Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
Ricorda la storia  |      
Autore: PerseoeAndromeda    21/08/2021    0 recensioni
A causa di un momento di tensione tra lui ed Eren, Armin si mette nei guai, sfiorando una tragedia in una giornata d'inverno.
Genere: Drammatico, Hurt/Comfort | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Armin Arlart, Conny Springer, Eren Jaeger, Jean Kirshtein, Sasha Braus
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
 
Flashfic scritta per l’ “antiferragosto challenge” del gruppo Facebook Hurt/Comfort Italia – Fanfiction and fanart- GRUPPO NUOVO
 
Autrice: Heatherchan – PerseoeAndromeda
Fandom: Attack on titan
Prompt: Instabilità, emergenza, caduta
Titolo: Anche oltre la morte
Personaggi: Armin ed Eren, partecipazione di Jean, Sasha e Connie
Generi: hurt/comfort, qualche goccia di angst psicologico
Rating: verde
 
 
“ANCHE OLTRE LA MORTE”
 
“Dove è andato quello scemo?”.
Gli occhi di Jean, Connie e Sasha, si sollevarono all'unisono su Eren, che uscì dalla stanza accanto poco dopo il passaggio di Armin.
“Faresti meglio a dirci tu che cosa gli hai fatto”.
Il tono di Jean era così minaccioso che Eren strinse le labbra e i suoi occhi vagarono a terra con fare colpevole.
“È parecchio instabile in questi giorni… si innervosisce facilmente” borbottò, ma i suoi pugni si strinsero con nervosismo, come se lui stesso non credesse a quel che stava dicendo.
“Forse perché tu sei particolarmente testa di cazzo con tutti, in questi giorni” sottolineò energicamente Jean.
Eren si morse il labbro inferiore.
In altri momenti avrebbe risposto a tono e il battibecco sarebbe probabilmente sfociato in una rissa.
La realtà era che non poteva fare a meno di dare ragione a Jean.
Da quando era entrato in contatto con la propria essenza di titano, qualcosa dentro di lui era profondamente mutato, come negarlo?
E, per tanti versi, aveva cominciato a tenere a distanza anche le persone cui teneva di più al mondo.
Ma, mentre Mikasa reagiva ai suoi atteggiamenti senza dare segni di squilibrio, Armin era a propria volta nervoso, teso: la sua fragilità, gli incubi notturni, le insicurezze e le terribili esperienze rischiavano di segnare la sua mente in maniera irreparabile e Eren, che si era messo in testa di proteggere la sua emotività, finiva, invece, per ferirlo più spesso di quanto avrebbe voluto.
Voleva chiedergli perdono, come faceva sempre e, come sempre accadeva, fare in modo che quella discussione terminasse in un abbraccio, in una notte passata l’uno accanto all’altro, stretti e vicini come nessun altro al mondo poteva essere.
Perché loro erano così, la loro simbiosi era intatta, i loro cuori erano una cosa sola, la loro condivisione assoluta e impossibile da invadere, per chiunque altro.
Così Eren non reagì ai rimproveri di Jean, poteva dargli ragione, si sentiva in colpa egli stesso.
“L’abbiamo visto uscire” si intromise Sasha. “Sembrava giù di morale, abbiamo provato a chiedere, ma ci ha detto…”.
“Di non preoccuparvi e che sarebbe tornato presto” concluse Eren. “Immagino”.
Lo conosceva troppo bene.
Però fuori faceva freddo.
Erano stati condotti in quel rifugio in mezzo alla foresta per una serie di speciali addestramenti alla sopravvivenza e il clima invernale rendeva il tutto ancora più complesso. Aveva nevicato per giorni, il paesaggio era ghiacciato e, tanto per cambiare, il raffreddore di Armin aveva raggiunto i livelli di guardia.
“Vado a recuperarlo” tagliò corto Eren e passò tra gli sguardi inquieti dei compagni.
Soprattutto, sentiva addosso quello tagliente di Jean:
“E stai attento a quello che fai”.
Si chiuse la porta alle spalle, chiedendosi da quando Jean fosse così protettivo nei confronti di Armin…
O forse lo era sempre stato.
