Anime & Manga > Inuyasha
Segui la storia  |       
Autore: Jeremymarsh    26/08/2021    4 recensioni
[AU ambientata nel Sengoku Jidai]
Durante una semplice operazione di perlustrazione, Inuyasha, generale in una guerra tra demoni e umani che va ormai avanti da due anni, si spinge fino oltre il territorio nemico per raggiungere il villaggio in cui la sua promessa sposa viveva prima che il conflitto scoppiasse. Qui viene scoperto dalla sorella minore di lei che gli rivela intenzionalmente una cosa che non avrebbe dovuto.
Scioccato, Inuyasha decide di imbarcarsi in una nuova e pericolosa missione che potrebbe costargli la vita o peggio.
[Inukag con piccola parentesi Inukik]
Genere: Angst, Guerra, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Inu no Taisho, Inuyasha, Kaede, Kagome | Coppie: Inuyasha/Kagome, Inuyasha/Kikyo
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
N/A: Salve a tutti! 
Mi rendo conto di aver fatto passare una quantità di tempo spropositata prima di pubblicare questo capitolo - nonostante fosse pronto e aspettasse solo me - ma in realtà sto avendo difficoltà a concludere la seconda parte di questo epilogo. So cosa voglio scrivere, ho fatto una piccola scaletta, ma non riesco a convertirla del tutto in parole. Per ora è pronta solo a metà, ma non so dirvi quando vedrà finalmente la luce. 

Intanto, spero che il capitolo vi piaccia. A presto! 

 


Capitolo Nove: Sei mesi dopo – Parte I


 
“Fulvia, Fulvia, amore mio.”
Davanti alla porta di lei gli sembrava di non dirlo al vento, per la prima volta in tanti mesi.
Sono sempre lo stesso, Fulvia. Ho fatto tanto, ho camminato tanto… Sono scappato e ho inseguito. Mi sono sentito vivo come mai e mi son visto morto. Ho riso e pianto. Ho ucciso un uomo, a caldo. Ne ho visti uccidere, a freddo, moltissimi. Ma io sono sempre lo stesso.”
 
 




Il sole stava albeggiando sulle terre ad Ovest quel tranquillo giorno di sei mesi dopo. Per la prima volta si respirava un’aria incredibilmente pura e libera dal crudo e nitido odore del sangue o dei medicinali; anche l’odio e il risentimento sembravano essere ridotti al minimo.
 
Era cominciato quel periodo di prospero e pace che il Grande Generale Cane aveva sempre definito il migliore post guerra – e anche quello che illudeva i più di poter vivere per sempre in quel modo. Ovviamente così non era.
 
La ripresa in tutte le terre del Giappone, sotto il controllo umano o demoniaco, era stata abbastanza veloce grazie alle risorse dei demoni e, sebbene rimanessero molte cose da riparare e portare all’antico splendore, gli animi avevano già cominciato a essere più leggeri e meno provati.
 
Però, come già detto, era un’altra condizione destinata ad evolversi, passeggera – nulla era fermo ed immobile, come d’altronde la storia insegnava.
 
Con il tempo anche la pace avrebbe cominciato a star stretta, le turbolenze sarebbero aumentate, i ribelli avrebbero gridato alla rivoluzione, al nemico, al traditore e gli errori si sarebbero ripetuti. Perché, sfortunatamente, se c’era una cosa che la storia non riusciva mai a insegnare era proprio il tipo di errori da non ripetere.
 
Presto o tardi, quindi, ci si sarebbe ritrovati sull’orlo di una nuova guerra, a sporcarsi gli artigli di sangue e leccarsi le ferite; il mezzo demone si chiedeva quel presto o tardi quando sarebbe arrivato. Lui aveva sperimentato solo una guerra e le perdite e il dolore causati da essa gli sarebbero bastati per tutta la vita. Non riusciva a concepire in che modo il padre ne avesse vissute così tante senza impazzire – anche se, Inuyasha ricordava bene, Toga in passato aveva ripetuto più volte di non sentirsi poi tanto sano di mente giunto a quel punto e dopo tanti conflitti.
 
