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Autore: All_I_Need    30/08/2021    4 recensioni
John ha un incidente nel laboratorio della struttura militare di Baskerville. Mentre aspettano che gli scienziati trovino una soluzione, lui e Sherlock devono riesaminare la natura della loro amicizia mentre si destreggiano nella vita quotidiana e nel Lavoro, il tutto cercando di rispondere alle domande veramente importanti: va bene accarezzare il tuo coinquilino se al momento è un cane? E come chiedi esattamente le coccole a un autoproclamato sociopatico?
Genere: Commedia, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Lestrade, Mycroft Holmes, Sally Donovan, Sherlock Holmes
Note: AU, Traduzione, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo ventidue

Tornarono a casa dopo che Sherlock ebbe denigrato Lestrade per un'altra serie di casi minori che avrebbe dovuto risolvere da solo e furono terminate le discussioni che ne erano seguite.

John si era seduto su una sedia e li aveva lasciati andare avanti, grato per la distrazione. Aveva subito scoperto che lo Yard non era il posto giusto per pensare veramente a ciò che aveva detto Lestrade. No, per quello aveva bisogno l'ambiente confortante di casa.

Quando la porta del loro appartamento si chiuse dietro di loro e Sherlock prese il violino per sfogare parte della propria persistente frustrazione abusando senza pietà delle corde, John si preparò una tazza di tè e si sistemò sulla sua poltrona per pensare.

Non si era aspettato questo disagio tra lui e Sherlock dopo la sua trasformazione, anche se forse avrebbe dovuto. E di certo non si era aspettato di essere strigliato da Lestrade per questo, soprattutto non nel modo in cui si era verificato.

Cosa aveva dato a Greg l’idea che John stesse portando in giro Sherlock? Portandolo dove? No, non doveva far finta di essere stupido. Sapeva esattamente quel che aveva detto Lestrade e non sapeva bene cosa fare del suggerimento. Sembrava strano che il DI credesse che fosse lui quello che dava false speranze a Sherlock quando, per quanto ne sapeva John, lui era l'unico che avesse mai sperato che forse...

Sherlock suonò una nota particolarmente stridente, se poteva essere definita nota, strappando John dai suoi pensieri.

Il dottore si accigliò. "Mi rendo conto che non hai suonato per niente mentre ero un cane, cosa di cui sono molto grato, ma non puoi aver dimenticato del tutto come si suona."

Sherlock sbatté le palpebre. "Hm? Oh, scusa. Stavo solo..." Fece una smorfia, chiaramente non riuscendo a trovare le parole per descrivere quello che aveva fatto. "Non importa." Sollevò di nuovo il violino e suonò qualcosa di più gentile, più rilassante. John si chiese se era la sua immaginazione a farlo sembrare una scusa.

Alla fine, la fame spinse John ad avventurarsi in cucina per vedere se avevano qualcosa di diverso dal pane raffermo e dai biscotti per cani avanzati. Con sua sorpresa, trovò nel frigorifero una pentola di stufato.

"Vuoi un po’ di stufato?" gridò a Sherlock.

"Stai cucinando?"

John rise. "No. Pare che la signora Hudson sia venuta su mentre eravamo fuori. Sembra che pensi che potremmo morire di fame senza di lei."

"Io avrei potuto," ammise Sherlock. "Tu non lo faresti."

"Non sono un grande cuoco,” disse John. "Mangerei la pasta per una settimana e poi magari passerei al riso.”

Sherlock ridacchiò. "Sì, be’, volevo piuttosto dire che ti saresti trovato una ragazza che ti nutrisse."

John alzò gli occhi al cielo. "Ti rendi conto che cucinare non è un'abilità geneticamente trasmessa a tutte le donne del pianeta, giusto? Mia sorella è scarsa quanto me."

"Sì, John, lo so bene. Mia madre è ammessa in cucina solo sotto stretta sorveglianza e non è autorizzata a svolgere compiti che vadano oltre la sbucciatura delle patate. Tuttavia, confido pienamente nella tua capacità di trovare nella tua lunga fila di amiche qualcuna in grado di cucinare un pasto decente."

"Non sono sicuro che suoni meno sessista," gli disse John, chiedendosi se stesse immaginando un accenno di amarezza nella voce di Sherlock. "Ma capisco cosa intendi." Fece una smorfia. "Be ', Lucy cucinava."

