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Autore: Enchalott    23/08/2021    4 recensioni
Questa storia è depositata presso lo Studio Legale che mi tutela. Non consento "libere ispirazioni" e citazioni senza il mio permesso. Buona lettura a tutti! :)
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Dopo una guerra ventennale, i Salki vengono sottomessi dalla stirpe demoniaca dei Khai. Negli accordi di pace figura una clausola non trattabile: la primogenita del re sconfitto dovrà sposare uno dei principi vincitori. La prescelta è tanto terrorizzata da implorare la morte, ma la sorella minore non ne accetta l'ingiusto destino. Pertanto propone un patto insolito a Rhenn, erede al trono del regno nemico, lanciandosi in un azzardo del quale si pentirà troppo tardi.
"Nessuno stava pensando alle persone. Yozora non sapeva nulla di diplomazia o di trattative militari, le immaginava alla stregua di righe colorate e numeri su una pergamena. Era invece sicura che nessuna firma avrebbe arginato i sentimenti e le speranze di chi veniva coinvolto. Ignorarli o frustrarli non avrebbe garantito alcun equilibrio. Yozora voleva bene a sua sorella e non avrebbe consentito a nessuno di farla soffrire."
Genere: Avventura, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Promessa di matrimonio
 
Yozora osservò il sovrano dei Khai ritirarsi oltre le cortine di broccato, scortato dai nisenshi. Un incedere affaticato, incerto, accentuato dalle spalle incurvate.
Colse l’accigliato scambio tra i principi: Kaniša aveva suscitato l’ira di entrambi. Non aveva perso occasione di sottolineare in modo sgradevole le presunte pecche senza rivolgere loro nemmeno un apprezzamento. Ne ricavò una sensazione di ingiustizia, che prevaricò quella pregressa di timore. Non si era figurata gesti affettuosi tra i membri della famiglia reale, ma neppure una crudele, mirata disistima.
Mahati scese le scale in un silenzio che non mascherava il furore. Avvertì un’onda di empatia e decise di esprimergli la propria solidarietà.
«Non me l’avete detto» la anticipò lui, nella voce un’inusuale nota di infelicità.
«Perdonate?»
«Che vostra madre è morta.»
«Oh… ho creduto ne foste informato.»
«Avrei dovuto?»
La principessa si intrise di stupito dolore, ma si appigliò a una giustificazione neutra.
«Abbiamo esposto il lutto, i paramenti neri alle mura di Seera.»
«Non trattatemi da idiota!»
Yozora percepì il nodo alla gola stringersi e le lacrime riempirle gli occhi. Non rispose, rigettando la pur giusta obiezione.
«Ve lo domanderò durante l’asheat e il tylid non vi aiuterà affatto!» incalzò Mahati.
«Perché vi interessa tanto?»
«Anche mia madre è morta.»
La ragazza lo fissò come se si fossero finalmente compresi, ma fu sommersa da un riflusso di tristezza e collera che annullò la contiguità appena guadagnata.
Lo schianto secco dei battenti fece trasalire entrambi.
«Etarmaeh
Rhenn sfilo il diadema e lo scagliò lontano. L’eco si perse in un tintinnio strascicato sul pavimento. Il pesante insulto che gli uscì dalla bocca risuonò distinto e precisò quale fosse il destinatario della contrarietà.
Mahati sogghignò, godendosi la rara esternazione del fratello. Questi gli restituì la smorfia, ricomponendosi in una solenne alzata di spalle: nonostante l’aria disinvolta, l’astio inveterato che ne aveva incrinato l’imperturbabilità stagnava come foschia.
L’abito nero contrastava con i capelli argentei serrati da un fermaglio, il cinto scarlatto replicava il colore dei ricami della casacca smanicata. Calzava stivali al ginocchio, le braccia erano ornate da fasce auree a sbalzo e sotto l’oro che gli guarniva il polso si intravedeva una fasciatura.
Yozora si domandò se qualcuno l’avesse notata.
«Avete messo di buon umore nostro padre, principessa» asserì spigliato.
Lei pensò a un’irrisione e si disse mortificata.
