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Autore: Baudelaire    30/08/2021    2 recensioni
Rebecca Bonner sta per tornare ad Amtara, per il suo secondo anno.
Questa storia è la continuazione della mia precedente "La stella di Amtara".
Cuore di ghiaccio diCristina è distribuito con Licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 4.0 Internazionale.
Genere: Fantasy, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Barbara faticava molto a tenere il passo di sua sorella. Si stavano addentrando sempre più nella boscaglia, allontanandosi dalla riva del fiume, e ormai gli unici suoni che si udivano erano i loro passi sui rami spezzati lungo il sentiero.
Barbara era stanchissima. Effettuare quel massaggio cardiaco così a lungo aveva messo a dura prova la sua resistenza fisica. Non era abituata ad uno sforzo fisico tanto intenso e prolungato. In realtà, nemmeno Brenda lo era, per questo non capiva da dove prendesse tutta quell’energia per correre a perdifiato nel bel mezzo della foresta, dopo aver dato fondo a tutte le sue riserve polmonari. Evidentemente, pur essendo gemelle, c’erano molti aspetti che le differenziavano, anche dal punto di vista fisico.
“Brenda, ti prego, puoi rallentare almeno un po’?”
“Rallentare? Rebecca è sparita e tu vuoi rallentare?”
“Ma non ce la faccio più!”
Brenda si bloccò di colpo. “Barbara, tutta questa storia non mi piace per niente. Non mi fido di Morgana. E non capisco dove possa essere andata Rebecca.”
Barbara corrugò la fronte. “Credi che Morgana le abbia fatto del male? Ma Rebecca era lì con noi…”
“Sì, dici bene. ERA. Non sappiamo dove sia finita e con Morgana in circolazione c’è poco da stare tranquille.”
“Morgana non le farebbe mai del male…” – mormorò Barbara, con voce sottile.
Brenda la fissò, scura in volto. “Non ne sarei tanto sicura.”
“Credi che Rebecca, non vedendo Morgana, sia andata a cercarla?”
“Conoscendola, temo di sì.”
“Ma dove potrebbe essere andata?”
“Forse è qui intorno, da qualche parte. Non può essere andata molto lontano, non dopo quello che ha fatto. L’ho vista, era sfinita quando l’abbiamo tirata fuori dall’acqua. Non credo sia riuscita ad allontanarsi troppo. Non ne aveva le forze.”
“Allora continuiamo a cercare.” – disse Barbara, risoluta. “Dobbiamo trovarla.”
Ignorando la stanchezza, continuarono a camminare nel bosco, cercando qualunque indizio che potesse dar loro prova che Morgana e Rebecca fossero passate da lì.
Mentre camminava, Barbara ripensò a tutto quello che era successo. Probabilmente, proprio in quel momento, Margaret e Viola stavano accompagnando Alyssa in infermeria, raccontando dello strepitoso salvataggio di Rebecca, prima, e di lei e Brenda, poi.
Con un sorrisino, immaginò la reazione delle Prescelte, quando si sarebbe sparsa la voce che avevano salvato la vita ad una di loro. E non una Prescelta qualunque, ma un’amica intima di Morgana Curter, che tanto le detestava!
Si erano comportate in maniera esemplare. Soprattutto Rebecca, era stata magnifica! Aveva affrontato l’acqua gelida e la corrente impetuosa, tuffandosi senza pensarci due volte. Era curioso che fosse accaduto proprio con un’amica di Morgana, che solo fino al giorno prima non aveva fatto altro che tormentarla in ogni occasione.
Alyssa sarebbe stata in debito con loro per il resto dei suoi giorni. Con ogni probabilità, Morgana aveva appena perso un’alleata e non era da escludersi che anche Margaret e Viola non seguissero il suo esempio. In fondo, era solo grazie a loro se avevano riavuto la loro amica sana e salva.
Barbara non capiva come mai Morgana fosse sparita proprio nel momento in cui la sua amica era caduta nel fiume. O, forse, se n’era andata prima che accadesse? Il suo ricordo era confuso, eppure aveva l’impressione che Morgana stesse ancora parlando con loro quando avevano sentito il tonfo nell’acqua. Chi mai avrebbe potuto abbandonare un’amica proprio nel momento del bisogno?