Sherlock sembrava perplesso. "Chi?"

"Quello con il naso."

"Oh. Brava cuoca?"

"Non lo so. Era tutto vegano."

Sherlock sbuffò. "Va bene. È stata quella che ti ha lasciato perché hai ordinato la bistecca al sangue?"

"Penso che sia stato più a causa della bistecca stessa piuttosto che dello stato di cottura in cui è arrivata, ma sì."

Si scambiarono uno sguardo e iniziarono a ridere.

"Allora,” esclamò John quando si fu ripreso abbastanza per parlare. "Ti va dello stufato?"

"John, attraverserò gli oceani per lo stufato della signora Hudson,” disse Sherlock mentre riponeva il violino. "Onestamente."

Sherlock apparecchiò la tavola mentre John scaldava lo stufato sul fornello e portava alla luce da uno dei loro armadietti una baguette che non era ancora diventata stantia.

"Dio, mi mancava il cibo," sospirò. "Non hai idea."

"Be’, non si sarebbe mai detto," lo prese in giro Sherlock. "Vederti divorare il contenuto della tua ciotola era di per sé educativo."

"Ah. Il palato di un cane non è molto raffinato, devo ammetterlo. Ma ricordavo ancora che gusto avrebbe dovuto avere il cibo, quindi per quanto il cibo per cani non avesse un cattivo sapore, non è qualcosa su cui sarei andato se avessi avuto scelta."

"E non l'hai fatto, considerando quanto spesso hai implorato per gli avanzi," fece notare Sherlock. "Non pensare che non sappia tutte le volte che la signora Hudson ti ha portato di nascosto un pezzo di salsiccia."

John gli lanciò uno sguardo perfettamente vuoto. "Non ho idea di cosa tu stia parlando."

"Certo che no."

In luogo di una risposta, John si concentrò di nuovo sulla propria ciotola di stufato. Ogni tanto lanciava un'occhiata a Sherlock, detestando la distanza tra loro. L'altro lato del tavolo sembrava incredibilmente lontano.

Com'era possibile che una manciata di giorni fosse riuscita a erodere così completamente tutta la distanza tra loro quando un intero anno precedente aveva fallito? Com'era possibile che adesso nessuno dei due sapesse bene come comportarsi con l'altro? Non avrebbe dovuto fare differenza, questo breve intermezzo di John-è-un-cane. Eppure... eppure.

Fin troppo presto sparecchiarono e misero i piatti nel lavandino per essere lavati in qualche momento in futuro.

Guardò Sherlock indietreggiare nel soggiorno, chiaramente incapace di dedicarsi con soddisfazione a nessuna attività.

John guardò l'orologio. "Ti va di fare una passeggiata a Regent's Park?"

Sherlock sbuffò. "Vuoi che porti una pallina da tennis?"

"Hm, potremmo giocare al tiro alla fune con qualsiasi bastone a caso."

Sherlock sorrise, ma scosse la testa. "Un'offerta allettante, ma credo che preferirei restare in casa, se non ti dispiace. Grazie."

"Naturalmente."

John frugò alla ricerca del proprio laptop e si sistemò sulla sua poltrona per aggiornare il blog con un racconto in terza persona di come Sherlock avesse apparentemente avuto un cane da accudire mentre era via e quanto fosse triste di averlo perso, ma che aveva ricevuto alcune foto fantastiche, e vorresti guardare quant’erano adorabili?!

Lo fece seguire da una carrellata generale del caso che Sherlock aveva risolto mentre lui era ‘via’ e concluse dicendo che Johnny il cane era tornato con i genitori di Sherlock e che lui si stava deprimendo e fingeva di non sentire la sua mancanza.

Poteva già quasi sentire l’occhiataccia che era sicuro che Sherlock gli avrebbe spedito non appena avesse letto quel post.

Sbadigliò e fu sorpreso di scoprire che aveva passato ore a cercare di esprimere l'intera storia come se non fosse stato lì per tutto il tempo.

"Credo che andrò a dormire,” disse, spegnendo il laptop.

Sherlock era seduto sul divano, sfogliando una delle sue scatole di schede di solo-Dio-sa-cosa. Non diede segno di averlo sentito parlare.

"Sherlock."

"Mh? Scusa. Cosa?"

"Ho detto che vado a letto. Buona notte."