«Sul serio» intervenne il Kharnot «Non lo trovavo tanto affabile da un pezzo.»
«Altrimenti non avrebbe permesso a Mahati di alzarsi e gli avrebbe fatto sputare sangue, infierendo su di lui con il fodero della spada» specificò l’Ojikumaar.
«E avrebbe ordinato a Rhenn di spogliarsi, mettendo in discussione la sua virilità, per terminare con una sequela di insulti rivolti alla nostra frustrante inservibilità.»
«Già, è andata bene. Sareste stata costretta a esprimere un parere.»
Yozora impallidì. Aveva appurato quanto i racconti sui Khai fossero esagerati, però Kaniša risultava abominevole con i figli e non mancava di umiliarli senza scrupolo.
«Avrei riferito il mio modesto pensiero» mormorò dispiaciuta.
«Conservatelo per la prossima adorabile occasione» bofonchiò il secondogenito.
«No no, io voglio sentirlo ora» obiettò Rhenn.
Lei arrossì, ma accettò l’esortazione.
«Se fossimo stati a Seera avrei supplicato sua maestà di non punire un figlio come sua altezza Mahati, tanto devoto da impiegare ogni energia per compiacerlo. E di non infangare il simbolo del regno sminuendo il principe della corona, che diverrà a sua volta modello per il successore.»
I principi impietrirono. Nessuno aveva mai manifestato un simile coinvolgimento nei loro confronti: incredibile che quelle parole semplici, cariche di fiducia e stima, venissero da una shitai straniera.
«Però qui a Mardan userei termini diversi.»
«Quali?» sollecitò l’erede al trono.
«La grandezza richiede tempo, il sovrano del popolo demoniaco ne è consapevole per aver messo al mondo in età matura due uomini di valore. Allo stesso modo sarà l’eccelso Kalemi, signore dell’Inarrestabile Corsa, a stabilire la misura della gloria di colui che discenderà dal principe Rhenn. Ogni goccia di sangue è dovuta al sommo Belker, che il secondo erede del potente Kaniša serve in anima e corpo. È sul campo di battaglia, che egli verserà la linfa vitale per onorare suo padre e il suo dio.»
Mahati strinse i pugni, costringendosi a frenare l’impeto emotivo che gli accelerava il respiro. Una nemica – anzi, una sopravvissuta - una ragazzina inesperta era in grado di comprendere tanto di loro? Lanciò un’occhiata al fratello e, sotto la patina algida, lo intuì altrettanto turbato.
«Lo pensate davvero?» domandò questi.
«Non sono solita mentire.»
Rhenn si sfiorò inconsciamente il polso.
«Niente male» approvò «Complimenti al vostro maestro.»
«È farina del mio sacco!»
Le iridi viola del principe espressero sincera ammirazione. Lei se ne accorse e smise di tenere il punto: era lui l’unico suo mentore.
La complicità non passò inosservata: Mahati aggrottò la fronte irritato.
«Spero che il vostro precettore sia altrettanto ligio in aspetti distanti dall’eloquenza. Stasera cenerò e trascorrerò la notte con voi, non vorrei affogare nei vaniloqui.»
La ragazza avvampò, mentre l’Ojikumaar si rallegrò: se il fratello avvertiva l’impulso di marcare il territorio, era un passo più vicino al matrimonio. Una parte remota tornò a invidiarlo.
«Rhenn?»
Yozora rimase a bocca aperta quando mise a fuoco la donna che aveva interpellato l’erede al trono con estrema confidenza. Gli occhi del colore del ghiaccio erano ombreggiati dalle lunghe ciglia e resi intensi dalla linea nera. La chioma bionda, che luccicava in un’acconciatura semi raccolta, era come grano in estate sull’incarnato candido. Indossava un meraviglioso abito glicine, perfetto sulle curve proporzionate, impreziosito da accessori dorati e cristalli. Teneva tra le mani il diadema che lui aveva gettato ed era bellissima.
La futura regina dei Khai raggiunse il marito in un fruscio di veli leggeri. Era alta, ma dovette sollevarsi sulle punte per riposizionare il gioiello. Esitò con le dita sulle sue spalle per ammirare il risultato, poi lo baciò sulle labbra con dolcezza. Lui le posò le mani sui fianchi e ricambiò il gesto.
