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Autore: Zorn    28/08/2021    1 recensioni
Jane stava sudando freddo, non le capitava spesso di trovarsi in situazioni simili. Di solito riusciva a pensare velocemente ad una qualche strategia vincente da adottare ma questa volta no. Continuava a guardare a destra e a sinistra cercando di capire quale fosse la cosa giusta da fare o, al massimo, quella con le conseguenze minori. Inoltre, il fatto che lei la stesse fissando con tutta la serietà del mondo non aiutava. “E’ senza sentimenti, un robot” pensò Jane mentre le lanciava delle occhiate furtive per vedere se anche lei desse segni di cedimento. A giudicare dallo sguardo calmo e dalla postura rilassata, la detective dedusse che il suo avversario era completamente a suo agio. Dannazione.
Sentiva il tic-tac dell’orologio rimbombarle in testa e doveva fare qualcosa. Ma cosa? Farsi prendere dall’ansia non aiutava mai e, in questo caso, l’avrebbe portata verso morte certa. Mosse incerta la mano sinistra e fece quello che pensava fosse la scelta migliore. A quanto pare, non lo era.
Genere: Comico, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Jane Rizzoli, Maura Isles
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Jane stava sudando freddo, non le capitava spesso di trovarsi in situazioni simili. Di solito riusciva a pensare velocemente ad una qualche strategia vincente da adottare ma questa volta no. Continuava a guardare a destra e a sinistra cercando di capire quale fosse la cosa giusta da fare o, al massimo, quella con le conseguenze minori. Inoltre, il fatto che lei la stesse fissando con tutta la serietà del mondo non aiutava. “E’ senza sentimenti, un robot” pensò Jane mentre le lanciava delle occhiate furtive per vedere se anche lei desse segni di cedimento. A giudicare dallo sguardo calmo e dalla postura rilassata, la detective dedusse che il suo avversario era completamente a suo agio. Dannazione.

Sentiva il tic-tac dell’orologio rimbombarle in testa e doveva fare qualcosa. Ma cosa? Farsi prendere dall’ansia non aiutava mai e, in questo caso, l’avrebbe portata verso morte certa. Mosse incerta la mano sinistra e fece quello che pensava fosse la scelta migliore. A quanto pare, non lo era.

“Scacco matto Jane” le disse Maura mentre muoveva con spietata lentezza la sua regina e bloccava definitivamente il suo povero re.

“Ok molto brava Maura, ora possiamo smetterla? Stiamo giocando da tre ore a scacchi” le disse Jane mentre sbuffava scocciata e spostava le pedine in maniera casuale. Vedere il suo re sconfitto e indifeso le faceva male al cuore. Non era già sufficiente il fatto che avesse perso la sua regina da, più o meno, l’inizio della partita?

“Jane, la partita è durata tre ore solo perché ti sei presa molto tempo per muovere. Ma non è un problema anzi, nei grandi tornei le partite possono durare moltissimo. Ad esempio, la partita del 1989 tra Nikolic e Arsovic durò 20 ore. Poi c’è quella del-“ Maura fu interrotta bruscamente da una Jane scocciata che le aveva intimato di smettere di parlare fulminandola con lo sguardo.

“Capisco Jane. È un problema per te aver perso?” Jane stava lasciando la cucina di Maura quando, udita questa frase, si era girata con lentezza e l’aveva squadrata come faceva con i sospettati di cui dubitava la versione dei fatti. “Perso? Chiariamo qualche punto Dottoressa Isles” disse Jane posando le mani sul bancone da cucina e sfoderando la sua posa da “ora ti dico io come stanno le cose”. Maura intrecciò le braccia e la fissò con un sopracciglio alzato e un sorriso strafottente.

“Primo io non ho perso. Ho semplicemente lasciato che il mio re raggiungesse la sua amata. Dopo la perdita subita, aveva perso la voglia di combattere il nemico da molto tempo e, nonostante ad un certo punto una pedina fosse diventata la nuova regina, il vero amore è insostituibile. Mi spieghi che partita è una in cui il capo non ha voglia di andare avanti e sta cadendo in una spirale di depressione?” Maura rise ad immaginare la scena trasposta in un film. Jane aveva moltissima fantasia e adorava il pathos che metteva nel raccontare le cose.

“Secondo tu mi hai fissata tutto il tempo. Ti sembra una cosa normale? Avevo una regina in campo che incombeva sul mio re e, come se non bastasse, la Regina dei morti incombeva su di me, mettendomi ansia. Potrei arrestarti per intimidazione a danni di un pubblico ufficiale” le disse Jane terminando la sua arringa. Alcune volte pensava che sarebbe stata un ottimo avvocato o un’ottima venditrice di aspirapolveri. Le riusciva bene convincere le persone. Ma Maura non era le persone. “Jane stavo studiando il tuo stato d’animo per capire il tuo livello di agitazione. È molto utile quando si gioca a scacchi. Così posso capire quanto una mia mossa potenzialmente pericolosa possa influire sulle tue scelte future”.