"Oh." Gli occhi di Sherlock scattarono sull'orologio. Sembrò leggermente sorpreso di vedere quanto fosse tardi. "Buonanotte, John."


*****


John non riusciva a dormire.

Non aveva senso girarci intorno. Si era lavato i denti, era andato di sopra, si era cambiato in un paio di pantaloni del pigiama puliti (con un motivo mimetico, uno regalo scherzoso di Harry), si era infilato nel letto e ora non riusciva assolutamente ad addormentarsi.

La sua mente non smetteva di girare in tondo.

Si girò e rigirò, riaggiustò il cuscino quattro volte, si alzò per aprire la finestra e poi di nuovo per chiuderla quando nella sua stanza diventò troppo freddo. Niente sembrava funzionare.

Sospirando, John si distese e fissò il soffitto, cercando di non pensare a niente. Sherlock avrebbe affermato che questo non avrebbe dovuto rappresentare un grosso problema per lui, ma naturalmente non era così semplice.

E ora stava pensando di nuovo a Sherlock. Grandioso.

Un suono sommesso attirò la sua attenzione. John si bloccò, ascoltando. Quel movimento era stato al piano di sotto?

Lanciò un'occhiata alla sveglia. I numeri luminosi annunciavano che erano già passate le due del mattino. Non aveva chiuso occhio. Grandioso.

Ammettendo la sconfitta, John si alzò. Sarebbe soltanto andato di sotto per un bicchiere d'acqua, si disse mentre scendeva le scale. Questo era tutto.

Sherlock alzò lo sguardo quando John entrò. I suoi capelli erano un disastro e a un certo punto almeno si era cambiato in pigiama, ma era chiaro che era del tutto sveglio e probabilmente non aveva nemmeno provato ad andare a letto. Era seduto al centro della stanza, circondato da libri e pezzi di carta scritti con la sua calligrafia disordinata.

John sospirò. "Non riesci a dormire?"

Sherlock scosse la testa senza aprir bocca.

"Nemmeno io,” disse John, anche se naturalmente questo era evidente. "È terribilmente silenzioso nella mia stanza."

"Non riesci più a sentire i vicini che scopano?” chiese Sherlock, con un angolo della bocca che si sollevava.

John sbuffò. "Non alle due del mattino, grazie a Dio." Si fermò, trasse un profondo respiro e proseguì. "Non riesco nemmeno a sentire te respirare. È un po’ inquietante."

Sherlock sbatté le palpebre.

Diversi momenti trascorsero in silenzio e John era quasi pronto ad entrare in cucina per il bicchiere d'acqua che non voleva quando il suo amico finalmente parlò.

La sua voce era molto sommessa. "All'improvviso il mio letto sembra terribilmente vuoto."

John si fermò sui suoi passi e si voltò. Sherlock stava facendo molta attenzione a non guardarlo.

John espirò.

"Ti andrebbe un po’ di compagnia?"

Sherlock scrollò le spalle e picchiettò il tappeto accanto a sé. "Se ti fa piacere."

"Non proprio quello che volevo dire,” disse John con intenzione. "Non hai più dormito da quando sono stato ritrasformato, vero?"

Un muto scuotimento della testa.

"È quello che pensavo. Andiamo, allora."

Si avvicinò e tese la mano. Sherlock la guardò per un po’ come se non ne avesse mai vista una prima, poi l’afferrò e permise a John di tirarlo su.

Non si mosse per andare da nessuna parte, però, rimase semplicemente dov'era e fissò John.

"Che cosa c’è?"

"John... mi stai di nuovo prendendo per il culo?"

"Io... cosa? No, perché dovrei?"

Sherlock fece un cenno del capo verso il suo pigiama. John seguì il suo sguardo e gemette. Naturalmente, cazzo. Si era dimenticato del motivo mimetico. E Sherlock stava facendo uno sforzo visibile per non lasciare che i suoi occhi indugiassero.

"Erano un regalo di compleanno di Harry. Se qualcuno sta sfottendo, è lei. Posso cambiarmi se vuoi."

"Non essere ridicolo," scattò Sherlock. "Sono stato semplicemente colto alla sprovvista."

Era difficile dirlo nel loro salotto buio, ma John pensò che le creste degli zigomi di Sherlock potessero essere un po’ meno pallide del solito.

John decise di fare un passo indietro. "Okay, va bene. Vieni, allora?"

Sherlock si rilassò. "Naturalmente."


