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Autore: BlueBell9    25/08/2021    10 recensioni
«Quindi» riprende sereno, sorridendo. «Sei venuta fin qui solo per farmi pesare il cognome della mia famiglia?»
«Qualcosa del genere» confessa lei, zuccherosa, dondolando il capo.
«Ti dispiace se non mi si spezza il cuore?» domanda il Serpeverde, sarcastico. «La sensibilità non è il mio forte» rivela fingendosi affranto.
Dominique lo guarda con finta pena.
«Deve essere un tratto comune nei parenti dei Mangiamorte» commenta melliflua.
«Nah» si lascia sfuggire lui, lieve, storcendo il viso in una smorfia. «Questa è una caratteristica tutta mia» aggiunge prima di superarla e riprendere la marcia verso la sua Sala Comune.
Genere: Commedia, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Dominique Weasley, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
- Questa storia fa parte della serie 'Someone you loved '
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Distrazione







Distrazione









Sbuffa e nemmeno si preoccupa di celarlo.
Anzi, mentre si lima le unghie, si sforza di rendere il gesto il più plateale possibile così da sottolineare l'assurdità della situazione.
Essere messa in punizione solo per aver messo la Bulstrode al suo posto! È ridicolo.
Zio Neville non è stato dello stesso avviso. Non solo l'ha convocata in tutta fretta nel suo ufficio per farle l'immancabile ramanzina ma ha ribadito più e più volte – e con una certa enfasi – quanto sia assurdo affatturare una ragazza solo perché ha avuto l'ardire di rinfacciarle il Desolante che si è beccata a Storia della Magia.
«Victoire non lo avrebbe fatto» ha sentenziato a un certo punto il professore, lapidario.
Ovvio, avrebbe voluto rispondere Dominique con quel tono di finta condiscendenza che le è caratteristico. Victoire è perfetta, mai si abbasserebbe a sporcarsi le mani per rimettere in riga qualche idiota.
Tuttavia ha avuto il buon senso di tenere le labbra sigillate e stamparsi sul viso un'espressione neutra, appena contrita. Non che questo l'abbia salvata dalla punizione: zio Neville, intuendo che non si è affatto pentita della sua azione, non solo le ha detratto venti punti ma ha fatto anche in modo che il professor Rüf le assegnasse un compito extra da consegnare quella sera stessa.
Per cui Dominique, seduta nella stessa aula nella quale insegna il fantasma – zio Neville poteva almeno concederle di rintanarsi nella Sala Comune di Grifondoro –, guarda la pergamena immacolata aperta davanti a sé.
E, tanto per cambiare, sbuffa.
«Quel tema non si scriverà a suon di sbuffi».
Volta lentamente la testa a sinistra, puntando gli occhi addosso all'unico altro essere – se si esclude il professore Rüf che sta placidamente sonnecchiando alla cattedra – presente lì dentro.
In un secondo momento avrebbe concesso al ragazzo seduto al banco a mezzo metro da lei qualche altro istante di attenzione. Forse avrebbe addirittura apprezzato quei lineamenti regolari, ammirato quegli occhi di un gelido azzurro e persino sorriso davanti al modo quasi buffo in cui i capelli corvini gli si arricciano appena intorno alle tempie.
Peccato che la divisa di Serpeverde cancelli brutalmente anche quella piccola scintilla di favore che stava caritatevolmente elargendo.
Non è del mio anno, deduce svelta, dato che non l'ho mai visto a lezione.
Dominique torna quindi a concentrarsi sulle sue unghie, limandone una con estrema attenzione, tediata a morte.