“Non farti fregare dalle apparenze,” scherzava sempre rivolto al figlio minore, “questo tuo vecchio è il più ammattito di tutti quanti.” Una risata fragorosa avrebbe seguito quell’affermazione e poi una pacca potente sulle spalle che aveva sempre la capacità di fargli perdere l’equilibro per qualche secondo.
 
Il padre non ci era mai andato leggero con quelle, bisognava ammetterlo.
 
Sospirò per l’ennesima volta mentre volgeva lo sguardo in alto e osservava i primi raggi colorare l’orizzonte e illuminare i tanti demoni già a lavoro. La ricostruzione non finiva mai e tutti, senza prendere in considerazione specie, razza o sangue misto, si davano da fare. Ecco un’altra cosa che Toga aveva sempre amato dire quando raccontava al figlio delle precedenti guerre: nulla univa meglio di quel momento in cui tutti mettevano a disposizione le proprie abilità per ricostruire la propria casa.
 
Sospirare. Gli sembrava di averlo fatto anche troppe volte in quegli ultimi sei mesi, o meglio, gli sembrava di aver fatto solo quello. Il mezzo demone era probabilmente tra quei pochi che non erano ancora entrati nella fase della pace e della prosperità mentale – quei pochi ancora affranti dal dolore e dalla miseria della guerra.
 
Una figura possente lo stava osservando già da un po’ – Inuyasha, troppo perso nei suoi pensieri, non si era accorto di nulla – e scosse la testa a sentire l’ennesimo sospiro. Ne aveva abbastanza, in qualche modo doveva scuoterlo.
 
Si avvicinò limitando al minimo il rumore degli stivali sul terreno. Solo quando ebbe appoggiato la grande mano artigliata sulla spalla del mezzo demone questo si riscosse; Inuyasha continuò comunque a tenere lo sguardo rivolto allo spettacolo che la natura gli stava offrendo.
 
“Cos’è che ti affligge quest’oggi?” domandò. “Avrei giurato che con una vista del genere sarebbe stato impossibile essere tristi o nostalgici.”
 
“Buongiorno, padre. Non sono né triste né nostalgico.” Il tono gli uscì più secco e irritato di quel che avrebbe desiderato; Toga scosse una seconda volta la testa.
 
“Beh, avrei giurato il contrario, figliolo. A vederti da dietro almeno.” Gli lasciò la spalla e lo affiancò, ammirando la bellezza del sole che sorgeva.
 
“Mi stavo chiedendo quanto durerà questa finta pace e quando ricominceremo a sporcarci le mani.”
 
Il Generale indurì per un momento lo sguardo. “Figliolo,” ripeté, “so per esperienza quanto flebile sia questa pace, quanto velocemente si può tornare alla guerra, quindi non credi sarebbe meglio approfittarne ora che si può e lasciare andare le riflessioni filosofiche a un altro momento?”
 
Inuyasha non offrì alcuna risposta solo un’alzata di spalle.
 
“Sarebbe potuta andare peggio,” aggiunse il genitore conscio che il figlio stesse pensando ancora alle perdite e non alle conquiste.
 
Un’emozione attraversò gli occhi dorati del mezzo demone a quelle parole. Era vero, avrebbe potuto perdere molto di più constatò, anche se la consapevolezza non lo faceva soffrire di meno se ripensava alla madre o al tradimento di Kikyo.
 
Per un attimo smise di compatirsi e la mente ritornò a quell’ultimo scontro che aveva rischiato di portargli via anche l’ultima cosa buona che gli era rimasta: il padre.
 
 


 
La battaglia era quasi giunta al termine, gli umani sul campo erano decisamente pochi se non si consideravano i morti, e Inuyasha si era fermato un attimo per pulirsi la fronte sporca sia di sudore che di sangue. Fu un attimo e sentì, dal lato opposto a dove si trovava, il sibilo di una freccia che, sebbene non fosse diretta verso di lui, colse la sua attenzione.
 
Dopo avrebbe pensato che fosse strano il fatto che, tra le tante che volavano attorno e vicino a lui, quella in particolare avesse attirato la sua attenzione. Forse fu il tremendo presentimento che gli fece ghiacciare il sangue nelle vene o il ghigno maniacale che accompagnò la freccia verso il suo obiettivo, fatto sta che Inuyasha lo sentì chiaro come una goccia d’acqua che cade infrangendo l’inquietante silenzio della radura al mattino presto.
 