*****


Entrare nel letto non diede la sensazione di essere strano nemmeno la metà di quanto lo fosse stato dormire separati. John si era quasi aspettato di sentirsi anche lui a disagio, ma era chiaro che si trattava della presenza piuttosto che di quale forma avesse quella presenza.

"Questa volta non dormo sopra le coperte,” avvertì. "Non ho più una pelliccia che mi tenga caldo."

"Ti sei rasato le gambe?" scherzò Sherlock mentre tirava indietro le coperte.

John sussultò in finta indignazione. "Solo per questo indosserò la mia vecchia uniforme da combattimento in giro per l'appartamento per una settimana."

Sherlock si bloccò con una gamba sul letto. "Questo è... nell'esercito non ti hanno insegnato a combattere lealmente?"


"Certo che l'hanno fatto,” disse John. "Ci hanno insegnato a combattere lealmente solo se vogliamo perdere.”

Sherlock deglutì e scivolò sotto le coperte. "Hmph. Forse dovrei scambiare due parole con il tuo vecchio istruttore."

"È una scusa sottilmente velata per entrare in un'altra base militare?"

"Jooooohn," uggiolò Sherlock.

"Sto solo chiedendo," rise John mentre si metteva a suo agio. "Sul serio, cosa c'è tra te e i soldati?"

Sherlock sospirò. "Sono solo insopportabilmente eccitanti. Non so perché. Ricordo vagamente che mia madre aveva un calendario di soldati pin-up nel suo ufficio quando ero un ragazzino. Forse l'immagine ha fatto presa."

John cercò di soffocare un'altra risata e ci riuscì a malapena. "Forse qualche volta dovrei portarti a una parata militare."

Sherlock fece un rumore soffocato che avrebbe potuto essere un piagnucolio. "Oh, per l’amor di... Smettila di torturarmi, John.”

John sogghignò verso il soffitto. "Se fai il bravo ragazzo e vai a dormire adesso, domani potrei essere persuaso a mostrarti qualche foto della mia ferma in Afghanistan. Era raro che ci preoccupassimo delle camicie quando eravamo fuori servizio."

Sherlock gemette. "Continua a parlare e non riuscirò mai più a dormire."

Avendo pietà di lui, John decise di fare un passo indietro, per ora. "Va bene. Ma davvero, avresti dovuto annusare te stesso. Perfino quelle povere donne che hanno tentato di flirtare con te nel parco non trasudavano una nuvola di quel genere."

Giurò di poter sentire Sherlock arrossire. "Be’, c'era un solo me e un intero plotone di soldati."

"È vero," ammise John. "Più di uno di te, e saremmo finiti con una tale folla di ammiratori che non saremmo stati in grado di camminare.”

Sherlock era tornato mentalmente indietro alla precedente dichiarazione di John. "Quali donne?"

"Le jogger che si sono fermate a parlarti?" chiese John. "Hai parlato con loro per un paio di minuti. Quelle che pensavano che io fossi adorabile."

"Oh." Sherlock sembrò perplesso.

"Non ti eri reso conto che stavano flirtando?" chiarì John.

"Certo che no. Perché dovrei prestare attenzione se qualche donna sta flirtando con me o no?" Quello nel tono di Sherlock era chiaramente fastidio. "Come ti ho detto per anni, John, le donne non sono la mia zona."

"Va bene. Pensavo che potessi notarlo lo stesso."

"No."

Rimasero in silenzio per un po’. Era meglio che dormire da solo, pensò John, anche se non poté fare a meno di notare che neanche in quel momento si stava verificando una gran quantità di sonno.

Sherlock si agitò accanto a lui e qualcosa - il dorso della mano? - gli sfregò l'avambraccio.

"Scusa," mormorò Sherlock, ma un attimo dopo accadde di nuovo.

John sospirò. "Questo non sta funzionando."

Poté sentire Sherlock trasformarsi in una statua accanto a sé, senza muovere un muscolo.

"Nessuno di noi riuscirà a dormire in questo modo,” continuò. "Fammi..."

Si voltò su un lato e si avvicinò finché non fu premuto contro il fianco di Sherlock.

Sherlock prese un respiro sorpreso e poi si rilassò.

"In questo modo?" chiese John.

Sherlock si voltò per guardarlo in faccia, il suo braccio sinistro si mosse timidamente per curvarsi attorno al fianco di John finché la sua mano non fu premuta contro la sua schiena. "Sì."