Mahati inarcò un sopracciglio come se la cosa lo sorprendesse.
«Il re è in salute?» si informò Rasalaje.
«Fin troppo. Hai scansato l’usuale requisitoria.»
«Non dire così, tuo padre vorrebbe solo…»
«È il suo livore a tenerlo in vita. Una ragione in più per soddisfarne richieste.»
«Rhenn!»
Tutt’altro che pentito, lui svicolò con un pronto cambio d’argomento.
«Ho il piacere di presentarti la principessa Yozora di Seera.»
L’interpellata avvampò e abbassò il capo in segno d’omaggio.
«Desideravo incontrarvi» restituì garbata la Khai «Sarei deliziata se scambiassimo qualche parola, quanto prima saremo sorelle e vorrei conoscervi. Venite a trovarmi, berremo l’akacha e mi racconterete di voi.»
All’educato assenso, Rasalaje approvò con un cenno.
«Sei fortunato, Mahati. Affrettati a prenderla in moglie o te la porteranno via.»
Il Šarkumaar si irrigidì, ma il sorriso della cognata non era di scherno e non lo stava pungolando su quel sentiero. Sostenere i progetti dinastici di Rhenn non era da lei: troppo trasparente, troppo onesta, troppo abbagliata dal carisma del marito per rendersi conto della sua smodata ipocrisia.
«Seguirò il tuo consiglio, kalhar
 
Yozora respirò con sollievo l’aria calda dell’esterno e si rese conto di avere le mani sudate. Sperò che Mahati non lo notasse e che non tornasse sulla conversazione interrotta poc’anzi.
«Così avete conosciuto i quasi tutti membri della famiglia reale» asserì questi.
Il quasi suonò stimolante. Fu tentata di chiedere della regina, ma la domanda avrebbe provocato di ritorno quella su sua madre, così la evitò.
«Suppongo che il clan sia numeroso.»
«I guerrieri combattono al mio seguito, quanto agli altri non ne vale la pena.»
Yozora si domandò se lo scarso merito attribuito al parentado fosse dovuto a uno screzio o al fatto che non impugnassero le armi.
«La principessa Rasalaje è incantevole» affermò estasiata «Splende come una dea, emana una delicatezza straordinaria! Mi ricorda mia sorella.»
Mahati raddrizzò le orecchie e fu soccorso dall’ottima memoria.
“La primogenita di Entin era tanto insignificante che ho preso l’altra…”
«Davvero?»
«Oh, non è un raffronto atto a sminuirla, sono molto legata a Hyrma.»
Mahati meditò sull’innocente paragone. A rigor di logica, se suo fratello aveva scelto Yozora ritenendo scialba la maggiore e se Rasalaje assomigliava alla ragazza scartata, non era errato pensare che Rhenn avesse per la consorte scarsa considerazione. E la dialettica lo portava a riconsiderare il sospetto che non rispettasse la fedeltà coniugale.
Benché disinibiti, i Khai non tolleravano chi infrangeva le promesse, meno che mai l’adulterio. Ma forse Rhenn non desiderava a corte una copia della sua regina oppure aveva ritenuto Yozora confacente ai suoi gusti. A prescindere dalle supposizioni, avrebbe innalzato il livello d’urgenza delle indagini. Finché non avesse ottenuto la risposta, si sarebbe mostrato consenziente alle nozze prescritte.
Yozora osservò le dita del principe tormentare il ciondolo che gli pendeva dal collo, la mente lontana mille fars. L’atto inconscio indicava irrequietezza, forse una scia del malumore causato da Kaniša. Le prese le mani all’improvviso, facendola arrossire.
«Accondiscendo formalmente all’unione e domando il vostro consenso.»
«Ho già accettato tempo fa.»
«Non ero presente.»
«S-sì… sì, vi sposo.»
Mahati si inginocchiò circondandole la vita con le braccia e appoggiandole la fronte al ventre. Lei trasalì, provò l’impulso di fuggire quando tutti si voltarono a guardarli. L’intuito suggerì di non muoversi, poiché Mahati stava compiendo un atto simbolico.