Ormai cominciavano a farle male i piedi. Il sole doveva essere quasi sul punto di tramontare, a giudicare dai raggi obliqui, sempre più deboli, che filtravano attraverso la boscaglia.
L’aria cominciava a farsi pungente e Barbara rabbrividì leggermente. Ci avrebbero impiegato un’eternità a tornare ad Amtara e di Rebecca ancora neanche l’ombra.
Ma non potevano abbandonarla. Presto sarebbe stato buio e dovevano assolutamente ritrovarla prima che calasse la notte nella foresta. Barbara aveva già sperimentato personalmente un’esperienza di quel genere e non ci teneva a ripeterla. La foresta, di notte, si popolava di rumori sinistri che le facevano accapponare la pelle e riportavano a galla i suoi peggiori incubi. No, decisamente dovevano ritrovare subito Rebecca e andarsene da lì al più presto.
“Hai sentito?” – le chiese Brenda all’improvviso, fermandosi di colpo.
Barbara rimase in ascolto, ma udì solo il suono del vento.
“No.”
Brenda si voltò in direzione del fiume. “Veniva da quella parte.”
Barbara gemette. “Di nuovo il fiume?”
Brenda ricominciò a correre e lei fu costretta a seguirla.
In pochi minuti raggiunsero le sponde del fiume.
Fu un attimo, questione di una frazione di secondo.
Ma entrambe la videro.
Una testa rossa affiorò improvvisamente a pelo dell’acqua.
Una testa rossa che conoscevano bene.
In un lampo, la testa tornò sott’acqua.
“Rebecca.” – mormorò Brenda.
 
Rebecca si sentiva un po’ in colpa nei confronti di  Brenda e Barbara. Non appena si era sincerata che Alyssa fosse fuori pericolo, era sgattaiolata via in silenzio, approfittando del momento di distrazione delle altre.
Sapeva che non avrebbero capito, soprattutto Brenda. Riusciva ad immaginare la sua reazione, le sembrava perfino di sentire la sua voce. “Ti caccerai di nuovo nei guai.”
E probabilmente aveva ragione, ma in cuor suo Rebecca sentiva di aver fatto la cosa giusta. Morgana era semplicemente scomparsa nel nulla, anche se non avrebbe saputo dire esattamente quando. Sapeva solo che quando era uscita dall’acqua, lei non era lì.
Morgana sapeva che una delle sue migliori amiche era caduta nel fiume, rischiando di annegare? Rebecca non ne era sicura, ma non ricordava di averla vista sulla sponda del fiume, insieme alle altre, mentre lei nuotava disperatamente per salvare Alyssa. Era fuggita come un ladro, abbandonando le sue migliori amiche.
Alyssa era ormai fuori pericolo, ci avrebbero sicuramente pensato Margaret e Viola a riportarla ad Amtara. Quanto a Brenda e Barbara, era quasi certa che sarebbero corse a cercarla. Non sarebbero tornate a scuola senza di lei, soprattutto dal momento che anche Morgana era sparita.
Rebecca era orgogliosa di loro. Avevano salvato la vita ad Alyssa, tutte e tre insieme. Indubbiamente, il fatto che tra loro ed Alyssa non fosse mai corso buon sangue, avrebbe reso quell’impresa ancora più grandiosa. Ma Rebecca sapeva che avevano semplicemente fatto quel che andava fatto. Nessuno meritava di morire in quel modo. L’avrebbero fatto anche se si fosse trattato di Morgana, per quanto potessero odiarla.
Eppure, era davvero strano che, proprio nel momento del pericolo, Morgana fosse scomparsa. Perché non era accorsa anche lei, quando Alyssa era caduta in acqua? Dove diavolo si era cacciata? Possibile che si fosse talmente spaventata che aveva deciso di scappare? Era davvero così vigliacca? Che fosse tornata a scuola? Rebecca ne dubitava. Qualcosa le diceva che doveva trovarsi ancora nei dintorni, anche se non avrebbe saputo spiegarsi il perché.
