il capo, mentre il principe usciva dalle segrete.
Le tre suppellettili la osservarono mentre dentro la cella si accovacciava al suolo e si circondava le ginocchia con le braccia.
Rimasero a fissarla per un po’, senza sapere cosa dire o come comportarsi, ma fu la vecchia Kaede a richiamare l’attenzione degli altri due ricordandogli che dovevano occuparsi di ciò che gli aveva chiesto il principe.
Così Shippo, mogiamente, spinse via l’arco e la faretra che Kagome aveva lasciato cadere al suolo e li spostò il più lontano possibile dalla cella.
Siccome Shippo non dava cenno di volerle lasciare in un punto preciso e avrebbe probabilmente continuato vagare per la stanza, Sango prese la parola “Shippo, tranquillo. Dopo ci penso io a portarle via”.
Il demone volpe non batté ciglio. Si limitò ad abbandonare le armi in un punto imprecisato della stanza e a raggiungere la nonna per poi risalire insieme a lei le scale, che portavano fuori dai sotterranei.
Sango si fermò qualche secondo in più, continuando ad osservarla sentendosi in colpa. Lei e quell’uomo non centravano niente in tutta quella storia. Non meritavano di soffrire così. Non poteva fare molto per lei: se l’avesse liberata o anche solo aiutata a scappare non solo lei ma anche tutta la servitù avrebbero rischiato grosso, ma si promise che avrebbe fatto del mio meglio per renderle la prigionia più sopportabile.
Già procurarle del cibo in più era già più facile, visto che il principe non si sarebbe mai preso la briga di controllare le porzioni di una prigioniera, contando anche del fatto che non si curava nemmeno delle loro. Kagome alzò per un istante la testa e la guardò. Il suo sguardo era spento. Quella ragazza era stata completamente annientata.
Sango sentì il senso di colpa montare su ancora più forte di prima, ma poi decise di non farsi prendere dallo sconforto. Non era nel suo stile, visto che era molto più brava ad agitare che a rimuginare, tuttavia per un istante provò verso il principe lo stesso odio che sentì quel giorno quando il suo fratellino rischiò la vita.
Ricambiò quello sguardo cercando di farle capere che lei era dalla sua parte. Dopo di ciò, Sango si girò e lasciò anche lei le segrete lasciando Kagome in compagnia delle sue paure e della luce fioca delle torce.
***
 
Per qualche giorno, Inuyasha osservò per tutto il tempo la ragazza dalla Sfera. Cercò di capire come si comportava con la servitù, ma non parlava né interagiva neanche quando erano le suppellettili animate a cercare di instaurare anche un piccolo dialogo con lei. Soprattutto la scopa provava a parlarle, ma lei era sempre seria, con le gambe raccolte contro il petto, una maschera di cera al posto del viso e gli occhi rossi sempre gonfi a causa delle lacrime.
A volte si trovava a fissare a lungo quel volto sofferente e a rendersi conto troppo tardi che i suoi artigli si erano conficcati nella carne delle sue mani e lo realizzava grazie all’odore ferroso prodotto dalle gocce di sangue, che scorrevano fuori dalle sue falangi.
Non capiva nemmeno lui perché si sentisse così. Anche con il vecchio in fondo aveva avvertito il peso di un macigno sullo stomaco, ma non era nemmeno lontanamente arrivato a farsi del male da solo.
Come se non bastasse, l’atmosfera al castello, già di per sé piuttosto pesante a causa del rapporto problematico tra lui e i servitori, si era fatta ancora più tesa, dato che ogni volta che circolava per le varie stanze scorgeva o comunque percepiva sempre degli sguardi puntati su di sé. Come se tutti gli abitanti del castello si fossero coalizzati per fargli arrivare un unico messaggio: liberate la ragazza.
Già quando suo nonno era stato rinchiuso nessuno aveva approvato questa sua decisione, anche se non si azzardavano a contradirlo o a farglielo notare. Stavolta però non erano sguardi lanciati di soppiatto quando erano certi che non li stesse guardando, ma erano occhiate di puro disprezzo.
Ciò gli ricordò il periodo subito successivo alla maledizione, dove tutti lo odiavano per essere stato la causa anche della loro maledizione. Ci fu anche un tentativo di rivolta che mai fu concretizzato appieno, perché si resero presto conto che non solo non avevano più un luogo dove andare, ma non potevano allontanarsi dal castello. Solo lui poteva, però non lo faceva perché non aveva altri luoghi dove andare.
Come sarebbe potuto uscire dal palazzo con quel suo aspetto mostruoso? In più non voleva comunque lasciare la sua dimora, anche perché i viveri iniziarono a scarseggiare, ma per fortuna Inuyasha era riuscito a mantenere un legame con un commerciante, il quale portava ogni due settimane varie provviste, che bastavano in un qualche modo per tutti. Se no vi sarebbe stata non solo una rivolta, ma sarebbero morti tutti di fame.
La maledizione ma soprattutto l’atmosfera di tristezza e desolazione che si respirava nel castello aveva tolto la voglia di festeggiare, ridere e scherzare, quindi si limitavano solo sopravvivere mangiando giusto lo stretto indispensabile e tenere in ordine le poche stanze del palazzo usate dal principe. Per quanto riguardava Inuyasha, vi erano giorni che non aveva nemmeno fame e quindi lasciava più cibo a loro. Non aveva lasciato indicazioni sui viveri, perciò potevano, almeno su quell’aspetto, fare come volevano.
Dato che non si potevano spostare non potevano nemmeno cercare qualcuno che spezzasse la maledizione. Non che il principe credesse davvero che ci sarebbe riuscito.
Non amava nemmeno sé stesso e nessuno con il suo aspetto si sarebbe mai innamorato di lui.
Tuttavia, appena si era manifestata quella giovane dalla bellezza ammaliante nella loro dimora, gli abitanti del castello avevano subito sperato che potesse essere una manna dal cielo e che li liberasse, ma vederla rinchiusa in ben che non si dica nelle segrete aveva distrutto ogni loro speranza.
Ma in fondo speravano ancora di poter tornare alle loro vite normali, per questo decisero come se le loro menti si fossero fuse in una sola che quella ragazza non poteva restare lì dentro.
Miroku, in tutto ciò, aveva tenuto le chiavi della cella. Non le aveva restituite al suo padrone per un motivo molto semplice: quando Sango gliele aveva portate, come il principe le aveva ordinato, aveva immaginato che fosse il suo modo per nominarlo custode delle chiavi, cosa che invece con il signor Higurashi non aveva fatto. Invece le aveva tenute lui stesso. Non sapeva il perché di quel cambiamento però, mentre era intento a camminare per il castello, si fermò all’improvviso colto da un’idea. Sapeva che era una follia, che un tale rischio avrebbe messo in pericolo gli altri, che ormai considerava come la sua famiglia – anche perché quella biologica l’aveva persa molti anni prima – perciò decise che avrebbe agito da solo.
Cambiò direzione e si diresse verso le segrete, senza rendersi conto che due figure lo stavano seguendo.
 
