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Autore: Octave    21/08/2021    14 recensioni
-Prese il coraggio a due mani e, mentre Hans Axel cercava con lo sguardo un posto dove sedersi e appoggiare la bottiglia, fece l’unica cosa possibile:
“Vi ricordate che serata meravigliosa abbiamo trascorso a Parigi, prima che voi partiste? Dobbiamo tornare a festeggiare in quel posto! Andiamo a prendere i cavalli!”-
Anche questa storia sviluppa e approfondisce un momento di cui si è già parlato nel racconto “ Il cane normanno (e i suoi segreti) ” e si riallaccia a “ Come andò che André passò la serata con Hans Axel e Oscar indossò l’alta uniforme (se dobbiamo prestar fede al cane normanno) ”.
Perché chi scrive permane nella sua convinzione che qualche volta è utile cambiare prospettiva. Per comprendere meglio le cose, per farsi due risate e, non ultimo, per togliersi qualche sassolino dalla scarpa.
Per chi ama la metaletteratura e il nonsense. E per chi non ha paura della leggerezza.
Genere: Parodia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, André Grandier, Hans Axel von Fersen, Oscar François de Jarjayes
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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COME FU CHE ANDRE’ TRASCORSE UN’ALTRA SERATA CON HANS AXEL.  E QUESTA VOLTA, PER QUANTO INCREDIBILE, FU LUI AD INVITARLO! (DEL CANE NORMANNO ABBIAMO DECISO DI FIDARCI)

 

“Non abbiamo un budget illimitato, Hans!” sbottò Dezaki alla decima mela che finiva a terra senza che Fersen riuscisse a centrarla.

“Rifacciamola, rifacciamola! Sono concentrato adesso!”

“Possiamo avere un giubbotto antiproiettile, almeno?”  chiese André ammiccante, a mezza voce, ma in modo che Dezaki, che era accanto a lui, lo sentisse.

 “Il giubbotto antiproiettile è anacronistico” rispose asciutto. Poi gli chiese sottovoce:

“Ma non è stato a fare la Guerra d’Indipendenza? Possibile che non abbia imparato niente?”

“Sono sicuro che qualcosa ha imparato…” rispose André vago.

“Va bene, diamogli fiducia!” concesse Dezaki, poi rivolto ad Oscar, cercando di mantenere un tono di voce conciliante: “Intanto non potresti guardarlo con un po’ più di interesse, se proprio non possiamo pretendere con ardente desiderio?”

Lei annuiva spazientita.

“Fersen, Oscar, Fersen!! Dall’altra parte! Devi guardare Fersen con un po’ più di interesse!” e si massaggiava le tempie con la punta delle dita” E’ un eroe che torna dall’America, ha combattuto la Guerra d’Indipendenza e si è coperto di gloria! E tu Hans potresti per favore assumere un’aria un po’ più da eroe che si è coperto di gloria?”

“Certo!” rispose il Conte gonfiando il petto sotto gli occhi perplessi di Dezaki “Questo mi viene bene!” e ripeteva tra sé con grande concentrazione: “Coperto di gloria e centrare la mela. Ce la posso fare!”

“Si potrebbe aggiungere almeno qualche battuta di turpiloquio al mio personaggio?”

“No, André, tu sei il mio preferito e devi essere perfetto!”

“Sarò un perfetto cadavere se quello continua a mirare in questo modo!”

“Azione!”

Ventisette mele dopo Dezaki si teneva la testa tra le mani e non parlava. Poi un’idea improvvisa illuminò il suo sguardo:

“Sai che ti dico, Hans? Tu intanto vai a scegliere il menù per il desinare dai Jarjayes, noi ti raggiungiamo subito!”

“Usiamo una controfigura” buttò lì Dezaki quando il Conte si fu allontanato “E cerchiamo di andare avanti”

“Posso avere anch’io una controfigura quando giriamo la scena in cui devo duellare con lui?” chiese André.

“Non ti ci mettere anche tu, adesso. E vediamo di sbrigarci prima che torni!”

 

 

Non abbiamo un budget illimitato, Hans”, ripetè Dezaki mentre il Conte spazzolava cinque portate con relativi bis.