A tratti aveva l’impressione che Jean volesse proteggere Armin e Mikasa da lui, forse era geloso di entrambi?
Dopotutto non aveva tutti i torti.
“In fondo sono uno stronzo” mormorò tra sé e lottò contro quell’oppressione nel petto, quella voce che gli suggeriva che lo era davvero, che lo sarebbe stato sempre di più, che avrebbe finito per allontanarsi.
Si fermò, portandosi una mano agli occhi.
Quei sogni…
Quei maledetti sogni.
Risollevò lo sguardo.
Il cielo era limpido, ma faceva ancora freddo, i suoi stivali affondavano nella neve.
“Dove sei, Armin?” mormorò tra sé. “Devi stare al caldo…”.
Al caldo tra le mie braccia, concluse il suo pensiero.
Forse Armin aveva la febbre, il suo raffreddore e il mal di gola erano peggiorati, se ne era reso conto anche mentre discutevano, ma questo non gli aveva impedito di ferirlo.
Neanche ricordava le parole che si erano scambiati, sapeva solo che, a un certo punto, aveva detto qualcosa di molto offensivo e che l’attimo dopo si sarebbe tagliato la lingua a morsi, ma era troppo tardi: l’espressione di Armin era mutata davanti ai suoi occhi, il suo capo si era abbassato e si era allontanato con la testa tra le spalle.
“Scemo” mugugnò riprendendo il proprio cammino. “Lo sai che sono un cretino, non devi darmi retta quando ti tratto male”.
Giunse al lago, che si protendeva davanti a lui in un’unica, lunghissima distesa ghiacciata. Ad Armin piaceva quel lago, perché era molto grande, lo aiutava a fantasticare su quel mare che si trovava chissà dove, al di là delle mura.
“È grande… ma tu pensa, il mare lo è molto di più! Se già ci fa impressione questo lago, pensa a quale effetto avrà il mare su di noi!”.
Sorrise mentre pensava alle parole di Armin, ai suoi occhi che, quando parlava dei propri sogni, diventavano l’essenza stessa del sogno e, per Eren, davano un senso alla libertà cui tanto agognava.
“La nostra libertà” pensò.
Poi lo vide, un puntino nel mezzo del lago, il primo particolare che balzò ai suoi occhi fu l’oro dei capelli esaltato dalla luce accecante di quella giornata.
“Ma guarda te” mormorò. “Immobile in mezzo al lago a contemplare l’infinito…”.
A sognare…
Anche quando intorno a lui tutto era morte, distruzione e paura, Armin sognava e, nel sogno, sopravviveva.
E insegnava a lui, Eren, a fare altrettanto.
Corse fino alla riva del lago, mise le mani a coppa intorno alla bocca e lo chiamò.
“ARMIN!”.
Lo vide voltarsi, i loro sguardi si incrociarono e, anche se distanti, si indovinarono, si intrecciarono, si risposero.
Eren agitò una mano nell’aria:
“Armin, scusami! Sono stato un cretino!”.
Seppur da lontano gli sembrò di vederla, l’espressione triste che mutava, gli occhi che ritrovavano quella luce, ne fu certo quando Armin si mise a correre verso di lui: tra loro si era sistemato tutto.
Bastava una parola, uno sguardo, anche un semplice scambio di pensieri, perché loro i pensieri l’uno dell’altro li sentivano gridare, anche se erano distanti sapevano… sapevano sempre tutto.
Mise a tacere quella voce fastidiosa dentro di lui:
“Non è più così… non sarà più così… arriverà il giorno in cui Armin non ti capirà più e tu farai di tutto per non farti capire”.
La cacciò, come un insetto fastidioso che gli ronzava nella testa e si mosse per andargli incontro.
Fu in quel momento che accadde qualcosa.
Eren fu dapprima colto alla sprovvista dal rumore di qualcosa che andava in pezzi e, quasi nell’immediato, dall’urlo straziante di Armin.
Poi lo vide scomparire, come se qualcosa lo afferrasse da sotto per tirarlo giù.
Ci mise pochi istanti a capire.
Il ghiaccio sotto i suoi piedi aveva ceduto e Armin era stato inghiottito dall’acqua gelida.