«Io vi reclamo davanti agli dei e al popolo. Siete la terra nella quale affonderanno le mie radici, siamo linfa che originerà un germoglio, nessuno vanterà pretese su di voi dopo tale formula.»
Yozora trattenne il respiro nell’ascoltare parole tanto significative.
«Voi avete…?»
«Ufficializzato il fidanzamento. Se non ribadite che sono vostro, mi autorizzate a svagarmi con le concubine.»
«Niente affatto! Io vi reclamo in base al principio che avete enunciato!»
Fece per abbassarsi, ma lui serrò l’abbraccio nascondendo tra le pieghe della veste il sorriso sbocciato per l’inibita fretta con cui aveva ricambiato la promessa.
«Spetta a me solo. Un figlio di re ha rare occasioni per esibire umiltà.»
«Altezza, io non…»
«Mahati. Usate il mio nome d’ora in poi.»
Yozora realizzò il motivo per cui fosse sconveniente omettere l’onorifico e perché si fosse adirato quando l’aveva tralasciato nel riferirsi a suo fratello.
Ho concesso a Rhenn una confidenza inappropriata e non ha obiettato!
«Il vostro cuore batte forte. Il giuramento coniugale non è usanza salki?»
«È diverso. Si stila un’accettazione pro forma se il matrimonio è combinato. Se è libero non occorre.»
«Mh, accusate la stirpe demoniaca di asetticità quando invece, per legarvi in eterno, ricorrete al grigiore dell’inchiostro anziché al calore passionale del sangue. Non la ritenete un’insincerità?»
Yozora rimase a bocca aperta all’analisi spietata.
Mahati ne percepì le emozioni contrastanti e la sensazione che ricavò fu straordinaria: parte di lui rimase affascinata, parte ringraziò Belker che quella donna non possedesse le sue stesse doti olfattive.
È un’inconsapevole tentazione. Quanto a sposarla… se Rhenn venisse escluso dal trono, romperei il fidanzamento per impalmare una Khai di rango con cui generare.
Avvertì una stonatura nella solidità del progetto. Si rimise in piedi.
«Il vostro corpo è più schietto di voi. Lo interrogherò più spesso.»
«È umano che io sia emozionata.»
«Dite che è solo questo?» mormorò suadente.
 
Rhenn appoggiò il diadema sul cuscino di seta bianca. Il primo Sole stava calando sulla giornata pesante e la collera aggiuntiva per essersi dovuto sottoporre al parere dei guaritori, non era scemata. La percepiva montare, gradienti che gli spingevano il sangue al cervello e gli stroncavano l’appetito. Riempì il calice di vino e si concentrò sul tramonto con scarsi risultati.
Suo padre avrebbe scontato le nefandezze. Non era l’unico ad augurarselo, Mahati provava la medesima acredine. Avrebbe volentieri anticipato il corso naturale degli eventi, ma il fratello non lo avrebbe sostenuto: con il re in vita il trono non apparteneva a nessuno e per lui significava una possibilità. Aveva tempo di sottrargli la prelazione, magari gettando ombre sul suo operato o snidando qualcosa di riprovevole nelle sue azioni. A quel proposito ripensò ai segni sul tetto del tempio e si domandò se non lo stesse tenendo sotto controllo. Il Kharnot disponeva di uomini leali e addestrati, per esempio Eskandar gli era amico da decenni e vantava doti impareggiabili.
In occasione dell’ultima cerimonia sono stato inattaccabile, ma da quanto vengo sorvegliato? L’intruso è al corrente della tresca o è Ishwin la doppiogiochista?
Attendere era mostrare il fianco e un Khai non commetteva errori grossolani. Era tempo di muoversi. Nel frattempo avrebbe confidato nell’eccelso Reshkigal, lo avrebbe pregato di portarsi via il maledetto despota che detestava definire padre.
Vorrei non possedere neppure una goccia del suo ignobile sangue!