«Non ricordo di aver chiesto il tuo parere» lo fredda altezzosa.
Lui, che non ha spostato lo sguardo dal tomo rilegato in cuoio che sta leggendo, pare non essere affatto toccato dalla sua maleducazione.
«Era solo un consiglio» replica fiacco.
«Che io non ti ho chiesto» rinfaccia lei, brusca. «Forse non lo sai ma se voglio un parere, lo chiedo» continua infastidita.
«Chiederlo non è proprio il termine corretto. Io propenderei più per un pretenderlo» precisa l'altro, distogliendo con una certa fatica gli occhi dalle pagine ingiallite del libro e puntandoli addosso a lei. C'è un guizzo di scherno in quelle iridi chiare, come se il suo nome e sua bellezza non fossero abbastanza per riservarle un trattamento di favore. Già mi stai irritando, sentenzia lei, sul piede di guerra. «Non prenderla come una critica, non lo trovo un modo di fare così sbagliato» termina spassionato.
Dominique storce il viso in una smorfia odiosa.
«Perdonami» inizia melliflua, mettendo via la lima nell'astuccio sopra il banco. «Non credo che ci conoscessimo tanto da scambiarci dei pareri» sottolinea astiosa.
Lui accenna un sorriso che non raggiunge gli occhi.
«È impossibile non conoscerti, Weasley» considera sarcastico, come se fosse necessario far notare che chi ha come cognome Potter o Weasley è costantemente al centro dell'attenzione.
«Vorrei poter dire lo stesso di te» replica subito lei, sprezzante.
«Anche perché il tuo stato di sangue è imbarazzante» continua l'altro, come se non l'avesse nemmeno udita, tornando al suo libro.
Dominique freme per l'oltraggio, socchiudendo gli occhi azzurri con furia.
«Fammi indovinare: Purosangue?» sputa tra i denti, truce.
Sul serio, pensa tra sé, esasperata, non bastava dover scrivere venti centimetri di pergamena perché ho giustamente rimesso la Bulstrode al suo posto, ora devo sopportare le ciarle inutili e fastidiose di questo?
«Che straordinaria capacità deduttiva» la sbeffeggia lui, all'oscuro delle sue riflessioni.
«Purosangue e Serpeverde. Grande accoppiata!» constata Dominique, fingendosi entusiasta, scostandosi una ciocca dei capelli ramati dal viso.
«E ti dirò di più» continua quello con aria cospiratoria, tornando a guardarla, abbassando la voce e sporgendosi verso di lei come se stesse per confessare un torbido segreto. «La mia famiglia non era tra i buoni durante la guerra» sussurra con un sorrisetto divertito.
Lei gli rivolge un'occhiata penosa.
«E questo dovrebbe renderti interessante?» chiede con sufficienza.
«Nah» sospira lui, rilassato. Corruccia la fronte e socchiude gli occhi, pensieroso. «Probabilmente abominevole, almeno ai tuoi occhi» conclude noncurante.
Dominique non si prende nemmeno la briga di negare. Sarebbe uno spreco inutile di fiato.
«Che cosa ci fai qui?» rilancia, invece, desiderosa di appigliarsi a qualsiasi distrazione piuttosto che concentrarsi sul tema che non ha nessuna voglia di scrivere.
Lui la guarda interdetto.
«Leggo?» ipotizza perplesso, osservandola come se fosse stupito che lei non sappia nemmeno fare una deduzione tanto semplice.
Dominique si lascia sfuggire un verso stizzito, aggrappandosi alla sua scarsa pazienza per evitare di mandarlo al diavolo all'istante.
«Di sicuro non sei il tipo che finisce in punizione per aver infranto qualche regola o non consegnato qualche compito» proclama aspra, rifilandogli un'occhiata gelida e obliqua. «Quindi che cosa ci fai qui?» ripete spazientita.
«La risposta non cambia».
«Nell'aula di Storia della Magia?» sottolinea lei, inarcando le sopracciglia, sbalordita.