John nascose il sorriso nella curva della clavicola di Sherlock. Il suo naso era a mezzo centimetro dalla morbida pelle della gola di Sherlock e da quella distanza perfino il suo inadeguato naso umano poteva percepire il suo profumo, anche se non così ricco di sfumature come prima. Aggiustò la mano destra finché non fu premuta contro il petto di Sherlock, sentendo il battito costante del suo cuore attraverso il tessuto sottile della maglietta.

Entrambi sospirarono e si rilassarono un po’ di più.

"Molto meglio," mormorò Sherlock.

"Mmh," concordò John. "Buonanotte, Sherlock."

"Buonanotte, John."

Dormirono.


*****


Il risveglio avvenne lentamente, dolcemente.

Questa era una novità in sé, poiché Sherlock di solito passava dall'essere addormentato alla piena allerta nel giro di secondi. Non oggi, a quanto pareva. Si ritrovò ad andare alla deriva in una nebbia piacevolmente calda tra il sonno e il risveglio, in quell'angolo calmo e caldo del sonno dove stai sognando, ma ne sei consapevole. Era pacifico e silenzioso e sentiva di poter restare lì per sempre.

Lo faceva sentire letargico e pigro, a suo agio e al sicuro e senza una preoccupazione o un bisogno al mondo. La sua mente sempre in corsa era diventata silenziosa, ancora intrappolata nelle ragnatele del sonno, e non c'era niente che potesse tentarlo fuori da quel posto.

Ci fu un movimento accanto a sé che lo tirò più vicino alla veglia, aumentando la sua consapevolezza di ciò che lo circondava. C'era qualcuno... qualcuno caldo e al sicuro con gli arti rilassati e il respiro caldo che gli scorreva sulla pelle.

Il numero di persone che potevano avvicinarsi così tanto e non far suonare all’istante il campanello d'allarme nella testa di Sherlock era esattamente uno.

Strinse gli occhi, cercando di rimanere un po’ più a lungo in questo stato di sonno caldo e rilassante, ma naturalmente ora che era consapevole del fatto che John era proprio lì, tutte le tracce del sonno stavano svanendo in fretta.

Sherlock non voleva aprire gli occhi. Se l’avesse fatto, John sarebbe stato proprio e Sherlock si sarebbe irrigidito o mosso o John avrebbe percepito il suo sguardo - non s’illudeva pensando che sarebbe riuscito a non fissarlo - e si sarebbe svegliato e le cose sarebbero diventate imbarazzanti con una 'I' maiuscola e John sarebbe scappato di corsa via dal letto con delle scuse e il pretesto della colazione o di qualche altra stupida sciocchezza e avrebbe lasciato Sherlock da solo in un letto che d’improvviso era troppo grande.

Tenne gli occhi ben chiusi.

Solo un altro paio di minuti, era tutto quello che voleva.

John sospirò e si spostò, muovendo un po’ una gamba prima di rimettersi a posto. Il contatto sembrò accendere tutte le terminazioni nervose di Sherlock nello stesso istante, rendendolo molto consapevole del fatto che le sue stesse gambe sembravano essersi spostate per accogliere tra di loro la gamba destra di John. Non osava allontanarle nel caso John si fosse svegliato e poiché non voleva muoversi comunque, decise di usarlo come scusa.

Dopotutto, questo era John raggomitolato accanto a lui, con lui - non proprio intorno a lui, perché era impossibile dire chi di loro fosse raggomitolato addosso a chi - e quella era la gamba di John tra le sue, rivestita solo di sottili pantaloni del pigiama e...

Qui, il filo dei pensieri di Sherlock deragliò mentre ricordava i particolari su quei pantaloni e l’aspetto che avevano avuto sul corpo di John la notte precedente.

All'inizio non li aveva nemmeno registrati e poi era successo proprio nell’istante in cui John lo aveva tirato in piedi e lui gli era quasi inciampato addosso perché... be’.

Come aveva detto a John in risposta alla sua bonaria presa in giro la scorsa notte, non sapeva davvero cosa ci fosse nei soldati. Supponeva che fosse solo una di queste cose, come il modo in cui ad alcune persone piacevano gli occhi verdi o i capelli ricci. Di certo non aveva chiesto di sentirsi così impotentemente eccitato da un paio di pantaloni mimetici, ma eccolo lì e non era davvero colpa sua se venivano avvolti intorno al dannato John Watson come la carta da regalo su un dono particolarmente desiderabile.