Voltò la testa di scatto e gli occhi si allargarono a notare il padre fermo davanti a lui ancora intento ad osservare la lama di una lancia che lo aveva trapassato. Un grido strozzato gli lasciò le labbra mentre gli arti si muovevano di propria volontà, più veloci che mai, più di quel che avrebbe mai creduto possibile.
 
La sua mente non registrò nulla di tutto ciò, non le grida di terrore, né quelle di gioia di demoni e umani, né il suono della carne del monaco che veniva dilaniata dal fratello maggiore. Davanti agli occhi vedeva solo lo sguardo sorpreso del padre consapevole di essere stato colto alla sprovvista, lo sguardo rassegnato.
 
Mentre la freccia compiva il suo tragitto, Toga ebbe un secondo per voltare gli occhi verso il figlio minore e chiedergli scusa. Quell’attimo bastò a far ribollire il sangue di Inuyasha; non avrebbe accettato nulla di tutto ciò.
 
Il suo corpo, di cui non aveva ancora recuperato il controllo, sembrò accelerare in risposta alla rabbia che lo sguardo del padre aveva suscitato. Il sibilo della freccia continuava a rimbombargli nelle orecchie.
 
Poi fu un attimo, la sua mente non registrò il dolore o i sensi oscurarsi; né le gambe diventar di gomma e tradirlo, né il respiro che si mozzava. Vide solo il padre cambiare espressione, da implorante a scioccata, i suoi occhi sgranarsi e il corpo che si apprestava ad aiutare quello del figlio che si accasciava a terra immobile e improvvisamente incapace.
 
Prima di svenire usò quel poco fiato che gli rimaneva per rivolgere due parole dure al padre, per fargli capire che non avrebbe accettato nulla di quello che aveva provato a dirgli con gli occhi: “Niente scuse.”
 
Non rimase abbastanza sveglio per sentire ciò che il padre aveva mormorato in risposta, vide solo delle labbra sfocate che si muovevano mentre le sue palpebre si chiudevano all’improvviso pesanti come piombo.
 
 

 
 
Solo dopo essersi svegliato e tornato al suo stato di mezzo demone avrebbe saputo che quella corsa, che agli occhi di tutti coloro che erano sul campo di battaglia era sembrata impossibile, aveva salvato la vita al padre. Inuyasha non riusciva a capacitarsi di come avesse potuto attraversare tutto il campo fino ad arrivare al padre e addirittura battere la freccia; era fisicamente impossibile.
 
Koga gli aveva detto di fregarsene. Aveva salvato il padre, a chi fregava se la cosa a pensarci era infattibile? Inuyasha aveva compiuto un miracolo forse, ma l’importante era che ci fosse riuscito. Forse era stata la disperazione, forse la rabbia, ma il mezzo demone – proprio grazie alla sua natura – aveva salvato il Grande Generale Cane.
 
L'attacco di Kiyoshi, però, aveva solo accelerato la fine della battaglia. Tutti, anche coloro che avevano sempre opposto le idee del Generale, erano rimasti oltraggiati da quell’assalto e ricominciato a colpire gli avversari con nuovo fervore, maniacale, infernale.
 
Inuyasha si era perso quegli ultimi momenti agitati ma non se ne dispiaceva poi tanto. Era sicuro che quando suo padre aveva definito gli attacchi dei demoni più mirati diligenti in realtà intendeva che si erano divertiti a sventrare e mutilare; gli era stato impossibile impedire la smorfia apparsa sul viso e lo sguardo carico di odio. Toga aveva finto di non vederlo, non perché non fosse d’accordo, ma perché sapeva quanto certe volte – tra demoni che avevano nella loro natura di essere spietati – era impossibile evitare bagni di sangue.
 
Lui stesso, combattente da secoli, rimaneva ancora un po’ perplesso a causa di certe emozioni, sebbene sapesse mantenere alla perfezione il sangue freddo quando era necessario – ecco qualcosa che Sesshomaru aveva ereditato da lui e non dalla crudele signora che era sua madre. Inuyasha, invece, ne era sempre particolarmente colpito e non solo per la sua inesperienza, ma anche e soprattutto per la sua metà umana che aveva ereditato da una donna che di per sé era sempre stata più sensibile degli altri.
 