Lui annuisce con il capo.
«Perché no?» replica posato, scrollando le spalle. «Non ci viene mai nessuno» rivela quieto.
«Forse perché nessuno vuole starci un minuto di più dopo le lezioni» considera Dominique, in un borbottio imbronciato. «E perché stai leggendo un dannato libro se non sei in punizione?» pretende di sapere imperiosa.
«Sei una ficcanaso» l'apostrofa l'altro, secco.
Dominique piega le labbra in un sorrisetto, per nulla dispiaciuta
«Mi sto annoiando a morte» sbuffa svogliata, arrotolandosi una ciocca di capelli ramati attorno al dito.
«Lieto di essere la tua distrazione» commenta lui, incolore. «Comunque non è un libro ma un diario» precisa sommesso.
«Seriamente? Hai un diario segreto?» domanda lei, le sopracciglia aggrottate, guardandolo con compatimento. «Sei davvero senza speranze» sentenzia cruda, scuotendo la testa.
«Non ho mai detto che è il mio».
«E di chi?»
«Di un mio antenato» annuncia il Serpeverde, vago. «È una lettura davvero affascinante» aggiunge, lasciandosi sfuggire un sorriso di ammirazione che per un istante gli illumina le iridi chiare.
«Immagino» commenta Dominique, piatta. «Anche lui perdeva tempo a rintanarsi in un'aula invece di avere una vita sociale?» indaga brutale.
«No, lui studiava incantesimi per vincere la guerra» se ne esce lui, tranquillo, facendole voltare di scatto la testa e sgranare gli occhi. «E da quello che vedo, era parecchio creativo» continua, incurante dello sguardo allarmato che gli viene rivolto.
«Interessante» borbotta lei, vagamente inquieta. Si schiarisce la gola, prima di riassumere una posa altera. «C'è anche un incantesimo per liberarsi di questo impiccio?» domanda ironica, accennando al tema e sperando di scacciare quel leggero senso di freddo che le si è insediato sotto pelle.
«Certo» risponde lui, sereno. «Si chiama prendi in mano una penna e inizia a scrivere».
Dominique arriccia le labbra, irritata.
«Non sei divertente» proclama tracotante.
«Me lo dicono spesso».
«E che altro ti dicono?»
«Le solite cose» liquida quello, composto, facendo una smorfia per nulla infastidita. «Famiglia di Mangiamorte, mostro, figlio di un assassino... il che è ridicolo visto che mio padre è più giovane del Prescelto. Ma quando la gente è stupida, c'è poco da fare!» esclama razionale, quasi sconsolato.
Dominique lo osserva in silenzio, immobile.
«Che provieni da una famiglia di Mangiamorte è vero» sottolinea con un filo di voce, realista.
«Mai negato» afferma lui, tranquillo. «E poi... tutto quello che lui ha fatto» dice indicando con un cenno del mento il diario. «Io lo trovo grandioso» ammette affascinato.
Lei storce il naso, scrollandosi di dosso quella sensazione di torpore che l'aveva investita e assumendo una mimica nauseata.
«Io trovo disgustoso ammirare un assassino» replica decisa, facendo chiaramente percepire la sua contrarietà.
Il Serpeverde le sorride, anche se non c'è nulla di divertente nella linea che gli piega le labbra.
«Non era solo quello» replica a bassa voce, sfiorando le pagine del diario con un'occhiata pensierosa e indecifrabile. «Anche se viene principalmente ricordato per le stragi che ha compiuto» continua in tono più alto ma apatico, come se non fosse davvero toccato da quello che dice. «Suppongo che sia il prezzo della grandezza» riflette aggrottando la fronte, meditabondo. «Per come la vedo io, aveva solo un difetto».
«Quale?» indaga Dominique, così incuriosita da non riuscire a tenere a bada la lingua.