Camminò a lungo nella foresta, fino a quando, senza rendersene conto, si ritrovò di fronte al castello di Amtara. Aveva vagato senza una direzione precisa, immersa nei suoi cupi pensieri. La pietra bianca e scintillante di Amtara svettava dinanzi a lei, alta e solenne come una chiesa gotica.
Alcune Streghe in giardino, sedute accanto ad un cespuglio di rose, chiacchieravano animatamente. Presto sarebbero rientrate, perché il sole era ormai prossimo al tramonto e cominciava a fare freddo. Nonostante il caldo anomalo, per quella stagione, quando il sole scompariva all’orizzonte un freddo pungente tornava a farsi sentire. La primavera era ancora lontana.
Alcune Prescelte attraversarono il cancello, dirigendosi verso l’ingresso. Chissà se Alyssa era già tornata a scuola. Rebecca si augurò che stesse meglio. Probabilmente l’avrebbero accompagnata in infermeria, per precauzione. Si domandò se la sua supposizione fosse esatta, o se magari Brenda e Barbara avevano deciso di riportarla a scuola personalmente, insieme a Margaret e Viola. Forse volevano assicurarsi che venisse raccontata la verità, riguardo a quello che le era accaduto. Ma Rebecca dubitava che Margaret e Viola avrebbero mentito. Non stavolta. La loro amica era stata sul punto di morire ed era viva solo grazie a lei e alle gemelle. Nemmeno loro avrebbero potuto mentire, riguardo a questo.
Con uno sforzo che le costò parecchio, represse l’impulso di rientrare a scuola. Solo il cielo sapeva quanto avrebbe voluto farlo! Voleva scoprire se Brenda e Barbara erano rientrate, sapere come stava Alyssa e raccontare alla Collins quello che avevano fatto. E, soprattutto, aveva un disperato bisogno di indossare abiti asciutti e mangiare qualcosa di bollente per scrollarsi di dosso il freddo che le era penetrato nelle ossa, nonché il torpore che si era impossessato di lei nel corso di quell’interminabile pomeriggio.
Invece si voltò dalla parte opposta e percorse a ritroso il cammino appena compiuto.
Non era quello il momento di farsi prendere dalla debolezza.
Doveva trovare Morgana.
Stavolta si diresse verso il fiume. Morgana non era nella foresta, inutile illudersi. Probabilmente aveva costeggiato a piedi la sponda del fiume. Se non l’avesse trovata, allora avrebbe rinunciato e sarebbe tornata a scuola.
Rabbrividendo nei vestiti umidi, Rebecca accelerò il passo.
Quando arrivò sul fiume, camminò a lungo, fino a farsi dolere i piedi. Non c’era nessuno. Ormai tutte le Prescelte dovevano aver fatto ritorno a scuola.
Si fermava, di tanto in tanto, per scrutare l’acqua. Ripensò al momento in cui si era tuffata e l’acqua gelida le aveva trafitto la pelle come mille spilli infuocati. Osservò la corrente del fiume e non potè fare a meno di pensare di essere stata maledettamente fortunata. Sarebbe bastato un solo attimo di distrazione e né lei né Alyssa avrebbero avuto scampo.
Non era stata la sua bravura come nuotatrice a salvarla, ma solo un puro colpo di fortuna. Rebecca non aveva idea di come avesse fatto ad attraversare la corrente incolume.
Per un istante, si domandò se non ci fosse lo zampino di sua madre. Le aveva detto che l’avrebbe protetta per sempre. Lo aveva fatto anche stavolta? Rebecca era convinta che fosse così.
Grazie, mamma.
All’improvviso, avvertì un rumore alle sue spalle.
Stava per voltarsi, quando qualcuno le diede una forte spinta. Rebecca barcollò in avanti. Cercò con tutte le sue forze di non perdere l’equilibrio, ma non ci riuscì.
Cadde in acqua.
Riemerse subito dopo, annaspando. Qualcuno si era appena tuffato in acqua, dopo di lei, ma non aveva fatto in tempo a vedere chi fosse. Senza alcun dubbio, la stessa persona che l’aveva fatta cadere.