Mentre Inuyasha tornava alla realtà e suo padre rimaneva in silenzio accanto a lui a guardare l’orizzonte, una guardia interruppe il loro momento lasciandosi andare a pure formalità prima di schiarire la voce e specificare l’intento della sua venuta.
 
“Miei signori.” Toga guardò con occhio attento quella guardia ancora giovane, più di suo figlio, impeccabile nei suoi movimenti e lineamenti ancora un po’ acerbi, porgergli un’urna di terracotta.
 
Un sorriso un po’ sfrontato gli abbellì le labbra osservando il giovane che aveva preso un po’ sotto la sua ala negli ultimi sei mesi da quando lo aveva trovato morto e ancora un po’ caldo davanti a un’entrata del castello.
 
In realtà, l’attacco al Generale si era rivelato una fortuna per Kazuo. Il giovane non aveva avuto tanto torto quando, prima di accasciarsi, aveva pensato che il suo corpo sarebbe stato ritrovato troppo tardi, ma avendo gli ultimi eventi accelerato il volgersi della battaglia, altri erano tornati in anticipo a difesa del castello.
 
Tra questi c’era il Generale in persona. Quando di nemici ne erano rimasti pochi, Toga aveva ordinato ad alcuni Comandanti di portare gli umani svenuti nelle celle e affidato il resto al figlio maggiore mentre correva al capezzale del minore. Fu così che aveva scorto il corpo del demone cane la cui anima era a un passo da superare il confine.
 
Non ci aveva pensato due volte, rivedendo in lui molti altri giovani che erano già stati abbattuti durante la loro prima guerra e lo stesso Inuyasha che se l’era cavata per il rotto della cuffia più di una volta. Aveva estratto Tenseiga e si era sbarazzato degli inviati dell’aldilà già più che pronti a trasportarlo dall’altro lato. Poi, senza nemmeno accertarsi della buona riuscita del suo gesto – in realtà non aveva dubbi, quindi non si sforzò nemmeno di assistere al risveglio del giovane – aveva proseguito per la sua strada e raggiunto il figlio nelle sue camere private.
 
Ora Kazuo, oltre a svolgere il suo compito di guardia, si ritrovava spesso ad aiutare con piccoli compiti che il demone maggiore gli affidava personalmente, come per l’appunto aveva appena fatto.
 
Prima di approcciarsi al figlio minore, infatti, Toga aveva richiesto a Kazuo di portargli l’urna che ora stringeva tra le mani.
 
Inuyasha lo osservò con un sopracciglio alzato; la puzza di morte e ceneri che il contenitore emanava non gli era sfuggita in quanto piuttosto forte. Toga lo ignorò ancora per qualche secondo, fingendo innocenza.
 
“Sai…” cominciò il padre dopo che ebbe dismesso la guardia, “Il giorno dopo la battaglia sono riuscito a recuperare qualcosa o meglio, qualcuno, che era rimasto ammucchiato insieme ad altri tanti cadaveri nella parte posteriore dei sotterranei. Quella dove tuo fratello ordina ai suoi sottomessi di gettare i corpi dei prigionieri uccisi che aspettano di essere bruciati o, peggio ancora, lasciati alla mercé dei saprofagi. A quanto pare le preparazioni dell’ultima battaglia e in seguito la pulizia del campo ha fatto sì che quelle impeccabili guardie tardassero un po’ nel loro compito.”
 
Inuyasha continuò a fissarlo stoico cercando di capire dove stesse andando a parare il padre – aveva recuperato qualcuno? E perché diamine si era fatto portare le ceneri?
 
Toga voleva alzare gli occhi al cielo per la tardività cronica del figlio nel capire le cose più ovvie, ma si trattenne e continuò con il suo discorso. “Credo che questo qualcuno meriti riposo e soprattutto una preghiera per le buone azioni che ha commesso durante questa guerra crudele.”
 
A quel punto Inuyasha sgranò gli occhi. Non voleva mica dire che… “Quelle sono…?” non riuscì nemmeno a completare la domanda.
 