L'altro pare riprendersi da quella trance nella quale era caduto. La scruta con un'occhiata acuta per qualche istante, come se stesse davvero valutando se fornirle o meno spiegazioni.
«Amava troppo» risponde contrariato, esibendo un sorrisetto amareggiato.
Lei aggrotta la fronte, perplessa.
«E da quando sarebbe un difetto?»
«Non è mai un bene dimenticarsi di usare la testa. Ah già» si blocca lui, inarcando per un istante le sopracciglia con eloquenza. «Scordavo che parlo con te» mormora indelicato.
Dominique serra le labbra, fremente d'ira.
«Mi stai dando della stupida?» domanda urtata.
«Stupida forse no» concede quel grandissimo stronzo – sicuro come l'oro che è parente di Teddy, hanno lo stesso sarcasmo odioso – con quella che pare grande magnanimità. Se Dominique volesse essere volgare, non ci penserebbe due volte a dirgli dove se la potrebbe ficcare. «Impulsiva, sì. Decisamente sì» stabilisce sicuro. «La punizione di Paciock potevi tranquillamente evitartela. Bastava non affatturare la Bulstrode in un corridoio pieno di testimoni» osserva saputo, quasi infastidito dalla sua incapacità di controllarsi. «Ad esempio, potevi aspettarla fuori dall'aula dove si svolgono le prove del coro. È sempre l'ultima a uscire. E sono certo che se tu le avessi scagliato qualcosa di più creativo di una Fattura Orcovolante e avessi continuato a colpirla senza farti scoprire in maniera del tutto casuale per un mese, l'avresti davvero terrorizzata» spiega lieve, ignorando gli occhi di lei che si offuscano di nuovo d'angoscia. «Le persone hanno paura quando sono attaccate da un nemico invisibile» termina noncurante.
Dominique deglutisce, inumidendosi poi le labbra.
«Te lo ha insegnato lui?» pigola in un sussurro, indicando con lo sguardo il diario.
Solo osservarlo le provoca un vago senso di malessere, come se l'essenza malvagia di chi l'ha scritto sia intrisa in quelle pagine ingiallite e sottili.
«Tra le tante cose» ammette il Serpeverde, sorridendo quasi con affetto mentre lo chiude e lo ripone nella sua tracolla di cuoio. «Tra cui, come ottenere quello che voglio» considera distaccato, alzandosi in piedi e caricandosela su una spalla.
«E che cosa vuoi?» mormora Dominique, completamente sedotta dalle parole di lui.
L'altro la guarda un istante in silenzio, riflessivo, prima di sfoderare un sorriso lieve e invitante.
«Tu che dici?»
«Dico che come tentativo di approccio è penoso» ribatte lei, tagliente, riuscendo finalmente a distruggere quella bolla incantata dove è stata intrappolata per gli ultimi minuti. Lo scruta irritata a morte, assottigliando le palpebre con un piglio che indica tutto il suo odio.
«Non ci sto provando» afferma lui, divertito da quell'ipotesi assurda. E, se possibile, il nervoso di Dominique aumenta ancor di più. «Desolato di deluderti, Weasley, ma una come te proprio non mi piace» afferma beffardo.
«Davvero?» chiede lei, velenosa. «Secondo me dici così solo perché sai benissimo che una come me non puoi averla» sottolinea caustica, distorcendo il viso in un'espressione ostile e arrogante.
«E perché dovrei volerla?» replica quello, leggero, facendole scivolare gli occhi addosso. Dominique si sforza di mostrarsi impassibile anche se sente uno strano formicolio sulla pelle e lo stomaco stringersi in una morsa preoccupante. «Non vedo niente che valga la pena desiderare» considera risoluto. «Buona fortuna con il tema» la saluta sarcastico, facendo un cenno con la testa alla pergamena che è ancora tristemente candida, prima di uscire dall'aula.