Rebecca si aspettò di vederlo riemergere, pronta ad attaccare.
Chi diavolo poteva essere? E cosa voleva da lei?
Ma non vide nessuno.
Eppure, qualcuno si era tuffato dopo di lei, ne era sicura.
Ad un tratto, un campanello d’allarme risuonò nella sua mente. Chiunque fosse, l’aveva spinta in acqua per un motivo ben preciso.
Doveva nuotare alla svelta, allontanandosi da lì. Doveva raggiungere la riva al più presto!
La corrente le era favorevole e si lasciò trasportare, avanzando con lunghe bracciate.
Si sentiva esausta. Era la seconda volta, nel giro di poche ore, che il suo corpo si ritrovava a dover compiere uno sforzo sovrumano, ben oltre le proprie capacità.
Ma non aveva scelta. Non poteva morire tanto stupidamente, non dopo aver salvato la vita ad Alyssa. Sarebbe stato a dir poco ridicolo…
Nuotò con foga, maledicendosi mentalmente per non essere tornata a scuola. Che diavolo le era saltato in mente di andare alla ricerca di Morgana? Perché non era rimasta sulla riva, insieme a Brenda e Barbara, dopo aver salvato Alyssa? Perché voleva sempre fare di testa sua, cacciandosi ogni volta nei guai?
E chi diavolo era la persona che ora stava cercando di ucciderla?
Ancora un paio di metri e avrebbe raggiunto la riva. Ce l’aveva quasi fatta.
Ma in quel momento qualcosa sott’acqua le afferrò le gambe. Ebbe appena la prontezza di prendere un respiro profondo, prima di essere trascinata sotto con violenza. Con uno sforzo sovrumano, si costrinse a non urlare. Se l’avesse fatto, sarebbe annegata. Ma il dolore fu tremendo. Qualcosa le aveva morso la gamba e l’acqua attorno a lei divenne rossa. La ferità era profonda e Rebecca sentì le forze venire meno.
Ma non poteva mollare adesso. Se fosse svenuta sott’acqua, sarebbe morta.
Cercò di divincolarsi, ma il suo nemico la teneva stretta. La fitta di dolore aumentò, facendole perdere la concentrazione.
Aria, aveva un disperato bisogno d’aria. La vista le si annebbiò e le girò la testa.
No, doveva resistere, a qualunque costo. Non poteva morire così.
Ripensò ai volti sorridenti di Brenda e Barbara. Voleva rivederle, un’ultima volta. Doveva rivederle. Doveva spiegare loro il motivo per cui si era allontanata…
Mentre il torpore s’impossessava di lei, una serie di immagini si sovrappose nella sua mente. Lo spirito di Banita che le parlava, nella sua stanza ad Amtara… Brenda e Barbara vestite da Orco e Lupo alla festa di Halloween…Elettra mollemente sdraiata su una barca al largo di Bunkie Beach… lo chalet di montagna dei signori Lansbury… il professor Garou che lottava selvaggiamente contro un lupo… il volto di Morgana ipnotizzato dalla vista del fuoco…la professoressa Rudolf stesa a terra in un bagno di sangue…
Una voce dentro di lei urlò. Non poteva finire così la sua vita. E, se proprio doveva morire, allora l’avrebbe fatto lottando fino all’ultimo. Non si sarebbe arresa, non fin quando avrebbe avuto fiato nei polmoni e cuore per combattere.
Lei era Rebecca Bonner, non una Strega qualunque.
Digrignando i denti, con un ultimo, supremo sforzo, diede un violento strattone, ignorando la fitta di dolore alla gamba.
L’aggressore mollò la presa.
Rebecca approfittò di quella frazione di secondo per darsi una spinta verso l’alto e la sua testa riaffiorò in superficie.
Respirò avidamente, inalando quanta più aria possibile. Sentiva i polmoni bruciare.
Per un istante, i suoi occhi si spostarono sulla riva e le sembrò di intravedere qualcuno, ma non fece in tempo a capire chi fosse perché fu di nuovo sospinta sott’acqua.