“Sì, figliolo, il corpo che ho recuperato e poi fatto cremare era quello di Miroku. Mi è dispiaciuto non essere stato in grado di salvarlo e non nego che un po’ mi sento in colpa per la sua morte. Se solo fossi stato più preciso nei miei ordini…”
 
“Keh, è inutile perdersi in certi discorsi, padre. Sesshomaru avrebbe comunque fatto come gli pareva,” sbuffò.
 
Il Generale annuì saggiamente; Inuyasha non aveva poi tanto torto, ciò nonostante voleva riparare ai peccati del figlio maggiore. “Forse hai ragione, figliolo. Tuttavia, come stavo dicendo, merita anche lui un degno luogo di riposo e un funerale. Siccome non posso sapere quale fosse il suo villaggio natale, vorrei che le sue ceneri arrivassero almeno a quella gentile sacerdotessa che ti ha salvato la vita più di una volta. Sono sicuro che sarebbe misericordiosa abbastanza da lasciarlo riposare dietro al suo tempio. Tu che ne dici?”
 
Inuyasha saltò un battito. Kagome, suo padre voleva portare le ceneri a Kagome – senza nemmeno sapere che in realtà la ragazza conosceva più che bene il monaco sfortunato. Gli si strinse il cuore nel petto. Cosa stava pensando la giovane dopo tanti mesi che Miroku non si faceva vedere? Lo aveva dato per disperso o, con ragione, per morto? Non poteva non ricordare il volto triste che aveva avuto mentre parlava della sorella e come ora quella stessa espressione probabilmente le imbronciava il viso per un’altra persona che aveva perso a causa della guerra.
 
Il mezzo demone non poteva negare che durante la ripresa aveva pensato tanto alla giovane sacerdotessa – anche troppo – e si era reso conto di esserne anche un po’ ossessionato. La sua mente continuava a rimandargli le immagini del loro ultimo incontro, gli sembrava di risentire le sue labbra calde e innocenti che gli sfioravano la guancia e pensava al modo in cui si era messa in pericolo per lui. Sia Koga che Toga lo avevano colto più di una volta con la mano alzata a mezz’aria mentre inconsciamente andava a carezzare proprio quella parte del viso ma poi, rinsavito e resosi conto del gesto, cercava di nasconderlo grattandosi.
 
Il demone lupo lo prendeva in giro senza pietà mentre il padre, beh… Toga lo guardava tra il divertito e il consapevole. Ora che Inuyasha ci pensava bene, si chiese se quell’argomento non fosse stato scelto di proposito dal genitore.
 
Voltò gli occhi scettici verso il demone maggiore come a volergli dire che non se la beveva, c’era qualcosa sotto. Toga finse innocenza.
 
“Inoltre,” quest’ultimo continuò imperturbato, “avevo detto che mi sarebbe piaciuto portare i miei rispetti e sentiti ringraziamenti a questa fanciulla che mi ha permesso di riabbracciare mio figlio. È anche merito suo se siamo riusciti finalmente a parlarci come si deve, no?” Abbracciò di slancio il figlio, stringendogli la testa al petto e scompigliandogli i capelli, in una dimostrazione d’affetto simile a quelle a cui si era sempre lasciato andare quando Inuyasha era meno schizzinoso e chiuso. Talvolta quell’adolescente meno burbero e più aperto gli mancava; non che fosse proprio un adulto ora, ma aveva sicuramente passato quella fase.
 
Inuyasha tossì quando si fu liberato della stretta del padre e si risistemò stizzito i capelli, volgendo al padre un’occhiataccia poco convinta. “Quindi?” sbottò cercando di nascondere il battito accelerato e quanto in realtà gli interessasse sapere dove doveva andare a finire quella conversazione.
 
“Quindi? Ho rimandato anche troppo; Miroku-sama non lo merita. Ma io sono ancora bloccato con le ricostruzioni, gli incontri politici e quant’altro. Non penso proprio di potermi muovere al momento. Credi di poterti avviare al posto mio, figliolo? Ti raggiungerei appena possibile, vorrei comunque avere l’occasione di scambiare due parole con Kagome-sama e la sua famiglia.” Questa volta non cercò nemmeno di nascondere il divertimento che provava mentre intrappolava il figlio e il chiaro intento che c’era dietro la richiesta.
 