*


Vederlo spalancare gli occhi con un guizzo di sconcerto è una soddisfazione che non ha prezzo.
Dominique piega le labbra nel suo solito sorriso ammaliante, staccandosi dalla parete del corridoio principale che porta alla Sala Comune di Serpeverde.
«Volevo solo augurarti buona fortuna per la partita di domani» spiega amabile, dopo essergli andata incontro e fermata a un passo di distanza. Continua a sorridere, inclinando il capo con fare civettuolo. «Non che abbiate speranze: Grifondoro è la miglior squadra del Castello» decreta orgogliosa, certa della vittoria della propria Casa.
Lui inarca un sopracciglio, beffardo.
«E sei strisciata fin qui, nei sotterranei, solo per dirmi questo?» domanda retorico, con ancora quel cenno di sorpresa ad illuminargli gli occhi azzurri. «Se fossi uno di quelli a cui tanto piaci, mi starei montando la testa» considera ironico.
«Non farlo» lo supplica lei, dolce. «La delusione sarebbe terribile, Rosier» afferma, scandendo con cura il suo cognome e gioendo dalla soddisfazione di vedere quell'aria tanto impenetrabile incrinata di nuovo. Non deve essere abituato a essere colto di sorpresa, figuriamoci se poi gli capita due volte nell'arco di pochi minuti di distanza. «Capisco perché non dici in giro il tuo cognome» pondera leggera, trasformando quel sorriso in un ghigno affilato. «Io me ne vergognerei» commenta, arricciando il naso per il disgusto.
Lui alza le spalle, incurante.
«Punti di vista» replica con il viso di nuovo imperscrutabile. «Per me è un vanto» afferma affabile. «Quindi» riprende sereno, sorridendo. «Sei venuta fin qui solo per farmi pesare il cognome della mia famiglia?»
«Qualcosa del genere» confessa lei, zuccherosa, dondolando il capo.
«Ti dispiace se non mi si spezza il cuore?» domanda il Serpeverde, sarcastico. «La sensibilità non è il mio forte» rivela fingendosi affranto.
Dominique lo guarda con finta pena.
«Deve essere un tratto comune nei parenti dei Mangiamorte» commenta melliflua.
«Nah» si lascia sfuggire lui, lieve, storcendo il viso in una smorfia. «Questa è una caratteristica tutta mia» aggiunge prima di superarla e riprendere la marcia verso la sua Sala Comune.
«Aspetta» lo blocca Dominique, ed è la prima a sorprendersi di quanto risulti stridula la sua voce. Si morde le labbra con forza, come a punirle per essersi lasciate sfuggire quell'unica parola che è suonata terribilmente disperata. Almeno sono riuscita nell'intento di fermarlo, cerca di consolarsi. Rosier è girato verso di lei, la fronte aggrottata in una chiara espressione di perplessità. «Non mi hai detto il tuo nome» continua simulando casualità e ignorando l'imbarazzo che l'avvolge per essersi mostrata così mendicante della sua attenzione.
«Rosier non è abbastanza per te?» chiede lui, stordito.
«La mia è solo curiosità» chiarisce lei, dura, sulla difensiva. «Non metterti strane idee in testa».
Rosier scuote la testa, ridacchiando divertito.
«
Non oso baciare una signora così bella. Ho un solo cuore da perdere» se ne esce all'improvviso, facendole dimenticare per un secondo l'idea di lasciargli il segno di cinque dita sulla guancia.
«Che?» sfiata Dominique, sbigottita.
«È la citazione di un film» spiega lui, spiccio. «Un film è una cosa Babbana» aggiunge paziente, davanti al suo sguardo perplesso.
Lei serra le palpebre con fastidio.
«So cos'è un film» afferma piccata, aggrottando la fronte per l'irritazione. «Sono più stupita che lo sappia tu» ritorce caustica.
«Andiamo» ride Rosier, spassionato. «Parente di un Mangiamorte, Purosangue e pure discriminatore del mondo Babbano? È un cliché troppo scontato!»
«Come ti pare» osserva Dominique, asciutta. Poi aggrotta di nuovo le sopracciglia, scrutandolo con due gelidi occhi azzurri. «Vuoi dirmi questo nome o no?» domanda sgarbata.
«L'ho fatto» insiste Rosier, un sorriso arrogante che gli piega le labbra. «È il nome del personaggio che pronuncia queste parole» continua paziente, guardandola con una luce di superiorità baluginate nelle iridi che le fa tornare la voglia di picchiarlo. «Per fortuna i miei hanno optato per il diminutivo moderno. L'altro sarebbe stato ridicolo» sentenzia ironico, alzando lo sguardo al soffitto con lieve esasperazione.
«Siamo ad Hogwarts» gli ricorda Dominique, glaciale e furente. «Non possiamo utilizzare la tecnologia. Come diavolo ti aspetti che risalga a un personaggio di un film tramite una citazione?» chiede aspra.
«Non me lo aspetto, infatti» replica lui, disinteressato. «A meno che tu non voglia chiedere in giro, temo che rimarrai nell'ignoranza. Sì, lo so, non sono abbastanza importante da farti perdere tempo» la precede, imitando la sua voce in un falsetto fastidioso che le fa serrare la mandibola per l'incredulità e il nervosismo. «Quindi non ti importa come mi chiamo, no?» domanda prima di allontanarsi.