Più tardi, davanti al camino, Hans Axel strizzò l’occhio ad André, mentre Oscar fingeva, con cortese noncuranza, di rivolgere tutta la sua attenzione al bicchiere che aveva tra le mani, e gli disse in un soffio: “Tutto a posto! Quella faccenda”; André gli strizzò l’occhio di rimando, pensando che, almeno, non ci sarebbero state altre serate in osteria.

Ma il suo sollievo si trasformò in panico, quando, più tardi – tutti si erano già ritirati per la notte – andò ad aprire, con circospezione, la porta della sua camera – un colpetto discreto – e si ritrovò davanti il Conte, con due bicchieri e una bottiglia e un sorriso cameratesco sulle labbra:

“Sono venuto per il bicchiere della staffa! E per raccontarvi delle mie…avventure americane” e ridacchiava.

André fu lì lì per rimanerci secco:

“Conte di Fersen! Io ecco… non aspettavo voi, cioè, io non aspettavo assolutamente nessuno, cioè non mi aspettavo che…”

In preda ad una agitazione crescente André pensava che la doveva avvisare, la doveva assolutamente, immediatamente, avvisare, Ma come? Ci voleva un’idea. E alla svelta.

1.         whatsapp: anacronistico;

2.         telegramma: pure;

3.         piccione viaggiatore: dormono a quest’ora e non mi sentirei neanche di escludere che Dezaki li abbia precettati ed istruiti per spiarci e riferire poi a lui;

4.        “Conte di Fersen io vorrei che faceste una cosa per me, siete la sola persona di cui mi fidi, so che non mi tradirete mai. Vorrei che le diceste in gran segreto che non posso vederla stasera…”: dai siamo seri, va bene che è metaletteratura, ma non esageriamo!

Prese il coraggio a due mani e, mentre Hans Axel cercava con lo sguardo un posto dove sedersi e appoggiare la bottiglia, fece l’unica cosa possibile:

“Vi ricordate che serata meravigliosa abbiamo trascorso a Parigi, prima che voi partiste? Dobbiamo tornare a festeggiare in quel posto! Andiamo a prendere i cavalli!”

“André, siete un vulcano di idee!”

Sono un vulcano e basta. E sul punto di esplodere. Avrebbe voluto rispondere. Invece sorrise a denti stretti e si avviò verso le scuderie con Hans Axel, che gesticolando ininterrottamente, aveva già iniziato a raccontare.

E pensava intanto a che cosa avrebbe potuto dire per arginare l’ira furibonda di Oscar, il giorno dopo, cioè, ammettendo di essere ancora vivo, il giorno dopo.

 

 

La mattina seguente André aveva ricordi abbastanza vaghi della serata trascorsa. Gli tornavano in mente frammenti di conversazione:

“E adesso, André, finalmente va tutto a gonfie vele!”

“Ecco, vedete? Ve lo dicevo!”

“Ma c’è lo stesso un problema…”

“Non avevo dubbi…”

“Il problema è che proprio adesso che tutto funziona a dovere, noi, ecco…abbiamo deciso di portare la relazione su un altro livello…”

“E’ un anacronismo, Conte”

“Sì…certo, volevo dire, abbiamo deciso di sublimare i nostri sentimenti…”

“E’ un anacronismo anche quello!”

“Sì, insomma, in pratica noi non…”

“Ho capito, ho capito! Non aggiungete altro!”

“Un altro giro?”

“Sì, è meglio!”

 

 

Non era ancora riuscito a vedere Oscar. L’aveva cercata nella sua camera, alla fontana e nelle scuderie, ma inutilmente. L’avrebbe vista tra poco sul set e non occorreva una fervida immaginazione per sapere cosa lo aspettava.

Dezaki con il berretto di lana per l’emicrania calcato in testa, chiedeva se qualcuno avesse notizie di Fersen, che non si era ancora degnato di onorarli della sua presenza.

E mentre si cercava di capire perché non fosse ancora arrivato, loro due, un po’ in disparte, discutevano animatamente, a bassa voce, scambiandosi occhiate di fuoco:

“Scusa, ma cosa potevo fare?”

“Avvisarmi, per esempio!”

“Come, Oscar, come? Si è presentato in camera mia! Pensi che mi abbia fatto piacere passare la serata con lui?”

“E tu pensi che sia stato divertente chiedermi per tutta la notte dove accidenti fossi finito?”