Inuyasha, invece, si sforzò di non diventare un libro aperto davanti al padre che già riusciva, in condizioni normali, a intuire cosa passasse per la testa del figlio. Lo aveva proprio incastrato bene; bisognava dirlo. Ma era davvero una cosa negativa? Si era scervellato nel pensare a Kagome in quei mesi, cercando di capire anche la natura dei suoi sentimenti e il perché del cuore che gli batteva più forte ogni qualvolta si accennava a lei, eppure non aveva mai fatto nulla.
 
Si era detto che era occupato, si era ripetuto che non poteva abbandonare l’amico o il padre in quella situazione tanto difficile, ma in realtà le sue scuse erano solo nate dalla mancanza di coraggio – e poi si arrabbiava se qualcuno gli dava del codardo. KEH!
 
Ora non poteva tirarsi indietro. Quando Toga gli chiedeva gentilmente di fare qualcosa in realtà non si aspettava minimamente un diniego e il suo era solo un teatrino inscenato per non fare la parte del padre cattivo che dava ordini o vestire i panni del Generale. Ma se Inuyasha avesse osato rifiutarsi o anche solo lamentarsi non avrebbe avuto remora a dargli un ordine secco.
 
Sospirò. Si faceva sempre mettere nel sacco e sapeva che il tutto era un piano orchestrato dal genitore – chissà che idee si era fatto su di lui e Kagome. Se un po’ lo infastidiva che si fosse messo in mezzo in quel modo, dall’altro lato riconosceva anche il tentativo di recuperare il tempo perso in quei due anni e riavvicinarsi ancora una volta alla vita personale del figlio. Inuyasha lo apprezzava.
 
Toga era nuovamente suo padre. Scherzava di nuovo, aveva ricominciato con le pacche e le risate fragorose che gli ferivano quasi le orecchie canine. C’erano giorni in cui il suo sguardo si perdeva e Inuyasha vi leggeva un dolore che conosceva molto bene, ma gli stessi impegni lo tenevano occupato e per questo finiva per riflettere meno su ciò che aveva perso.
 
Soprattutto aveva cominciato a cercarlo molto più di prima. Inuyasha e Toga, nonostante le differenze caratteriali, avevano sempre avuto un rapporto padre-figlio quasi perfetto, eppure adesso sembrava che il dai-youkai volesse trascorrere ancora più tempo con lui e non era il senso di colpa ad aver causato il cambiamento.
 
Inuyasha era figlio di Izayoi e, in quanto tale, Toga vedeva e cercava lei in lui; era il suo modo per sentirne meno la mancanza. Inoltre, non voleva più che il figlio corresse più determinati rischi. E considerando le ultime cose, era anche straordinario che il padre lo lasciasse andare da solo liberamente. Il Generale probabilmente si rendeva conto che non poteva comunque stargli continuamente addosso e il figlio aveva bisogno dei suoi spazi, soprattutto, di trovare il suo lieto fine.
 
Toga sperava che quella scintilla che aveva visto un paio di volte negli occhi del figlio fosse dovuta a una persona in particolare e che quest’ultima potesse in qualche modo ricambiarne i sentimenti. Non era all’oscuro, infatti, delle difficoltà che i mezzo demoni avevano a trovare un compagno di vita, ancora di più i mezzo demoni con il cuore spezzato.
 
Alla fine Inuyasha sorrise condiscendente. “Va bene, padre.” Allungò le mani verso l’urna e Toga gliela passò immediatamente. “Quando dovrei partire?”
 
“Anche subito,” fu la risposta del demone accompagnata da un’altra pacca sulle spalle e un occhiolino.
 
 

 
 
E così, veste e spada fedele al seguito, il mezzo demone si avviò verso Est senza nemmeno avvertire l’amico lupo, il quale continuava a nutrire dubbi verso la comunità spirituale. Voleva evitare le solite ramanzine; i suoi nervi già a fior di pelle non avrebbero gradito.
 