*


«Non oso baciare una signora così bella. Ho un solo cuore da perdere».
Dominique lo ripete a bassa voce, tra sé, gli occhi azzurri socchiusi nello sforzo di ricordare.
Queste due frasi le appaiono vagamente familiari, tuttavia, per quanto si sforzi, non riesce a ricordarsi il film da cui derivano. Ci pensa ossessivamente da più di un'ora, da quando si è allontanata dai tetri e umidi sotterranei per dirigersi prima nella Sala Comune e poi in Sala Grande per consumare la cena.
Tanto Rosier non lo saprà mai, pensa convinta, giustificando quel comportamento che reputa assurdo quanto stupido.
«Che hai detto?» domanda Scarlett, sua migliore amica e compagna di Dormitorio, seduta di fianco a lei, spalancando gli occhi attonita.
Dominique scuote il capo, spazientita. Getta poi un'occhiata piena di livore dall'altra parte della Sala, dove, alla tavolata dei Serpeverde, Rosier è seduto a mangiare con i suoi degni compari, ignaro di essere al centro dei suoi pensieri.
Mi disgusti, considera livida di rabbia, buttando fuori con furia aria dalle narici. Come se davvero valessi il tempo che mi sta facendo perdere.
Di riflesso non riesce a evitare di guardare alla sua destra, dove, qualche posto più in là, Cameron Boot è seduto accanto al Capitano di Grifondoro. Stando ai pettegolezzi che Scarlett le ha riferito, il ragazzo ha una gigantesca cotta per lei.
Non che non l'abbia intuito. È facile capirlo dal modo in cui le sorride e le parla.
Mica come altri, recrimina Dominique, seccata, che non sanno nemmeno cosa siano le buone maniere.
Tra l'altro, se proprio lo vogliamo dire, Boot è pure più carino di Rosier e dei suoi glaciali occhi azzurri!
«Scarlett» esordisce, attirando l'attenzione dell'altra ed esibendo un sorriso falso ma convincente. «È tutto il giorno che mi frulla nella testa una citazione di un film. Purtroppo, per quanto mi sforzi, non ricordo il titolo» dice seccata.
L'amica, proveniente da una famiglia Mezzosangue e appassionata di cinematografia, la guarda interessata.
«Che citazione?» chiede disponibile, sbattendo le ciglia.
«Non oso baciare una signora così bella. Ho un solo cuore da perdere» recita Dominique, lentamente, mascherando l'agitazione di sapere se l'altra può davvero esserle utile.
Scarlett piega le labbra in una smorfia contrariata.
«Pessimo film» sentenzia implacabile, sbuffando, prima di sorseggiare il calice con il suo succo di zucca. «Gli attori non erano male... voglio dire, c'era Sean Connery! Ma la trama? Imbarazzante è dire poc-»
«Sì, sì» la blocca lei, spazientita, piegandosi verso l'altra. «Allora, il titolo?»
«Il primo cavaliere» rivela l'amica, infastidita, prima di tornare a lamentarsi del pessimo lavoro del regista.
Dominique nemmeno l'ascolta, richiamando alla mente la storia di quello spettacolo. Ci mette un attimo prima di ricordare chi pronuncia quelle due frasi sulle quali si è lambiccata il cervello, poi piega le labbra in un sorriso vittorioso.


*


«Non si saluta?»
«Non ti avevo vista, Weasley».
Dominique ridacchia, guardandolo scettica.
«Per questa volta farò finta di crederci» concede magnanima, abbassando per un attimo le ciglia e ignorando l'occhiata stranita che Scarlett, al suo fianco, le rivolge.
Incrociarsi per caso al termine delle lezioni pomeridiane le è sembrata un'occasione troppo ghiotta per lasciarsela sfuggire.
Anche se non lo mostra, è trepidante per quell'incontro segretamente sperato.
«La prossima volta non ti perdonerò così facilmente la maleducazione, Lance» afferma leggera, sorridendo nel vedere la sua testa voltarsi di colpo vero di lei.
Rosier aggrotta appena la fronte.
«Vedo che ti sei sprecata a chiedere in giro» deduce disinteressato, non immaginando nemmeno quanto si sbagli.
Dominique amplia il sorriso, gli occhi azzurri accessi dall'entusiasmo.
«Vola basso, tesoro» gli consiglia, zuccherosa, inclinando il capo e piegando il viso in una smorfia quasi dispiaciuta. «Non sei altro che una distrazione alla noia, una cosa di poco conto» sostiene derisoria.
«Davvero?» replica lui, divertito, inarcando entrambe le sopracciglia. «Per essere solo quello, mi sembra che tu ci perda un po' troppo tempo» riflette a bassa voce, l'ombra di un sorriso a illuminargli il volto.












Questa storia è un esperimento, tanto per cambiare.
Non solo volevo provare a scrivere di un personaggio che non mi fa impazzire ma la sfida, che mi sono auto imposta – perché bisogna sempre complicarsi la vita –, consisteva anche nel cercare di non essere logorroica come mio solito. Mi sono data quindi un limite di otto pagine. Incredibile ma vero, ci sono stata dentro.
Io lo considero un successo.
(Tra l'altro immagino che si veda che sto studiando il Lancelot en prose. Scusatemi ma sono invasata con questo ciclo!)
All'inizio confesso che Lance doveva essere un Avery. Poi, non so bene come né il perché, ho sentito un'attrazione verso Baratro e il suo cognome è diventato Rosier (sarà perché ho un debole per Evan e mi intrigava immaginarmi un suo ipotetico discendente).
Bene, direi che posso tornare alle mie long.
Alla prossima,
Blue




   
 
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