Invece gli era necessaria per ottenere il ruolo che agognava, pur con i livelli di sopportazione ai minimi. Si domandò se un giorno suo figlio avrebbe pensato lo stesso di lui e si sentì disgustato.
Se mai verrà al mondo. Se fosse lecito, ingraviderei una femmina qualunque per dimostrare che sono un maschio!
Bevve un’altra coppa per placarsi. Sulla scorta dell’orgoglio personale, la proposta di Ishwin non suonò così assurda: se fosse rimasta incinta, sarebbe stato al sicuro su vari fronti. Sarebbe però sorto il problema del clan di Rasalaje. Troppo potente per essere scontentato e troppo prezioso dal punto di vista della guerra, non avrebbe accettato l’affronto nemmeno se avessero avanzato la volontà del dio della Battaglia in persona. Avrebbe smesso di appoggiare la corona, l’assedio di Minkar e la solidità del regno ne avrebbero risentito.
Il primo traguardo è affrancarmi dall’eventuale sorveglianza, poi penserò al resto.
Posò il bicchiere con troppa energia e il polso gli spedì una decisa protesta. La fasciatura reggeva. Si era rifiutato di scioglierla davanti ai guaritori, sostenendo che non avrebbero dovuto guardare lì per formulare la diagnosi. Sogghignò ripensando alle loro espressioni basite.
«Non ti cambi per il desinare, mio prezioso?»
«Non mi va di spogliarmi una terza volta.»
«Posso supplire.»
Rhenn rabboccò il calice. Osservò sottecchi la moglie, provocante nella veste di seta bianca incrociata sul seno: avrebbe fatto girare la testa a chiunque, scatenato i pensieri più impudichi. Tracannò il liquido scuro e lasciò gli slacciasse la fascia dalla vita, che gli accarezzasse il petto. La pelle fregiata dal thyr era sensibile e la reazione era garantita: l’avrebbe respinta o le sarebbe saltato addosso. Optò per la seconda, complici il vino, l’orgoglio ferito e il ristagnare della gelosia provata all’udire i bisbigli delle dorei.
Annegò i pensieri, i sensi si accesero all’aroma del desiderio di lei: la afferrò ai fianchi e la inchiodò giù. Detestava che qualcuno gli stesse sopra persino nell’amplesso. Ascoltò i suoi ansiti come un risarcimento, le trasmise piacere e trasse il proprio più volte, come ogni Khai era in grado di compiere.
La notte risucchiò il terzo Sole, le fiaccole del palazzo reale arsero sfidando il buio, le lampade a olio rischiararono le stanze preziose della reggia e il talamo sul quale Rhenn era disteso.
Rasalaje giocherellava con una ciocca argentata sfuggita al fermaglio. Sebbene la sensazione di lontananza mentale del marito persistesse, era stato passionale e caloroso come la volta precedente.
È questa la felicità? Sapere che lui è davvero con me?
«Che altro ti hanno detto i guaritori?» domandò Rhenn.
«Il mio corpo non ha problemi. Mi hanno prescritto un’erba corroborante, suggerendo
di pregare la divina Valarde e recare un’oblazione al suo santuario.»
«Nulla di complicato.»
«Mi accompagnerai al tempio?»
«No.»
«Rhenn…»
«Ho detto di no!»
«Una preghiera alla dea della Montagna non è un’offesa, nonostante tu sia il sommo celebrante di Belker! Forse Valarde non ci concede un discendente perché non le riservi un briciolo di devozione!»
«Assurdità. La tua visita è più che sufficiente, recherai l’omaggio di entrambi.»
«I figli si fanno in due! Non consideri che il popolo apprezzerebbe la presenza del futuro re in un luogo parimenti sacro!»
«Sacro agli schiavi e ai deboli!»
«Anch’essi fanno parte del tuo regno e…»
Rasalaje fissò esterrefatta il braccio appoggiato sulle coltri.
Rhenn seguì la direzione del suo sguardo e imprecò in silenzio. La benda si era allentata ed era scivolata sul dorso della mano, scoprendo l’ustione.
«C-che cos’è?!»
La voce uscì strozzata. Gli abbrancò il polso, esponendolo alla luce. Lui si divincolò.