Lo aiutava invece l’idea della passeggiata attraverso la foresta, l’odore dell’erba dopo un temporale che aveva sempre amato e il frusciare degli alberi che lo avevo sempre accompagnato. Aveva già deciso che non avrebbe corso, non ci sarebbe stata alcuna fretta – tanto il suo passo normale era comunque superiore a quello di un umano – e si sarebbe goduto il paesaggio mentre cercava di mettere in ordine i suoi pensieri che da un po’ di tempo continuavano a essere matassa disordinata.
 
Le sue incertezze erano ricominciate qualche giorno dopo la battaglia X. Aveva deciso di mettere finalmente una pietra sopra la questione Kikyo, sperando che ciò lo aiutasse a ricucire il cuore ferito più facilmente, ma il fatto stesso che lei fosse la sorella di Kagome gli rendeva le cose più difficili.
 
Si diceva che doveva dimenticare anche quest’ultima, altrimenti non avrebbe mai lasciato andare nemmeno la maggiore, però poi a quel pensiero il cuore si stringeva in una morsa letale e lasciava perdere. Non che comunque avrebbe mai rivisto Kikyo – anche nell’ipotesi, che gli sembrava sempre molto remota, in cui avrebbe rivisto Kagome, avrebbe dovuto imparare a distinguere le due come entità separate e con nulla in comune, nemmeno il sangue.
 
Nelle giornate più positive pensava che presto avrebbe imparato a conviverci. Se suo padre aveva imparato a farlo con la mancanza dell’amata compagna non vedeva alcun ostacolo neanche per sé – solo sperava di non metterci tanto quanto il genitore. Ci avrebbe riso su un giorno, si diceva. Se gli Dei gli avessero permesso di arrivare alla veneranda età di suo padre, sperava di guardarsi alle spalle dall’alto dei suoi tanti secoli e ridere a crepapelle della sua stupidità e immaturità.
 
Ma soprattutto, quando la speranza tornava a fargli visita, non si vedeva solo in quel viaggio secolare.
 
Era un pensiero che durava poco però, perché non appena la mente cominciava a navigare in quelle acque un po’ più pericolose scuoteva la testa e si dava dello stupido per illudersi così facilmente. Sperare roba del genere lo avrebbe fatto solo soffrire ancora di più. Avrebbe portato le ceneri al villaggio e poi da lì chissà, forse il padre gli avrebbe dato il suo benestare per un viaggio solitario attraverso tutto il Giappone – sentiva gli avrebbe fatto bene.
 
Eppure, per quanto ci provasse a tenersi impegnato, distrarsi con quei pochi amici fidati e gli allenamenti, il pensiero di Kagome continuava ad affollargli la mente e lo lasciava senza fiato.
 
Com’era possibile ossessionarsi – non voleva usare la parola infatuarsi o peggio ancora – per una persona dopo così poco tempo passato insieme? Lui non credeva a quelle scemenze come il colpo di fulmine o l’amore a prima vista, per quanto il padre, demone maggiore di forza inestimabile che faceva paura a tutti ed eterno romanticone, amasse raccontare il suo incontro con la dolcissima e incantevole principessa umana che, dopo solo un incontro di sguardi, sapeva sarebbe diventata sua.
 
Toga diceva che per i demoni non si trattava di colpo di fulmine, ma d’istinto. Per loro le cose erano più razionali da quel punto di vista; non si scervellavano, non si facevano dubbi, lo sapevano punto e basta. Inuyasha avrebbe voluto avere un po’ meno problemi su quel lato, di certo avrebbe avuto anche meno mal di testa, ma ancora una volta la sua metà umana tornava a incasinargli la vita e la salute mentale. Al padre rispondeva sempre con un suono nasale di disapprovazione.
 
Però anche con Kikyo ci era andato piano e le cose di sicuro non erano finite così bene per loro. E a quel punto ci pensava il suo demone interiore a fargli la guerra: guarda un po’ com’è finita a far le cose come si deve, lasciando a ognuno i suoi spazi.
 
Quella parte più istintuale e rozza di sé ce l’aveva a morte con Inuyasha a quanto pare, dopo il tradimento della sacerdotessa, e non sopportava che in qualche modo lui non l’avesse superata del tutto. Il mezzo demone però digrignava i denti e ignorava quei pensieri, non si sarebbe mai messo a fare conversazione con se stesso manco fosse un pazzo.
 