Si mise a correre, chiamando disperatamente il nome dell’amico, un solo pensiero in testa: doveva fare in fretta, il corpo di Armin non avrebbe sopportato tutto quel gelo.
Man mano che si avvicinava lo vedeva lottare disperatamente per risalire, ma più tentava di aggrapparsi ai bordi ghiacciati, più questi andavano in pezzi e lo trascinavano giù.
I piedi di Eren scivolavano sulla superficie, si teneva in equilibrio solo per la disperazione, perché doveva raggiungerlo.
“Armin, resisti, sto arrivando!”.
Quando fu ormai prossimo alla spaccatura si tuffò in avanti, lasciandosi scivolare sul ghiaccio fino all’orlo della buca nella quale Armin stava disperatamente annaspando.
“Prendi la mia mano!”.
Il ghiaccio crepitava in maniera paurosa, in quel punto del lago era ormai instabile ed Eren era perfettamente consapevole che rischiavano di fare entrambi la stessa fine, ma era ovvio che non gli importasse: lo avrebbe tirato fuori e, se Armin doveva annegare, sarebbero annegati insieme.
Le loro mani si sfiorarono, ma Armin era già troppo debole, l’acqua e il ghiaccio lo trascinavano giù e il suo agitarsi non rendeva più semplice la sua situazione.
“Stai calmo, prendi la mia mano, ti tiro fuori!”.
Riuscì ad afferrargli per un attimo le dita, ma il piccolo ricadde verso il basso e, per un istante in cui il mondo di Eren sembrò fermarsi, lo vide sparire del tutto sott’acqua.
“ARMIN!”.
Poi un braccio si allungò accanto al suo, ma era più lungo, giunse dove lui non era riuscito, affondò nell’acqua e, con uno strattone, tirò fuori Armin. Nello stesso istante Eren venne avvolto da un abbraccio e trascinato lontano dalla pozza.
Sdraiato sul ghiaccio, Jean li teneva stretti entrambi, il respiro affannoso e le labbra che liberavano un’imprecazione dopo l’altra.
Sasha e Connie arrivarono poco dopo, li aiutarono ad alzarsi e a tornare a riva.
“Ragazzi…” ansimò Eren, lasciandosi cadere nella neve, le mani che affondavano nel tappeto bianco, lo sguardo che non osava sollevarsi, per l’imbarazzo di non essere riuscito a farcela da solo.
Anche Jean era in ginocchio, teneva Armin, intirizzito e tremante, stretto a sé.
“Per fortuna abbiamo sentito le vostre grida” spiegò Connie, tendendo una mano ad Eren. Questi, ancora contrito, si decise a guardarlo, pieno di gratitudine ed accettò l’aiuto.
Poi rivolse le proprie attenzioni a ciò che più gli premeva.
Jean si era alzato, con Armin in braccio.
Il ragazzino si guardava intorno con espressione sconvolta e, lo capì subito Eren, profondamente colpevole.
“Mi dispiace… scusatemi… sono…”.
Le labbra ghiacciate gli impedivano di articolare bene le parole, che uscirono in una serie di balbettii confusi.
“Non chiacchierare, Armin” lo zittì Jean. “Se ti entra altro freddo nella gola, la tua mutazione in statuina di ghiaccio sarà completa”.
Eren lo accarezzò e gli sembrò di toccare ghiaccio puro.
Era necessario portarlo immediatamente al caldo.
Al rifugio gli prestarono le cure necessarie, lo tennero accanto al fuoco, gli fecero bere qualcosa di caldo, mentre i compagni che non avevano assistito al dramma chiedevano spiegazioni.
Vennero date in maniera un po’ confusa.
Poco importava, dopotutto.
Era stata una disattenzione di Armin, dovuta ad un comportamento infelice di Eren.
“Noi due ci dividiamo tutto” commentò quest’ultimo, serio, gli occhi fissi sul piccolo compagno semiaddormentato che teneva la testa sulla sua spalla, avvolto in tutte le coperte che erano riusciti a trovare. “Anche le colpe”.
Intanto gli accarezzava i capelli e lo teneva stretto, mentre la fastidiosa vocina nella sua testa tornava ad ammonirlo:
“Sarà così per sempre… anche oltre la tua morte… lui porterà il tuo fardello”.
 
 
 
   
 
Leggi le 0 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti / Vai alla pagina dell'autore: PerseoeAndromeda