Jane sbuffò, ancora amareggiata per la sconfitta, nonostante si ostinasse a dire che non aveva perso. Ok, forse aveva perso ma Maura era imbattibile dal punto di vista mentale, aveva provato a lottare ma non c’era stato molto da fare.

“Però devo anche farti i miei complimenti, in un paio di mosse mi hai messa in difficoltà” le disse Maura con dolcezza mentre le prendeva le mani. Jane la fissò per qualche secondo complementarmente destabilizzata. Capitavano spesso gesti simili da parte sua ma ogni volta le batteva forte il cuore. Questo era anche il motivo per cui prima l’ansia l’aveva divorata. Di solito, a lavoro capitavano spesso situazioni stressanti che richiedevano mente fredda e concentrazione e, sicuramente, giocare a scacchi non era paragonabile al dover convincere un criminale a lasciare andare un ostaggio. Eppure, il problema lì era che Maura la fissava e questo le accresceva lo stato di tensione vertiginosamente. Dopo essersi ripresa dal momento, Jane assunse un’espressione scocciata. “Ah sì? In un paio di mosse? Maura te ne sono volute cinque di mosse per battermi. Sinceramente non mi sembra un complimento quello che hai fatto.” Anche perché Maura muoveva con rapidità e sicurezza e Jane ci aveva impiegato tre ore per fare quattro mosse.

Maura aveva sorriso e l’aveva abbracciata. “Jane tu ti sottovaluti troppo. Ritengo che dovresti intraprendere un percorso motivazionale, potrei suggerirti il Dottor Carl- aspetta Jane dove stai andando?” disse ad una Jane che si dirigeva scocciata verso il frigorifero. “Sto camminando lungo un percorso per andare a prendere una birra e la motivazione è che la birra mi servirà per allentare la tensione datami da questo gioco estenuante. Le va bene questo come percorso motivazionale, Dottoressa Isles?” Le disse Jane mentre apriva il frigorifero, prendeva una birra e la stappava con rabbia.

“Non era proprio questo che intendevo detective" le disse scuotendo la testa. "Perché non giochiamo a qualcos’altro?” Le aveva detto Maura avvicinandosi e mettendole le mani sui fianchi. “Se saliamo in camera posso farti vedere cos’ho”. Jane era in completo stato di shock e confusione e per poco non faceva schiantare la birra sul pavimento. Per caso Maura le stava facendo delle avances un po’ spinte? Oppure semplicemente il suo cervello stava travisando un’innocua proposta? Non che le sarebbe dispiaciuto se la risposta fosse la prima. Lei e Maura stavano insieme da un po’ ma, ogni volta che si creava un momento intimo, lei si defilava sempre. Aveva paura di non riuscire ad essere all’altezza delle aspettative di Maura.

Jane deglutì ma si rese conto di non avere saliva e la situazione non faceva che peggiorare dato che Maura la guardava così insistentemente. “Va – va bene” Aveva balbettato. Maura aveva sorriso e si era voltata incamminandosi verso la camera. Jane la stava guardando mentre ondeggiava elegantemente. Ok Jane, i possibili scenari sono due: o Maura ha davvero quel tipo di intenzione oppure intende davvero giocare a qualcos’altro. Il corpo di Jane tremava all’idea che fosse lo scenario numero uno. Aveva immaginato – e sognato – così tante volte questo evento che credeva sarebbe rimasto solo nella sua testa. Dio, l’idea di Maura che la guardava e le parlava mentre – “Jane non vieni? C’è qualcosa che non va?”

Jane scosse la testa e si risvegliò, posò la birra sul tavolo, non notando che l'averla tenuta in mano tutto quel tempo l'aveva riscaldata senza che se ne rendesse conto, e si avviò dietro Maura. Cosa doveva fare nel caso in cui Maura avesse voluto? Avrebbe dovuto iniziare lei? La testa aveva iniziato a farle male perché tutti quei pensieri sbattevano a destra e a sinistra per le pareti della scatola cranica e la stavano martoriando. Scendevano giù, fino al cuore, lo acceleravano e poi si disperdevano per gli arti, facendoli tremare.

Quando Jane entrò in stanza – qualche minuto dopo Maura – la prima cosa che vide fu il letto matrimoniale e seppe che sarebbe svenuta da un momento all’altro. No Jane no, respira su. Aveva anche notato i tacchi di Maura, ai piedi del letto – tacchi che aveva un attimo fa addosso – e il suo cervello aveva capito. Era arrivato quel momento. Jane si era portata le mani tremanti ai bottoni della camicetta, si era voltata a cercare Maura con lo sguardo e l’aveva vista. Lei era lì, in piedi che le sorrideva mentre teneva in mano la scatola del gioco Scarabeo. “Ti va questo? Altrimenti ne ho altri”. Le aveva detto una Maura felice di poter condividere tutti quei giochi di società con qualcuno. Da ragazza non riusciva a trovare nessuno che giocasse con lei perché vinceva sempre però Jane era sempre disponibile e questa sua indole l’adorava. Si divertiva con lei come non si era mai divertita con nessuno.