Trattenne di nuovo il fiato, ma ormai era allo stremo delle forze. La ferita sanguinava copiosamente e il dolore le annebbiava il cervello, impedendole di pensare con lucidità.
Non avrebbe potuto resistere ancora a lungo sott’acqua. Non riuscì nemmeno a riconoscere l’identità del suo nemico, perché l’acqua era troppo torbida. Quel che era certo era che lui era in netto vantaggio. Stava cercando di ucciderla e sembrava intenzionato, a tutti gli effetti, a portare a termine il suo compito entro la fine di quella giornata.
Di nuovo, le afferrò la gamba e Rebecca, con orrore, sentì chiaramente la carne lacerarsi.
Trattenne un grido, mentre ora un puro terrore s’impossessò di lei. Se fino a qualche attimo prima aveva creduto di morire affogata o per la troppa perdita di sangue, ora seppe che qualcuno stava cercando di mangiarla viva. Non poteva trattarsi che di questo. Non era sicuramente un essere umano quello che le stava strappando la carne a morsi, banchettando col suo corpo straziato.
Non poteva essere un licantropo, stavolta. Forse un orso? Gli orsi erano provetti nuotatori, senza alcun dubbio. Ma nessuno aveva mai visto orsi nella foresta. Un leone? Una tigre? Impossibile, quel genere di animali non popolavano i dintorni di Amtara.
Stavolta non avrebbe avuto scampo. Solo un miracolo avrebbe potuto salvarla e Rebecca pregò nel suo cuore che sua madre intervenisse, anche stavolta. Non poteva lasciarla morire così. Le aveva detto che non l’avrebbe abbandonata, mai, per nessun motivo. Ora era il momento di dimostrarlo. Altrimenti, quella figlia di cui si era detta tanto orgogliosa, l’avrebbe presto raggiunta nell’aldilà per tenerle compagnia per sempre.
Se ne avesse avuto la forza, Rebecca avrebbe pianto. Ormai non le restava che pregare, aspettando che il suo aguzzino sferrasse l’ultimo attacco, che avrebbe messo fine a quella sofferenza per sempre. Si augurò che quel momento arrivasse presto, il dolore era divenuto ormai insopportabile.
Ma poi accadde qualcosa che la spiazzò completamente. Del tutto inaspettatamente, l’aggressore mollò la presa.
Rebecca non avrebbe mai ricordato come, ma, in qualche modo, riemerse in superficie, forse guidata solo dall’istinto di sopravvivenza.
Riaprì gli occhi, in uno stato di semi incoscienza. Doveva nuotare verso riva, approfittando di quell’attimo di distrazione del suo nemico. Avrebbe potuto attaccare di nuovo, in qualunque momento, e allora sarebbe stata la fine.
Ma aveva perso troppo sangue, si sentiva troppo debole anche solo per muovere un muscolo. Si teneva a galla per miracolo, mentre la corrente la trascinava via. Sarebbe morta così, stupidamente. Tutti avrebbero saputo della sua mossa avventata, proprio dopo il suo attimo di gloria per aver portato in salvo Alyssa. Aveva salvato una Prescelta, ma non avrebbe salvato se stessa. Tutta la scuola avrebbe riso di lei e se lo sarebbe meritato.
“Rebecca!”
Rebecca credette di sognare. Forse era già morta e gli angeli del paradiso la stavano chiamando per condurla da sua madre.
Sorrise.
Presto avrebbe rivisto Banita.
No, non era morta. L’acqua gelida e il dolore straziante alla gamba le ricordarono che era più viva che mai. Ed era ancora in acqua, in una disperata lotta tra la vita e la morte. Non era ancora finita.
Eppure, le era sembrata una voce familiare. Possibile che…?
Poi, in un barlume di lucidità, le vide.
Brenda e Barbara erano lì, sulla riva, a pochi metri da lei. O era solo frutto della sua immaginazione? Un’allucinazione causata dalla sofferenza immane che stava provando? Non seppe dirlo con certezza.