Eppure tutto ritornava sempre a Kagome.
 
Kagome, il cui nome ritrovava ovunque e il cui sguardo pieno di calore e la fossetta, dal giorno della battaglia, non lo lasciavano più.
 
Kagome che lo aveva aiutato pur avendo tutto da perdere.
 
Kagome che, magari, una volta arrivato al villaggio lo avrebbe aiutato a fare chiarezza nella sua vita e indirizzarlo, che l’incontro tra loro fosse stato un addio o un bentornato.
 

 
Essendo partito poco dopo l’alba, Inuyasha contava di arrivare entro sera nonostante il passo più lento – non ci aveva mai messo troppo per raggiungere il villaggio quando volava quindi presupponeva che una giornata fosse abbastanza anche così.
 
Saltò da albero a albero, scegliendo sempre le chiome più alte e godendo del sole che si posava sui capelli argentati facendoli luccicare come seta preziosa. Le orecchie poste sul capo fremevano agitate in parte a causa del nervosismo e in parte perché si concentrava sui mille rumori della foresta stranamente più silenziosa. Si fermò più di una volta da ruscello e ruscello per quietare la sua sete e strappò qualche frutto maturo mentre era ancora in viaggio quando fu colto dai morsi della fame.
 
Ma alla fine si ritrovò di nuovo in quella radura che occhi e cuore conoscevano tanto bene.
 
Lì in mezzo, fermo e immobile ai piedi di un albero secolare, sembrò perdere per un secondo coraggio. L’urna con le ceneri di Miroku, che aveva tenuto fino a quel momento al sicuro sotto il braccio, fu momentaneamente poggiata a terra mentre si passava lei mani nei capelli nervoso e inspirava.
 
Quando ebbe finalmente riacquistato un po’ di fiducia e stava per calarsi a raccogliere il vaso, un odore che avrebbe riconosciuto tra mille gli invase le narici e lo bloccò. Gli ricordava proprio la foresta dopo un temporale con un’aggiunta un po’ più dolce.
 
Inuyasha sgranò gli occhi a sentire prima la voce cristallina intonare un motivetto e poi a vedere il bianco e il rosso caratteristico delle sue vesti.
 
Nel momento in cui Kagome giunse finalmente nella stessa radura, a Inuyasha parve tutto tranne che Kikyo – nonostante le mille somiglianze – e quel pensiero rafforzò solo il suo precedente proposito: non avrebbe mai dovuto dimenticare Kagome a causa della sorella.
 
Si beò di quella giovane e fresca visione, mentre il primo sorriso sincero da mesi si allargava sulle labbra, approfittando del fatto che Kagome, occupata a raccogliere delle erbe e piuttosto concentrata, non si era accorta di lui. Beh, si disse il mezzo demone, questa volta sarebbe stato lui a coglierla di sorpresa.
 
Aspettò che lei si rialzasse, si pulisse i pantaloni un po’ stropicciati, e poi alzasse il viso.
 
Mentre lei sgranava gli occhi e si copriva la bocca con le mani, Inuyasha si era già fatto un po’ coraggio e le stava offrendo un sorriso smagliante e caloroso. Mentre le prime lacrime di gioia le solcavano il viso, a lui sembrò normale allargare le braccia in segno d’invito.
 
E Kagome, come se fosse la cosa più naturale del mondo, non se lo fece ripetere più di una volta: lasciò andare tutto e corse. Nascose il viso nel petto, bagnandogli la veste di Hinezumi, mentre le forti braccia l’avvolgevano come se Inuyasha cercasse di farla diventare parte di sé; come se finalmente avesse capito il senso di tutto e quel senso risiedesse proprio nel corpicino stretto a lui.
 
Non ci furono parole, al momento non ne avevano bisogno, ne avrebbero scambiate a tempo debito. Ora volevano fare tesoro della reciproca presenza prima che il mondo attorno a loro li richiamasse a sé. 
 
   
 
Leggi le 4 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Inuyasha / Vai alla pagina dell'autore: Jeremymarsh