Purtroppo, dal canto suo, Jane non riusciva a condividere la felicità di Maura in quel momento. Il suo cervello ormai era partito e aveva anche iniziato ad essere pronto. Quando aveva visto la scatola le si era dipinta un’espressione vacua sul viso non perché non volesse giocare ma perché tutte le cellule del suo corpo si erano concentrate su quell’evento che ora era uno scenario lontano. Era come se tutto il suo corpo avesse corso una gara olimpionica, avesse tagliato il traguardo ma poi qualcuno le avesse detto che stava gareggiando per la gara sbagliata. Va tutto bene Jane, sdraiati sul letto e riposati. Forse, tra qualche mese, riuscirai a ritrovare lo stato mentale di tranquillità.

“Allora? Ti va?” le aveva detto una Maura raggiante e ignara dello stato di completo blackout di Jane. Quando l’aveva vista sorridere si era ripresa, anche se continuava a saltare battiti cardiaci. Se avesse continuato così, le sarebbero rimasti sì e no altri 2 o 3 anni di vita. Ma, se questo era il prezzo da pagare per vedere Maura felice, lo avrebbe pagato. Si sedette sul letto, si ricompose e la guardò scettica. “Maura mi prendi in giro vero? Scarabeo? Molto probabilmente hai scritto tutti i vocabolari esistenti e se non l’hai fatto li hai letti.” Maura rise e si sedette vicino a lei. “Sai che avevo davvero iniziato a leggere il vocabolario? Solo che smisi poiché avevo comperato l’enciclopedia medica ed era più importante leggere quella ai fini dei miei studi”.

Jane batté le palpebre scioccata. Non credeva che qualcuno si fosse mai preso la briga di leggere il vocabolario ma Maura trovava sempre il modo di stupirla. “Monopoly allora?” le aveva proposto Maura. “No, è troppo lungo e non posso badare sia alla criminalità di Boston che a quella dei quartieri poveri del gioco”. Maura aveva riso e aveva posato la testa sulla spalla. “Risiko?” Jane l’aveva guardata di traverso. “Davvero? Maura io sono un detective e sono al servizio della giustizia. Andrebbe contro il mio codice etico mettermi a conquistare territori ed eliminare nemici” le aveva detto Jane mentre si metteva una mano al cuore con fare teatrale.

Maura, a quel punto, si era alzata di scatto, era arrivata fino all’armadio e aveva iniziato a cercare mentre ripeteva la parola “detective”. Jane la guardava curiosa e la sua curiosità aumentò quando la vide alzarsi e girarsi con uno sorriso trionfante. “Ho trovato, giocheremo a Cluedo. Mi sembra perfetto no? Così puoi dimostrare anche le tue capacità investigative mia cara detective.” Jane era completamente esterrefatta. Come faceva Maura ad essere perfetta in ogni situazione? Non sapeva se quello fosse un sogno ma se lo era non voleva essere risvegliata. Quello era il periodo più bello di tutta la sua vita ed era completamente dipendente da lei.

Jane non ce l’avrebbe fatta a giocare e lo sapeva bene. Le prese la scatola e la mise a terra, sotto lo sguardo stranito di Maura. Le prese le mani e la condusse sul letto. Si sdraiarono insieme e l’abbracciò come se non potesse più farlo in futuro. “Jane va tutto bene?” le chiese Maura mentre l’abbracciava di rimando e le dava un bacio alla base del collo. Jane sospirò di felicità. “Si Dottoressa, da un po’ di tempo va tutto bene e, a proposito di tempo, ne abbiamo di molto per giocare a tutto quello che vuoi.” Le disse con la voce più dolce e amorevole possibile. Maura sorrise e la baciò. Quando si staccarono – nessuna delle due avrebbe potuto definire bene quando ciò avvenne – si misero a ridere.

Maura iniziò lentamente ad alzarsi e a staccarsi da una Jane infastidita da questo gesto. “Davvero un’ottima mossa detective. Disorientarmi solo perché ha paura di subire un altro scacco matto in un altro gioco” le disse mentre, ridendo, scappava via. Jane si riprese dallo shock iniziale e si alzò dal letto, più battagliera che mai. “Dottoressa Isles si fermi o sarò costretta ad usare le maniere forti”.

Sì, pensò Jane, non c’era per nulla fretta. Maura e lei avrebbero fatto tutto e l’avrebbero fatto sempre nello stesso modo: amandosi.



Ringrazio chi mi ha dedicato un po' del suo tempo per leggere questo racconto
  
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