 

 

Fersen comparve sul set più svanito del solito:

“Scusatemi, scusatemi! Il fuso orario…allora, a che punto siamo? Adesso se non sbaglio c’è il duello con voi, André!” esclamò allegramente.

“O mi date un giubbotto antiproiettile o lo fate con la controfigura!” decretò André che era nervosissimo e aveva altro per la testa

“Ahahahahahah! Siete uno spasso, André!”

“Sì eh? E ora che ci penso, forse è meglio che indossiamo entrambi il giubbotto antiproiettile” aggiunse, compassato, mentre Fersen continuava a ridere e Dezaki, al limite della pazienza, faceva cenno a tutti di occupare le loro posizioni.

Bisogna dire che il senso dell’umorismo di André era a volte un po’ troppo sottile e il Conte di Fersen non era uno che afferrava le cose al volo; quanto a me, forse fui ingannato dalle luci sul set, ma avrei giurato di aver visto passare l’ombra di un sorriso sulle labbra di Oscar.

 

 

Si arrivò in qualche modo al caffè davanti alle finestre di Palazzo Jarjayes.

Dezaki aveva fatto sistemare un gobbo grande come una casa con su scritto:

“CERTO, VOI NON MI CREDERETE, MA MOLTE VOLTE MI CHIEDO PERCHE’ DIO VI ABBIA FATTO NASCERE DONNA”

“E’ una battuta chiave, Hans, la scena è nelle tue mani!”

“ Sì, ma, scusa,  io non capisco…perché le devo dire così? A parte che non mi sembra nemmeno tanto cortese, non sarebbe meglio invece dire…”

“ Stai forse discutendo le battute con me, Hans?”

“No, no, certo, ma certe volte mi sembra di essere …un po’ inopportuno, ecco”

“Hans, tu dilla così e il pubblico capirà!”

“Se lo dici tu…!”

Devo ammettere che pronunciare quella battuta, come la maggior parte delle altre, del resto, con lo sguardo un po’ perso di chi stava cercando di capirne pure lui il significato, conferiva al Conte di Fersen un fascino misterioso e conturbante.

E questo, aggiunto al malumore, che Oscar non provava neanche a dissimulare, rendeva la scena veramente carica di tensione.

Fu per questo, probabilmente, che ci impallammo sullo sguardo di André, che, era abbastanza evidente, pensava proprio ad altro.

“Stop! Stop! Non ci siamo! Il tuo sguardo, André, deve esprimere un insieme di sentimenti: una garbata ironia nei confronti di quello che ha detto il Conte, una dolorosa empatia per quello che queste parole significano per Oscar, una venata gelosia nei confronti di un uomo che, al contrario di te, non la comprende e non la vede come una donna, ma anche un desiderio struggente per lei che tu non puoi avere e alla quale non ti puoi neppure dichiarare. Tutto chiaro?”

“Meno male che non l’ha chiesto a me di fare questo sguardo” bisbigliò Fersen al ragazzo del gobbo, mentre André si deconcentrava sempre di più finché Dezaki chiese:

“André, hai frequentato Hans, ultimamente?”

“Siamo andati a bere una cosa ieri sera!”  esplose André inviperito, a voce esageratamente alta e fissando Oscar che fingeva indifferenza.

“Ah ora mi spiego molte cose!”

“E’ colpa mia anche questa volta?” chiese Hans Axel, con un filo d’ansia, al ragazzo del gobbo, che fece spallucce.

“Mi è venuta un’idea!” cinguettò Dezaki rianimatosi tutto ad un tratto “Quando i sovversivi sparano sulle vetrate, André lo mettiamo qui davanti, in modo che tutti i frammenti di vetro gli cadano addosso! Una scena di grande potenza visiva!” e si esaltava nel descrivere i dettagli.

“Ecco, così, fermo lì, davanti alla vetrata! E quando sparano … bang! Tu devi proprio cadere per terra! Vetri dappertutto! Tavolo rovesciato, piante rovesciate e tazze per terra! Spettacolare!”

“Certe volte mi chiedo cosa mi faresti fare se non fossi il tuo preferito!” borbottò André mentre, sempre più contrariato, andava a mettersi davanti alla vetrata.