Ormai incapace di pensare, a malapena si accorse che qualcuno la stava afferrando per la vita. Non poteva trattarsi del suo aggressore, perché quella stretta era dolce e gentile. Non sentì nuovamente gli artigli conficcarsi nella carne, ma solo un tocco morbido che, dolcemente, la trascinava via. Avrebbe tanto voluto voltare la testa, per guardare in faccia il suo salvatore, ma non ne ebbe la forza.
Si abbandonò tra quelle braccia confortanti, prima di chiudere gli occhi e perdere i sensi.
 
Il professor Garou cinse dolcemente la vita di Rebecca e, avendo cura di tenerle la testa fuori dall’acqua, nuotò verso riva. La ragazza perdeva moltissimo sangue e aveva perso i sensi. Doveva sbrigarsi.
Con poche bracciate raggiunse la riva e, con l’aiuto di Brenda e Barbara, depose il corpo sull’erba bagnata.
Inorridirono. Rebecca aveva tagli evidenti e graffi su tutto il corpo, ma la cosa più spaventosa e raccapricciante era la carne lacerata della gamba destra. Il suo aggressore, chiunque fosse, le aveva letteralmente strappato via un pezzo di gamba.
“E’ ancora viva?” – mormorò Brenda, con voce acuta.
Rebecca sembrava non respirare più.
Garou le si avvicinò, le tastò il polso e accostò l’orecchio alla sua bocca.
“Respira ancora, ma è molto debole. Posso fermare l’emorragia con un Incantesimo, ma bisogna portarla subito dalla Anderson.”
Una chiazza rossa si allargò a macchia d’olio sull’erba.
Barbara distolse lo sguardo. Non riusciva a guardare Rebecca in quello stato. Non poteva morire, non poteva…
Garou mormorò alcuni Incantesimi, a loro sconosciuti e, come per miracolo, la ferita smise di sanguinare. Ma Rebecca era ancora pallidissima e il suo respiro era lieve.
“Chi può essere stato a farle questo?” – domandò Brenda, sconvolta.
Nel medesimo istante, si voltarono tutti e tre in direzione del fiume. Le sue acque erano calme e non c’era traccia del colpevole, che pareva essersi volatilizzato nel nulla.
“Dev’essere scappato quando mi sono tuffato in acqua.” – rispose il professore.
“Ma chi era?” – lo incalzò Barbara. “Lei l’ha visto?”
“No. Ma non è sicuramente stato un essere umano.”
Brenda e Barbara lo fissarono, troppo sconvolte per parlare. Era chiaro che Rebecca era stata attaccata da una specie di bestia mostruosa, ma di che genere? Esisteva un essere pericoloso ad Amtara, che aggrediva Gnomi, insegnanti e Streghe? Possibile che nessuno l’avesse mai visto? Poteva davvero trattarsi di Posimaar, sotto mentite spoglie? Il fatto che avesse attaccato Rebecca non lasciava adito a dubbi, ma era molto strano che avesse aggredito anche Alvis e la professoressa Rudolf.
Garou cominciò ad avviarsi verso Amtara, con il corpo di Rebecca tra le braccia. Il suo corpo possente non dava segni di cedimento, sotto il peso della ragazza.
Camminò velocemente e le gemelle gli trotterellavano dietro, tenendo il passo. Era una fortuna che avessero deciso di andare alla ricerca di Rebecca, invece che tornare a scuola. Se non l’avessero fatto, ora la loro amica sarebbe morta. Ed era una fortuna che il professor Garou sapesse il fatto suo.
Barbara represse un singhiozzo. Brenda le afferrò la mano, sorridendole dolcemente.
“Se la caverà, vero?” – mormorò con le lacrime agli occhi.
“Rebecca è forte. Ce la farà.”
Abbandonarono le sponde del fiume, addentrandosi nella foresta.
In quel momento, nel punto esatto dove poco prima avevano adagiato il corpo ferito di Rebecca, una figura imponente, appena uscita dalle acque del fiume Silos, respirava affannosamente. Si attardò solo qualche istante, respirando l’odore del sangue sparso sull’erba.
Poi, veloce come un gatto, camminò verso la foresta, in direzione opposta a quella di Garou e delle gemelle.
   
 
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