«Ah, per gli dei! Cosa vuoi che sia, non lo vedi da sola?!»
«Esigo udirlo da te!»
Rhenn risistemò la fasciatura e valutò la situazione. Nessuna fandonia avrebbe retto alla collera della moglie: perdeva le staffe di rado ma quando accadeva erano rogne. Non gli avrebbe creduto e avrebbe scatenato un putiferio, deleterio per i suoi progetti a breve termine. Sarebbe stata l’occasione d’oro per liberarsi di lei, ma aveva già deciso che non era il momento di creare caos. Optò per la verità, la sua verità, e la guardò come se fosse preda di una smodata reazione isterica.
«Ho simulato un’asheat su richiesta di Mahati.»
«Come?! Da quando ti presti alle richieste di tuo fratello?»
«Da quando c’è in ballo il trono! La ragazzina salki non ha idea di dove si sia cacciata, voglio che superi le prove e che la faccenda del matrimonio si concluda!»
L’ira di Rasalaje ridimensionò. Le parve una spiegazione logica, che tuttavia lasciava fastidiosi sospesi, visti i rapporti altalenanti tra i principi.
«Perché ha chiesto a te?»
«Non ci arrivi? A Mahati importa della pessima figura cui andremmo incontro. A me che Kaniša non gli assegni la successione perché noi non abbiamo figli.»
La principessa non trovò nulla da eccepire ma l’irritazione non si estinse, così la punta di gelosia che avvertiva nello stomaco. Senza contare il rigirare del coltello nella piaga, che la faceva sentire colpevole.
«Poniamo che io ti creda. Rispondere a domande sgradevoli non ti sposta di un fars e quando abbiamo sostenuto la prova non hai esitato. Per quale occulta stregoneria sei tu a portare la mezzaluna?!»
Già, perché?
Rhenn aggrottò la fronte più seccato con se stesso che con la moglie.
«Le tue erano questioni intelligenti, non sciocchezze cui non sono avvezzo. Puoi darmi dell’idiota, avresti ragione. Mi sono lasciato distrarre.»
«Inconcepibile! Cosa ti ha chiesto di tanto insensato?»
«Sai che non posso rivelarlo.»
«So che indulgere in un’eccezione non ti sconvolge affatto.»
Il principe sbuffò, ma accontentarla equivaleva a tranciare la discussione.
«L’ha buttata sull’ahaki. Non le è bastato sentire che un Khai non ama, ha voluto intavolare un inutile dibattito. Non capisce come possiamo stare insieme senza provare sentimenti distruttivi e venefici. Ho provato a spiegarglielo.»
«Ma ti ha mandato in confusione.»
«Assolutamente no! Sai quanto odio gli inetti! Ho visto rosso e ho perso il computo dei secondi! Insomma, non si è data per vinta difronte all’evidenza!»
«Quale evidenza?»
Rhenn allargò le braccia con uno sforzo di pazienza.
«Io non ti amo, Rasalaje, ma sono tuo marito e compio il mio dovere. Mi occupo di te, desidero che tu sia la mia regina, la madre dei miei figli e che tu abbia lunga vita. Il resto sarebbe una debolezza.»
La principessa sentì le lacrime salire agli occhi ma le ricacciò indietro.
Un Khai non piange, un Khai non… dèi Immortali! Perché fa così male?
«Se è come dici, la piccola salki non è affatto stupida.»
«Tsk. Errore mio, non voglio accampare le preoccupazioni relative alla successione e alla tua salute.»
Lei sorrise, ma un frammento dell’intuito femminile si rifiutò di credergli.
«Significa che la istruirai nelle altre asheat? Mi pare fuori luogo.»
«In forma filtrata. Non intendo varcare il confine della decenza, se è ciò che ti preme.»
Rasalaje annuì. Gli avvinse il collo con le braccia e appoggiò la guancia sulla sua pelle calda.
«Avresti potuto raccontarmelo.»
«Sai che vanto. E poi hai altro a cui pensare.»
«Rhenn… voglio montare Delzhar e volare con te.»
L’Ojikumaar fissò la bruciatura e assentì incolore.
   
 
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