Sherlock si rese conto che questo poteva non essere il momento migliore per contemplare la visione di John in uniforme. Era quasi svenuto a Baskerville, grazie al maledetto Mycroft e alla sua incessante ingerenza, e da allora si era sforzato duramente (ah!) di non pensare a nulla di tutto ciò.

C'era un limite al numero di modi in cui un uomo poteva torturarsi senza perdere la testa e lui aveva concluso già una settimana prima che John in uniforme lo avrebbe messo in ginocchio in due secondi netti. Sherlock non aveva idea di come avesse fatto a uscire da Baskerville, entrare in una macchina e arrivare fino alla locanda senza trasformarsi in un inutile fascio di desiderio. Ok, senza lasciar intendere si era trasformato proprio in quello.

E John sapeva, naturalmente doveva saperlo, dopo quella volta al parco. E lo aveva preso in giro al riguardo solo la notte prima, anche!

Sherlock trattenne un gemito. Qualsiasi suono avrebbe potuto svegliare John e questo momento pacifico di beatitudine sarebbe finito e lui non voleva che accadesse. Cercò di rannicchiarsi più a fondo nel letto senza realmente muoversi.

Accanto a lui, John sospirò sommessamente. Per un momento, Sherlock aveva dimenticato quanto fosse vicino John, ma la sensazione del suo respiro caldo sulla propria pelle di non lasciava spazio a errori.

John si mosse un po’ e qualcosa - le sue labbra ?! Sherlock rabbrividì - gli sfiorò la clavicola.

"Mmmh, sei sveglio?" mormorò John.

Alla faccia del non svegliarlo.

Sherlock affidò tristemente alla memoria tutto il tempo tra il raggiungimento della coscienza e quell’istante prima di aprire la bocca per dare una sorta di risposta, ma John si spostò un pochino e tutta l'aria gli abbandonò i polmoni perché, dio, era così vicino!

Fece un basso rumore che sembrò imbarazzante come un piagnucolio. "No."

John ridacchiò e Sherlock poté sentire la vibrazione del suo corpo dalle spalle fino agli stinchi. Oh cielo.

"Non ti trascinerò fuori a fare una passeggiata, oggi," promise John, la voce roca dal sonno.

"Mi piacerebbe vederti provare," mormorò Sherlock, osando finalmente aprire un occhio solo una fessura per fare il punto su ciò che lo circondava.

La sua intera visione era piena di John.

Sbatté le palpebre e aprì entrambi gli occhi, strizzandoli nella luce fioca.

Giacevano l'uno di fronte all'altro, le gambe perdutamente intrecciate, un braccio di John incuneato tra loro e il braccio di Sherlock ancora avvolto intorno alla vita di John come se avesse tutto il diritto di essere lì. E il viso di John era così vicino, il mento premuto contro la spalla di Sherlock e la bocca che gli sfiorava appena la clavicola. Sherlock poteva vedere i suoi capelli, la fronte e la punta del suo naso con la coda dell'occhio destro.

Era una di quelle posizioni che non potevano essere comode se sistemate, ma che sembravano perfette se ti svegliavi con il corpo caldo e rilassato dal sonno. Sapeva che probabilmente il suo braccio destro era addormentato, se lo sentiva piuttosto insensibile, e la sua gamba avrebbe avuto dei crampi se lui fosse rimasto in quella posizione per molto altro tempo, ma non gli sarebbe dispiaciuto restare così per sempre.

"Abbiamo qualcosa in programma oggi?" mormorò John, senza fare nulla per tirarsi fuori.

"No."

"Bene. Quanto è tardi?"

Sherlock girò leggermente la testa per giudicare l'angolazione della luce che filtrava attraverso la finestra della camera da letto. "Circa le otto."

"Troppo presto per alzarsi." E John rimase esattamente dov'era.

Sherlock sbatté le palpebre, poi decise di adeguarsi e si rilassò. "Precisamente."

Spostò la gamba in una posizione leggermente più comoda e chiuse di nuovo gli occhi. Lascia che il mondo aspetti un po’.

 




NdT: Ci stiamo avvicinando alla fine, si vede... Quello dei due che dormono solo insieme non è il momento più morbido e fluffoso che abbiate mai letto? 🥰
   
 
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