La scena fu veramente d’effetto. I vetri schizzarono ovunque e André rovinò per terra mentre Oscar si precipitava su di lui, piantandogli gli occhi addosso con apprensione.  Persino il ragazzo del gobbo si accorse del cambiamento d’atmosfera, come se il tempo si fosse improvvisamente fermato.

“E questo che cosa sarebbe?” tuonò Dezaki senza tuttavia riuscire a spezzare del tutto l’incanto, “Questo non è nel copione!” e poi con voce più dolce: “Oscar - valutò per un istante di aggiungere “cara” ma scartò immediatamente l’idea - perché sei corsa da lui? Guarda quanto è …coperto di gloria il Conte di Fersen!”

“Sì” rispose lei sfuggente “Non avevo capito bene la scena”

“Va bene, va bene, la sistemiamo poi in fase di montaggio!”

“Ma perché con lei non si arrabbia?” chiese Fersen un po’ risentito al ragazzo del gobbo.

Quello fece di nuovo spallucce.

Si erano alzati da terra, ancora parecchio presi l’uno dall’altra.

“Pensate che potremmo riprendere? Questa volta magari seguendo il copione?”

 

 

Nel pomeriggio, girando le scene al Petit Trianon l’umore di Dezaki si risollevò notevolmente, mentre Fersen cadeva in uno stato di abbattimento sempre più cupo.

“Ma è proprio necessario che il mio amore per Sua Maestà non si realizzi nella sua pienezza e che io tenga questi sentimenti soffocati nel profondo del mio cuore?” chiese avvilito.

“Sì Hans, assolutamente necessario”

“Uhm … e per quanto riguarda questa affascinante nobildonna di stasera, glielo devo dire per forza che conosco una persona bella come lei e bionda come lei, che nasconde il suo corpo bellissimo dentro un’uniforme…”

“Hans la vuoi piantare?”

“Ma così farò la figura dell’idiota! E non avrò nessuna possibilità con lei!”

“Infatti non ne devi avere”

“Sì, ma io mi sento solo! E anche a disagio!”

“Ottimo, Hans, ottimo”.

 

Più tardi, mentre Dezaki impartiva disposizioni alle comparse per il ballo e Nanny cercava Oscar che aveva dimenticato il ventaglio, li vidi nascosti dietro l’arco che portava al salone e da come si baciavano era chiaro che avevano proprio fatto pace.

“Che idea ridicola, questa del vestito” mormorava lei, tra le sue braccia.

“Permettimi di dissentire” le diceva lui, con una nota di emozione nella voce, stringendola a sé con trasporto.

Sono un cane abbastanza educato da capire quando è il caso di togliere il disturbo, cosa che stavo per fare, quando furono chiamati tutti sul set: “Scena del ballo, prima!”

“Accidenti!”

“Prima di mezzanotte, André, te lo prometto. E se Fersen viene a cercarti…”

“…io mi fingo morto finché non si allontana”

“A più tardi, André”

“A più tardi, Oscar”

 

Non era ancora scoccata la mezzanotte e il Conte di Fersen, a telecamere ormai spente, non si rassegnava:

“Ma ci rivedremo?”

“Temo di sì”

“Ma perché, perché non potete rimanere?”

“Perché se dovessi tardare la carrozza si trasformerebbe in una zucca, e il mio cocchiere, invece, nell’incredibile Hulk!”

“Ma è un anacronismo! ”fece lui quasi piangendo

“Allora acqua in bocca con Dezaki. Buonanotte!”

“Lasciate almeno che vi accompagni!”

“Non occorre”

E lo piantò lì senza ulteriori cerimonie.

 

 

A notte inoltrata, mentre montava l’episodio con un tecnico, Dezaki osservò:

“Certo che è venuta bene questa scena della vetrata. Lo sguardo di André alla fine è perfetto!”

“Accidenti se è perfetto!” rispose quello.

“Sai che ti dico? Lasciamola così per com’è, senza tagliare niente. Anzi…quando lei si inginocchia accanto a lui aggiungici un po’ di luccichini…fammi vedere…ecco, così, così è perfetto… hanno proprio un non so che questi due…certe volte ho l’impressione che non me la raccontino giusta. Ma l’episodio è venuto proprio bene…eh?”

“Sì sì, proprio bene” rispose il tecnico “E guarda qui nella scena iniziale… il Conte di Fersen è davvero irriconoscibile!”

 

   
 
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