***
“Cosa ci fate voi due qui?”.
“Dovremmo farti la stessa domanda, Miroku”.
Di fronte al candelabro, si trovava Sango che lo fissava seria. Le piccole braccia di legno erano incrociate contro il manico che, se fosse stata ancora umana, sarebbe stato il suo busto. Accanto a lei vi era il piccolo Shippo che saltellava euforico.
“Quindi libereremo la signorina Kagome? Così potrà tornare da suo nonno!” continuava a chiedere con la sua vocetta acuta.
“Shippo, ti prego, fa’ silenzio! Se no ci scopre” lo implorò Sango.
“Sapete che vi state cacciando in un grosso guaio, vero?” una voce roca e burbera li interruppe.
I tre si spaventarono e si strinsero tra di loro. Era la loro fine, il principe li aveva scoperti!
Invece, aguzzando meglio la vista, si resero conto che di fronte a loro si trovava Kaede.
Shippo saltellò verso la teiera, esclamando con tono gioioso “Nonnina, non temere! Stavolta ci sono Miroku e Sango ad aiutarmi. Stavolta riuscirò a salvarla”.
La teiera lo fulminò con l’unico occhio visibile “È una pazzia! Appena lo scoprirà non la passerete liscia e lo sapete” spostò lo sguardo sugli altri due. “Non possiamo salvarla. La ragazza è destinata a rimanere qui”.
I tre abbassarono lo sguardo affranti. Kaede aveva ragione. Che speranze avevano di far scappare la ragazza? Nessuna.
“Almeno” sussurrò il piccolo Shippo “possiamo almeno farla uscire da quella cella e metterla in una stanza del castello? Tanto ce ne sono talmente tante! Molte non le usa nemmeno!”.
“Non possiamo farlo senza il permesso del principe...” disse Sango, sbuffando.
“Potrei parlargli io e provare a convincerlo” si propose Miroku. La scopa si girò di scatto verso di lui “Vengo con te!”. “Meglio se vado da solo”. “Ne sei sicuro? Insomma…potrebbe farti del male”.
In verità il principe Inuyasha di base non feriva o picchiava nessuno di loro. Si era limitato ad urlare in faccia e trattare male chi non obbediva ai suoi ordini, chi andava nelle sue stanze, le quali erano proibite alla servitù e poteva accedervi solo lui, oppure quando era di pessimo umore. Era un tiranno e soprattutto da quando era divenuto una bestia incuteva ancora più timore, però Miroku sapeva che la maggior parte di loro, lui compreso, svolgeva bene il proprio lavoro, quindi il principe non aveva alcun motivo di maltrattarlo. Tuttavia il timore che avesse la luna storta era sempre dietro l’angolo e in quei casi il rischio che non controllasse l’istinto della bestia e che li ferisse era maggiore.
A volte era successo. L’ultimo episodio era capitato con il fratellino di Sango, Kohaku, il quale con la maledizione fu tramutato in una paletta. Il ragazzino, ancora inesperto su quali stanze poteva visitare e quali no, entrò senza volere nella stanza dove il principe teneva la Sfera, l’oggetto che la strega gli diede quando li maledisse e che era il fulcro del sortilegio. Quando il principe lo scovò, montò su tutte le furie e lo attaccò usando i suoi artigli affilati e per poco non lo ferì mortalmente.
Per fortuna giunsero Miroku e Sango in quel momento, che stavano cercando il ragazzino. Il primo distrasse il principe, mentre la seconda prendeva il fratellino e lo portò a farsi medicare da Kaede, la quale era un’esperta guaritrice.
Da allora Sango proteggeva Kohaku vietandogli di girare per il maniero e di rimanere sempre nelle sue stanze per evitare che gli venisse fatto di nuovo del male.
Miroku lesse lo stesso terrore negli occhi di Sango di quella volta. “Stai tranquilla. Starò attento” le disse serio. Poi si avvicinò alla cella di Kagome che per tutto quel lasso di tempo era rimasta nella sua solita posizione.
“Signorina Kagome, farò del mio meglio per darle quanto meno una collocazione più dignitosa di questo lurido tugurio”.
   
 
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